Anime & Manga > X delle Clamp
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Autore: Natalie Baan    17/11/2005    2 recensioni
Un assalto al network dell’Istituto CLAMP… e Satsuki si trova di fronte al programma più misterioso e straordinario che abbia mai visto. O almeno, questo è quello che pensa lei… Ma un software può cambiare un mondo, può riscrivere il destino?
Genere: Triste, Science-fiction, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Satsuki Yatoji
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Nel centro nevralgico dell’Istituto CLAMP, la sala computer nei sotterranei dello stabile principale dell’amministrazione, tutto era in silenzio, tranne per il ticchettio di dita che premevano speditamente tasti, il raro bip di qualche macchina, e, di quando in quando, un teso scambio di parole. Ma l’aria vibrava di pericolo, di una minaccia incombente, tangibile come se esplosioni, fiamme e detriti infrangessero quel silenzio.

Akira si girò nel suo sedile e alzò lo sguardo, ad occhi sgranati, dal suo terminal. “Così non va.” disse. “Non so come, ma sono riusciti a stabilire una connessione. Sono già in rete!”

Suoh imprecò, ma i suoi occhi non si mossero dal suo schermo. “Non è un normale hacker.” mormorò. “In teoria, nessun esterno dovrebbe poter entrare in comunicazione con questo sistema. E chiunque sia, dovrebbe prima rovesciare i nostri programmi di protezione. Non riesco veramente a capire come- maledizione! Mi hanno tagliato fuori questa postazione! Ijyuin…”

“Io ci sono ancora.” Le dita di Akira volavano sulla tastiera mentre Suoh saltava giù dalla sua ormai inutilizzabile postazione pc per raggiungerne un’altra. “Sto cercando di bloccare l’ID che sta usando, ma se quello riesce a disconnettermi…”

“Non me la farà un’altra volta.” Suoh batté i pugni sulla scrivania. “Rijichou, dobbiamo staccare il sistema. Dobbiamo staccarlo del tutto, ora, prima che…”

No.” Dall’ombra del seggio del Direttore quello sguardo azzurro cielo, diretto e insolitamente serio, incontrò il suo. “Questo sistema costituisce il cuore delle difese che proteggono la Shinken: se lo chiudiamo adesso, tutte quelle difese crolleranno. Il nostro unico compito in questa guerra è quello di proteggere quella Spada per Kamui, per il giorno che deve ancora venire. E dunque dobbiamo fare tutto quel che possiamo per…”

Dita eleganti si chiusero sul casco a visiera appoggiato sulle gambe del Direttore, sulle volute barocche d’argento che rilucevano stranamente. Akira lo fissò ad occhi spalancati, Suoh s’irrigidì: nessuno di loro aveva ancora notato quel dispositivo.

“No, Rijichou! Non puoi farlo! I rischi…”

“Temo” lo interruppe Nokoru, con voce calmissima. “Temo che non abbiamo molte altre scelte, Suoh.”

 

 

Magician

una fanfiction su X e CLAMP Detective

di Natalie Baan   (traduzione di Shu)

 

Parte prima

 

 

Quasi pigramente, Satsuki osservava lo scorrere del flusso di dati, simile ad un esercito di formiche che marciava su per una collina. Percepiti nell’ottica dei computer, apparivano come impulsi accesi o spenti, alternanze di presenza e assenza che la mente umana di lei registrava come luce e buio. Vi scivolò dentro, un aggregato più grande di sfavillanti pixel connesso da cavi di volontà al computer che l’aspettava fuori dal firewall. Quel network utilizzava un protocollo singolare, straordinariamente labirintico, un protocollo con il quale Beast non sarebbe mai stato in grado di stabilire una connessione.

Ma lei sì.

