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Autore: NonnaPapera    27/10/2010    2 recensioni
Si, perché pensare che uno degli uomini più affascinanti, stimati e danarosi dello stato volesse togliersi la vita, era cosa del tutto impossibile.
Mentre fissava quell’acqua scura –per la tarda ora- e vorticante –date le insistenti piogge che si erano abbattute per tutto il giorno precedente- John si ritrovò a pensare a come sarebbe stato il suo funerale
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Meraviglioso

 

“E' vero, credetemi è accaduto
di notte su di un ponte
guardavo l'acqua scura
con la dannata voglia
di fare un tuffo giù.
D'un tratto qualcuno alle mie spalle
forse un angelo vestito da passante
mi portò via dicendomi così…”

 

 

John Strade era sempre stato il classico vincente, sia nell’aspetto che nella vita aveva fin da piccolo rappresentato l’essenza del ”buon partito”.

Diventando adulto si era laureato, senza sforzo alcuno, in una delle più prestigiose università private dello stato.

Immediatamente finiti gli studi era entrato in un rinomato studio associato e da lì la sua brillante carriera era decollata.

Uomo di grande fascino era molto colto ed estroverso, riusciva a trovarsi a suo agio in qualunque situazione.

Nulla lo spaventava, nulla lo fermava.

Sempre circondato da lusso ed amanti –di entrambi i sessi- la sua vita, vista da un osservatore esterno, risultava il ritratto della perfezione.

Ecco perché chiunque lo conoscesse, se in quella notte senza stelle, fosse passato sullo stesso ponte dal quale lui si sporgeva e l’avesse visto, avrebbe certamente pensato ad uno scherzo.

Si, perché pensare che uno degli uomini più affascinanti, stimati e danarosi dello stato volesse togliersi la vita, era cosa del tutto impossibile.

Mentre fissava quell’acqua scura –per la tarda ora- e vorticante –date le insistenti piogge che si erano abbattute per tutto il giorno precedente- John si ritrovò a pensare a come sarebbe stato il suo funerale.

La sua assistente –nonché occasionale amate- si sarebbe sciolta in lacrime per la sua prematura scomparsa, attribuendosi la colpa della sua morte.

Anne Jaspen era una donnina fragile emotivamente e di certo avrebbe pensato che la causa poteva bene attribuirsi ad un caffè non troppo caldo, che il giorno prima aveva servito al suo benamato capo.

Neal Stevens le si sarebbe fatto accanto, allungando la mano a stringere la sua spalla delicata, rassicurandola –mentre certamente sorrideva in cuor suo per la strabiliante fortuna che lo aveva colto-.

Infatti benché Neal fosse amico ormai da tempo del caro dipartito, era sempre stato invidioso degli sguardi che la delicata Anne gli rivolgeva.

Ora, con il rivale defunto, avrebbe avuto certamente campo libero per il cuore della dolce segretaria.

Naturalmente ci sarebbe stato qualcuno che al suo funerale non avrebbe certo presenziato.

Alcuni perché troppo presi dagli affari, altri perché incuranti della sua prematura scomparsa.

Certamente il vecchio Sig. Huston sarebbe stato appartenente alla prima categoria.

Suo socio nello studio –che da anni aveva aperto-, avrebbe borbottato che una morte non segna la fine del mondo, e che non era certamente il caso di far attendere clienti danarosi per un siffatto avvenimento.

Anzi, semmai avrebbe aggiunto che in quei giorni più che in altri, era necessario darsi da fare, data la mole di lavoro che l’estinto si era lasciato alle spalle –perché i clienti non si possono accantonare-.

Invece chi avrebbe certamente gioito della sua morte sarebbe stata la bella Emy Friel, nel vedersi la strada spianata ad una sicura promozione.

Poi di sicuro il senatore Strade avrebbe rilasciato una conferenza stampa, annunciando al mondo che il figlio non si era tolto la vita, bensì era stato brutalmente e barbaramente assassinato nel fiore degli anni.

Poco importava che quegli incompetenti della polizia affermassero il contrario.

Lui e i suoi soldi avrebbero dimostrato che nessun membro della rinomata famiglia Strade era tanto pazzo da gettarsi di sua iniziativa da un ponte.

Le lacrime che Camille Strade avrebbe versato al suo funerale sarebbero sicuramente state sentite –almeno a detta di tutti i giornalisti-, anche se non abbastanza da scioglierle il trucco che si era accuratamente fatta.

