5.
Abbiamo
un problema
Il giorno dopo le due provarono
per l’ennesima volta a inviare i loro scritti in redazione,
ma di nuovo
l’operazione fallì. Stavolta però
cominciarono a sentirsi leggermente inquiete:
era già lunedì, e l’editore voleva
tutto entro mercoledì.
-
Non
capisco che diavolo abbia! – disse Serena per la settima
volta premendo a
oltranza il tasto INVIO fino a far impallare il programma. Per non
dover
aspettare che si ripristinasse tutto, spense il computer togliendo la
corrente.
-
Quel
disgraziato di Matt non lavora in un negozio di informatica?
– intervenne Uccia
– Potremmo chiedergli di venire a darci
un’occhiata. Magari riesce a
sistemarlo.
-
È vero! –
Serena afferrò il cellulare e mandò un messaggio
di SOS al vicino. La risposta
arrivò poco dopo: Matt era al lavoro, ma sarebbe passato da
loro dopo cena.
-
Ha detto
che però vuole che gli compriamo i biscotti al lampone.
-
Digli che
io lo farò sicuramente. – rispose Uccia staccando
la mano destra dalla tastiera
del suo computer solo per poterle mostrare il dito medio bene alzato.
Come
promesso, verso le otto e mezzo Matt si
presentò da loro (e rimase davvero
alquanto deluso dall’assenza dei suoi biscotti preferiti).
-
Avete
provato a inviarlo con tutti e due i computer? – chiese
quando gli ebbero
spiegato il problema.
Uccia
scosse
la testa. – Il mio è off-limits per queste
operazioni burocratiche.
-
Perché? –
Matt alzò un sopracciglio.
Uccia
aprì
il pannello di controllo e gli mostrò lo stato della memoria
del suo hard disk.
– Perché ora che mi apre la posta elettronica il
direttore è già in pensione.
Lui
rimase a
bocca aperta. – Ma…è umanamente
impossibile che tu sia riuscita a riempirlo in
quel modo, c’è da stupirsi che ancora si accenda!
Quanta roba ci hai messo
dentro?!
-
Tutto quel
che mi serve. – fu la risposta alquanto vaga –
Infatti per il lavoro salviamo
quasi tutto sul suo.
Matt
scosse
la testa sconvolto. – E io che sul mio ci tengo al massimo
qualche foto e un
paio di porno…comunque, vediamo un po’
dov’è il problema.
Smanettò
con
il computer di Serena per una mezz’oretta, mentre le due con
una tazza di caffè
in mano osservavano preoccupate i movimenti delle sue sopracciglia.
-
Come l’hai
spento l’ultima volta questo povero computer?
-
Staccando
la spina.
-
Eh,
vedo…dice che ha perso i file che erano rimasti aperti, era
roba importante?
-
Non credo,
c’era giusto qualche pagina di…. EEEEH?!
COS’È CHE HAI DETTO?!
Uccia
si
voltò lentamente verso di lei. Se avesse avuto in mano una
motosega o una mazza
da hockey sarebbe stata tale e quale a un maniaco omicida da film
horror
americano.
-
Cos’è che
c’era di aperto…?
L’espressione
di Serena fu una risposta sufficiente.
-
Matt,
recupera quel file! Subito!
Lui
allargò
le braccia. – E come faccio?!
-
Ma che ne
so, sei tu l’hacker! Recuperalo!
-
Ma io non
sono un hacker, sono solo un povero tecnico…
-
MATT!
RECUPERALO! SUBITO!
-
Ma che
cos’era, si può sapere?
Serena
alzò
le mani al cielo. – La nostra vita! La nostra salvezza! Senza
quel documento
noi siamo morte, o peggio: disoccupate!
Matt
ci
provò fino a rischiare la crisi di nervi, ma dopo
un’altra mezz’ora fu
costretto ad abbandonare l’impresa con un sospiro.
-
Niente da
fare. Perso. Perduto. Sparito per sempre. Puff. –
annunciò.
