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Autore: Seratul    27/10/2010    1 recensioni
Lean è un ragazzo che vive in una tranquilla e anonima città italiana, che vive la sua vita con forte introspezione. L'amore per la bella e irraggiungibile Valeria, una ragazza lesbica, metterà a dura prova il suo cuore, con risvolti bizzarri che lo porteranno a cercare il suo vero io. Cosa sei disposto a fare per amare?
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Freddo. Una notte buia e umida. Il ponte, giocciolava dalle sue travi di ferro, nel grosso, inquinato fiume. Le sponde erbose e ripide, sembravano abbracciare il fiume. A destra del ponte una rotonda incompleta, deserta, a sinistra un lungo stradone. Stridii di gomme, urla di ragazzi scalmanati e il rimbombo del ronzio dei lampioni.
Ero li, in piedi, sulla spessa, ferrosa ringhiera del ponte. I pensieri, le delusioni, i dettagli della vita, mi avevano portato fino a li.
Tutto a causa sua.
Lei, la ragazza del mio cuore e dei miei incubi. Una piccola infatuazione, trasformatasi in qualcosa di piu. Un dolore patito per anni, anni in cui desideravo farla mia, solo mia, ma purtroppo, al destino non manca il senso dello humor.
Non che non mi amasse, ma non poteva amarmi. Avevo qualcosa che a lei non piaceva, ero qualcosa che il suo cuore non gradiva.
Tre anni a starle dietro, diventando un fratello per lei, un amico, un angelo custode.
Un canto aveva risuonato dentro la mia anima, giorni prima. La musica. Il mio amore più grande, quasi quanto lei.
Lei gli aveva mandato un messaggio. Una canzone, ascoltata per caso, mentre le lacrime rigavano il suo viso. Una canzone triste, che riportava semplici parole, "è inutile vivere una vita, vuota di quello che desideri".
Allora ero lassù. In piedi sul cornicione arrugginito, con il cuore in gola. Il cuore diceva che era l'unica soluzione. L'unico modo per smettere di soffrire sarebbe stato prendere coscienza di me stesso, ma non ero forte.
La morte avrebbe messo fine a tutto.
Stesi le braccia, pronto a fare il salto. Guardavo il nero fiume sotto di me, e il cuore mi ballava in petto. Mi sembrava assurdo ritrovarmi li.
Non avevo il coraggio di prende in mano la mia vita, ma sembrava che la mia morte fosse facile. In effetti non ci avevo riflettuto nemmeno tanto.
- Oh la va, oh la spacca, Lean. -
Dissi a me stesso, mentre il vento faceva sventolare i miei indumenti.
Mi ero vestito anche bene per una cosa così. Una paio di jeans, t-shirt e una felpa. Mi ero detto, "se ritroveranno il mio corpo dopo che sarò morto, mi piacerebbe mi trovassero bene, non una cadavere da film poliziesco".
Un pensiero idiota. Totalmente idiota.
Allora presi un grosso respiro, stesi per bene le braccia allargate. Portai un piede in avanti, pronto a fare il grande salto, il salto decisivo. Un colpo al cuore mi fece desistere.
- Cavolo Lean. Non hai il coraggio nemmeno per questo! -
Il tono prorompente che avevo usato, attirò l'attenzione dell'ultima persona che avrei voluto fosse stata li quella sera. No, non lei. Un poliziotto.
Irrequieto l'agente scese dall'auto, lasciò il compagno nella macchina ad aspettare, e venne quatto verso di me.
- Ragazzo! Stai calmo! Vieni giu da la sopra! -
- Stia lontano o lo faccio! Giuro che lo faccio! -
dissi con fare minaccioso.
Il poliziotto avanzò ancora. Nel suo sguardo un espressione di terrore. Si accovaccio leggeremente ed espose una mano in avanti.
- Avanti ragazzo! Per qualsiasi motivo tu lo faccia non vale la pena di morire. -
Le sue parole non mi intaccarono. Voltai la testa verso il fiume, intenzionato a fare quello per cui ero venuto li. Sentii un rumore dietro la schiena, sembrava il suono della fondina che viene aperta.
A quel punto mi decisi. Un inclinazione in avanti e i miei piedi persero l'equilibrio.
Il baratro si aprì sotto di me. Un oscuro pozzo, ma con una fine, l'oblio.
Caddì per mezzo secondo, ma mi sembrò un'ora.
Vidi tutto me stesso in quel lasso di tempo, vidi lei, vidi la mia famiglia ed il loro dolore.
Vidi i miei amici e vidi il mio soffrire finalmente sulla strada per scomparire.
Le acque gelide del fiume d'autunno mi abbracciarono, come ad accogliermi nella loro mortale morsa gelata.
Avvertii il freddo entrarmi nelle ossa, come milioni di lance acuminate. Le lame astratte perforarono ogni brandello di lucidità nella mia mente.
Un armata pronta a fucilare la mia essenza.
Sentii me stesso venir meno. Gli occhi offuscati dall'acqua torbida, si stavano oscurando. La perdita dei sensi avanzava, fin quando fu completa.
Oblio. L'unica cosa rimasta intorno a me.
   
 
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