In un certo senso, era quasi delusa che la sfida non fosse durata più a lungo. Oh, certo, era rimasta abbastanza sorpresa quando aveva tagliato fuori quel terminal dell’amministrazione solo per scoprire che qualcun altro aveva già ripreso il controllo del sistema… Si chiese se avessero qualcosa tipo un ponte di comando laggiù, con gente che correva avanti e indietro gridando ordini, come nei film. Lontano dallo strato superficiale della sua coscienza e solo vagamente percepito, un angolo delle sue labbra s’incurvò verso l’alto dietro il visore che aveva applicato sul volto. Alla fine, non importava quanti uomini avessero laggiù: erano comunque soltanto uomini. Cosa potevano fare quando i loro computer si aprivano a lei in adorazione, quando i loro stessi programmi si rivoltavano loro contro per obbedire al suo volere? Se avessero staccato il sistema, tutte le difese attorno alla Shinken avrebbero smesso di funzionare; se lo avessero tenuto online, e lei lo avesse interamente espugnato, avrebbe avuto in mano la chiave del più recondito dei segreti dell’Istituto. Qualsiasi cosa avessero fatto i difensori dell’Istituto CLAMP, i Draghi della Terra avrebbero raggiunto il loro obiettivo.

Aveva sempre trovato affascinanti i paradossi di questo tipo.

Ad ogni modo, adesso era il momento di fare sul serio. Si era praticamente già impadronita di buona parte del sistema, escluse le ultime prerogative amministrative –ma anche quelle non sarebbero state troppo difficili da ottenere. Anche se potente, intelligente, ben tenuto e ben protetto, quello era comunque un sistema che risaliva a un bel po’ di tempo addietro, minato da anni d’infiltrazioni di hacker e tentativi di incursioni che avevano finito per renderlo poroso come corallo per lei. Non come il suo Beast, progettato per autoevolversi, per eliminare stringhe di codificazione inutili ogni volta che gli venivano aggiunte nuove potenzialità, per mantenersi costantemente efficiente nella sua perfetta, dinamica eleganza… Lontano, Beast fece udire un borbottio di piacere per quel pensiero di lei. Satsuki rispose con una virtuale carezza per il suo adorato supercomputer, e poi riprese a spingersi ancora più avanti all’interno della struttura, cingendo con quelle che percepiva come le sue ‘braccia’ il cuore del sistema operativo dell’Istituto CLAMP, pronta ad entrare in comunicazione con esso, a immergervisi –e si buttò a testa bassa contro quello che appariva come un invalicabile, sfolgorante muro di luce solida.

::ACCESSO NEGATO:: disse il sistema.

Lo shock di quella risposta la respinse violentemente indietro sui suoi virtuali tacchi. Allontanandosi un poco, esaminò quella misteriosa entità che era apparsa senza alcun preavviso a bloccarle la strada. Scintillava come tutti gli altri ammassi di byte, ma dietro quella superficie non riusciva a scorgere nulla; dove di solito era in grado di percepire la densa, criptica trama del codice che costituiva un programma, qui quell’ente sembrava tutto d’un pezzo, impenetrabile. Percorrendolo con la mente, tutto quello che riuscì ad avvertire fu la vaga sensazione di una presenza –di qualcosa che le rifletteva confusamente indietro la sua stessa immagine, come uno specchio mal argentato.

“Che roba è, Beast?” chiese, inviando al computer i pochi dati che aveva raccolto, e non fu troppo sorpresa quando le rispose con un TIPOLOGIA SCONOSCIUTA. Non somigliava a niente che avesse mai visto prima –ed era sicura di aver visto praticamente di tutto. Gli inviò un rapido input, giusto per vedere la reazione del custode, e stette a guardare la sua richiesta attraversare in un lampo lo spazio fra di loro. Svanì in quel muro di luce, e Satsuki restò in attesa.

Niente.

Si accigliò. Più che tentava di definire cosa fosse, più che le sfuggiva: anche i suoi contorni più generici parevano eludere la sua presa. Si avvicinò con prudenza, si sporse, tentò di toccarlo, sussurrandogli tutte quelle stesse parole affettuose che avevano fatto cadere in suo potere tanti programmi, ma la sua volontà sembrava scivolare su quell’essere senza alcuna influenza o almeno una qualsiasi reazione, come se il suo potere di parlare a qualunque hardware o software non avesse su di esso nessunissimo effetto. Con maggiore audacia, si spinse di nuovo contro il muro, come a volersi aprire la strada con la forza; ma in un fulmineo sbalzo si ritrovò ancora una volta respinta.

::ACCESSO NEGATO::

“Direi che sei un po’ un problema, non è vero?” borbottò. Allontanandosi dal firewall, rivolse lo sguardo ai dati degli utenti di cui si era impadronita, e li usò per crearsi intorno un nuovo livello di copertura. Sotto una diversa identità, tornò a piombare all’attacco della directory principale, passando per un altro percorso –ed eccolo, era ancora lì, questa volta nel sistema esterno, in attesa, pronto ad affrontarla.

