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Autore: Eowyn 1    30/10/2010    9 recensioni
"... quando Re Elessar rinunciò alla vita, Legolas seguì infine il desiderio del suo cuore e navigò al di là del Mare.
Abbiamo udito dire che Legolas prese con sè Gimli figlio di Gloin in virtù della loro profonda amicizia, la più profonda che fosse mai sorta fra un Elfo e un Nano." Il Signore degli Anelli, Appendice A
Genere: Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gimli, Legolas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti

Ciao a tutti! Torno con una piccola storia nella quale ho deciso di raccontare la partenza di Gimli e Legolas per Valinor.

Dico subito che non parlerò del loro arrivo nelle Terre Immortali, ma solo della loro partenza. Era questo il momento su cui ci tenevo a soffermarmi: due amici che partono per sempre abbandonando la Terra di Mezzo.

Poi… ah sì, in questa fan fiction non ci sono riferimenti yaoi o slash per quanto riguarda Legolas e Gimli.

Boh, detto questo spero vi piaccia! Spero di aver reso bene i personaggi, dato che è la prima volta che scrivo di loro e, essendo abituata in genere a pensare come un Hobbit (di cui credo di essere una lontana discendente…) o a scrivere di Boromir, beh… pensare come un Nano mi è risultato un po’ più semplice, ma per quanto riguarda Legolas… insomma è un Elfo, un essere praticamente perfetto, e ho avuto un po’ di difficoltà a vedere le cose secondo il suo punto di vista! Quindi spero che, i discendenti elfici che magari leggeranno questa storia, non se la prendano troppo! J

Bene, ora vi lascio… grazie a chi leggerà e magari recensirà! Namárië!

 

P.s.

Lo sapevo che mi sarei dimenticata qualcosa! Allora il primo marzo 1541 è il giorno della morte di Aragorn. Tolkien, nelle appendici del Signore degli Anelli, non dice quando Legolas e Gimli partirono per Valinor, semplicemente scrive: “… quando Re Elessar rinunciò alla vita, Legolas seguì infine il desiderio del suo cuore e navigò al di là del Mare.” Io allora ho pensato di far cadere la data della partenza dei due amici nel giorno in cui ricorreva la distruzione dell’Anello: il 25 di Marzo.

 

I personaggi e i luoghi non sono miei. Appartengono solo ed esclusivamente a Tolkien e ai suoi discendenti.

 

 

 

AN ELF, A DWARF AND A GREY SHIP

 

 

1 Marzo 1541, Minas Tirith, Terra di Mezzo

 

Morte di Re Elessar, sovrano dei Regni Riuniti.

Il suo corpo riposa a Rath Dínen, accanto ai letti di Meriadoc il Magnifico, Signore della Terra di Buck e del Conte Peregrino.

 

 

 

 

24 Marzo 1541, Ithilien, Terra di Mezzo

 

Dei rumori giungevano dalla riva del fiume Anduin, nei pressi di Emyn Arnen.

Il sole brillava, in quel tardo pomeriggio di marzo, sulla catena di colline, rivelando la poco lontana Osgiliath, ricostruita al termine della Guerra dell’Anello.

Gimli il Nano ancora percorreva, col cuore gonfio di tristezza, i verdi sentieri dell’Ithilien, alzando di tanto in tanto gli occhi verso i raggi di sole che parevano prendersi gioco di lui.

Come poteva l’astro brillare in quel modo, dopo quello che era successo? Come poteva rendere il mondo così luminoso, nonostante la dolorosa perdita che avevano subito poche settimane prima? Anche il sole avrebbe dovuto concedersi un periodo di lutto, per la morte del grande Re.

Colui che aveva rinunciato per lungo tempo alla sua eredità, che aveva combattuto innumerevoli battaglie per la salvezza della Terra di Mezzo, colui che aveva sfidato Sauron guardando nel Palantir senza che il suo cuore ne rimanesse corrotto e aveva guidato i suoi amici tra i pericoli più innominabili. Colui che aveva riunito i Regni del Nord e del Sud, il loro amico Aragorn, era morto.

Anche il sole, avrebbe dovuto piangerne le spoglie.

