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Autore: _ L a l a    31/10/2010    7 recensioni
Di che cosa hanno paura, i fratelli Pevensie?
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edmund Pevensie, Lucy Pevensie, Peter Pevensie, Susan Pevensie
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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This is Halloween

 

EDMUND the past is coming back

Edmund si svegliò di soprassalto, ansimando.

La pioggia continuava a battere sui vetri, ticchettando sinistramente come la sera prima, o forse di più.

La luce della luna, coperta dalle nuvole grigie del temporale, creava ombre e strane figure all’interno della stanza buia.

Sentì un brivido corrergli lungo la schiena quando l’aria fredda venne a contatto con il sudore che gli aveva imperlato la fronte, appiccicandogli i capelli neri al volto.

Scosse la testa, cercando di cancellare l’orribile sensazione che gli serrava lo stomaco, sporgendosi poi alla sua sinistra, alla ricerca del comodino e dell’interruttore della lampada.

Quando però le sue mani toccarono la fredda superficie del comodino la trovarono vuota.

Non c’era neanche più il libro che vi aveva appoggiato la sera prima.

Lanciò qualche imprecazione, rinfilandosi velocemente sotto le coperte e tirandosele  fin sopra la testa, stringendo gli occhi per l’improvviso senso di panico.

Si sporse di nuovo oltre il bordo sicuro e caldo della coperta di lana, mormorando un flebile: -Peter..?– senza ottenere risposta.

Si maledisse da solo per il tono da bimbetto impaurito usato, e cercò di riordinare i pensieri.

Perché lui non aveva paura.

Non aveva paura delle strane ombre in camera sua, o dell'improvviso freddo che sentiva.

Come non aveva paura del temporale fuori dalla finestra.

Quell’incredibile stupido di suo fratello doveva aver spostato la lampada per qualche strano motivo, facendo cadere il libro.

-Peter..?– domandò di nuovo, con voce un po’ più sicura.

Anche sporgendo la testa fuori dalle coperte e strizzando gli occhi non riusciva ad intravedere la forma del letto dell’altro, a causa del buio fitto.

Strano, perché non ricordava che la sua camera fosse così buia.

Come, d’altronde, non ricordava d’aver lasciate aperte le imposte.

Che poi, la finestra, era sempre stata su quel lato?

Sobbalzò quando il cielo tuonò, e si nascose nuovamente sotto le coperte, chiudendo gli occhi e rimanendo lì ad ansimare.

Si maledisse di nuovo, -Porca miseria, Peter!– esclamò, la voce attutita dalla stoffa.

Non c’era ragione di aver paura di uno stupido temporale.

Stupido quanto suo fratello, che si sarebbe ritrovato a breve soffocato dal suo cuscino.

Oh, si, perché Edmund era seriamente intenzionato a ucciderlo quella volta, per avergli portato via la lampada, per avergli fatto cadere il libro e per non avergli risposto.

 

Se solo non fosse stato così buio...

 

Trasalì ulteriormente, quando un lampo attraversò la stanza.

E ad Edmund sembrò di vedere tutto bianco, mentre si stringeva ancor di più nella coperta.

La lana gli pizzicò il viso, e il ragazzo si ritrovò a chiedersi che fine avesse fatto il piumone.

Tossì, prima di far rispuntare il naso oltre la stoffa, ben deciso ad accendere la luce, o almeno, la lampada.

Si tirò a sedere, grattandosi i capelli.

Un lampo bianco attraversò nuovamente la camera, illuminandola.

Edmund rimase bloccato, il respiro che non ne voleva sapere di uscire.

Quella non era la sua stanza.

Era troppo grande, il letto di Peter non c’era, come non c’erano la scrivania, l’armadio e le tre mensole con i libri.

Fu solo un attimo, e poi tutto tornò buio.

Con uno scatto improvviso scostò le coperte, saltando giù dal letto e inciampando nello spigolo del comodino con un piede.

Ignorò il dito mignolo che urlava di dolore e corse direttamente alla finestra.

Con le mani premute contro la fredda superficie del vetro, Edmund guardò fuori, mentre un paesaggio imbiancato e lontanamente familiare si presentava al suo sguardo confuso. Appoggiò la fronte contro il vetro, rabbrividendo al contatto, mentre un po’ di condensa rendeva opaca la superficie liscia all’altezza della sua bocca.

Seguì con gli occhi il percorso di una goccia, che scivolava lenta lungo la finestra.

Dove diavolo era finito?

