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Autore: Julia Weasley    25/10/2010    19 recensioni
Durante una battaglia tra Mangiamorte e Auror, Regulus riflette sulle conseguenze cui la sua decisione di unirsi alle schiere di Voldemort ha condotto. Ma alla fine capisce che non è mai troppo tardi per rimediare.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Regulus Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Questa fanfiction ha partecipato al contest "Proud or Ashamed of Being a Black" indetto da Vogue, classificandosi seconda nella classifica "Regulus" e quinta in quella Generale.


Luce e oscurità

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Image by KennedyxxJames

E' così che c'innamoriamo, cercando nella persona amata il punto che non ha mai rivelato (E. De Luca)

La battaglia era scoppiata pochi minuti prima, ma a tutti i combattenti sembrava che fosse già trascorsa un’eternità. I lampi e le luci degli incantesimi riempivano la strada buia e desolata di Diagon Alley, le esplosioni e i gemiti di dolore dei feriti squarciavano il silenzio della notte, mentre le stelle assistevano alla scena di devastazione, immobili e indifferenti.
Regulus stringeva forte la bacchetta, la sua unica difesa da tutto ciò che lo circondava. I suoni circostanti gli giungevano ovattati alle orecchie e gli unici rumori che rimbombavano nella sua testa erano i battiti accelerati del cuore, colmo di paura e angoscia.
Scagliava incantesimi senza neanche rendersene più conto, cercando di allontanare quanti più Auror possibili. Non attaccava nessuno, cercava solo di difendersi: voleva soltanto riuscire a sopravvivere a quella notte; l’esito della battaglia era una faccenda che gli interessava relativamente.
Disarmò il mago contro il quale stava duellando e lo ricacciò indietro, approfittandone poi per guardarsi intorno.
Le vetrine dei negozi erano infrante, alcuni tavolini della gelateria Fortebraccio erano stati rovesciati, mentre altri venivano lanciati dai combattenti contro gli avversari e la porta di legno della farmacia aveva preso fuoco. Mangiamorte mascherati combattevano contro gli Auror a volto scoperto.
Nonostante il calore provocato dalle fiamme e dall’agitazione, Regulus sentiva un gelo immenso, che si propagava con una lentezza inesorabile in tutto il suo corpo, a partire dalla sorgente da cui scaturiva, il Marchio Nero impresso sul polso sinistro. Da giorni non riusciva più a guardarlo con indifferenza: sembrava che quel serpente instillasse nella sua pelle un veleno mortale. Presto sarebbe diventato solo un pezzo di ghiaccio inanimato, senza più emozioni o sentimenti.
Era stato facile diventare un Mangiamorte, sentirsi ammirato dalla propria famiglia, temuto e rispettato ancora di più tra gli altri studenti, fino a che era vissuto al sicuro a Hogwarts.
Ma da quando era stato costretto a scendere di persona sul campo di battaglia, aveva sperimentato per la prima volta la paura più irrazionale e più potente di tutte, quella che gli toglieva il respiro e gli faceva battere i denti in piena estate: la paura di morire.
La prima volta in cui aveva guardato la Morte in faccia, si era trattato di un lurido traditore, ma da quel momento non c’era stata una sola notte in cui quell’uomo non fosse andato a trovarlo nei suoi incubi. E poi era stata la volta di altre vittime dei suoi compagni, uccise per motivi che con il trascorrere del tempo gli apparivano sempre meno validi.