Gimli camminava colmo di tristezza e di rabbia. Come poteva il mondo non accorgersi di cosa fosse successo? Tutto avrebbe dovuto fermarsi, tutto avrebbe dovuto piangere.

« Il mondo deve andare avanti. » gli aveva detto il suo amico Legolas « Aragorn non vorrebbe vederci tristi, il mondo deve andare avanti. »

Gimli ripensava alle parole che l’Elfo gli aveva rivolto qualche giorno prima e sospirò, tornando ad osservare i raggi di sole che brillavano attraverso i rami degli alberi del piccolo boschetto in cui stava entrando. Specchi di luce si riflettevano dolcemente sulla prima erba primaverile che rivestiva il sottobosco, mentre in lontananza api ronzavano intorno ai piccoli fiori che si affacciavano al mondo in quella nuova stagione. Il deciso profumo di erbe aromatiche si fondeva con quello più dolce dei giovani fiori, invadendo piacevolmente l’intero Ithilen.

Il giardino di Gondor, così chiamavano quella regione.

 

Nuovamente quei rumori, ora più forti, giunsero alle orecchie del Nano dalla riva del Fiume.

Ancora qualche minuto, e Gimli sarebbe giunto all’Anduin e, questa volta, era deciso a scoprire di che rumori si trattasse e se fossero, in qualche modo, connessi con la continua scomparsa di Legolas. In quei giorni, l’Elfo era più solitario del solito e passava l’intera giornata fuori casa, senza dire a nessuno dove andasse.

Gimli sbuffò irritato, scostando con decisione lunghi fili d’ erba, di quelli che crescono nelle vicinanze dei fiumi, e che altrimenti avrebbe calpestato.

Imprecò, ritrovandosi immerso in un gruppo di erbe che gli impedivano il passaggio e la visuale, e iniziò ad agitare le braccia per cercare di liberarsene e di impedirgli di infilarsi nella sua folta barba.

« Non dovresti prendertela con loro… » una voce, che il Nano conosceva bene, lo fermò giusto in tempo, poco prima che l’ istinto lo portasse a concretizzare il suo forte desiderio di afferrare quell’erba molesta e strapparla.

« Eccoti dunque! » esclamò esasperato Gimli « Si può sapere cosa… »

Si bloccò, prima di completare la frase, notando la piccola barca grigia che c’era accanto al suo amico.

Legolas lo osservò, senza scomporsi di fronte alla meraviglia del Nano.

« Quella barca… » Gimli lasciò nuovamente incompleta la frase, come se non avesse il coraggio di esprimere a voce il presentimento che aveva iniziato a tormentarlo negli ultimi istanti.

Legolas abbassò lo sguardo sulla piccola imbarcazione, per poi rialzare gli occhi e andare a fissare il Fiume, seguendo la direzione della corrente che dolcemente si dirigeva verso il lontano Mare.

« Tu sai » iniziò l’Elfo senza guardare l’amico « Che da quando fermammo l’avanzata dei Corsari di Umbar, ed io vidi il Mare e udii per la prima volta il richiamo dei gabbiani, il mio più grande desiderio è stato quello di lasciare queste Terre Mortali per dirigermi verso Valinor. »

« Cosa vorresti dire con questo? » lo interruppe bruscamente Gimli, che aveva però già compreso cosa volesse dirgli l’Elfo.

« È giunto dunque il momento che il mio destino si compia, e io segua i miei simili là dove occhi mortali raramente possono vedere. »

Gimli raggiunse l’amico in riva al Fiume, e rimase in silenzio per alcuni secondi.

« Quanto triste il destino deve ora rivelarsi per Gimli il Nano! Non solo sono stato separato da Aragorn, ma ora anche tu vuoi lasciarmi qui, solo, a finire i miei giorni senza il calore di un’amicizia! » Gimli sospirò rumorosamente, mentre continuava a fissare il Fiume e i riflessi argentati tra i suoi flutti.

Legolas sorrise:

« Non sai come mi rende felice udire queste tue parole! »

Gimli alzò il viso verso l’amico con aria scocciata:

« Sei dunque contento che io rimanga qui a finire i miei giorni in solitudine? Ero convinto che fossimo amici, o devo forse ricredermi? »

Legolas rise, con la sua voce cristallina, e in quel momento parve che tutte le piante, i fiori e gli animali dell’Ithilien rimanessero in ascolto, incantati dalla voce dell’Elfo.