-
Io ti
uccido! – urlò Uccia alla coinquilina –
Quante @&%#!N
di volte ti ho detto di fare una
copia di quel che va in redazione?! *
-
Ma la
faccio sempre! Guarda te se l’unica volta che mi sono
dimenticata sta $%@†# di
e-mail doveva bloccarsi!
-
Se tu trattassi
un po’ meglio quel @£N&
di computer non saremmo in
questa situazione!
-
Se tu non
avessi riempito il tuo come un fottuto @°#%& avremmo
potuto inviare con
quello, e risolto il problema!
La
scena
ricordò a Matt un documentario sulle iene della prateria,
sennonché le iene in
tv erano molto meno volgari.
-
Bene –
disse alla fine Uccia ritrovando la calma, spostandosi i capelli dal
viso –
siamo ufficialmente licenziate.
-
Ma…cos’era
esattamente questa vostra opera? – intervenne timidamente
Matt.
-
Una sua
storia corredata di miei disegni che dovremmo consegnare in redazione
all’incirca…dopodomani mattina.
-
E non
potreste riscriverla?
Uccia
sembrò
riflettere seriamente se fosse il caso di staccargli la testa a morsi o
meno.
Fortunatamente, Serena intervenne prima che avesse il tempo di mettere
in
pratica la sua decisione.
-
Potremmo.
-
Certo che
potremmo…se avessimo più tempo. Ma ti ricordo che
tu ci hai messo 3 giorni a
finirla.
-
Ma era
tutta, e di fatto devo consegnarne solo metà…
-
E io ci ho
messo ore a fare tutti i disegni. Tante ore.
-
Ne
metterai qualcuno in meno… Abbiamo ancora domani…
-
E ti pare
molto?!
Serena
salì
in piedi sul letto, in un tentativo di prendere il comando. –
Bando al
fancazzismo, per una volta! Dobbiamo farcela!
Uccia
la
guardò. A lungo. Poi annuì lentamente, e con
grande dignità disse: - Sì, ma
scendi da lì, pirla, prima di farti male.
Matt fu letteralmente incatenato
alla sedia con la promessa delle morti più orrende se avesse
provato ad alzarsi
prima di aver ripristinato il funzionamento della posta elettronica.
Uccia
cedette il proprio computer a Serena perché potesse
scrivere, sacrificando l’uso
della tavoletta grafica a favore di un più classico
foglio&matita. In men
che non si dica sull’appartamento scese un silenzio di tomba
che durò fino a
mezzanotte, quando Mihael venne a recuperarsi il fidanzato, che aveva
finalmente vinto la sua battaglia contro un hotmail particolarmente
agguerrito.
Uscirono senza essere degnati di uno sguardo.
Il
mattino
dopo, le due si svegliarono alle 9 (dal loro punto di vista era
praticamente
come non aver dormito) e ricominciarono immediatamente a lavorare.
Ignorarono i
miagolii di protesta dei gatti per la desolazione nelle ciotole vuote,
ignorarono il richiamo dello Starbucks e cacciarono a pedate Matt,
venuto dopo
il lavoro a chiedere se avessero bisogno di qualcosa, salvo poi tornare
a
chiamarlo per accettare l’offerta e mandarlo in spedizione al
Burger King.
Erano quasi le due di notte quando finalmente si concessero di
collassare.
Il
mattino
dopo si dedicarono in fretta alle rifiniture: Uccia rilesse gli scritti
mentre
Serena scannerizzava i disegni, poi Serena corresse mentre Uccia
ritoccava i
colori a colpi di Photoshop.
-
Forza,
invia questo maledetto coso. – disse la mora facendo un
ultimo salvataggio. Aprirono
la posta elettronica. Misero i file tra gli allegati. Premettero invia.
ERROR
L’urlo
che
lanciarono fece scattare sull’attenti le guardie di
Buckingham Palace e turbò
il sonno di diversi vecchietti per anni.
-
Ma che
cazzo… Matt aveva detto che funzionava! Io lo ammazzo
quell’uomo inutile!