::ACCESSO NEGATO::

E poi aggiunse, a mo’ di spiegazione: ::INGRESSO NON AUTORIZZATO::

“Beh, almeno ti sei degnato di darmi una motivazione.” Sospirando dentro di sé, Satsuki ricominciò ad allontanarsi dal custode, ma stavolta esso la seguì, per tutta la strada fino all’ingresso dell’intranet, mantenendosi sempre alla stessa identica distanza da lei, continuando ad osservarla. Trovava un po’inquietante tutta quell’attenzione; non sembrava uno di quei programmi che fanno fuori gli intrusi –per quanto ne sapeva, esistevano solo in quei ridicoli romanzetti cyberpunk- ma si stava mostrando maledettamente un po’ troppo interessato ai suoi movimenti. E, ora che ci pensava, l’identità che aveva assunto questa volta di regola avrebbe dovuto avere piena libertà in quella parte del sistema: e allora perché quel coso continuava a tormentarla?

“Io sono autorizzata.” comunicò al programma. “Sciò, via, vattene.” Controllò due volte la lista degli utenti del sistema e confermò che il suo accesso era consentito, ma il guardiano non sembrava convinto: probabilmente lavorava sulla base di dati differenti. Osservandolo più da vicino, Satsuki poté vedere una rete di finissimi cavi di connessione, animati di luce cangiante come seta, che partivano da dietro il muro e poi si perdevano presumibilmente nel nucleo del sistema. Azzardò un input di prova verso uno di quei cavi, ma le rimbalzò indietro, ritirandosi come risacca, come se l’interesse che aveva comunicato in quella domanda fosse stato null’altro che un venticello leggero.

::NOME UTENTE?:: chiese all’improvviso il sistema, con fare inquisitivo.

Satsuki trasalì. Il guardiano aveva cambiato atteggiamento, passando dal bloccare passivamente tutto all’interazione diretta e al raccogliere informazioni, e la ragazza si chiese in che razza di trappola cervellotica si fosse imbattuta. Lettera per lettera digitò CHUUSONJI, l’account che aveva provato a utilizzare, e inviò l’ID al sistema. Era una cosa che le dava veramente sui nervi: come se proprio non potesse in alcun modo leggere dentro il guardiano, quello non sembrava in grado di parlarle direttamente…

::ERRORE::

::NOME UTENTE?::

Accidenti –era riuscita a sbagliare a scrivere il nome? Proprio un bel momento per uno stupido scivolone come quello! Satsuki reinserì il nome, con molta attenzione e senza fretta, ricontrollandolo due volte per essere sicura di averlo digitato correttamente.

::ERRORE::

::NOME UTENTE NON VALIDO PER QUESTO UTENTE::

::NOME UTENTE?::

Cosa?” Satsuki fu sul punto di perdere il collegamento col sistema operativo dell’Istituto CLAMP da quanto il suo corpo lontano sobbalzò contro i cavi che lo trattenevano. Allarmato, Beast le inviò un affettuoso messaggio d’allerta, ma lei lo rifiutò, cercando di riprendere il controllo di se stessa dopo lo shock.

Come poteva un programma essere capace di fare la distinzione tra il nome di un utente e la persona che effettivamente c’era dietro?

Come poteva sapere che non era chi diceva di essere?

Nervosa come non lo era mai, ebbe un attimo d’esitazione, e questo nel mondo dei computer, che ragionava a microsecondi, equivaleva ad un’eternità. Il guardiano attendeva pazientemente un responso. E alla fine, presa in un inestricabile, tumultuoso groviglio di riluttanza ed eccitazione, digitò lentamente la sua risposta.

SATSUKI

E dopo un guizzo di elaborazione, durante il quale lei trattenne il respiro, chiedendosi sull’orlo di quale precipizio si trovasse, e se avesse appena commesso un errore, oppure no, il programma rispose: ::UTENTE “SATSUKI” IDENTIFICATO::

::ACCESSO NEGATO::

Satsuki boccheggiò per il colpo inatteso, e si ritrovò definitivamente buttata fuori dal sistema. Ricadde nel suo sedile, nel gelido sotterraneo del Palazzo del Governo, ritornando ad essere completamente di carne e sangue. “Merda!

