Nata in un
week-end di noia e finita nel week-end successivo altrettanto noioso. È un
Robsten moment, per far sognare le accanite sostenitrici Robsten come me.
L’idea di partenza era tutta diversa, ma poi man mano che scrivevo è uscito
fuori questo. Perdonate il titolo, ma proprio non avevo idea di quale poter
mettere!
Di solito riesco
a giudicare molto facilmente ciò che scrivo, ma questa volta proprio non ci
riesco. Perciò a voi i commenti!
Buona lettura.
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Accosta, Robert
«Quindi siamo
d’accordo. Ci vediamo lunedì pomeriggio sul set di casa Swan. Ovviamente
andrete prima agli studi, dove verrete truccati e indosserete gli abiti di
scena, e poi delle auto vi condurranno sul set.»
Ci
congedammo con Bill e ci demmo
appuntamento al lunedì successivo per dare inizio alle riprese degli ultimi due
film della Saga. Una parte di me era contenta di essere arrivata alla fine, o
quasi. Potevo finalmente scollarmi di dosso il nome di Bella Swan e dedicarmi a
ruoli più rilevanti. Non che non fossi grata a quei romanzi, ma essere
riconosciuta per strada, venendo chiamata con il nome del personaggio che
interpreti non è il massimo per un attore. Devo ammettere, però, che dovevo
tutto a quel personaggio, a quei libri e soprattutto a Stephanie. Se non fosse
stato per lei e per quel sogno che fece in quel lontano 2 giugno 2005, avrei
continuato per il resto della mia vita a girare film indipendenti degni di poca
nota: non avrei mai avuto la possibilità di presentare una categoria agli
Academy Awards, non avrei mai avuto la possibilità di vincere il mio Orange
Rising Star ai BAFTAs e, soprattutto, non avrei mai avuto la possibilità di
conoscere Robert.
Guidava
lento come al suo solito per le tranquille vie di Baton Rouge. Nonostante la
produzione ci avesse messo a disposizione delle auto con altrettanti autisti,
si era impuntato per portare qui la mia Mini. Voleva che cercassimo di vivere
la nostra vita come una coppia di giovani innamorati assolutamente normali, che
si recava assieme al lavoro, guidando la propria automobile. Da quando era
venuto a trovarmi a Montreal durante le riprese di On the road, avevamo deciso
di smetterla con le imprese titaniche per cercare di mantenere segreta la
nostra relazione. I paparazzi, non so come, non so quando, erano riusciti
fotografarci sul set. Le foto non dimostravano nessun bacio, ma era fin troppo
evidente quello che stava succedendo in quelli istanti, per poter continuare a
smentire le voci. Questo fu ciò che ci dissero i dirigenti della Summit,
arrabbiati come non mai. Così, Robert, guidato dal quel maledetto istinto che
si ritrova, una sera, nel bel mezzo di una chiacchierata con Tom, vedendo dei
paparazzi, mi prese e mi avvicinò a sé, baciandomi davanti a tutti. Quella fu
la prima volta che mi baciò per la strada. Il che , per una coppia normale,
sembrerebbe totalmente assurdo, ma per noi, era del tutto normale. Ma eravamo
entrambi stanchi della nostra anormale normalità, e sospettavo già da tempo che
Rob sarebbe esploso prima o poi. Ormai avevo imparato a conoscerlo e prevedevo
le sue azioni. Come in quel momento: voleva apparire forte davanti a me, ma
sapevo che sotto sotto era parecchio turbato dall’imminente fine della Saga, il
personaggio di Edward gli era più caro di quanto potesse sembrare. Gli aveva
permesso di realizzarsi nella vita: aveva iniziato la carriera che desiderava
intraprendere e aveva incontrato l’amore della sua vita, diceva.
«Un penny per
i tuoi pensieri»
il suo sussurro vibrò nell’abitacolo della macchina. Mi girai verso di lui
sorridendo.
«Prova ad
indovinare»
«Mmh…
l’imminente matrimonio ti mette ansia?»
«Fuochino!»
«Hai paura di
prendere troppo peso con la gravidanza?»
«Acqua!»
sapevo che lui conoscesse il contenuto dei miei pensieri, ma cercava soltanto
di dimostrarsi un flippy degno di tale nome, facendomi ridere.
«Ho trovato: pensi al travestimento per Halloween!»
«Ma acquazzone!»
«D’accordo, allora... stai pensando a un modo per sedurmi stasera? Non
preoccuparti Kris, non ingegnarti più di tanto: anche solo lo stare a guardarti
è un potente afrodisiaco per me!» il suo sguardo era terribilmente malizioso,
ma sapevo che era comunque serio.
Mi fece ridere come al solito e alla mia risata si aggiunse anche la
sua, rendendosi conto di quanto fosse scemo.