Non riusciva a capire come gli altri Mangiamorte potessero uccidere con assoluta indifferenza, alcuni di loro con evidente soddisfazione. Lui si sentiva distruggere dal rimorso quando gli imponevano di torturare qualcuno. Le urla delle vittime continuavano a rimbombargli nelle orecchie anche a distanza di giorni, gli impedivano di addormentarsi, e ogni volta lui avrebbe voluto gridare a sua volta, sempre più forte, per riuscire a sovrastare le urla di quelle persone.
Si sentiva sporco, contaminato e privo di un motivo per vivere, come un morto che camminava. La sua esistenza era giunta in un vicolo cieco dal quale non poteva più fuggire.
Per seguire Voldemort aveva sacrificato tutto: la propria libertà, i propri principi, perché si era ritrovato in un’alleanza che comprendeva ibridi come Greyback, e aveva sacrificato anche l’unico motivo che lo avesse mai reso felice…
« Muoviti, Black, che fai lì impalato? » gli urlò Macnair in quel momento, riscuotendolo dai suoi pensieri.
Regulus tornò nella mischia, in preda ad un dolore bruciante che aveva bisogno di sfogare per non impazzire del tutto. Lottava per sopravvivere, per tenere occupata la mente e liberarsi di tutta la rabbia e la disperazione che covava dentro.
L’umiliazione per essere stato ingannato da Voldemort lo tormentava continuamente. Come aveva potuto farsi imbrogliare così? Dov’erano finiti tutti i buoni propositi che il Signore Oscuro gli aveva promesso? Lui non considerava i Mangiamorte come alleati, ma solo come schiavi. All’inizio il giovane Black non aveva voluto crederci, ma alla fine aveva dovuto ammettere la realtà a se stesso: era solo uno strumento nelle mani di un mago che voleva imporre il proprio dominio sulla comunità magica e sul mondo intero.
Regulus scagliò una fattura rabbiosa contro un Auror, che iniziò a contorcersi per terra, e si gettò di lato per evitare l’attacco di un altro avversario.
Si sentiva in trappola, una pedina in mano di qualcuno più potente, senza possibilità di uscire dal circolo vizioso in cui era entrato. Era soltanto un burattino manovrato da Voldemort, e quella consapevolezza lo faceva fremere di rabbia. L’ultimo dei Black non poteva essere al servizio di qualcun altro: l’orgoglio che lo aveva sempre accompagnato non gli permetteva di accettare la sua condizione di schiavitù. I Black erano fatti per comandare, non per essere comandati. Che cosa avrebbero pensato i suoi antenati se avessero saputo che cosa significava davvero essere al servizio di Voldemort?
Certe volte si era trovato a desiderare di essere come Sirius, per poter scappare e lasciarsi tutte le responsabilità alle spalle. Ma lui non era come suo fratello, aveva pensato subito dopo: non avrebbe mai tradito la propria famiglia e gli ideali in cui credeva, né sarebbe fuggito. Sapeva di essere estremamente insicuro, ma quando si trattava di assumersi le proprie responsabilità, non si tirava indietro.
Scendendo in campo a fianco dei Mangiamorte, aveva compiuto una scelta e ora doveva subirne le conseguenze senza protestare. Se la sua decisione lo avrebbe condotto sempre più in basso, a sguazzare nel fango e nel lerciume del mondo, fino a diventarne parte integrante, non sarebbe scappato. Avrebbe accettato il proprio destino, lasciando che la sua anima diventasse sempre più nera, a meno che non avesse trovato un diverso tipo di espiazione.
Ma ormai era rassegnato: non sperava più in un qualcosa in cui credere o in un obiettivo da raggiungere. Avrebbe perduto completamente se stesso e sarebbe diventato, come tutti gli altri, una macchina dispensatrice di morte; un essere inanimato fatto solo di ombra, senza più luce, senza più speranze, senza più lei.

