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Autore: Valaus    27/10/2010    12 recensioni
"Che Harry Potter, il celeberrimo Harry Potter, avesse un’altrettanto celebre cicatrice a forma di saetta al centro della fronte, era cosa nota. Che Neville Paciock, il banalissimo e per nulla famoso Neville Paciock, avesse a sua volta una cicatrice in fronte, non lo sapeva quasi nessuno.
Seconda Classificata e Vincitrice del Premio Fun al contest "I love Dates" indetto da Lovechild sul forum di EFP.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Hannah Abbott, Neville Paciock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa fict ha partecipato al contest "I love Dates" indetto da Lovechild sul forum di EFP, classificandosi seconda e vincendo il Premio Fun.
La data sulla quale dovevo basare la mia storia era "1988- Neville Paciock viene accidentalmente fatto cadere dal secondo piano di casa sua dal prozio Algie". E questo è il risultato xD
Una sciocchezza senza pretese, ma che devo ammettere mi sono molto divertita a scrivere.
Spero che possa divertire allo stesso modo anche chi vorrà leggerla e/o commentarla ^^
Come sempre, vi rimando innanzitutto alla mia pagina di Facebook
, dove sarò lieta di trovarvi a patto che non mi mandiate gli inviti per Farmville xD
Alla fine della pagina, troverete le note sulla storia ed il giudizio della giudice LC, che ancora ringrazio e che adoro indipendentemente dal fatto che sia una sporca Ronmione <3














"Scar's Tale"










Che Harry Potter, il celeberrimo Harry Potter, avesse un’altrettanto celebre cicatrice a forma di saetta al centro della fronte, era cosa nota.
Che Neville Paciock, il banalissimo e per nulla famoso Neville Paciock, avesse a sua volta una cicatrice in fronte, non lo sapeva quasi nessuno. E questo perché, come lui, anche la sua cicatrice era altrettanto banale e per nulla famosa.
E se, per giunta, la cicatrice di Harry Potter era un tratto distintivo, un elemento caratterizzante, l’emblema dell’eterna lotta tra la luce e l’oscurità, uno stendardo destinato a passare alla storia per la sua importanza ed il suo valore simbolico – in poche parole qualcosa di cui farsi un vanto – , la cicatrice di Neville non reggeva minimamente il confronto.
Di quello sfregio non c’era davvero nulla di cui andare fieri.
Era non solo un imbarazzante ricordo d’infanzia, ma anche la prova tangibile che il Dna Paciock doveva sicuramente avere qualche gene difettoso. Sì, perché era matematicamente e forse persino scientificamente impossibile che in un’unica famiglia fosse accorpato un così elevato numero di individui goffi, sbadati e pasticcioni.
A Neville non piaceva parlarne. E, di conseguenza, non gli piaceva neppure mostrarla.
Era fondamentalmente quello il motivo per cui, dall’età di otto anni, esibiva – neppure troppo orgogliosamente, a dire il vero – una zazzera che gli copriva buona parte della fronte, celando in particolare quell’informe segno rosa proprio sotto l’attaccatura dei capelli.
Se ne vergognava, semplicemente.
Ma, un pomeriggio di febbraio del suo settimo anno ad Hogwarts, per la prima volta in vita sua si trovò a considerare che, tutto sommato, quella cicatrice non era poi così male.