Gimli lo fissava ora esterrefatto, senza capire perché l’amico si comportasse in quel modo.

« Amico mio! » esclamò Legolas col riso ancora sulle labbra e nella voce « Come puoi pensare che io sia felice nel saperti qui solo, ad aspettare che il tempo passi inesorabile? »

« Allora spiegati, perché io continuo a non capire dove tu voglia arrivare e cosa tu voglia fare! Ah, dannata scaltrezza degli Elfi! » borbottò il Nano sotto alla sua barba ormai quasi del tutto bianca.

« Vuoi dunque dirmi che dopo tutti questi anni di amicizia ancora non hai imparato a conoscermi? » domandò Legolas.

« No, voglio dire che ancora non riesco del tutto a comprendere il modo che avete voi Elfi di aggirare gli ostacoli! Ed ora, se vuoi spiegarmi cosa sta succedendo e cos’è che ti diverte tanto, te ne sarei eternamente grato! »

Legolas sorrise, divertito dal battibecco con l’amico, quindi parlò:

« Te lo dico subito: rido, perché hai in parte risolto tu stesso un problema che io non sapevo come affrontare. »

Gimli fissò l’amico dritto negli occhi:

« E quale sarebbe questo problema? »

« Io partirò per le Terre Immortali, ma l’idea di lasciarti qui da solo non mi andava. Ti andrebbe di accompagnarmi in questo mio ultimo viaggio? »

Gimli spalancò gli occhi e rimase per qualche secondo boccheggiante, senza che alcun suono fosse in grado di uscirgli dalla bocca.

« Come potrei io, Gimli, figlio di Glóin, accompagnarti nelle Terre Immortali? Tu stesso hai appena detto che i mortali non possono accedervi! »

Legolas scosse leggermente la testa:

« Io ho semplicemente detto che raramente, occhi mortali, possono vedere quelle Terre. Frodo e Bilbo vi si sono recati, alcuni anni dopo la Guerra e tu, se vorrai, potrai accompagnarmi. »

Gimli, ancora senza parole, fissò l’amico per qualche secondo prima di rispondere.

« Tu stai chiedendo a me, Gimli il Nano, di venire con te nelle Terre Immortali. » la voce flebile, quasi tremante, di chi non si considera degno della proposta che gli è stata fatta.

« Certo! So che ti sto domandando di abbandonare il tuo Popolo, e comprendo se deciderai di non seguirmi: ma in nome della nostra amicizia, ho creduto giusto chiederti di venire con me. »

« Ti rendi conto di cosa stai facendo? Tu hai proposto a un Nano di recarsi a Valinor! » esclamò Gimli, ancora incredulo « Posso capire gli Hobbit! Frodo e Bilbo sono stati i Portatori dell’Anello e poi sono… Hobbit! Ma io sono un Nano! » disse ancora Gimli, marcando con enfasi quell’ultima parola.

« Lo so, ma oltre ad essere un Nano sei prima di tutto mio amico! » disse Legolas.

Gimli fissò di sottecchi l’Elfo, poi domandò:

« Coma faccio ad essere sicuro che, una volta arrivato là, i tuoi parenti non mi cacceranno ancora prima che io possa posare un piede sulla terra? »

« Dopo tutti questi anni dici ancora di non conoscere la nostra ospitalità? » replicò subito Legolas, infastidito dalle accuse che Gimli muoveva nei confronti della sua Razza.

« Ma no! » esclamò l’altro mettendo le mani avanti « Dico solo, che non vorrei poi ritrovarmi da solo, su una barchetta in mezzo al mare, perché i tuoi amici non mi vogliono! » ridacchiò, immaginandosi la scena.

Legolas scosse la testa, di fronte alla poca delicatezza del Nano: non perdeva occasione per prendersi gioco degli Elfi.

« Se è questo che ti preoccupa, amico mio » esordì Legolas « Puoi stare tranquillo! Nessuno ti caccerà, quando arriveremo nelle Terre Immortali. »

« E chi me lo assicura? »

Legolas sospirò: che la cocciutaggine fosse una caratteristica tipica dei Nani era risaputo e Gimli, doveva di sicuro essere uno dei più cocciuti rappresentanti della sua Razza… se non il più cocciuto in assoluto.