La sagoma del castello di Hogwarts si rifletteva sulla distesa argentata del lago, e i suoi contorni si increspavano lievemente, mescolandosi a quelli indefiniti delle nuvole e alla luce del sole pomeridiano, in un caleidoscopio di colori che lo incantavano.
Regulus sentiva un gran calore, ma quella sensazione non proveniva dal sole accecante sopra di lui, bensì dalla persona che aveva accanto.
« Che cos’hai? »
La voce della ragazza lo fece fremere e il cuore accelerò i battiti.
Regulus la guardò, ma scoprì di non poter mettere a fuoco il suo viso. Era come un ricordo sfumato, troppo remoto per essere chiaro e definito. Fissò quegli occhi scuri, i soli che riusciva a distinguere con nitidezza, gli stessi occhi che avevano sciolto il ghiaccio che lo opprimeva di continuo e che gli avevano toccato il cuore.
« Niente » rispose, mostrando una sicurezza che non aveva.
« Non è vero, hai un muso lungo un chilometro. Ti conviene rispondermi, o potrei tormentarti fino alla fine dei tuoi giorni » gli disse lei, sorridendo con un’espressione dispettosa.
Regulus tacque per alcuni istanti, ma la conosceva troppo bene per sapere che non avrebbe ceduto mai.
Lei non sapeva che fosse già diventato un Mangiamorte, né doveva saperlo. Ultimamente sentiva di essersi sempre più allontanato da lei e di essere cambiato in peggio, iniziando ad ingannarla.
Era una ragazza piena di vita; lui invece la vita la avrebbe tolta agli altri. Il solo pensiero lo indusse a stringere i pugni, infilandosi le unghie nella carne.
« Perché ti piaccio? » le chiese, quasi senza accorgersene. Aveva pensato ad alta voce, non avrebbe voluto dirlo davvero. Aveva sempre pensato che un Black non avrebbe mai potuto provare disgusto per se stesso, ma lui si sentiva proprio così.
Lei lo guardò con stupore. Regulus evitò il suo sguardo, imbarazzato.
« Ma che domanda è? Mi piaci e basta » rispose la ragazza, assestandogli una pacca scherzosa sulla spalla.
« Lascia perdere, non so cosa mi sia preso. Volevo dire… » bofonchiò, cercando di arrampicarsi sugli specchi, ma non trovò alcuna scusa valida. Si diede dello stupido: era la prima volta che gli capitava di mostrare insicurezza in un modo così esplicito.
Regulus percepì il tocco caldo della sua mano sulla propria, che invece era fredda come il ghiaccio. Alzò il viso e notò che il suo sguardo era divenuto di colpo fermo e deciso.
« Non so se è quello che mi hai chiesto, ma se mi piaci è perché in questi sette anni ho imparato a conoscerti, nei tuoi difetti come nei tuoi pregi, e mi sono affezionata ad entrambi ».
Regulus la guardò con scetticismo. Pregi, lui? A parte quello di essere un Black e un Purosangue, non ne sapeva trovare altri. Lei parve leggergli nel pensiero.
« Ebbene sì, c’è qualcosa di buono in te, anche se non ti piace ammetterlo per poter fare il duro. Faresti di tutto per la tua famiglia, non solo per dovere, ma per affetto. Questo ti sembra negativo? Tutti noi siamo fatti di luce e oscurità, anche se tu hai sempre cercato di nascondere la prima… e non dire che non è vero » aggiunse, quando Regulus aveva aperto la bocca per protestare.
« Non è facile capirti, ma è stato il mio tentativo di conoscerti meglio a farmi innamorare di te » concluse, nascondendo il rossore del viso dietro i lunghi capelli neri e fingendosi rilassata.
Regulus cercò disperatamente di mantenersi impassibile come sempre, ma non ci riuscì.
Lei era l’amica di sempre, l’unica ragazza che avesse mai avuto e l’unica persona che lo conosceva meglio di quanto lui conoscesse se stesso. Regulus era stato conquistato dalla sua capacità di vedere oltre la maschera da perfetto Black che indossava e che ormai si era completamente fusa con la sua pelle.
Non avrebbe voluto perderla per nulla al mondo. Ma a lei i Mangiamorte non piacevano, e la delusione provata nel vedere quel Marchio Nero sul polso di lui era bastata a farla allontanare per sempre, o almeno fino a quando non si sarebbe reso conto di aver sbagliato.