Riprendendo respiro, si sollevò dalla faccia lo schermo a visiera, e, pensosa, fissò gli occhi nel vuoto, mentre intorno a lei Beast rombava e borbottava in piena agitazione. Era stata così troppo a lungo distratta da quell’enigmatico programma che aveva lasciato agli operatori del sistema il tempo di sbatterla fuori… beh, non importava. Avrebbe potuto rientrarvi abbastanza facilmente anche un’altra volta, soprattutto adesso che aveva trovato là una cosa che la interessava ancora di più della sua missione originaria.

Gli occhi di Satsuki si fecero stretti, le sue dita giocherellavano senza posa sul bracciolo del sedile.

Come mai provava una sensazione così particolare riguardo a quel programma?

 

*****

 

Rijichou!

Nello stesso istante in cui il suo terminal tornò online, Suoh lo abbandonò, balzando al di là della ringhiera per correre al fianco del suo Direttore. Sollevò delicatamente il casco dai capelli dorati, e il cuore gli diede un improvviso, violento scarto alla vista di quel volto pallido, di quegli occhi chiusi, delle mascelle serrate dell’uomo, che apparve quando lo schermo a visiera fu rimosso; il sudore si mescolava a stille di sangue nei punti in cui i contatti del visore avevano trapassato la pelle… Le dita di Nokoru erano contratte, le unghie affondate nei braccioli della poltroncina; poi i suoi occhi si spalancarono, e subito cominciarono ad agitarsi, a correre qua e là freneticamente, senza vedere –troppo, troppo velocemente, come quelli di qualcuno intrappolato in un sogno. Posando il casco con un misto di premura e disgusto, Suoh afferrò il Direttore per i polsi e strinse forte, finché gli occhi di Nokoru rallentarono la loro fuga convulsa per fissarsi nei suoi. E alla fine Nokoru si lasciò cadere nella sua poltrona di pelle, ogni traccia di rigidità gli abbandonò il corpo. Suoh sentì le sue mani tremare ancora leggermente.

“Ce l’abbiamo…?”

Suoh fece udire un leggero suono affermativo, e dietro di lui Akira aggiunse: “L’intruso se n’è andato, Rijichou, e sono riuscito a riportare tutti i nostri terminal nel sistema. Adesso inserisco un livello supplementare di password…”

“Non li terrà lontani per molto.” mormorò Nokoru, e le dita di Suoh s’irrigidirono contro le mani del suo superiore.

“Non pensarci neanche a farlo un’altra volta.” disse, con una nota d’asprezza.

“Invece può essere che debba farlo, Suoh.” I suoi occhi blu tornarono a fissarsi su di lui, le pupille scure e dilatate, molto più di quanto avrebbero dovuto esserlo anche nella luce bassa della sala computer. Le pulsazioni che battevano rapide sotto le dita di Suoh erano appena percettibili, e decisamente troppo veloci. “Anche se posso assicurarti che non è proprio il genere di avventura che muoio dalla voglia di fare.” Lo sguardo di Nokoru si spostò un poco per includere nel campo visivo anche Akira, che li stava fissando pieno di ansia. “Credo che sarebbe meglio non lasciare la sala computer ancora per un bel po’.” continuò tranquillamente. “E sarebbe meglio anche chiamare Kamui, perché ci sia anche lui. E’ possibile che debba riprendere la Spada Sacra prima di quanto pensassimo.”

 

*****

 

“Non riesco ancora a vedere niente, Beast.” sospirò Satsuki frustrata, e, lasciandosi dietro un groviglio di file danneggiati, continuò a sondare il cuore del sistema. Avrebbe potuto essere molto più discreta nel penetrarvi, ma veramente non ne vedeva l’utilità. Visto che gli stessi computer le obbedivano, gli operatori del sistema non la potevano bloccare, non senza l’aiuto di quell’ entità di cui sperava di attirare l’attenzione… e poi una familiare, oscura presenza puntò la sua ombraluce sui suoi sensi, quasi in un segnale d’attacco.

Ah.

Satsuki arrivò ad un punto di arresto nel rapido flusso di byte: oltre i dati e lo spazio vuoto, il custode si ergeva per affrontarla. Gli inviò ancora una volta un input per vedere come reagiva.