< Neville, posso farti una domanda?>
Seduto con la schiena contro la parete della Stanza delle Necessità, il ragazzo tentava di riprendere fiato dopo l’ennesima, estenuante riunione/allenamento dell’ES.
< Certo.> affermò, accompagnando l’esclamazione con un cenno del capo.
La sua spalla sfiorava quella di Hannah Abbott, adagiata nella sua stessa posizione.
Da quando Harry, Ron ed Hermione erano partiti per la loro “missione segreta”, la gestione – per così dire – dell’ES era passata al Grifondoro, per tacito consenso degli altri membri.
Per anni Neville ed Hannah si erano ignorati. Non volontariamente, ma appartenendo a due Casate diverse e frequentando compagnie differenti, l’occasione di entrare in contatto l’uno con l’altra era sempre mancata.
Poi, gli eventi della fine del Sesto anno avevano fatto rapidamente precipitare la situazione all’interno del castello. Hannah si era ritrovata in una Hogwarts diversa, che non le piaceva e le incuteva un certo timore.
Da una sua compagna di Tassorosso era venuta a conoscenza dell’esistenza di quello sparuto gruppetto di studenti “ribelli”, che durante il quinto anno aveva fatto capo ad Harry Potter in persona e che ora, in sua assenza, poteva contare sull’inattesa esperienza e fermezza di spirito di Neville Paciock.
Per questo, un giorno, aveva avvicinato il ragazzo in Sala Grande, manifestando il suo desiderio di unirsi al gruppo.
Da allora, complici le riunioni dell’ES ed un’inaspettata intesa mentale tra i due, Neville ed Hannah avevano instaurato un piacevole rapporto di amicizia e confidenza.
Durante il precedente anno scolastico, la fanciulla aveva perso la madre per mano di un Mangiamorte, e questo triste evento aveva contribuito ad avvicinarla ulteriormente al Grifondoro, che come lei condivideva una triste storia familiare.
Dopo ogni lezione, si fermava sempre ad aiutare Neville a rimettere a posto, o semplicemente a scambiare quattro chiacchiere ed alcune riflessioni con lui.
< Però voglio che mi rispondi sinceramente. Anche a costo di essere brutale.> proseguì lei.
Il ragazzo si limitò ad annuire, in attesa.
Un sospiro, poi Hannah riprese a parlare.
< Secondo te, tutto questo serve a qualcosa?>
< L’ES intendi?>
< Sì. Voglio dire, potrà davvero tornarci utile, casomai i Mangiamorte dovessero decidere di attaccare Hogwarts, o...>
< Pensi che queste lezioni siano solo un modo come un altro per sentirci partecipi di ciò che succede, senza però essere effettivamente di aiuto?> la interruppe lui, improvvisamente rigido.
Hannah scosse la testa.
< Non lo penso. Credo, piuttosto, che stiamo imparando tantissimo, ed in maniera molto più rapida ed efficace di quanto potremmo mai fare rimanendo chini sui libri. Ma vorrei sapere cosa ne pensi tu, Nev.>
Lui si voltò dalla sua parte, fissandola. Provò l’irresistibile tentazione di sfiorare i suoi lunghi capelli biondi, ma si trattenne, per poi domandarsi cosa diamine gli fosse preso. Non era il momento di perdersi in simili frivolezze. Anche se l’avvenenza della sua compagna era piuttosto evidente, e lui stesso si perdesse ogni volta ad ammirarla.
< Penso che, nel nostro piccolo, stiamo tentando di prepararci a ciò che potrà accadere. Forse questo non ci impedirà di essere sconfitti, ma è sempre meglio che restare con le mani in mano. E penso anche che, prima ancora delle nostre capacità magiche, ciò che dobbiamo affinare maggiormente sia la nostra fiducia in noi stessi, la nostra speranza e la nostra tenacia. E l’ES in questo senso fa grandi cose. Prima di entrarne a far parte, io ero un timido ragazzino spaurito, incapace di lanciare persino un Wingardium Leviosa.>
Sorrise tra sé e sé, distogliendo lo sguardo da quello di Hannah e puntandolo sulle proprie ginocchia piegate.
< Non che adesso io sia ai livelli di Harry, sia chiaro. Non credo che riuscirei ad essere come lui nemmeno dopo anni ed anni di allenamento. Però sono comunque cambiato, ed in meglio. Chissà, se magari i Mangiamorte domani decidessero di attaccarci, io potrei comunque restare ucciso. Ma avrei la forza di affrontarli a testa alta, senza nascondermi nel primo rifugio a mia disposizione. E li farei sudare sette camicie. Questo, per me, significa già tanto.>
Concluse il discorso passandosi una mano sulla fronte e ravviandosi i capelli all’indietro.
Fu in quel momento che la ragazza notò la cicatrice sul suo viso.
< Cos’hai lì?> fece.
Neville, sentendosi scoperto, impallidì. Tentò di distogliere l’attenzione dell’amica, ma lei, imperterrita, gli si avvicinò, inginocchiandosi davanti a lui. Riuscì a sconfiggere la sua ritrosia per scostargli leggermente alcuni ciuffi dalla fronte, svelando il perennemente celato sfregio.
Il ragazzo abbassò lo sguardo, imbarazzato.
< E’ solo una stupidaggine... un graffio che mi sono fatto da piccolo...>
Hannah lo sfiorò lievemente con la punta dell’indice destro. Poi, si esibì in un ampio sorriso.
< Sai, non dovresti vergognartene così.> gli disse < Trovo che sia davvero molto sexy.> concluse in tono malizioso, facendolo avvampare.
Qualche ora più tardi, rimirando la propria cicatrice nello specchio del bagno dei ragazzi, Neville ringraziò per la prima volta lo zio Algie di avergliela procurata.