Il ricordo di quel pomeriggio in riva al lago sfumava velocemente e i contorni già vaghi del viso della ragazza scivolavano via dalle dita di Regulus, che si ritrovarono a stringere aria. Il calore, che nel breve istante del ricordo aveva fatto timidamente capolino, fu di nuovo inghiottito dal gelo che lo dominava.
La battaglia era finita: i Mangiamorte avevano vinto e ora un silenzio mortale opprimeva Diagon Alley. Regulus era l’unico rimasto; tutti gli altri erano andati via. Immerso nel buio della notte, non poté fare a meno di osservare lo spettacolo tetro e macabro che gli si presentava.
Alcuni residui di fiamme lambivano i davanzali delle finestre e un denso fumo biancastro si levava verso l’alto, nascondendo il cielo alla sua vista. I corpi degli Auror distesi per terra, immobili e in posizioni innaturali, lo fissavano attraverso gli occhi vuoti e privi di espressione, come a volergli ricordare che tutto ciò era successo anche a causa sua.
Il rimorso che covava si era trasformato in una belva feroce che gli divorava le viscere. Non era quello il mondo migliore che avrebbe voluto e in nome del quale aveva deciso di farsi marchiare. Nel mondo che desiderava, i maghi avrebbero finalmente ribaltato la situazione, assumendo il comando al posto di quegli inetti dei Babbani e usando liberamente la magia. Ma non voleva che si scatenasse una guerra tra maghi né che tanta gente perdesse la vita.
All’inizio Regulus si considerava un difensore dei diritti e dei privilegi dei Purosangue. Adesso capiva di trovarsi solo in una banda di assassini.
In mezzo a quello scenario, stentava a credere di possedere ancora un residuo di bene. Nel caso in cui fosse esistita, quella parte di sé ormai era morta e sepolta. La sua ragazza si era sbagliata, riponendo troppa fiducia in chi non la meritava, e lui non si sarebbe mai perdonato per averla sacrificata a causa di una scelta erronea. Le mancava come poteva mancargli l’aria da respirare, e senza di lei e il suo carattere allegro e caloroso si sentiva perso.
Regulus si odiava e cominciava ad ammettere a se stesso che tutta la sua vita fosse stata un susseguirsi di scelte sbagliate. La domanda che non gli dava tregua era soltanto una: che cosa avrebbe fatto a quel punto?
La risposta cambiava ogni cinque minuti e la precedente decisione di lasciarsi trascinare dagli eventi ormai non lo convinceva più. Non voleva continuare a vivere in quel modo, chiudendo gli occhi davanti alla gente che gli moriva davanti, e voltando la testa da un’altra parte, ma temeva di non avere abbastanza forza d’animo per reagire. Poteva davvero fare risorgere il suo lato umano dopo averlo soffocato per quasi due anni?
La sua ragazza era convinta di sì, ma lei aveva sempre avuto più fiducia in lui più di quanta ne avesse lo stesso Regulus.
Un gemito improvviso si levò nel silenzio, interrompendo le sue malinconiche riflessioni. Regulus portò immediatamente la mano alla bacchetta, guardandosi intorno con circospezione. Pochi metri più avanti, qualcuno si muoveva.
Regulus superò un paio di cadaveri e, nonostante l’agitazione che provava, fece molta attenzione ad aggirarli, pensando inconsciamente che avrebbe mancato loro di rispetto se una persona pessima come lui li avesse solamente sfiorati con l’orlo del mantello.
Quando raggiunse quello che continuava a gemere e singhiozzare, vide che si trattava di un ragazzo di pochissimi anni più grande di lui. Probabilmente aveva appena ottenuto il diploma di Auror, e magari quella era stata la sua prima missione.
Il ragazzo era bianco come un lenzuolo e digrignava i denti per il dolore, tenendosi una gamba rotta. Quando tuttavia vide Regulus sovrastarlo, la bacchetta puntata contro di lui, tacque e strizzò gli occhi, tremando come una foglia.
Era evidente che pensasse di essere ucciso. In fondo, era quello che ci si sarebbe aspettato da un Mangiamorte. Ma lui non era un Mangiamorte come gli altri, ammise Regulus a se stesso in un doloroso sprazzo di sincerità, né lo sarebbe mai stato.
Anche se aiutava i Babbani, quell’Auror gli faceva pena. Probabilmente aveva una madre che lo stava aspettando a casa, rifiutandosi di andare a dormire finché non lo avrebbe visto tornare sano e salvo. E Regulus non poté fare a meno di pensare al dolore che avrebbe provato la propria se non fosse più tornato a Grimmauld Place.
Era la prima volta che si sentiva così simile a qualcuno di cui non conosceva neanche lo stato di sangue, ed era una sensazione strana, ma che lo faceva sentire stranamente migliore di quanto pensasse.
Forse chiedendosi come mai non fosse stato ancora ucciso, l’Auror aprì gli occhi, sbalordito, ma a quel punto Regulus si era già Smaterializzato, dopo aver sparato in aria delle scintille rosse per attirare l’attenzione dei soccorsi che stavano arrivando.
L’ultima cosa che avrebbe voluto era un ringraziamento. Non era sicuro di meritarselo: aveva appena risparmiato una vita, ma per troppe volte aveva finto di non vedere, mentre gli altri Mangiamorte uccidevano indisturbati.
Tuttavia si sentiva un po’ meglio di prima.
Forse lei aveva avuto ragione, pensò all’improvviso, mentre gli amati tratti del suo volto tornavano ad essere netti e precisi nella memoria del ragazzo, che si sentì divorare dal dolore e dal rimorso. Forse dentro di sé conservava davvero qualcosa di buono, che non era ancora stato fagocitato completamente dall’oscurità. Altrimenti non avrebbe provato quella sensazione che iniziava lentamente a riscaldarlo.
Osservando il cielo che iniziava a riempirsi del chiarore dell’alba, Regulus capì di essere ancora in tempo per rimediare ai propri sbagli, anche se era consapevole dei rischi che avrebbe corso, e si ritrovò a sperare che seguire la sua luce interiore lo aiutasse a trovare una via d’uscita dal labirinto cieco in cui si era imprudentemente inoltrato.


