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Autore: Nora    01/11/2010    5 recensioni
Mi alzai e mi guardai intorno, notando un ragazzo seduto su una panchina, le mani giunte e lo sguardo rivolto verso terra.
I capelli neri gli coprivano il volto e sulle ginocchia era poggiato un piccolo foglio.
All’improvviso alzò lo sguardo e lo puntò su di me.
Essendo molto vicina riuscii a scorgere ogni particolare del suo viso.
Gli occhi scuri, il naso dritto, una cicatrice sotto allo zigomo e le labbra chiare.
Mi guardò per pochi secondi, soffermandosi sul mio viso, per poi abbassare nuovamente lo sguardo.
Non seppi per quale motivo lo feci ma mi avvicinai, sedendomi accanto a lui.
Alzò lo sguardo sorpreso, aggrottando le sopracciglia e socchiudendo leggermente le labbra.
“Piacere, sono Cècil.”
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dorian

Dorian

 

“Signorina, siamo arrivati.” disse il taxista, girandosi per riscuotere il denaro.

“Sono 98 dollari.”

Annuii, prendendo il portafoglio e porgendogli le banconote.

“Arrivederci.” lo salutai, con quel mio accento francese oramai difficile da dissipare.

Scesi dall’auto, poggiando finalmente i piedi sul suolo e avviandomi velocemente verso il marciapiede per non essere uccisa da un’ auto.

Le mie ballerine verdi calpestavano velocemente l’asfalto scuro mentre con passo calmo mi dirigevo verso il monumento.

Mi inginocchiai lì davanti, leggendo tutti quei nomi incisi nell’oro, alcuni coperti da peluche e fiori, da lettere mai aperte piene di parole dolorose.

Molte persone stavano lì, guardando quei nomi, gli occhi che luccicavano e le mani che tremavano.

Non potevo nemmeno immaginare cosa si provasse a perdere un caro in quel modo, a non sapere dove fosse il suo corpo e a ricevere semplicemente una parte della Torre perduta.

Non sapevo nemmeno per quale motivo fossi così legata a quel fatto, non conoscevo nessuno che fosse morto, sapevo solo che volevo andare lì, rendere omaggio a quelle persone che erano morte senza un vero motivo.

A tutte quelle persone che quel giorno non pensavano assolutamente di subire un trauma, che non pensavano che il proprio marito o figlio potesse morire in ufficio.

Posai il non ti scordar di me lì vicino perché nessuno doveva mai dimenticare cosa era successo.

Superarlo emotivamente, certo, ma non dimenticarlo.

Mi alzai e mi guardai intorno, notando un ragazzo seduto su una panchina, le mani giunte e lo sguardo rivolto verso terra.

I capelli neri gli coprivano il volto e sulle ginocchia era poggiato un piccolo foglio.

All’improvviso alzò lo sguardo e lo puntò su di me.

Essendo molto vicina riuscii a scorgere ogni particolare del suo viso.

Gli occhi scuri, il naso dritto, una cicatrice sotto allo zigomo e le labbra chiare.

Mi guardò per pochi secondi, soffermandosi sul mio viso, per poi abbassare nuovamente lo sguardo.

Non seppi per quale motivo lo feci ma mi avvicinai, sedendomi accanto a lui.

Alzò lo sguardo sorpreso, aggrottando le sopracciglia e socchiudendo leggermente le labbra.

“Piacere, sono Cècil.” sorrisi, tendendogli la mano.

Lui la fissò indeciso sul da farsi ma alla fine la strinse, mormorando il suo nome.

“Dorian.”

L’imbarazzo si propagò tra di noi, facendomi arrossire leggermente nonostante il vento congelato che mi schiaffeggiava il volto.

“Che ci fai qui? Non sembri di New York.” disse lui, spezzando il silenzio.

“Sono francese, di Parigi. Sono qui in viaggio.”

Lui annuì, lasciando cadere il discorso.

Ricordo vagamente quel giorno, poco dopo mi ero alzata e lo avevo salutato con un bacio sulla guancia, mormorando il mio cognome.

Ma, dopo tutti quegli anni, quel viso mi era rimasto impresso nella mente, come tatuato sulla mia pupilla.

Quegli occhi annebbiati dalla tristezza erano oramai stampati nel mio cuore e quel nome era ovunque per me.

Dorian.

 

 

   
 
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