*




Da un buon quarto d’ora, ormai, Neville Paciock litigava furiosamente coi bottoni della propria giacca, che non volevano saperne di rimanere saldamente infilati nelle asole.
Sospirò, rimirandosi per l’ennesima volta allo specchio.
Dopotutto, considerò, poteva sempre lasciarla aperta.
Scosse frettolosamente il capo.
No, niente scappatoie. La giacca doveva chiudersi, a qualunque costo. Si sarebbe messo d’impegno, ed avrebbe buttato giù quei due o tre chiletti che gli impedivano di abbottonarsi l’indumento come qualunque altro uomo.
E poi, non poteva presentarsi in sovrappeso al proprio matrimonio.
Soprattutto non con uno schianto di fidanzata e futura moglie quale la propria, bionda e filiforme.
Sarebbe stata dura rinunciare a Cioccorane, Zuccotti e quant’altro. Ma, del resto, per amore si fa qualunque cosa. O almeno ci si prova.
< Neville, caro.> la voce di Augusta Paciock interruppe i pensieri del ragazzo.
Ancora lo sorprendeva il repentino cambio d’atteggiamento della donna nei propri confronti. Da severa ed intransigente qual era, sua nonna negli ultimi anni si era trasformata in un vero zuccherino, sempre ad apostrofarlo con “caro”, “tesoro” e simili vezzeggiativi.
Essere un eroe di guerra, dopotutto, aveva pur sempre i suoi vantaggi. E soprattutto dopo che un entusiastico Harry Potter aveva tessuto le lodi del nipote, riportando con quanto coraggio si fosse confrontato con il Signore Oscuro in persona dichiarando “mi unirò a te quando l’Inferno si congelerà”, la vecchia madama aveva preso a riservargli sguardi carichi di devozione ed ammirazione spassionata, assieme ad innumerevoli ed amorevoli attenzioni che spesso portavano il ragazzo a domandarsi se per caso, durante la battaglia finale, sua nonna non avesse riportato ferite così gravi da farle perdere il senno.
Augusta lo fiancheggiò, posandogli una mano rugosa sul braccio destro ed osservando assieme a lui l’immagine riflessa nell’alto specchio.
Sconcertato, Neville notò gli occhi della donna farsi lucidi.
Sua nonna che piangeva era uno spettacolo che davvero il povero Grifondoro non sarebbe stato in grado di reggere. Sarebbe stato un po’ come vedere il vecchio Severus Piton – con buona pace della sua nobile anima – aggirarsi per i corridoi con un largo sorriso sulle labbra, trotterellando come Luna Lovegood e dispensando caramelle e bon-bon ai suoi studenti.
< Gli somigli così tanto...> la sentì mormorare.
Capì immediatamente a cosa si riferisse. Posò la mano sinistra su quella di Augusta, dolcemente.
Anche lui era emozionato all’idea d’indossare per il proprio matrimonio lo stesso abito con cui suo padre aveva condotto all’altare sua madre, dunque poteva ben immaginare il tumulto interiore che tutto ciò provocava all’anziana.
< Papà era più in forma di me.> sussurrò < Non riesco a chiudere i bottoni della giacca.>
< Dettagli.> lo zittì la donna < Sei bellissimo anche così, tesoro. Certo,> fece poi, riassumendo la sua vecchia verve < effettivamente dovresti buttare giù un po’ di pancia. Soprattutto visto che ti sei scelto addirittura Harry Potter come testimone. Non vorrai mica che una volta sull’altare tutti gli sguardi si concentrino su di lui?>
Neville scoppiò a ridere.
< Credo che sia inevitabile, nonna. E’ pur sempre Harry Potter.>
L’anziana si voltò verso di lui, fissandolo intensamente negli occhi.
< Sarà pure Harry Potter, ma se non fosse stato per voi a quest’ora useremmo il passato remoto per riferirci a lui.>
Sollevò la mano per fargli una lieve carezza sulla guancia, poi si voltò e s’incamminò verso l’uscita.
Il ragazzo non riuscì a non sorridere. Adorava quando sua nonna – o Hannah – tentavano di smontare il mito del Bambino Sopravvissuto.