*Angolo autrice*

Quelli che hanno dovuto sopportare le mie lamentele su questa fanfiction sanno che ero sicura di aver scritto una cosa illeggibile. Il fatto è che all'inizio del contest non avevo alcuna intenzione di scrivere qualcosa di romantico, volevo concentrarmi solo sulla guerra. E invece mi è capitata quella citazione che mi ha messa letteralmente in crisi. Ero certa che non c'entrasse nulla con il resto della storia, ma come al solito avevo esagerato a sottovalutarmi.

Proprio perché non volevo mettere troppo romanticismo, la ragazza l'ho lasciata volutamente indefinita e sullo sfondo. Chi ha già letto le altre mie storie può identificarla con Rachel (in fondo, ho pensato a lei, non posso farne a meno!), per gli altri potrebbe essere qualunque studentessa di Hogwarts (rigorosamente Purosangue e non Grifondoro, però, mi raccomando, eh, ci tengo!)
L'immagine all'inizio l'ho Gimpata io. Ecco invece i banner!

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Ecco il giudizio. Ringrazio ancora Vogue per essere stata così veloce e soprattutto incoraggiante! =D

-Grammatica: 9.9/10
-Stile e Lessico: 9.5/10
-Originalità: 15/15
-IC: 14.5/15
-Attinenza alla citazione: 10/10
-Giudizio personale: 10/10

Totale: 68.9/70

Solo un errore di battitura ti ha penalizzata alla voce ‘grammatica’, ‘hai c’è qualcosa in te’, mentre in caso contrario sarebbe stata perfetta da questo punto di vista, dato che non ho riscontrato il minimo errore nella storia. Ottimo il lessico, che mostra la capacità di utilizzare termini che siano innanzitutto coerenti con la narrazione, e che evitino fastidiose ripetizioni; altalenante invece è lo stile, in quanto in alcune parti della storia mi è parso che la lettura venisse rallentata, nello specifico nell’introspezione sono presenti dei periodi abbastanza lunghi, dove probabilmente l’inserimento di qualche virgola avrebbe aiutato la lettura. Nulla di grave comunque, e si tratta come ho detto solo di alcuni spezzoni, mentre per il resto la lettura risulta abbastanza fluida.
Una storia originale, anche perché, sé è vero che Regulus viene menzionato nella stragrande maggioranza dei casi in relazione al suo essere Mangiamorte, vero è anche che l’inserimento della ragazza ha aiutato moltissimo la storia sotto questo punto di vista. Anche perché ha fatto luce su un aspetto del tutto nuovo di Regulus, che improvvisamente diventa un ragazzo che ha qualcosa da perdere e, al contempo, qualcosa per cui lottare. Non nego che questa stessa situazione mi abbia dato l’impressione di un Regulus troppo... direi sottomesso nei confronti di questa ragazza, ma si può dire che essendo un frangente del tutto nuovo per lui, questo suo aspetto possa essere giustificabile.
Splendido l’inserimento della citazione, altro tassello che un po’ costruisce questo Regulus Black in preda per una volta di qualcosa di diverso rispetto alle paturnie nei confronti di ciò che è e di ciò che fa. Rimane tuttavia preda della sua vergogna nei confronti della ragazza, il che è un po’ il punto di partenza per comprendere le sue azioni successive: nel momento in cui vuole nascondere il Marchio per paura di perderla, è logico che lo assalga il dubbio su quanto sia giusto ciò che è diventato.
Una bella storia, senza dubbio. Bella perché innovativa, bella per l’ottima introspezione che hai fatto di Regulus. È un personaggio assolutamente ‘tuo’, e si vede. Brava!

  
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