De smaragdo et de via (Dello smeraldo e della
via)
Di Lanya
Cammino
in un sentiero oscuro. Angelo decaduto, luminosa creatura distrutta; io cammino in
un sentiero oscuro, l’unico che io abbia mai visto. Luna
d’argento spenta, terra ridente bruciata; il paesaggio intorno a questo viale è
nero. I sogni di speranza infranti, le promesse di pace
finte, i giuramenti spezzati. Nessuna luce può penetrare nella mia
oscura conchiglia.
Nei
tuoi occhi leggo pietà nei miei confronti. Io non ho bisogno
della tua commiserazione, voglio essere lasciato in pace. Lasciami
camminare in questa strada deserta, l’unica che io possa
vedere nel mondo oscuro. Questa orrorifica via, il
viale delle ninfe diaboliche. Non come te, vero, honey? Nei tuoi dorati pensieri tutto
è perfetto, vero, piccola? Ma
la realtà è diversa: il mondo è come una puttana, sì, hai sentito bene, come
una puttana. Questa magnifica sgualdrina che prima ti rende
felice, che ti fa pensare che la vita è magnifica, che la tristezza non esiste.
Poi però ti pugnala alle spalle e i suoi bellissimi occhi di smeraldo rispecchiano
la sua anima nera: niente di te è importante. Al mondo non importa nulla di te.
Ti
fanno male queste parole, tesoro? Beh, non m’importa. La tua spensierata gabbia
d’oro e fiori si è spezzata e ora anche tu cammini in
una strada nera. Le tue scarpette di cristallo si sono consumate a forza di
camminare? Allora continuerai ad andare avanti tra le schegge di vetro, ti
ferirai, ti mutilerai, ti torturerai, ti ucciderai. Il mondo neppure se ne accorgerà.
Eppure a volte
vorrei essere trovato, vorrei uscire da qui. Ma non si
può. Ogni richiesta d’aiuto è solo uno spreco di
argentei pensieri onirici. Ho paura, a volte. Non vorrei essere in questo nero
labirinto di perdizione… Perché non posso vivere? Perché
ogni maledetto, infame e putrido giorno devo morire? E
tu, stellina, hai paura? Sì? Non me ne frega un cazzo. Con amaro sarcasmo ti ho
portata qui io, vero, dolcezza? Arrangiati. Non m’interessa
se è colpa mia.
Il
mondo deve sapere la verità. La spensierata dolcezza con cui guardavi
ogni cosa è stata infranta e così deve accadere anche al mondo tutto. Un addio alla giovinezza, ecco cosa ci vuole. Ci serve una
storia di terrore e morte che si mostri in tutto il suo orrore agli occhi di
smeraldo della gente. Quei magnifici smeraldi contaminati dal sangue nero di
Venere mi guardano ossessivi. Basta, vorrei dire. Basta, vorrei sussurrare.
BASTA.
Vorrei urlare, sai?
BASTA,
BASTA! Basta. Basta!
Per
favore, non mi torturare. Per favore, lasciami in pace. Ti prego. TI PREGO.
E’ per questo che
rovinerei il mondo: per non sentirmi più i suoi malefici occhi addosso. Oh, non
mi illudo: nessuno mi trova tanto degno di nota da
volermi osservare. Ma si sa, la diversità attira
curiosi.
Un’occhiata
di sfuggita, in mezzo ad una strada affollata, è sufficiente. Mi porterò addosso gli sguardi di un’altra persona per sempre. Sapete,
da una parte questo è un bene: io colleziono sguardi. Ogni tanto li adagio
sulle mie coltri di seta nera. Dispiego pigramente le mia ali
incapaci di volare e mi lancio nell’osservazione della mia collezione:
occhiate odiose, disilluse, innamorate, curiose, maligne, arrabbiate, ostili,
cariche di riprovazione, tristi. Anzi, queste le ho
doppie. Qualcuno vuole scambiarne una così con una felice? Perché,
sapete, io non ho mai visto gli occhi felici. O forse
non esistono? Che peccato, non potrei disilludere il
mondo della sua ipocrisia.
Il mio
piano sarebbe semplice: la confutazione della bellezza. Come, ancora non mi è
chiaro. E’ come un’assioma geometrico: la musica rock l’ha capito da molto tempo. Un
po’ meno convinto è l’arcobaleno. Ma, vedete?, lo sto
persuadendo. Non a caso gli arcobaleni sono sempre meno.
Ma torniamo al
nostro discorso, bambolina. Noi hai capito nulla,
vero? E’ per questo che mi guardi con occhi di
smeraldo tanto smarriti. La morale di questa ubriaca
favola di Fedro non è altro che un semplice messaggio: tutta la vita è una via,
tutto il mondo è morte, tutto è niente e il niente è l’essenza dell’universo,
della nostra mente ma soprattutto della nostra esistenza. Ora capisci, piccola mia, perché cerco di rovinare altre
vite? E’ per un puro, semplice, stupido egoistico desiderio di sopravvivenza.
Cerco solo di vivere, infischiandomene degli altri. In fondo, la compassione
non porta a nulla se non all’autodistruzione: se hai istinti suicidi puoi pure essere il nuovo Gesù.
Patetico.
Questa frase era veramente patetica, da supermarket di periferia. Che caduta di stile. La mia mente prova ribrezzo, un
sentimento comune a molti uomini. Come la confusione. Questo, anzi, è un
sentimento ancora più diffuso: lo prova il bambino che affronta il caotico
mondo, il ragazzo che non capisce perché la nostra società è così, è il caso di
dirlo, patetica. E’ comune a tutti
gli uomini che ancora vivono perché non trovano un senso
al tutto.
Ma non ci pensano
le creature sulla via della perdizione, perché loro hanno dimenticato anche i
fiori…