« Ricordi » cercò di spiegargli l’Elfo « Che dopo il funerale di Aragorn ci siamo fermati qualche giorno a Minas Tirith? »

Gimli annuì.

« Un giorno, mentre mi trovavo in compagnia di Arwen, le ho spiegato che il mio cuore sente il desiderio di lasciare questa Terra. Lei mi rispose: “Amico mio, nessuno ti ha mai trattenuto qui, né alcuno lo farà d’ora in avanti. Posso comprendere il tuo desiderio. Sentiti dunque libero di partire quando lo desideri!” ed io le dissi: “Ti ringrazio mia Signora. So che nessuno mi ha mai obbligato a rimanere qui, vi sono rimasto io per via della profonda amicizia che mi legava ad Aragorn. Ma ora che egli cammina su altre sponde, io sento più forte che mai il desiderio di lasciare queste Terre.” » Legolas si bloccò per qualche secondo, poi riprese:

« Lei mi osservò per qualche istante, poi mi disse: “C’è qualcosa che ti turba, non è vero? Dimmi dunque cosa appesantisce il tuo cuore perché io possa, se in mio potere, fare qualcosa per alleviare la tua pena.” Allora io le dissi che desideravo che tu, amico mio, se fossi stato d’accordo, mi accompagnassi in questo ultimo viaggio. »

« E lei? Cosa ti ha risposto Arwen? » domandò Gimli con ansia.

Legolas sorrise, quindi abbassò il capo verso l’amico:

« Queste furono le parole che mi rivolse la nostra regina: “Che Gimli figlio di Glóin parta insieme a Legolas di Bosco Atro, se egli lo desidera. Nessuno vi impedirà di lasciare questa Terra, e nessuno vi impedirà di scendere dalla barca, una volta che sarete giunti nelle Terre Immortali. Nessuno impedirà a Gimli, l’amico degli Elfi, di entrare a Valinor.” »

Legolas terminò il racconto e rimase ad osservare il suo amico.

Gimli, immobile sulla riva del Fiume, fissava i flutti scorrere dolcemente, ora indorati dai raggi del sole che iniziava la sua lenta discesa verso occidente. Accarezzò, come faceva ogni volta che si trovava immerso nei suoi pensieri, l’ascia che suo padre Glóin gli aveva donato e che lui usava ancora portare alla cintura, anche se rimaneva ora solo un cimelio, ricordo di antiche battaglie.

« Qualcosa ti turba? » la voce di Legolas lo riscosse dai suoi pensieri.

Gimli spostò la sua attenzione dai flutti alla riva opposta del Fiume, dove lunghi fili d’erba ondeggiavano placidamente sotto il fresco vento primaverile.

« Il sole tramonta, il mondo muta, gli uomini invecchiano. Tutto passa, tutto cambia e viene il momento in cui ci si deve rendere conto che forse il nostro tempo è finito. » Gimli guardò l’amico « Ti accompagnerò nel tuo ultimo viaggio. Verrò con te a Valinor. »

« Lascerai qui il tuo Popolo. Non potrai più tornare indietro. Sei sicuro? » gli domandò Legolas.

Gimli fissò l’amico negli occhi:

« Da tempo desidero rivedere Dama Galadriel e i nostri cari amici Frodo e Bilbo, senza contare che non posso lasciarti partire da solo. Sono pronto! »

 

 

 

24 Marzo 1541, Ithilien, Terra di Mezzo

 

« A lungo io e i miei Elfi abbiamo dimorato nell’Ithilien, ma è giunto il momento che io lasci questa Terra per recarmi dove mi attende la mia Gente. »

« E io partirò con lui. »

Barahir(*), figlio di Elboron, appoggiò infine il tovagliolo sulla tavola.

« Non nego che la vostra partenza mi rattrista, ma non posso impedirvi di lasciare questa Terra, né voglio farlo. Non dovete domandare il permesso a nessuno, siete liberi di partire quando volete. »

 

 

 

 

25 Marzo 1541, Ithilien, Terra di Mezzo

 

Una tenue luce fioriva a Oriente, là dove anni addietro avevano dimorato solo Tenebre e Ombra.

