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Autore: Myrose    02/11/2010    11 recensioni
Vi è mai capitato di leggere una poesia ed esclamare: "Sembra scritta per..."? Anche a me è successo! Penso che L, Mihael, Mail, Nate, Misa, Light siano personaggi degni di "reinterpretare" anche le pagine della letteratura classica. Vedrete come un componimento poetico possa mutare, divenendo altro, grazie alla profondità di questi personaggi.
Cap I "E' come una marea" [LxMisa]
Cap II "Il sonetto del dolce lamento" [MattxMello]
Cap III "Lentamente muore" [Near]
Cap IV "Parla per me" [NearxMello]
Cap V "Spleen" [Mello]
Cap VI "La Terra Santa" [Light,L]
Genere: Drammatico, Poesia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: L, Light/Raito, Matt, Mello, Near
Note: Lemon, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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È come una marea

 

 

 

E’ la vigilia di un giorno importante. Il preludio di un arresto eccellente: Misa Amane.

Eppure, non sembrerebbe…

La silhouette nera di un uomo, immobile nella sua fissità, è raggomitolata in una posizione eccentrica.

Come ogni sera.

Come ogni notte, in quelle ultime settimane, in cui l’unico interlocutore capace di reggere il passo della mente geniale è l’intelligenza artificiale di un computer.

La stanza è vuota di collaboratori inutili.

Tutto è silenzio e buio, intorno alla luce azzurrina dei monitor sempre accesi.

Il lezzo di tecnologia, di carta, di paura e di adrenalina impregna le pareti della camera priva di ogni mobile superfluo.

Nell’animo del detective, nel guscio inaccessibile nascosto nel suo petto, tutto è tumulto, come di piazza gremita di sobillatori pronti alla sommossa.

Una ridda di pensieri veloci, abbaglianti come intuizioni, ancestrali come sussurri d’istinto, dilagano in lui, come l’arrotolarsi delle acque, che si espandono incontenibilmente, fatalmente, dalle mattine ai tramonti.

Il giovane ha l’impressione di soffocare: ha bisogno d'una boccata d'aria pulita.

Scalzo, conta con la mente i passi che lo separano dall’ascensore, gustando quel freddo contatto con il marmo nero, usato capricciosamente senza parsimonia per pavimentare tutto il quartier generale.

Quel marmo è gelido, gelido come lui non riesce ad essere… non in quel momento.

La meta della sua fuga è un terrazzo senza telecamere.

Si sente erodere dentro dalle sensazioni impietose dettate dal suo ruolo di detective: un turbinare  incosciente dell’immaginazione, un mulinare di sensazioni fisiche.

Come una marea, la sua acribia analitica vaglia fatti, orme di dialoghi, tracce di movimenti, ricostruisce intere scene, espandendosi, simile allo schiudersi di una rosa immensa. Non v’è scampo alla sua spietata ricostruzione. La sua mente si insinua nelle intenzioni celate d’ogni gesto, come una mano ardita sotto una veste, simile all’acqua che va avanzando sulle spiagge.

La Verità è palese ai suoi occhi d’ebano scuro.

Il silenzio, il buio della notte, l'aria fresca non gli giovano.

Si affaccia alla balaustra del terrazzo e guarda il vuoto sottostante come un suicida che osservi, affascinato, il vorticare mugghiante delle onde cupe dall'alto d'una scogliera. Una sensazione di vertigine lo coglie.

Uno scatto fiero del capo per sottrarsi alle lusinghe di quella vista. Ma barcolla all'indietro, fino a perdere l'equilibrio e trovarsi seduto con le spalle contro un muro. Il pensiero di quanto dovrà compiere il giorno dopo lo assale.

Non vorrebbe. Si interroga sul motivo di tale titubanza che, come gli assassini, silenziosa è giunta ad infettargli il sangue, velenosa, implacabile, sinistra, come una vena spezzata o come il cuore del mare, in una irradiazione tremante e mostruosa.                                                                                    

La sua mente potente comincia a sfilacciarsi dinanzi la verità del suo desiderio che è doloroso, patetico, sbagliato, eppure forte, violento, disperato, come le urla dei condannati a morte dentro le celle, come la vendetta dei sicari e delle gole sgozzate delle loro vittime.

E lui cede, vacilla, annaspa, come in balia delle onde che modellano, erodono, frastagliano le coste più rocciose penetrando ovunque come le idee, le sensazioni carnali, le voglie torbide. Ebbene, l'uomo quasi non se ne accorge, eppure la sua mano serra la maglia morbida sul petto, stringendola all'altezza del cuore.

Il respiro è affannato, come chi fatichi a star dietro al vento.

Un gesto rabbioso e l’indumento vola via, strappato con rabbia dalla pelle che ha bisogno di sentire la frescura della notte, come la fronte febbricitante brami un panno bagnato.

Ma non basta a dargli sollievo.

La voglia di lei, la brama del suo corpo di creta bianca e mobile, la smania della sua pelle candida, il desiderio di baciare la sua bocca, i suoi seni, le mani sono come droga che gli annebbi i sensi.

Non si avvede della propria mano che, seguendo un inudibile comando, gli sbottona i jeans logori e che, prepotente, si stringe attorno al suo sesso, pompandolo senza dolcezza. Non ascolta i suoi stessi gemiti levarsi cupi nell’aria, come voli d’avvoltoi terribili sulla preda prossima alla fine. Non si accorge di muovere i lombi per darsi più piacere, parendo un ballerino di ancestrale e rabbiosa bravura.

No. Lui è perso dietro alla propria, personalissima dannazione: tenerezza di dolore e dolore d’impossibile, lo trafigge e lo sbrana, fuggendo al controllo della ragione scolpita nel cuore della notte, riflessa nell’inquietudine dei suoi occhi allucinati.

La dannazione muove la carne.

Lei, Misa, incisa nei legni del bosco dai coltelli delle mani di L. Lei, il suo piacere unito a quello dell’uomo. Lei, gli occhi suoi neri. Lei, il suo cuore, farfalla insanguinata, che con le due antenne d’istinto l’aveva toccato!                                                                     

Non s’avvede di nulla, l’uomo, mentre grida rauco il proprio piacere.

Si accorgerà dopo delle dita e del proprio ventre sporchi di eros candido, quando una pioggia sottile e fredda prenderà a ferirgli la pelle: gocce fitte come milioni di piccoli aghi, sottili e crudeli.

Crudeli come saranno i suoi gesti futuri.

Crudeli come solo la giustizia sa essere.

 

 

 

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Note d’autore.

 

L’idea di pubblicare queste righe non è stata frutto della mia volontà, ma dovete incolparne, scherzosamente, quel piccolo demonio di Redseapearl, che mi ha letteralmente obbligata!

Ho ceduto al desiderio di dimostrarle tutta la mia amicizia, più che al suo “ricatto”, così, ufficialmente, dedico questa “variazione sul tema” a colei che mi ha regalato affetto e sostegno nei momenti bui, allegria esplosiva ed una parola buona ogni volta che ne ho avuto bisogno, per non parlare dei mille viaggi meravigliosi racchiusi nelle sue storie! Per te, Amica mia!

   
 
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