Nulla contro Harry, anzi. Ma, dopo anni ed anni passati in sordina, lo inebriava che gli altri sottolineassero come anche il suo ruolo fosse stato fondamentale nella lotta all’Oscuro.
Ed effettivamente, era pur sempre vero: Potter non aveva certo fatto tutto da solo!
Raggiunta la porta, la donna si bloccò di colpo.
< Che sciocca, quasi dimenticavo!> tornò a rivolgersi al nipote, con un sorriso < Tuo prozio Algernon è in salotto che ti aspetta.>
Neville rischiò quasi di rompersi l’osso del collo per la rapidità con cui scese al piano di sotto.
Arrivò nella stanza trafelato e mezzo scompigliato, ma ciò non gl’impedì di venire accolto con un fischio d’approvazione.
< Caspiterina, tutto imbellettato!> ghignò Algie, divertito.
Erano passati quasi tre anni dall’ultima volta che l’aveva visto, ma l’uomo non era decisamente cambiato di una virgola.
Portava ancora i capelli – il cui biondo originale era ormai stato intaccato dagli ingenerosi segni del tempo – lunghi fin sotto le spalle, cosa che gli valeva numerose occhiate di rimprovero da parte di Augusta, abiti di due taglie più grandi dai colori sgargianti – se non accecanti – e qualche strano pendaglio appeso al collo.
Per l’occasione, faceva bella mostra di una ricca collana di spicchi d’aglio. Il che spiegava anche l’odore non esattamente gradevole che lo circondava.
< Romania. Vampiri. Sai com’è, volevo tenere il mio collo alla larga da quei canini appuntiti.> si limitò a spiegare, con una scrollata di spalle.
Lo zio Algie era senza ombra di dubbio il personaggio più eccentrico che Neville avesse mai incontrato. E Neville era il migliore amico di Luna Lovegood, il che era tutto un dire.
Era stato lui a trasmettergli la passione per l’Erbologia, anche se il giovane aveva il vago sentore che il prozio si dedicasse pure a coltivazioni non esattamente consentite dalla legge.
Sempre lui gli aveva regalato il suo primo animaletto domestico, in vista della futura permanenza ad Hogwarts. Quando gli altri bambini ricevevano gufi, gatti, falchi, conigli o serpenti, a lui era toccato un rospo.
Ed anche in quel caso, Neville sospettava – col senno di poi – che la scelta di quello specifico animale non fosse stata proprio casuale. Ma si era rifiutato d’indagare oltre.
Soprattutto, però, il prozio Algie era l’uomo a cui doveva la cicatrice sulla fronte. Oltre a vari traumi infantili che aveva impiegato anni a superare, primo fra tutti la paura dell’altezza.
Quando aveva otto anni ed ancora non manifestava il benché minimo segno di magia, Algie aveva pensato bene di “testare” le sue capacità latenti gettandolo accidentalmente dal secondo piano di casa Paciock.
Fortunatamente, il mago che era sopito dentro di lui gli aveva permesso di salvarsi la pelle, facendolo rimbalzare sull’asfalto. Conseguenza di quel bizzarro episodio erano stati lo sfregio sulla fronte per Neville, un quasi infarto per Augusta Paciock ed un sonoro calcione nel sedere da parte della Vecchietta Sopravvissuta per l’uomo.
Algie si avvicinò al pronipote, passandogli un braccio intorno alle spalle con fare confidenziale ed ammiccando con un cenno del capo alla credenza.
< Stavo dando un’occhiata alle fotografie. Hannah è quella biondina?>
Neville annuì. In risposta, dalle labbra del prozio partì il secondo fischio d’apprezzamento, stavolta più marcato.
< Gran, gran pezzo di fi...> il ragazzo gli lanciò un’occhiataccia minacciosa < ... gliola. Sì, una gran bella ragazza davvero. Hai buon gusto, come me.>
< Non mi pare che tu ti sia mai sposato, zio.>
< E’ esattamente per questo che ho buon gusto, Neville!>