-
Socia, non
perdere la calma – disse Serena, che anche lei proprio calma
non era – Abbiamo
ancora una speranza.
-
Chiedere
aiuto a un santo qualsiasi giurando di essergli devote minimo per
questa vita e
per le prossime ventisette reincarnazioni?
-
No, andare
dritto alla fonte.
-
Hey, che
splendida idea! Non so esattamente chi abbia inventato hotmail, ma sono
sicura
che se vogliamo dare un’occhiata più ampia Bill
Gates sarà entusiasta di
riceverci e…
-
Matt,
socia! Sto parlando di Matt! Ce la facciamo inviare da lui!
-
Sì, che
magari è giusto un po’al lavoro a
quest’ora, che dici?
-
Allora
andiamo da lui in negozio e…
-
Certo, in
fondo da qui a Covent Garden è un attimo! E poi non sono
mica le undici e
venti, e la redazione fra tre quarti d’ora non va in pausa
pranzo!
-
Ma avrà
ben un computer a casa, no? Chiediamo a Mihael di lasciarcelo usare
e…
-
A Mihael
che in questo momento sta sculettando alla Cyberdog?!
Silenzio.
-
Dai socia,
pensa, conosceremo ben qualcuno che possa…
-
Serena,
rassegnati: non abbiamo una vita sociale! Siamo fottute peggio degli
uke nelle
tue fic.
Il
paragone
dovette rendere l’idea, perché anche Serena
sbiancò e prese a mordersi
forsennatamente il labbro. Le lancette dell’orologio non
avevano mai corso così
velocemente.
-
In effetti
ci resta ancora un’altra
speranza.
-
E quale,
irrompere di persona in redazione e…
-
Esattamente.
Non si erano mai vestite così in
fretta. Dieci minuti dopo stavano saltando sulla metropolitana,
rischiando di
farsi pinzare tra le porte che si chiudevano.
-
Hai preso
la pennetta? – chiese Uccia. Serena annuì.
-
Sì. Siamo
quasi salve, socia: tra una decina di minuti saremo alla City, il tempo
di
entrare, salire le scale e…
-
…abbiamo
sbagliato linea.
Più
di una
mamma dovette tappare le orecchie al figlio, e uno scaricatore di porto
seduto
lì vicino rivolse loro un’occhiata scandalizzata,
ma tra un’imprecazione e
l’altra a mezzogiorno meno un quarto erano davanti alla porta
della redazione
di Chibi Bunny.
-
Ci siamo.
-
Lo vedo.
Serena
levò
un pugno in alto. – In cielo per la
gloria, o morte o vittoria! – declamò
per dare solennità al momento.
Solennità che venne prontamente disintegrata da un
“Come, scusa…?” di Uccia.
-
Citazione.
Da Eragon.
-
Ricordami
di annoverarlo tra i film che devo impedirti di guardare.
Ancora
un
“Pronta?” “No.”, ed entrarono.
Come previsto, gli impiegati si allungavano
stancamente verso la pausa pranzo. Chiesero alla receptionist se era
possibile
vedere l’editore, e la donna fece uno sforzo immane per non
scoppiare a ridere.
-
No! –
rispose con tono ovvio, attaccando a spiegare il perché e il
percome per vedere
il signor In-Riga-O-Vi-Licenzio ci volesse un appuntamento. La
interruppero a
metà, finsero di uscire, e non appena lei ebbe distolto lo
sguardo svoltarono
verso gli ascensori.
Ora,
non c’è
bisogno di essere particolarmente svegli per immaginare che tra Uccia,
Serena e
Tom Cruise, non erano sicuramente le nostre due quelle in grado di
penetrare in
un ufficio amministrativo senza fare danni e senza dare
nell’occhio:
rovesciarono quattro piante decorative, sbagliarono piano e imboccarono
tre
corridoi sbagliati prima di arrivare al…quarto corridoio
sbagliato.