La Terra d’Ithilien, ancora addormentata sotto la fresca aria primaverile, rimaneva immobile, mentre la brezza proveniente dal Fiume accarezzava il mondo e salutava le stelle che sbiadivano nella nuova giornata.

Tutto era come sempre, nulla fuori posto e il tempo faceva il suo corso, mentre un Elfo e un Nano, avvolti in verdi mantelli, facevano scivolare delicatamente e silenziosamente sulle acque dell’Anduin una piccola barca grigia.

Spingendo lievemente con un remo sui ciottoli della riva, Legolas mosse la piccola imbarcazione verso il centro del Fiume, dove la corrente si faceva un po’ più decisa, prima di volgere un ultimo sguardo alla Terra d’Ithilien, che per lunghi anni lui e i suoi Elfi avevano curato.

« Dimmi un po’, amico mio, conosci la strada per raggiungere Valinor? » domandò sottovoce Gimli, rompendo il silenzio.

« Mi guiderà il mio cuore. Egli conosce meglio di qualunque mappa la strada per la Terra della mia Gente. »

Procedettero per lunghi minuti senza parlare, mentre un’aurora dorata illuminava il mondo e una leggere nebbia aleggiava sul Fiume, attraversata dai primi deboli raggi di luce.

« Chi avrebbe mai detto » disse nuovamente Gimli « Che la Terra di Mordor sarebbe stata invasa nuovamente da tanta luce e splendore. » gli occhi del Nano corsero a oriente, ove si trovava un tempo la Terra dell’Ombra.

« Lunghi anni dovranno passare ancora, prima che qualcosa di buono possa germogliare su quel terreno. » asserì Legolas « Ma non parliamo più dei tempi bui. La strada che stiamo percorrendo ci porta verso un luogo di luce e pace. Dimmi piuttosto, sei partito con un misero bagaglio! »

« Temevo che questa piccola barca sarebbe affondata, se avessi portato troppe cose con me… » spiegò Gimli.

Una risata limpida, più limpida delle acque dell’Anduin, si riversò come fresca acqua di una cascata di montagna nell’aria intorno a loro.

« Amico mio! Ancora non conosci le barche eliche? Eppure ci sei già salito! »

« Non vedo cosa ci sia da conoscere… » borbottò Gimli offeso, mentre l’Elfo rideva ancora.

Era raro sentire ridere Legolas o, in generale, qualunque Elfo. Erano creature molto riservate e raramente esternavano così i loro sentimenti, ma da quando, il giorno prima, avevano deciso di partire, Legolas si era dimostrato particolarmente felice.

« Certo, puoi anche portare un bagaglio solo, ma se lo riempi di asce è pesante comunque! »

« Non è pieno di asce! Ne ho prese solo un paio! »

Legolas tacque, con un’espressione scettica dipinta sul viso. Il Nano però non se ne accorse, perché l’Elfo era seduto sulla barca dietro di lui.

« Poi ho portato un paio di libri e qualche vestito. Nulla di più. »

« Nulla di più? » domandò Legolas « E la pietra in cui hai fatto incastonare i capelli di Dama Galadriel? Quella l’hai portata vero? »

« No. »

Legolas rimase sorpreso dalla risposta dell’amico, e Gimli rise:

« Non hai più parole? » scherzò il Nano « Mi spiace deluderti, ma no, la pietra non l’ho portata con me. L’ho lasciata nelle Caverne Scintillanti, dove dimorano ora molti dei miei Nani. »

« Non capisco… sei sempre stato orgoglioso di quella pietra! Sono certo che a Dama Galadriel avrebbe fatto piacere vedere, con quale splendore e magnificenza, hai conservato il dono che ti fece quando partimmo da Lórien con la Compagnia! »

« Credimi, io stesso ho faticato a separamene. » spiegò il Nano « Come tu stesso hai detto, sono sempre stato fiero di quel regalo, ma credo che Dama Galadriel comprenderà il motivo per cui non l’ho portato con me. »

« Esiste un motivo valido per abbandonare un simile dono? » domandò Legolas ancora risentito.