< Perciò, sei proprio proprio sicuro di volerti sposare?>
Neville, seduto sulla poltrona del salotto, alzò gli occhi al cielo. Da un quarto d’ora conversavano sorseggiando Whisky Incendiario – “come ogni nobilmago che si rispetti”, aveva sentenziato l’uomo – , e Algie gli aveva ripetuto insistentemente quella domanda almeno una dozzina di volte.
< Stai tentando di sabotare le mie nozze, zio?>
Lui esibì un ghigno che al ragazzo ricordò spaventosamente l’espressione tipica di Draco Malfoy. Si domandò se il suo prozio non fosse per caso un ex-Serpeverde.
< Niente affatto, Neville. Voglio solo assicurarmi che tu sia pienamente consapevole del passo che stai per compiere. E se poi decidessi di tirarti indietro, potresti sempre venire in Corea con me. Ho sentito dire che laggiù hanno una particolare varietà di Mimbulus Mimbletonia che se ne mischi il succo con qualche goccia di Acquavite ti fa librare in aria come un uccellino.>
Il giovane storse le labbra in una smorfia. Dubitava seriamente della veridicità di una simile affermazione, e al tempo stesso era alquanto spaventato dall’uso che il prozio poteva voler fare di una cosa del genere.
< Senza offesa zio, ma l’ultima volta che ho deciso di seguirti in uno dei tuoi viaggi, a momenti ci rimetto una gamba.>
Algie mosse la mano per aria in un gesto di non curanza.
< Solo perché quei Tentacoli Velenosi ti si erano avviluppati intorno al polpaccio.>
< Me l’hanno quasi strappato dal resto del corpo!> puntualizzò il ragazzo.
< Sono i rischi del mestiere.>
< Sono i rischi dello stare con te.>
L’uomo ridacchiò, ingerendo una generosa sorsata di Whisky.
< Mi ferisci.> ironizzò.
Neville ridacchiò a sua volta.
< A dire il vero, sei tu che hai ferito me. E non metaforicamente.>
< Ti riferisci alla cicatrice che hai in fronte?>
Il ragazzo si servì a sua volta un bicchiere di alcool, allentandosi il nodo della cravatta con l’indice della mano destra.
< Principalmente.>
Non era certo l’unica ferita per cui Neville doveva ringraziare il prozio, ma indubbiamente era quella che gli aveva procurato più magagne.
Almeno fino a quel pomeriggio di Febbraio.
< Anche se> proseguì < per quella ti devo ringraziare.>
Algie, che si stava portando il bicchiere alle labbra, si bloccò con la mano a mezz’aria. Riportò il calice sul tavolo da fumo di fronte a lui e squadrò il nipote con un’occhiata interrogativa.
< Davvero?> chiese, perplesso.
Neville annuì. Poi si concesse un largo ghigno dal sapore vagamente Serpeverdesco.
< Hannah la trova estremamente sexy.>
L’uomo scoppiò a ridere.
< Le hai raccontato come sono andate le cose?>
< Assolutamente no.> ammise Neville candidamente < Le ho detto che è una vicenda di cui preferisco non parlare, ma le ho lasciato intendere che sia il risultato di un precoce scontro con l’Oscuro.>
Algie sgranò gli occhi, scivolando in avanti sulla poltrona per avvicinarsi al ragazzo.
< Fammi capire, tu hai fatto credere alla tua fidanzata che la cicatrice che io ti ho procurato in fronte sia in realtà un regalino di Tu-sai-chi? Tipo Harry Potter?>
Al cenno affermativo del giovane, l’uomo esplose in una grassa risata.
< Nipote, altro che Grifone, tu sei una volpe!>