«Sai Rob ti amo, anche se sei idiota!» ritornai improvvisamente seria.
Si girò verso di me e mi fissò con un intensità tale da poter sciogliere anche
il cuore più duro che ci sia. «Ora però, siccome vorrei evitare di morire prima
di sposarmi, potresti spostare il tuo sguardo verso la strada?!» e altrettanto
improvvisamente diventai acida.
«Ecco come rovinare un perfetto momento romantico. Potevi almeno
aspettare che me ne uscissi con la mia frase strappalacrime!» voleva fare
l’arrabbiato, ma rideva più di quanto non stessi ridendo io.
Tra di noi il “ti amo” non era molto frequente. Ma quelle poche volte
che ce lo dicevamo, era così intenso da impiegare parecchi secondi per
riprendersi. L’essere troppo sdolcinati non faceva per noi, erano le piccole
cose, come l’sms all’atterraggio dopo un lungo viaggio in aereo o la puntuale
chiamata del buongiorno quando eravamo costretti a dormire separati per lavoro,
a dimostrarci reciprocamente quanto ci amavamo.
«Rob, guarda la strada, prima che ci ritroviamo con un tronco d’albero
in macchina!» amavo prenderlo in giro per il suo modo di guidare. Era
totalmente impedito e lo ammetteva lui stesso. La sua autoironia non veniva mai
a mancare. Era sempre pronto a farmi ridere, pur mettendo in gioco la sua
credibilità, prendendosi in giro. A lui importava che io fossi felice, a tutti
i costi. E averlo accanto a me, ogni giorno, non poteva che rendermi la persona
più felice del mondo. Avere accanto a sé un uomo che ti riempie di attenzioni, premuroso, che ti
fa sorridere, renderebbe chiunque la persona più felice del pianeta. Io ero
stata del tutto fortunata a trovarlo, a trovare la mia metà senza alcun tipo di
sforzo. Era stato così facile per me, che avevo il terrore che potesse sparire
da un giorno all’altro. Come potevo io meritarmi una persona così fantastica al
mio fianco? Quante donne migliori di me c’erano al mondo sole o con un marito
al loro fianco che le malmena? Perché loro non potevano avere un uomo brillante
e io sì? Non riuscivo a trovargli un difetto (oltre quello della guida
s’intende), che potesse farlo non apparire perfetto ai miei occhi. Ero totalmente, sfacciatamente fortunata.
«Accosta.» gli ordinai.
«Come?» era del tutto stralunato e lo capivo, ma avevo bisogno di
parlargli, guardandolo negli occhi e non potevo aspettare che tornassimo in
hotel.
«Accosta, Robert. Ferma la macchina.»
«Kris, capisco che questa non è Los Angel, ma ti sembra che io possa
accostare nel bel mezzo di viale così trafficato?» aveva ragione, ma dovevo parlargli.
«Rob…» lo implorai e il mio sguardo gli trasmise tutta la mia urgenza.
Accostò in un parcheggio di un centro commerciale ormai chiuso. Si girò a
guardarmi.
«Cosa c’è Kristen?» aveva capito che c’era qualcosa di seriamente importante
che mi attanagliava, mi parlò, infatti, con infinita dolcezza, come quando si
parla a un bambino. E io mi sentivo una bambina in quel momento. Un bambina
intrappolata nel corpo di una quasi donna. Una bambina che era stata
catapultata in un mondo che non le apparteneva, un mondo per cui non era ancora
pronta. Una bambina che, però, aveva soltanto una certezza.
«So che ti potrebbe sembrare una stupidaggine, so che potrebbe
sembrarti un discorso sdolcinato da cotta adolescenziale e so quanto tu odi il
romanticismo e tutto il resto, ma devo dirtelo. E non posso aspettare oltre.»
«Oh mio Dio, sei incita!» la sua espressione era impagabile «Sei
incinta e credi che io non voglia il bambino. Ma ti sbagli Kris, affronteremo
questa cosa insieme. Certo, ammetto che sarà parecchio difficile, siamo solo
due bambini d’altronde, ma vedrai…»
«Rob, Rob, Rob, fermati e fa un respiro profondo» era in piena crisi
di panico. Le parole gli uscivano dalla bocca una dietro l’altra senza che le
pensasse realmente «non sono incinta , okay? Quindi tranquillizzati: non
diventerai padre tra nove mesi.»
«Non immagini che spavento mi hai fatto prendere. Non fraintendermi.
La prospettiva di avere un figlio da te mi attrae, ma…»
«… ma per il momento siamo fin troppo giovani e incasinati. Lo credo
anch’io.»