« Quei capelli hanno rappresentato per me, e poi per tutta la mia Gente, la fine di ogni ostilità che fino a quel momento c’era stata con la tua Razza. Ho lasciato qui la pietra perché nessun Nano dimentichi mai l’amicizia che ora ci lega agli Elfi. »

Le acque dell’Anduin scorrevano veloci sotto la piccola barca, così come le parole di Gimli uscirono in fretta dalla sua bocca. Quella fretta che molti avrebbero considerato rude, per il tipo di discorso che stava facendo. Legolas, però, sapeva benissimo che sotto quella scorza dura si nascondevano sincerità e profonde emozioni, che il Nano cercava di nascondere col suo fare burbero. Ma i veri amici, si sa, sanno comprendere e interpretare correttamente anche le venature più sottili del carattere dell’altro.

« Ti domando scusa, amico mio, se ti ho accusato di voler abbandonare il dono che ti fece la mia Signora. » disse l’Elfo, ora più tranquillo « Ora so, che esiste sempre un motivo valido se un Nano si comporta in un certo modo, perché agisce per fini più profondi di quanto si possa immaginare. »

« E poi, » commentò Gimli in tono più leggero « A cosa mi sarebbero serviti i capelli della Signora del Galadhrim, ora che potrò vederla ogni giorno, fino a che i Valar mi permetteranno di camminare nella tua Terra? »

Legolas rise, con la sua risata leggera, mentre l’acqua li spingeva verso una curva del Fiume. Quando vi furono vicini, Legolas aspettò di trovarsi in un punto in cui la corrente risultava più debole, per via dell’insenatura creata dalla curva, quindi arrestò la barca e la fece girare nella direziona da cui erano venuti:

« Osserviamo ora, per l’ultima volta, la Capitale del Regno di Gondor, poiché questo è l’ultimo punto dal quale possiamo ammirarla. Il Fiume vira poi a Sud, ed essa sarà d’ora in poi celata dalle colline. »

Legolas e Gimli rimasero per alcuni istanti silenziosi, a osservare Minas Tirith che, seppur lontana, non smetteva di splendere dolcemente nell’alba come fa l’ultima stella del mattino, che fatica a scomparire per lasciare il posto al sole e al nuovo giorno.

Involontariamente, di fronte a quello spettacolo, Legolas intonò un canto:

 

Lunghe Ere son passate

sotto il dominio degli Uomini.

Hai veduto sovrani saggi e potenti

e altri di cui non si serba memoria.

Lunghe Ere son passate,

e di quell'antica bellezza ancora rifulgi,

in questo mondo dove tanto è cambiato

e grandi Uomini hanno camminato.

Hai veduto guerre, tradimenti e lotte per il potere

mentre di un grande Re attendevi il ritorno.

 

Da qui, continuò Gimli:

 

Con Nove Compagni ha combattuto il Nemico

e infine vittorioso si è seduto sul tuo trono.

Minas Tirith, la Bianca Città,

ancora risplende nell'alba dorata e nel sospirato tramonto.

Minas Tirith, dalla Bianca Torre,

senza la tua Gemma io ora ti lascio:

altri luoghi, altre sponde, altre Genti mi attendono.

Minas Tirith, dalle radici di Monte,

per sempre canterò la tua bellezza, la tua saggia forza, il tuo argenteo splendore. (**)

 

In silenzio, poiché nessun’altra parola sarebbe stata adeguata in quel momento, Legolas girò la barca lasciando che la corrente, ora più decisa, li spingesse lontano dal Regno di Gondor.

 

Fu così, che un Elfo e un Nano si trovarono a viaggiare insieme, sulla stessa barca, verso Valinor.

Fu così, che finì di esistere la Compagnia dell’Anello nella Terra di Mezzo. (***)

 

 

 

 

 

 

* Barahir, figlio di Elboron, a sua volta figlio di Faramir ed Eowyn. Barahir regnava nell’Ithilien alla morte di Aragorn o poco dopo. (fonte Wikipedia)

 

** Lo so, fa pena, ma abbiate pazienza…

 

*** Ho scritto in corsivo la frase perché l’ho ripresa dalle appendici del SdA.

 

 

 

 

Ok, spero davvero che vi sia piaciuta. Mi piacerebbe che qualcuno mi facesse sapere cosa ne pensa. Anche critiche, se costruttive, sono ben accette!

 

 

   
 
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