*




Hannah Abbott nei Paciock era letteralmente stremata, sia dal punto di vista fisico che da quello psicologico.
Avrebbe desiderato ardentemente un drink, un sonnifero ed una bella dormita. Ma se riguardo agli ultimi due nessuno avrebbe avuto nulla da obiettare, tremava anche solo al pensiero di ciò che la sua Guaritrice e la signora Augusta avrebbero potuto gridarle contro se avesse manifestato la propria voglia di bere.
Forse avrebbe potuto chiedere a suo marito di allungarle un goccetto di nascosto. Ma Neville al momento era ancora troppo frastornato dall’evento appena conclusosi, per essere in grado di fare alcunché. Si rigirava nella stanza d’ospedale della moglie col petto gonfio d’orgoglio, ringraziando ed abbracciando calorosamente i visitatori che si congratulavano per il lieto evento e lanciandole di quando in quando delle occhiate cariche d’amore e commozione.
Era diventato padre solo da poche ore, e già aveva perso la testa.
E dire che lei invece ancora doveva abituarsi all’idea di avere un figlio.
Non nel senso fisico del termine. Quello l’aveva compreso fin troppo bene, e ne conservava ancora i segni ed i dolori.
Tuttavia, ogni volta che il suo sguardo si posava sul fagottino stretto tra le braccia di Neville, non riusciva ad evitare di pensare che, dopotutto, ne era valsa davvero la pena.
Darcy era un bambino meraviglioso. Aveva ereditato i biondi capelli di Hannah, le guance paffute di Neville e gli occhi chiari di Alice Paciock.
Quando pensava ai suoi suoceri, alla giovane si stringeva il cuore.
Era certa che avrebbero adorato il loro nipotino, se solo fossero stati in grado di riconoscerlo.
Era stata piuttosto combattuta sul nome del bimbo. Aveva considerato di proporre a Neville di chiamarlo Frank, come suo padre, ma Augusta, una volta messa al corrente di quella sua intenzione, aveva immediatamente tentato di dissuaderla.
Era un gesto molto dolce, ma Neville non avrebbe mai acconsentito. Suo padre era ancora vivo, innanzitutto. E poi, chiamare così il proprio figlio gli avrebbe causato troppo dolore.
Tuttavia, eleggerlo a secondo nome sarebbe stato una sorta di omaggio, ed il ragazzo avrebbe indubbiamente gradito.
Così, erano infine giunti a Darcy Frank Paciock. E sebbene spesso, durante la gravidanza, Neville avesse scherzato sul fatto che suo figlio avrebbe avuto un nome terribilmente pomposo, Hannah aveva notato come gli occhi gli si illuminassero quando lo pronunciava.
Sorrise all’ennesimo volto entusiastico che si avvicinava al suo letto per farle le congratulazioni.
Era felice di tutto quell’affetto, ma al momento avrebbe solo desiderato che se ne andassero tutti e la lasciassero riposare in pace.