-
Voglio una
cartina. – singhiozzò Serena. – E dire
che non è la prima volta che veniamo
qui!
Poco
più
avanti di loro, sentirono il rumore di una fotocopiatrice
immediatamente
seguito dall’imprecazione di chi vede uscire per
l’ennesima volta una stampa
storta. Si avvicinarono al giovanotto in maglietta dei Modena City
Ramblers
(“Che diavolo ci fa un londinese con la maglietta dei
Modena?” si chiese Uccia)
per chiedergli informazioni.
Fu
Serena a
parlare, e il dialogo si svolse più o meno così:
-
Scusa?
-
…sì?
-
Mi scusi?
-
Ti scuso.
-
Cerchiamo
il capo.
-
Il capo di
chi?
-
L’editore.
-
Non è il
capo.
-
Beh,
cerchiamo lui.
-
Ah, bene.
Sapete come far funzionare quest’affare?
-
No, e poi
dobbiamo trovare l’editore!
-
E perché
non andate nel suo ufficio?
-
Perché non
sappiamo qual è!
-
Perché non
chiedete a qualcuno?
-
Stiamo
chiedendo a te!
-
Ah.
-
Dov’è
l’ufficio dell’editore?
-
Al piano
di sopra.
-
Grazie.
-
Prego.
Il
giovanotto con la maglietta dei Modena stava per ricominciare la sua
lotta con
la fotocopiatrice e Uccia per girare i tacchi prima che le venisse
voglia di
impiccarlo a una veneziana delle finestre, ma Serena non sembrava
intenzionata
a muoversi.
-
Perché hai
una maglietta dei Modena City Ramblers?
-
Perché mi
piacciono.
-
Li
conosci!
-
Li
conosco.
-
Ma sono un
gruppo italiano!
-
Io sono italiano.
-
Davvero?
-
Anche tu
sei italiana.
-
Come hai
fatto a capirlo?
-
Stiamo
parlando in italiano.
-
Sul serio?
Da quando?
-
Ti ho
scusato in italiano.
-
Non posso
crederci! Sei italiano! Socia, è italiano!
-
No, sono
Emil. **
-
Socia, è
Emil!
-
Ciao.
-
Emil, lei
è Uccia!
-
Uccia?!
-
Sì, Uccia.
-
Piacere
Uccia, sono Emil.
-
Ho capito.
-
E tu?
-
E io sono
Serena.
-
Sei
serena?
-
No, sono
Serena!
-
Ah,
Serena!
-
Sì,
Serena!
-
Piacere
Serena.
-
Piacere
Emil!
-
Quindi lei
è Uccia e tu sei Serena.
-
Esatto!
-
Ma sei
anche serena?
-
Non mi
piace quella battuta.
-
Quale
battuta?
-
La tua
battuta! Io sono Serena!
-
E io sono
Emil.
-
Emil!
-
Serena!
-
Uccia!
-
Sono qua.
-
Uccia, lui
è Emil!
-
Sì, ho
capito.
-
E lei è
Serena!
-
Lo so.
-
E lei è
Uccia!
Uccia
batté violentemente
un piede per terra. – DITE “EMIL” O
“UCCIA” O “SERENA”
UN’ALTRA VOLTA E VI
UCCIDO IN VENTOTTO MODI DIVERSI CON QUESTA GRAFFETTA!
Per
qualche
strano motivo, piombò il silenzio.
-
Ora –
ringhiò Uccia – Grazie per
l’informazione, Emil.
Vieni con me, Serena. Avete
qualcosa
di un pochino urgente da fare, tu e Uccia.
– prese l’amica per un braccio e la
trascinò via.
Per
quanto
la ragazza poco si fidasse delle indicazioni dell’enigmatico
italiano Emil, si
lanciarono su per le scale, volando verso l’ufficio
incriminato.
Mentre
lo
facevano, Serena tentò un accenno a quanto
l’italiano Emil fosse carino e
gentile, ma la minaccia di uno scontro denti suoi vs borsa a forma di
bara di
Uccia la costrinse a tacere.