«E allora cosa devi dirmi? Vuoi lasciarmi? So che ultimamente non sono
stato molto presente e che magari tu non ti senta molto… »
«Robert, la smetti per un momento di parlare a vanvera? Parlo io e
magari ti evito anche qualche infarto!» quando era agitato e ansioso, parlava a
vanvera e se non lo avessi bloccavo, saremmo rimasti anche per tutta la notte
in quella macchina, ma non si sarebbe calmato.
«D’accordo, scusami. Sai, però, che questi tuoi improvvisi cambi
d’umore mi mettono ansia e quindi…»
«ROB! Chiudi quella boccaccia» era troppo agitato, immaginava che
dovessi dirgli qualcosa di importante «e ascolta me, una buona volta.»
Restava zitto, fissandomi. Aspettava che io aprissi bocca e iniziassi
a parlare, ma non sapevo neanche io da dove iniziare. Avevo da dirgli così
tanto, che non riuscivo a mettere ordine fra le mie idee. Mi sembrava di
sentire le rotelle del mio cervello che giravano. Lui continuava a guardarmi,
paziente. Mi conosceva e sapeva che avevo i miei tempi, in tutto.
Accesi la radio. Non sopportavo quell’intenso silenzio. Presi l’ipod
dalla tasca e lo collegai allo stereo dell’auto e feci partire la prima canzone
della mia playlist preferita.
«Kristen»
«Aspetta, Rob. Ci sto arrivando» ero conscia di star perdendo tempo
nel bel mezzo del parcheggio vuoto di un centro commerciale, ma avevo bisogno
di quel tempo.
«Dici sempre, anzi tutti dicono sempre, che tra di noi sono io quella
che porta i pantaloni. Sono io che fungo da fondamenta tra noi due. Non è vero.
Le mie fondamenta sei tu. Sei tu che mi sostieni in ogni mio progetto, in ogni
mia azione, che sia giusta sbagliata.
Sei tu che mi dai la forza nei momenti di sconforto. Quando sento che sto per
abbandonarmi, penso a te. Penso ai tuoi occhi e a quanto sarebbero delusi, se
io mi arrendessi in un momento di difficoltà, e vado avanti, in qualunque modo.
È soltanto grazie a te se oggi sono arrivata fin qui. Se non ci fossi stato tu,
magari non avrei mai firmato per girare New Moon e magari non avrei mai avuto
la possibilità di partecipare alla notte degli Oscar. Non so neanche io chi o
cosa devo ringraziare ogni giorno per avermi convinta ad accettare la parte in
Twilight.» avevo bisogno di prendere aria. Scesi dall’auto e mi appoggiai alla
portiera. Lui mi imitò e dopo alcuni secondi, si appoggiò accanto a me. Non
avevo timore che i paparazzi potessero vederci: era buio e la strada era
abbastanza isolata. E se anche ci avessero visti, al diavolo! Volevo vivere la
mia relazione con Robert alla luce del sole.
«Devo tutto a Bella. A Stephenie, soprattutto. Non solo mi ha dato la
possibilità di diventare un attrice a livello internazionale, non solo mi ha
dato la possibilità di recitare in tre anni in più di quanti io ne abbia girati in 17 anni di vita, mi ha dato
la possibilità di incontrare te. E io mi sento estremamente fortunata per
questo. Ti amo, Robert. Ti amo con tutta me stessa, più di quanto tu possa
immaginare.» conclusi con lo sguardo basso. Ero sempre stata restia ad
esprimere i miei sentimenti e sentirmi così scoperta, mi agitava terribilmente.
Mordendomi il labbro inferiore, alzai lo sguardo su di lui, dopo
qualche secondo. Mi fissava. I suoi occhi erano come onde di mare mosse da una
leggera brezza. Mi guardava con lo sguardo più dolce che potesse esistere. E mi
sembrava assurdo che quello sguardo fosse rivolto proprio alla sottoscritta.
Magari in una vita precedente, ero stata altruista e gentile verso il prossimo e quindi Dio, o chi
per lui, aveva deciso di premiarmi una vita dopo, donandomi gratuitamente
quella creatura perfetta.
Abbassai di nuovo lo sguardo, non potendo reggere tanto dolcezza.
All’improvviso le cicche gettate sull’asfalto erano diventate terribilmente
interessanti. Mi sentii afferrare e premere contro la portiera dell’auto. Alzai
la testa e dopo avermi stordita con un sorriso da dichiarare illegale, mi baciò
come mai aveva fatto prima. Era frettoloso, ma comunque infinitamente dolce. Le
sue labbra erano così morbide e ogni volta, mi meravigliavo di come potessero
adattarsi perfettamente con le mie.
«Ti amo» disse staccandosi «sono io ad essere fin troppo imperfetto
per meritarti. E non provare a sostenere il contrario. Siamo imperfetti
entrambi… ma perfetti insieme.»