Cercò di fare mente locale, ma non ricordava proprio com’era arrivato lì.

“Lì” dove, poi?

Diede le spalle alla finestra, scivolando poi contro il muro.

Osservò perplesso la strana camicia da notte che aveva indosso, per poi strofinarsi le mani sulle braccia.

Faceva freddo, accidenti.

Era anni che non sentiva più un freddo così ..

Rabbrividì al solo pensiero, scuotendo la testa.

Sussultò, andando a picchiare la testa contro il davanzale della finestra, quando la porta si aprì, rivelando uno spiraglio di luce.

Mormorò un –ouch– appena soffocato, mentre la testa di un minotauro si sporgeva intimorita oltre l’uscio.

- State bene, Principe? –

La prima cosa che Edmund pensò fu: un minotauro?! Ma allora sono a Narnia!

Sollevato, si diede dello stupido per aver avuto paura. No, fermi. Lui non aveva avuto paura.

Si concesse un attimo di riflessione, per poi bloccarsi interdetto sul “ Principe”. Lui era Re, avrebbero dovuto saperlo, no?

Alzò lo sguardo, incontrando quello timoroso del minotauro nero. Edmund sbatté le palpebre, lasciando perdere, mentre rispondeva con un flebile -si–

La creatura sembrò tirare un impercettibile sospiro di sollievo, per poi sorridergli con poca convinzione -le consiglio di ritornare a letto, allora–

Edmund annuì, alzandosi, sebbene volesse chiedere dei suoi fratelli.

Lanciò un’occhiata distratta fuori dalla porta e si fermò, perché non ricordava che a Cair Paravel ci fosse una parete così bianca e quasi trasparente.

Come ghiaccio.

Un presentimento gli serpeggiò tra i pensieri, ma lui lo scacciò con forza.

-Fa freddo stasera, eh?– buttò lì, visto che non aveva più sonno. Il minotauro gli lanciò un’occhiata sorpresa, affrettandosi a rispondere: - la Str...Regina, l’aveva avvisato che avrebbe fatto freddo–

Edmund alzò lo sguardo dalle proprie mani, stupito -mi aveva avvisato?– domandò, sentendo il presentimento di prima tornare a farsi spazio prepotentemente nella sua mente. L’altro annuì con convinzione.

-Si. La Regina sa quanto lei lo soffra, e non voleva arrecarle disturbo. Non ricorda?–

-A dir la verità... no– soffiò Edmund, chiedendosi, fingendo di non capire a chi fosse riferito quel “Regina”.

- E' sicuro di sentirsi bene, Principe?–

Dio, quant’era irritante, quel “Principe”.

Edmund scosse la testa, mentre combatteva contro la sensazione che gli stava attorcigliando lo stomaco.

Perché no, non poteva essere. Accidenti, era morta! Morta, morta, morta!

Quante altre volte se lo sarebbe dovuto ripetere, prima di convincersene completamente?

Il minotauro, vedendolo così confuso, borbottò un: -sarà meglio che chiami qualcuno– prima di dileguarsi con un lieve inchino.

Edmund decise che il luogo più sicuro per lui, ora, era decisamente sotto le coperte. Così si rannicchiò sul materasso troppo morbido e si tirò la coperta sin sopra i capelli.

E no, non voleva vedere proprio nessuno in quel momento.

Voleva solo tornare nella sua stanza a Londra, con Peter che russava nel letto di fianco e Lucy che entrava furtivamente cercando conforto dopo qualche incubo.

E magari sarebbe arrivata anche Susan –lo sapevano tutti che aveva il sonno leggero- e si sarebbero trovati tutti e quattro seduti sul pavimento a leggere qualche libro o a raccontarsi barzellette. E il mattino dopo, la mamma li avrebbe trovati addormentati qua e là –Susan abbandonata sul tappeto, Edmund appoggiato al letto e la piccola Lu in braccio a Peter -

Il respiro di Edmund tremò, quando venne riscosso dai suoi pensieri dalla porta che si aprì cigolando. La stanza si fece improvvisamente più fredda, non appena lei fece un passo in avanti, il che aveva dell’incredibile. Sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene, e strinse gli occhi nel sentire il proprio nome sibilato freddamente.

-Edmund–

Fu come fare un salto nel passato.

Un tuffo in una piscina ghiacciata.

Inutile non provare a tremare, a questo punto. Poteva sempre mentire a se stesso, dicendo che era colpa del gelo che sembrava aleggiare nella camera.

