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Autore: Ino chan    30/10/2010    2 recensioni
Era passato un anno, ma ancora si ritrovava a piantonare quella casa, per guardare lei da lontano. Per proteggerla. Per illudersi di avere ancora un anima da qualche parte. Un legame con la persona che era prima di entrare nel “giro.”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Era passato un anno, ma ancora si ritrovava a piantonare quella casa, per guardare lei da lontano

Era passato un anno, ma ancora si ritrovava a piantonare quella casa, per guardare lei da lontano. Per proteggerla. Per illudersi di avere ancora un anima da qualche parte. Un legame con la persona che era prima di entrare nel “giro. Stupido essere umano, stupido sentimentale intossicato da quel vago profumo di buono ancora cercava nelle puttane che si sbatteva per sfogare la frustrazione. Capelli biondi, pelle morbida, simili a lei, ma allo stesso tempo così dannatamente diverse.

Niente carattere battagliero.

Niente occhi blu in cui far affogare i peccati.

Solo gusci vuoti in cui eiaculare, senza provare nulla a parte la mera soddisfazione fisica. Era stanco,dannatamente stanco di non provare niente oltre al rimpianto, di non poter fare altro che guardarla da lontano e sperare di venir ricordato in qualche modo. 
Un passo, un altro, lontano dalla macchina verso quella finestra che da su un mondo che quasi non ricordava più. Un salotto piccolo, una televisione accesa, e una donna che passeggia per la casa tenendo in braccio una bambina che le tiene la testolina conto la spalla.

Casa.

Famiglia.

Deglutì a vuoto,  distante una decina di metri da quel piccolo mondo incantato che avrebbe tanto voluto afferrare, stringere al petto, odorare per sentirsi tranquillo. Anna portò gli occhi verso di lui, immobile con la piccola che le toccava il mento con una manina.
Coglione. Dio santo, che stronzo! In un secondo Nickolai si ritrovò a chiudere gli occhi, a ritirare il labbro inferiore fra i denti, e cercare il modo per venire ingoiato dal prato, per non sentirsi così umano. Così dannatamente vulnerabile.

-Meglio che me ne vada.- mormorò nel suo idioma natio, voltandosi per andarsene. Una figura di merda bastava , grazie. Non voleva certo che Anna chiamasse la polizia, cazzo. Passò una mano fra i capelli, scrollando poi la testa.

Non si accorse di quella finestra che si spalancava.

Di quei passi affrettati nell’erba

Di quelle lacrime su quel viso tanto desiderato.

 –DOVE VAI?- gridò una voce. Quella voce.

Si volse, o meglio, fu fatto voltare e si ritrovò stretto a quel corpo che aveva sognato per mesi, l’abbracciò per riflesso, sentendo gli occhi per spalancarsi per riflesso.-Anna.-

 

-Mi sei mancato.-

 

 

   
 
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