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Autore: Milletrecento    02/11/2010    1 recensioni
Per il nostro calendario, è il sette gennaio. Il più giovane dei Tre Re non riesce a dormire. (Gaspare x Melchiorre)
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Non possiedo i personaggi, e non li possiede, strettamente parlando, nessuno a parte la tradizione popolare visto che nella Bibbia non vengono fuori. Non è stata condotta alcun tipo di ricerca per questa fanfiction, genericamente ispirata alla canzone popolare natalizia "We Three Kings". Scritta in un paio d' ore perchè sì.


Il ragazzo non era ancora entrato nella sua tenda. Accovacciato poco lontano dalle cavalcature, alla luce della luna sembrava una statua. Metallica, per l' oro dei capelli e il ferro della spada che portava al fianco, intenzionato fin dall' inizio ad usarla per difendere la piccola carovana o metterla al servizio, se necessario, del Re dei Re. Muta, del mutismo che Melchiorre aveva conservato da quando si erano lasciati alle spalle la stalla e un neonato degli strani occhi scuri più vecchi del tempo, davanti a cui aveva deposto l'oro di suo padre.
Gaspare gli appoggiò una mano scura sulla spalla e sorrise nel sentirlo trasalire, sorpreso, per poi rilassarsi percependo tra le ombre della notte quella, ancora più scura, del compagno di viaggio.

“Non riesci a dormire, ragazzo ? “
Melchiorre scosse la testa per poi accennare con il mento alla tenda del terzo tra loro, semplice, lugubre e severa come il suo occupante.
“Nemmeno tu, vedo. Mi chiedo...come faccia lui.”
Gaspare si sedette vicino al ragazzo in un fruscio di stoffa odorosa d' incenso, annuendo come ad incoraggiarlo a proseguire.
“Sei più vecchio, più saggio di me. E adesso ? “
Allungò una mano verso la distesa di sabbia e sterpi davanti a loro, il cielo macchiato di stelle.
“Adesso...cosa succede ? Pensavo gli astri indicassero un re – qualcuno che avrebbe regnato su di noi. Parlavano di uno scettro, ho portato oro per la sua corona. E invece...” scosse la testa, cercando lo sguardo dell' uomo più grande prima di appoggiare il mento ai palmi delle mani. Sotto la stoffa della tunica, ricca e intessuta con cura, le spalle tremavano “...invece ho sbagliato. Me ne sono reso conto quando mi ha sorriso, quando gli angeli hanno cantato. E' tutto così grande, Gaspare. Più delle nostre mappe, più delle predizioni, più delle stelle...”

L' uomo più grande lo fermò appoggiandogli due dita sulle labbra per un momento, un tocco leggero e caldo ad imporre gentilmente il silenzio. Attese un attimo prima di riprendere, un braccio attorno alle spalle del ragazzo, il volto vicino al suo – il figlio intelligente e precoce di una famiglia reale, uno studioso entusiasta, un ragazzo confuso e quasi impaurito dopo la notte più importante della sua vita.
“Lo è, non ti mentirò. Ma non ti eri sbagliato sul re. Non mi ero sbagliato io sulla divinità – né il vecchio sul sacrificio. Sei fortunato se il tuo primo viaggio seguendo le stelle ti ha portato a questo.”
Strinse appena più forte la spalla del ragazzo, spostandosi di poco per lasciarlo sistemare meglio vicino a sé, appoggiato contro il suo fianco. Alzò gli occhi verso il cielo, invitando il compagno più giovane a fare lo stesso con un cenno del capo, la voce bassa e gentile.
“Re, Dio e Sacrificio. E' davvero qualcosa di molto grande, più di quanto possano contenere le stelle. Ma non è qualcosa che deve fare paura, né da cui farsi travolgere. Qualsiasi cosa aspetti questo bambino, sarà qualcosa che cambierà il mondo come lo conosciamo. E non è un caso che anche tu, tra tutti, abbia letto nelle mappe la sua venuta” Annuì quando il ragazzo alzò la testa, serio “Hai i mezzi e la mente per leggere la via nelle stelle. Hai la forza per seguire ciò che hai letto.” Lesse nel sorriso di Melchiorre che era stata la cosa giusta da dire – una conferma da parte di qualcuno che stimava, una rassicurazione sul suo posto nell' ordine di cose fin troppo grandi.

Alle parole di un maestro seguì l' abbraccio di un padre, una carezza sui capelli chiari e incrostati di polvere dal viaggio mentre tornavano verso le tende. Il ragazzo si infilò oltre l' ingresso, seguendolo all' interno con un sorriso incerto come a chiedere permesso, allo stesso tempo sicuro di ottenerlo e vergognoso di chiederlo.

Non era la prima volta che all' abbraccio di un padre seguiva un altro tipo di conforto, altrettanto benvenuto, non era il primo paio di braccia giovani a stringerlo nel buio cercando protezione, un qualche tipo di sicurezza davanti a un cielo troppo grande. L' uomo più vecchio sciolse i lacci dei vestiti di Melchiorre lasciandoli scivolare a terra, appoggiando le labbra sulla pelle chiara, tesa alle clavicole. Strinse piano i denti sul suo collo e lo sentì emettere un gemito e stringere più forte le mani ai suoi fianchi, spingendosi contro di lui.
Non c' era bisogno di parole quella notte, e tutto sarebbe stato consensualmente dimenticato la mattina. Le mani addosso, gli ansiti, il sapore della pelle calda sotto la lingua. Le movenze goffe del ragazzo, come un animale giovane. La sua pelle chiara nel buio e quella del compagno, talmente scura che la mano tra le gambe di Melchiorre pareva un estendersi dell' ombra stessa.

Da un lato la giovinezza di lui, il suo corpo saldo e flessibile, un' occasione piacevole per scaricare la tensione degli ultimi giorni, per assaggiare un frutto fresco e – a giudicare dalla difficoltà di portare a termine la cosa – praticamente intatto . Dall' altro un' ammirazione sfociata in impulsi confusi e pensieri sull' uomo dalla pelle scura, accentuata dalla voglia di essere tenuto stretto, di prendere sonno nella notte – in quella notte – tra le braccia di chi conosce la strada.

Più tardi Gaspare lasciò silenziosamente l' intreccio di coperte e la sagoma del ragazzo che russava piano, immerso in un sonno tranquillo. Gli accarezzò un' ultima volta i capelli prima di scivolare oltre la soglia della tenda – c'era tempo prima dell' alba, c' era ancora tempo per leggere nelle stelle il destino del Piccolo Re e il loro percorso.

  
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