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Autore: mycoXspica    05/11/2010    5 recensioni
Sarei riuscita a non essere egoista. Dopotutto... l’amicizia va bene, vero?
Una piccolissima One Shot RomaBel (S.Italy x Belgium) scritta di getto in meno di un'ora...
Non mi sono applicata, ho semplicemente scritto quello che mi passava per la testa, ma spero che possa risultare comunque gradevole!
Spero non ci siano parecchi errori grammaticali, e soprattutto che il personaggio di Lovino non sia OOC, in caso contrario... perdonatemi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Belgio, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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L’avevo convinto ad uscire con me... solo un po’ di spesa per la cena, niente di più, ma per la prima volta, aveva accettato! Che fosse stato per scappare da Antonio...?! Mah, non importa. Ce l’avevo fatta.
Eppure adesso... camminavo al suo fianco, ma senza parlare.
Per tutta la prima parte del viaggio – da casa fino al mercato – avevo provato a cominciare una conversazione, avevo cercato un argomento che potesse interessargli e, forse per disperazione, anche quelli che sapevo gli importavano meno di zero. Non una parola era sfuggita dalle sue labbra, se non qualche versetto o qualche sbuffo infastidito. Neanche l’ombra di una risposta per me...
L’avevo trascinato per tutto il mercato, avevo tentato di smuoverlo persino con i pomodori, ma niente. Non sembrava volermi rivolgere la parola, l’unica cosa che riuscivo a strappare al suo volto era una smorfia accigliata.
Sulla via del ritorno, gettai la spugna.
Sfoggiavo il solito sorriso, camminando fianco a fianco con lui, in silenzio, senza sapere neanche cosa dire (non era da me dimostrare altra emozione che non fosse l’allegria).
La confusione non se ne andava.
“Mi odia, non c’è altra spiegazione...” pensai.
Non c’era da stupirsi, anche io mi odiavo. Mi odiavo perché non dimostravo mai ciò che provavo, ma era più forte di me, era la mia natura. Mi odiavo perché non riuscivo ad essere sincera. Né con lui, né con Antonio, né con me stessa. Mi odiavo perché ero spaventata, da tutto e da niente... non avrei mai ammesso che mi piaceva. Ma poi... cosa poteva mai voler dire “amare”? Non era forse come voler bene ad un amico? Cosa c’era di diverso?!
Il vento soffiava...
« Oh no, il cappello!! » una ragazza poco lontana da noi lanciò un gridolino acuto mentre osservava il suo cappello volare nella nostra direzione.
Lui lo afferrò al volo e le corse incontro per restituirglielo.
« A voi, hermosa señorita~ » le disse, baciandole la mano con cui lei aveva ripreso il cappello, ringraziandolo.
Continuai a camminare, non era raro vederlo comportarsi così davanti ad una bella ragazza come quella, dopotutto.
La distanza fisica tra me e quei due che ora stavano amabilmente conversando – no, mi correggo, tra me e quell’idiota che ci stava spudoratamente provando – si accorciava sempre di più, e fu allora che vidi il sorriso che le stava rivolgendo.
Non era la prima volta che assistevo ad una scena simile, e non era di certo la prima volta che lo vedevo sorridere in modo così... “innocente”, ma per qualche strana ragione, l’effetto che mi fece fu devastante.
Persi momentaneamente il controllo del mio corpo: sentii le guance avvampare, abbassai lo sguardo per coprirle con i capelli e accelerai il passo verso casa, sballottando la busta della spesa a destra e a manca.
Cos’avevo? Cos’era quella sensazione? Che significava quella stretta allo stomaco?! Quell’insano terrore? Quei brividi freddi? Quel bruciore alla gola, quel giramento di testa improvviso e quella voglia altrettanto improvvisa di piangere?! Che diavolo era?!
« België! » la voce dell’Italiano mi giunse alle orecchie forte e chiara, mi rimbombò nel cranio talmente forte da farmi quasi male.
Quando alzai lo sguardo, era di nuovo alla mia destra. Non mi ero neanche accorta di essermi fermata, o che lui si fosse riavvicinato.
Lo osservai per qualche minuto. Non capii subito il perché di quell’espressione sorpresa (o confusa?) che per un attimo fuggente aveva attraversato il suo volto, ma fu lui stesso, poco dopo – quando prese con sé anche le mie buste della spesa – a svelarmi indirettamente l’arcano.
« Se era pesante, potevi dirmelo... » mormorò, scocciato, indicando la busta appena raccolta dalle mie mani e allungando il passo.
Non ebbi il tempo di ribattere che riprese la parola: « Comunque... » disse, senza voltarsi « ...hai smesso di sorridere. Che cos’hai? » chiese.
In un attimo, fu come se tutto il dolore che avevo provato poco prima si attenuasse. Come se quel suo piccolo interesse per me, mi avesse guarita.
Giunsi ad una spiegazione per quell’improvviso malore, nonostante non sapessi se fosse davvero quella giusta.
Ero stata egoista.
Per quel breve istante in cui le sue attenzioni erano rivolte a quella ragazza, avevo sentito il bisogno del suo interessamento... forse?! Avevo sperato inconsciamente che si accorgesse di me, che notasse il mio stato e venisse a confortarmi?!
Quanto ero stata subdola in quel momento? Perché lo avevo fatto?! Perché... piangevo?
No, era soltanto una lacrima e per di più si era anche già asciugata, cominciando a tirarmi la pelle.
Per tutta la durata del mio teatrino mentale ero rimasta a fissare la schiena di Lovino che nel frattempo si era finalmente girato verso di me.
Mi sbrigai a sorridere. Mi sforzai perché fosse il più naturale possibile, DOVEVA esserlo. Non era difficile, lo avevo fatto tante di quelle volte...
« Non importa! Andiamo o Antonio comincerà a chiedersi dove siamo finiti! » risi da sola, gli presi la mano e cominciai a trascinarlo, senza smettere di ridere. Lui s’imbronciò.
« Tsk. Sai quanto cazzo me ne frega di quel cretino! » rispose, riferendosi sicuramente ad Antonio. Ma in fondo, sapevo che gli voleva bene, e forse un po’ ne voleva anche a me...
Sarei riuscita a non essere egoista. Dopotutto... l’amicizia va bene, vero?
L’amicizia mi basta.

Autoconvinzione...

   
 
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