La bella moglie del senatore sarebbe stata in grado di rimanere perfetta anche durante un uragano, figurarsi al funerale del suo figliastro.

John si ritrovò a sorridere tristemente, a conti fatti nessuno avrebbe realmente pianto per lui, nessuno avrebbe sentito la sua mancanza.

Ecco perché aveva deciso che tanto valeva fare la finita.

Che senso valeva vivere così, con quel grande buco nero che ogni giorno si faceva sempre più largo nel suo stomaco?

Quel freddo all’anima che aveva cercato di scaldare in tutti i modi, ma senza risultato.

Feste, amici o presunti tali, persino la beneficenza, nulla smuoveva il suo spirito congelato.

E non che non ci avesse provato con tutto se stesso.

Aveva inseguito l’amore, quello con la A maiuscola, nella vana speranza di sentirsi completo, però non l’aveva mai raggiunto, ed ora non aveva più la forza di continuare a cercarlo.

Perché sapeva bene che quello sarebbe stato l’unico modo per continuare ad esistere.

Però ormai nessuno riusciva più a scindere la sua persona da ciò che era il parere comune.

Lui era per tutti John Strade, il multimilionario figlio del senatore, l’uomo d’oro che ogni ragazza sogna, il benefattore al quale chiedere aiuto se ci si trova in difficoltà finanziarie.

Ma lui non era così o almeno non solo.

Era un uomo dolce, al quale piaceva passare le serate in pantofole a guardare la tv, accoccolato sul divano –ma da quanto era che non lo faceva? Ormai non rammentava più-

Fece un sospiro rassegato e si sporse ancora un po’, fissando verso il basso.

Poi alzò le spalle con tristezza, stava per gettarsi quando una voce dietro di lui lo bloccò.

“Hei amico, prima di fare il grande salto avresti da accendere?”

John si voltò sorpreso e perplesso.

La magra figura di un ragazzetto tutto cencioso e sporco, si delineò sotto la luce di un lampione.

Il giovane che dimostrava meno di vent’anni sorrise piegando le labbra in modo sghembo e si avvicinò con le mani in tasca ed una sigaretta spenta in bocca.

“Non mi scocciare, vattene” parlò infastidito l’avvocato.

“Tranquillo non ti voglio mica impedire di tuffarti… solo volevo che tu mi accendessi una sigaretta”

Ormai erano uno di fronte all’altro.

Lo sguardo vivace ma profondo del ragazzo si fissò in quello splendidamente azzurro ma spento di John.

L’uomo lo guardò per alcuni istanti, poi con movimenti lenti si frugò nelle tasche dell’impermeabile e ne estrasse un accendino.

Il ragazzo lo prese in mano e prima di farlo scattare si perse a rimirarne le incisioni.

“Che bello… che materiale è?”

“Avorio… se ti piace tienitelo!” disse infastidito l’altro che non aveva affatto voglia di conversare.

Il biondo cenere dei capelli del ragazzo si mosse sotto la luce dei lampioni.

“No grazie, se mi fai un regalo, poi io devo cercare di dissuaderti dal toglierti la vita…”

Mormorò quelle parole con voce assente, come se stesse pensando ad altro.

Infatti pochi istanti dopo –poggiando i gomiti alla balaustra di ferro del ponte- chiese:

“Perché vuoi morire?”

“Va via” sussurrò John scuotendo tristemente la testa.

Ma l’altro non lo stava neppure ascoltando, lo sguardo rivolto verso il turbinio d’acqua sotto di loro fumava silenzioso.

“Anche a me è capitato tante volte di voler morire…”

Sorrise ed alzò una mano, scoprendo di poco il polso segnato da delle cicatrici inconfondibili.

John non rispose, rimanendo in attesa, nella tacita speranza che quel ragazzetto comparso dal nulla gli avrebbe dato un motivo…

Ne bastava solo uno, per poter continuare a vivere, a lottare, a cercare.

Il giovane mosse la testa come a riscuotendosi da tristi pensieri.

“Ma a te non interessa… ti lascio, così puoi fare come meglio credi”

Lanciò la cicca consumata oltre il ponte e fece per avviarsi.

L’impulso di fermarlo fu irrefrenabile e quanto mai inaspettato.