L’Editore
le
accolse con la gentilezza e il calore che si riserva normalmente alla
zanzara
che ti ha punto dove non riesci a grattarti.
Cercando
di
non morire, Uccia e Serena gli porsero la chiavetta USB per cui nelle
ultime
due ore avevano rischiato quattro infarti, due slogature di caviglie e
un
arresto per rumori molesti. L’Editore la guardò
cadere sulla scrivania
precisando che lui stava per uscire e che loro due erano inequivocabilmente
in ritardo. E questo poteva significare una sola
cosa, che riassunse nel gesto di indicare loro la porta.
Le
due
ragazze uscirono praticamente in lacrime. Si trascinarono di nuovo fino
alla
metropolitana, e quando la voce all’altoparlante
annunciò la loro fermata non
avevano ancora aperto bocca.
Entrarono
allo Starbucks e balbettarono qualcosa che alla cassiera
risultò
incomprensibile.
-
Come,
scusi?
-
Unsciofféalramello.
-
Come?
-
Cscricalmello.
-
Va tutto
bene, signorine?
-
NO! –
confessò Serena scoppiando finalmente a piangere. Due minuti
più tardi erano
sedute dietro al bancone con due caffè extraforti in una
mano e due
tovagliolini umidi nell’altra, mentre la cassiera,
identificata dalla sua
targhetta come Hel Garner, tra un’ordinazione e
l’altra ascoltava i loro sfoghi
annuendo comprensiva.
-
Mi
dispiace tanto… Che uomo insensibile, non capire che ci
possono essere degli
imprevisti! Ma vedrete che andrà meglio, dicono che quando
si chiude una porta
un portone si apre, non prendetevela, c’è di
peggio… Non abbattetevi…
Quando
finalmente trovarono il coraggio di rialzarsi, la abbracciarono
commosse giurando
mance esorbitanti vita natural durante non appena avessero trovato un
nuovo
impiego.
La
cassiera
le guardò uscire grattandosi la nuca, e pensò che
se non altro rientrando a
casa stasera avrebbe avuto qualcosa da raccontare.
*
Non
riferirò
le esatte parole con cui le due accolsero la notizia per non turbare
eventuali
minorenni fra il pubblico
** Personaggio ispirato a una nostra conoscenza, che probabilmente se leggesse ci 1) denuncerebbe 2) scoppierebbe a piangere chiedendosi cos’ha fatto di male nella sua vita precedente 3) si suiciderebbe impiccandosi con la maglietta dei Modena. Quindi per favore non andateglielo a dire XD
* * * * * * * * * * * * * * * *
NB su OCCHI-AZZURRI: è un personaggio inventato da me, uno dei protagonisti di un’originale che sto scrivendo (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=589103&i=1). Siccome gli sono piuttosto affezionata l’abbiamo inserito anche in questa fic. Comunque, qualunque cosa faccia o gli succeda nelle Cronache del Monolocale non ha nulla a che vedere con la storia originale, e viceversa. Anche il suo carattere non è esattamente lo stesso. Il fatto che sia un autolesionista è dovuto al suo ruolo nella storia originale…e anche perché sono una sadica e mi piacciono certe cose +____+ ehehe…
Comunque sono assolutamente entusiasta che vi piaccia :D .Uccia
* * * * * * * * * * * * * * * *
grazie! ^____^ e grazie per
averci messo tra i preferiti! :D
cos’hanno detto i tuoi
amici? XD
grazie
mille :)
Grazie! Anche se…non so come dirtelo, ma temo che il nome di occhi-azzurri non salterà fuori a breve…anzi, non so ancora se salterà fuori XD
Ci scusiamo per la brevità del precedente capitolo, questo è un po’ più lungo >_<
Ed ecco la tua comparsata…sei praticamente il nostro supporto psicologico! XD
* * * * * * * * * * * * * * *
Con l’occasione, pubblicizziamo un attimo i nostri singoli profili XD
Serena: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=72906
Uccia: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=97549