Fu solo una mezz’ora più tardi, quando lentamente la moltitudine di visitatori che si era riversata nella sua stanza cominciò a scemare, che tirò un sospiro di sollievo.
Neville depositò Darcy tra le braccia di sua nonna e raggiunse la moglie, con un’espressione talmente estatica che Hannah non si sarebbe stupita di vederlo persino fluttuare a qualche metro da terra.
Era il ritratto della felicità. E, per quanto stanca fosse, non riusciva a non sentirsi partecipe di quella gioia.
L’ex Grifondoro si sedette sul bordo del letto, prendendole una mano e schioccandole un bacio sulla fronte.
< Non è meraviglioso?> le domandò poi.
< Avevi qualche dubbio?> replicò ironica lei.
Neville ridacchiò, scrollando il capo.
< Per niente. Però sai, un conto è immaginarlo, un conto è... beh, vederlo.>
Hannah sorrise, allungando una mano per accarezzare il viso del marito. Gli scostò la frangia, intravedendo per un attimo la cicatrice sulla sua fronte.
Non aveva creduto neppure per un solo istante alle vaghe insinuazioni di Neville sulla vera origine di quel graffio.
Lui non era Harry Potter, e se davvero avesse avuto un precoce scontro con il Signore Oscuro, probabilmente ne avrebbe ricavato ben più di un pallido segnetto sulla fronte.
Quantomeno, la sua cicatrice sarebbe stata enorme, evidente ed assolutamente antiestetica, proprio come quella del Prescelto.
Tuttavia, si era sempre guardata dal rivelarlo a Neville. Sapeva che suo marito aveva evitato di raccontarle la verità per cercare d’impressionarla.
Hannah non ne aveva bisogno, si era innamorata di lui non perché fosse un eroe temerario quanto per le sue mille, meravigliose qualità. Oltre che per i suoi bei lineamenti delicati e per quell’aspetto da finto bravo ragazzo – perché lei sapeva benissimo che, quando ci si metteva, sapeva essere un vero demonio – che le infiammava costantemente i sensi.
Ad ogni modo, non voleva causargli una delusione rivelandogli che il suo tentativo di farsi grande ai suoi occhi era stato un vero buco nell’acqua.
Stava ancora accarezzando il viso del ragazzo, quando qualcosa alle sue spalle le fece aggrottare le sopracciglia.
< Sai Neville,> esordì < il tuo prozio è davvero un tipo strano.>
Lui ridacchiò, sarcastico.
< Ma và?!>
< No, dico sul serio. Prima mi ha intrattenuta con uno strampalato discorso sul fatto che i poteri magici vanno testati sin da bambini, o qualcosa del genere, dicendo che aveva fatto lo stesso anche con te.>
Neville sbiancò di colpo, avvertendo il proprio battito cardiaco accelerare spasmodicamente.
< E ora ha preso in braccio Darcy e non capisco cosa...>
Il giovane non le diede il tempo di finire la frase. Scattò immediatamente in piedi, urlando a squarciagola mentre correva verso l’uomo.
< Zio Algie, allontanati immediatamente da quella finestra!!!!>