“Aspetta”

Il biondo si girò sorridendo, come se fosse stato certo che l’altro lo avrebbe trattenuto.

Si strinse nelle spalle e mosse la testa in segno affermativo.

“D’accordo, ma ti spiace se andiamo in un posto caldo? Qui si gela…” disse battendo i piedi sull’asfalto.

John lo guardò, quel ragazzino era vestito troppo leggero per quella stagione.

“Si certo” mormorò un po’ impacciato.

Fino a pochi istanti prima si voleva togliere la vita, ed ora stava programmando di andare a mangiare in una tavola calda… Certo la vita a volte era strana –sorprendentemente  strana-

 

Si sedettero alle sedie, di plastica scolorita, di un fast food aperto 24h.

Per alcuni istanti si fissarono negli occhi imbarazzati, poi come se la lingua di entrambi si fosse finalmente sciolta, cominciarono a parlare.

Carlos, questo era il nome del ragazzo, raccontò partendo dalla sua infanzia.

La madre morta di parto, aveva lasciato un uomo debole caratterialmente ad accudire un neonato che non aveva mai neppure desiderato.

Da questo triste inizio aveva preso il via la vita di Carlos.

Quanito, non era una cattiva persona, ma non aveva retto alla perdita dell’amata Mary.

Andando avanti con i mesi si era accorto che incolpava il piccolo, appena venuto al mondo, della prematura morte della moglie.

Vergognandosi per quei sentimenti , aveva iniziato ad affogare i pensieri nell’alcol.

“Una vecchia storia” aveva commentato Carlos con tristezza.

Con tristezza ma senza rancore, nei confronti di un padre ubriacone che non era stato in grado di svolgere il suo compito di genitore.

Poi erano arrivati i servizi sociali.

Venire sballottato da una famiglia affidataria ad un’altra non era di certo il massimo per un bambino già così segnato dalla vita –soprattutto se alcune delle famiglie in questione erano peggio di quella d’origine-

Era stato in quegli anni che aveva deciso di farla finita.

Poi per sua fortuna lo avevano salvato e da allora aveva deciso che, per quanto dura fosse stata, avrebbe comunque affrontato tutta la vita che aveva davanti.

Aveva accennato ad un sorriso determinato nel dire quelle ultime parole.

Poi era stato il momento di John di aprirsi e di parlare.

Inizialmente con la paura che da un momento all’altro il ragazzino si sarebbe alzato e se ne sarebbe andato indignato.

La sua vita non era stata certamente dura e travagliata come quella di Carlos.

Tutt’al più il contrario.

Lui aveva sempre avuto tutto ciò che si può desiderare, non era degno di parlare del suo dolore ad un essere così sofferente quale era certamente Carlos!

Però con sua grande sorpresa, mentre continuava a parlare, il biondo non mutava d’espressione, né dava segni di insofferenza.

Anzi lo spronava a parlare ed interveniva con frasi che toccavano il cuore.

Lui lo capiva… capiva il vuoto che da una vita intera si portava nel profondo dell’anima.

Continuarono così per ore, parlandosi, confidandosi, rincuorandosi.

Poi, in uno strano stato di meraviglia e stupore, si ritrovarono anche a ridere e a scherzare.

Divagavano e tornavano sui loro personali dolori, in un’altalena di sentimenti, che mozzava il fiato ad entrambi.

“Ed ora che sono diventato maggiorenne lo stato ha deciso che posso cavarmela da solo… poco importa che non abbia ancora finito il liceo, che non abbia una casa o qualcuno su cui contare…”

Carlos aveva pronunciato l’ultima frase con rabbia e John si ritrovò a comprenderlo appieno.

Carlos voleva vivere, voleva farcela nella vita… però pareva che tutti gli remassero contro incuranti degli sforzi che faceva per restare anche semplicemente a galla.

Ormai l’alba si strava facendo largo per le strade fangose, di quella città ancora addormentata.

Si fissarono per alcuni istanti negli occhi e poi in tacito accordo si alzarono e si avviarono alla porta.

Una volta usciti all’aria frasca del mattino Carlos con il suo solito tono incurante, ma che nascondeva una grande sensibilità, chiese:

“Ed ora che farai? Tornerai al ponte?”

“Sarebbe mancanza di rispetto nei tuoi confronti se lo facessi…”

John sorrise, per la prima volta dopo anni ed anni fu un sorriso vero.