In parte era vero...

 

Voglio tornare a casa, voglio tornare a casa... Ti prego, fammi tornare a casa...

 

Deglutì, quando la sentì avvicinarsi.

- Che cosa c’è, Edmund?–

Era lì, in piedi al bordo del letto.

-Hai freddo?– domandò, quasi con scherno, poggiando la mano ghiacciata sulla coperta, in corrispondenza della sua testa.

Edmund non provò neanche a scostarsi. Preferì rimanere immobile, fingere di non essere lì, di non esistere.

-Te l’avevo detto, io, di prendere la coperta di pelliccia di leone ... perché ti ostini a non volerla toccare?– Edmund emise un verso strozzato, non volendo neanche sapere di quale leone fosse la pelliccia.

Anche se sapeva la risposta, preferiva ignorarla.

Ma quella maledetta ci provava gusto, a prenderlo in giro.

-Che diavolo ci faccio, qui?–

La voce gli graffiò la gola, prima di uscire, e il tono era decisamente meno sicuro di come lo voleva.

-Ma come? Tu ci abiti qui, Edmund– sebbene il tono fosse chiaramente incredulo era velato di scherno.

Come se la Strega fosse lì a rinfacciargli qualcosa.

 

No, no, no, no, no!

 

Al ragazzo venne l’impulso di cancellare con la forza quel ghigno che, sapeva, si era andato a formare sulle labbra della donna.

-I... i miei fratelli?–

Dio, perché l’aveva chiesto?

No! Non voleva la risposta, no!

Poté quasi sentire il ghigno della Strega Bianca ampliarsi.

-Oh, Edmund, proprio non ricordi? Li hai uccisi tu

Edmund sbarrò gli occhi.

- NO!-

-Oh si, invece–

No, no, no, no, no!

 

***

 

- NO!-

Edmund saltò su a sedere, tremando leggermente.

- Edmund... ?– la voce di Peter si fece strada lentamente tra i pensieri confusi dell’altro. Edmund si voltò di scatto verso il fratello, guardandolo ad occhi sgranati, seguitando ad ansimare.

-Ed, stai bene?– continuò Peter, alzando leggermente la testa dal cuscino, allungando poi la mano verso l’interruttore.

Per un attimo la luce gli abbagliò, ed Edmund ebbe paura che fosse di nuovo un lampo

-ma sei scemo? Mi ha quasi accecato!– si ritrovò a sbraitare poco dopo, quando si rese conto con sollievo di essere in camera sua.

Peter sorrise sornione, i capelli biondi tutti arruffati.

-Ok. Vedo che stai bene– commentò, poggiandosi sui gomiti –quindi? C’è un motivo per cui mi hai svegliato nel bel mezzo della notte?–

Edmund borbottò imbarazzato, troppo orgoglioso per ammettere di aver avuto uno stramaledettissimo incubo.

Peter sbuffò divertito -Va bene, va bene, sto zitto –

Si risistemarono tutti e due sotto le coperte, poi il maggiore spense la luce.

-Sai una cosa, Peter?– mormorò dopo un po’ Edmund

-Cosa?– domandò in uno sbadiglio l’altro.

-Ho un’incredibile voglia di soffocarti con il cuscino–

 

~ ~ ~

 

{This is Halloween, this is Halloween
Halloween! Halloween! Halloween! Halloween!
In this town we call home
Everyone hail to the pumpkin song ^}

 

Happy Halloween to Everyone!

Prrrima di tutto ringrazio con tutto il mio cuoricino Eve_Cla84 per laiuto prezioserrrimo che mi ha dato nel completare questa shot.

Thank you so much Dear <3

In secondo luogo passo a dire che, visto che voglio impegnarmi su queste shot halloweenose, la raccolta lAlfabeto di Narnia rimarrà ferma fino a che non le avrò scritte tutte, salvo scatti improvvisi (e piuttosto improbabili) dispirazione.

Passiamo alla shot. 

Non fa paura come avrei voluto ma, daltronde, è la prima volta che mi cimento in una storia di paura (che paura non fa). Spero possiate gradire comunque.

Penso che la prossima shot sarà su Peter ma non ve lo assicuro perché, sebbene abbia già iniziato a buttar giù qualcosa, non mi convince.

Bene, vi lascio.

Smàck <3

_ L a l a

 

 

{Tender lumplings everywhere
Life's no fun without a good scare
That's our job, but we're not mean
In our town of Halloween ^}

 

   
 
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