~Fin~
































NdA: Il titolo è ispirato al titolo di un film animato, “Shark’s Tale”. E’ idiota, ma non mi è venuto davvero nulla di meglio in mente u.u
Per quanto riguarda il prozio Algie, dato che la Row non ci aveva fornito nessuna descrizione fisica o caratteriale, mi sono sbizzarrita. Partendo dal presupposto che una persona che scaraventa il nipote dal secondo piano non deve esattamente essere tutta schietta, ho deciso di renderlo una sorta di alternativo figlio dei fiori, un po’ una versione maschile di Luna.
La parte sulle coltivazioni non esattamente illegali di Algie penso si spieghi da sola xD E per quanto riguarda i dubbi di Neville sul rospo, il concetto non cambia (per questo, nello specifico, mi sono ispirata ad una puntata dei Simpson in cui Homer, mandato a fare il missionario in un’isola tropicale, si “sballa” leccando i rospi).
Il “Vecchietta Sopravvissuta” è ovviamente una parodia del Bambino Sopravvissuto.
Per quanto riguarda gli occhi di Alice Paciock, non ho idea se fossero chiari o meno. Semplicemente, l’ho immaginata così, e al tempo stesso volevo che il figlio di Neville avesse qualcosa di suo.
Infine, sulla faccenda del nome, la scelta di limitare Frank a secondo nome si attiene perfettamente a quanto ho fatto dire da Augusta. Darcy, invece, è stato scelto dopo che, come una povera idiota, ho riso per due minuti al pensiero di quanto “Darcy Paciock” suoni simile a “darsi pace”. E’ una giustificazione imbecille, ed oltretutto funziona solo nella versione italianizzata del cognome di Neville. Ma tant’è che ormai per me il pargolo era ufficialmente Darcy xD













Seconda Classificata(pari merito):'Scar's Tale' di Valaus
Grammatica e sintassi: 23.5/25
Stile: 15/15
Originalità: 10/10
Caratterizzazione dei personaggi: 15/15
Attinenza alla traccia e sviluppo della trama: 15/15
Gradimento personale: 13/15
Bonus OC: 3/5 punti (Algie, Hannah)

Totale: 94.5/100 punti

Dopo aver letto la tua storia ero incredula! Tutto mi sarei immaginata da zio Algie, tranne che… beh, tranne questo!
Il tuo stile è sempre perfetto, divertente ma non ridicolo, accurato
Originale è originale, avevi dubbi? Ho adorato lo stacco fra i momenti dolci che ci sono fra Hannah e Neville, e i momenti totalmente folli con lo zio Algernon!
La caratterizzazione è, in assoluto, il punto forte delle tue storie. Sei capace di sviluppare qualunque tipo di personaggio, non solo rendendolo credibile, ma facendo in modo che il lettore si trovi totalmente a suo agio ad interagirvi e a seguire le azioni da esso compiute.
Lo sviluppo della trama è magistrale: non ho staccato gli occhi dal foglio neanche per un attimo, avida com’ero di sapere cosa succedeva ‘dopo’.
Dopo questo panegirico in tuo onore suppongo ti stupirai per il punteggio del gradimento personale. A dire il vero i motivi che mi hanno spinta ad abbassare così tanto il punteggio sono molteplici. In minima parte si tratta del fatto che non condivido la tua visione del prozio Algie, che per i miei gusti è troppo simile a Xenophilus Lovegood. Maggiormente però ti ho penalizzata perché mi aspettavo di leggere della famosa meringa della zia Enid, che, invece, non è apparsa da nessuna parte. Ammetto che, probabilmente, sono stata eccessivamente puntigliosa e rompiballe, ma davvero trovavo quella parte la più curiosa della storia quindi ci sono rimasta male. Con questo non voglio assolutamente che tu pensi che io non abbia amato la tua storia perché non è assolutamente così! Semplicemente la mia visione della storia è radicalmente differente.
Per il Bonus OC ho assegnato 2.5 punti a zio Algie e 0.5 punti ad Hannah. So bene che non sono OC però, com’è accaduto per altre storie, ho pensato che, non avendo nessuna informazione approfondita, possano essere considerati “OC parziali”.
Sei sempre bravissima Val, mi hai davvero fatta sorridere! E’ il più bel quadretto di vita familiare che io veda da tanto tempo!















   
 
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