Uno di quelli che ti partono dallo stomaco, ti scaldano la gola e si materializzano senza che tu te ne accorga sulle labbra.

“Tu invece?” chiese di rimando.

Il ragazzo alzò le spalle ad indicare che non lo sapeva, poi senza attendere si avviò – per una meta che non c’era-

Non voleva diventare un peso per l’uomo, lo aveva aiutato, ora era il caso di andarsene, non cercava la carità.

“Aspetta”

Per la seconda volta nel giro di poche ore, quella parola uscì come mossa da una volontà propria dalle labbra di John.

“Se te ne vai, io tornerò a sentire quel vuoto… e sono certo che anche tu ricomincerai a sentirlo”

Carlos lo fissò, aveva maledettamente ragione.

“Non voglio la tua carità” si costrinse però a rispondere.

“Nessuna carità… solo due persone sole che hanno bisogno una dell’altra”

John lo fissò con la speranza negli occhi, perché sapeva bene che se l’altro avesse deciso di andarsene, la sua fine sarebbe stata solo rimandata di pochi giorni, giusto il tempo per ripiombare nello sconforto totale.

Carlos mosse la testa e sorrise.

“Ok”

 

“Meraviglioso, ma come non ti accorgi
di quanto il mondo sia meraviglioso
meraviglioso, perfino il tuo dolore
potrà apparire poi meraviglioso”

 

 

***

 

 

“La notte era finita
e ti sentivo ancora
sapore della vita”

 

“John ti vuoi sbrigare? Faremo tardi, e non è una buona presentazione per un’assistente sociale… credimi io ne so qualcosa”

Carlos lottava, senza troppo successo, con la cravatta bordeaux davanti allo specchio dell’anticamera.

Due mani forti e curate lo strinsero da dietro e poi si mossero sulla camicia, fino ad arrivare alla cravatta.

Senza esitazione alcuna compirono i movimenti necessari per fare il nodo.

“Stai tranquillo, l’appuntamento è tra un’ora…”

John lo prese per le spalle e lo fece voltare.

Posò un bacio pieno d’amore sulle labbra del marito e poi sorrise.

“Già hai ragione, sono un po’ teso”

Si fissarono negli occhi, entrambi ripercorrendo tacitamente tutte le fasi che li avevano portati fin lì.

Ora Carlos era un medico affermato, grazie a John aveva potuto concludere gli studi e dimostrare la mondo le sue capacità.

Il loro matrimonio era stato sulla bocca di tutti per lunghissimi mesi, per non parlare dei fiumi d’inchiostro spesi sulle pagine di tutti i giornali dello stato.

Però nessuno si era troppo sorpreso quando il brillante Strade aveva deciso di convolare a giuste nozze con Carlos Domingo, il più rinomato cardiochirurgo del paese, che era suo compagno ormai da molti anni.

“Andrà tutto bene vedrai, tra pochi giorni adotteremo Matilde e Marco…”

“Saremo dei buoni genitori? Quei due bambini hanno sofferto così tanto!”

“Si saremo dei bravi genitori… sarà meraviglioso”

Carlos sorrise ed infilandosi il soprabito richiuse la porta di casa alle sue spalle mormorando:

“Si… meraviglioso…”

 

“La vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare”

 

End

 

PICCOLO SPAZIO PRIVATO:


La frase finale è tratta da una canzone di Jovanotti.

Le frasi in blu sono tratte dalla canzone Meraviglioso di Modugno.

La descrizione di Carlos può sembrare un po’ sfasata, (ha nome e cognome spagnoleggiante ma ha i capelli biondi) Il fatto è che la mamma di Carlos era americana come John, perciò Carlos ha quella strana colorazione di capelli… inizialmente nella storia compariva, però poi mi è parsa una parte superflua, perciò l’ho tolta!

La storia è volutamente stereotipata. I personaggi sono rigidi in clichè molto comuni, soprattutto nella prima parte, perché volevo rendere l’idea di  qualcosa senza tempo.

John non vede per sé un futuro, perché è come se non avesse neppure un passato.

Purtroppo l’idea è stata sviluppata male, perciò sembra solo che la storia sia di una banalità infinita.

Per questo mi scuso, se mai mi verrà da modificarla lo farò.

Partecipante al contest: "Chi fermerà la musica" Terza classificata

Alla prossima!

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