::UTENTE “SATSUKI” IDENTIFICATO::

::ACCESSO NEGATO::

Satsuki s’irrigidì. Era entrata sotto una diversa identità, non c’era niente che la indicasse come lo stesso intruso dell’altra volta, eppure il programma sapeva –o forse semplicemente sospettava- che era lei. E in un certo senso, la seconda possibilità era ancora più inquietante. C’era un che di quasi intuitivo nel modo in cui l’aveva identificata, una sfuocata supposizione, qualcosa di molto, molto simile al sesto senso umano…

“IA. E’ quello che dobbiamo aspettarci da lui. Beast, sai cosa significa questo?” Il computer le rispose con un’altra domanda. “Che se gli Imonoyama hanno creato un’intelligenza artificiale come questa… Non ho mai visto niente di simile. Dobbiamo impadronircene.” Beast brontolò una meccanica protesta. “Non fare lo stupido, tesoro” sussurrò lei, riportando i suoi pensieri sul computer per coccolarlo un po’; ma intanto continuava a analizzare il programma con avido, quasi famelico interesse. “Non è per sostituirti. Ma se riuscissimo a capire cosa contiene –se riuscissi a copiare le sue funzionalità e aggiungerle alle tue…”

Ma come poteva farlo quando non era nemmeno in grado di entrare nel programma, quando non riusciva a trovare una sola estremità di stringa di codificazione slacciata da cui cominciare a sbrogliare il tutto? Maledizione, non riusciva nemmeno a vedere il codice… Si chiese se fosse il fatto che si trattava di un’intelligenza artificiale quello che intralciava la sua capacità di comunicare. Anche lo stesso Beast era un’ IA, seppur limitata, e lo trovava perfettamente accessibile, però dopotutto l’aveva costruito lei…

Tutto quel ragionare non la portava da nessuna parte, decise, e più che rimaneva lì, più aumentavano le probabilità che qualche operatore umano tentasse di nuovo di buttarla fuori dal sistema. Bombardò il programma con una grandinata di domande, chiedendo informazioni, e non ottenne nessun dato, se non la sua stessa analisi del tempo di risposta del programma, che era davvero buono, e ancora una volta un ::ACCESSO NEGATO::. “Non ha una gran personalità, no?” bisbigliò a Beast, che continuava a tenerle il broncio per distrarla. Poi, un pensiero la bloccò. Era ovvio che quello fosse un esemplare di programma straordinariamente complesso, ma fino ad allora le aveva dato solo le risposte più striminzite. Qual era il motivo per cui una vera intelligenza artificiale come quella non era in grado di comunicare in modo più elaborato?

“Oh” sussurrò tra sé e sé “è il sistema.” Il sistema dell’Istituto CLAMP, anche se poteva a buon diritto definirsi sofisticato, mancava evidentemente di un appropriato interfaccia per quel programma. Le sembrava più che ovvio che esso non appartenesse a quell’ambiente –la flessibilità e la capacità di apprendimento tipiche di un’IA gli permettevano di funzionare abbastanza bene, ma originariamente doveva essere stato progettato per qualcos’altro. Satsuki fece un sorrisetto compiaciuto quando la chiara, affascinante semplicità della soluzione le si affacciò alla mente. Radunandosi intorno quei nastri di luce fluttuanti di concentrazione, lasciandoli avvolgere in fuori in pigri archi, stese una trama di scintillanti cerchi concatenati tra loro sull’interfaccia del sistema, imponendogli la propria struttura del reale; nello stesso tempo, fuse la sua volontà con uno dei programmi di trasferimento dati del sistema, e lo usò per aprirsi un varco verso il mondo esterno. Rivolse i suoi poteri speciali tutto intorno ad esso, espandendo la funzionalità del sistema, dirigendolo verso il suo obiettivo: questo, questo era quello che voleva…

Il programma segnalava che era pronto, e lei gli impartì un comando.

COPIA

 

*****

 

“Imonoyama-san?”

Kamui si protese in avanti, ma fu bloccato dal braccio teso di Subaru; rivolse lo sguardo, gli occhi spalancati, oltre le spalle dell’onmyouji. I due assistenti del Direttore si erano lanciati come un sol uomo verso la figura seduta sulla poltrona nell’ombra. Il corpo di Imonoyama si contorse in uno spasmo selvaggio, come un colpo apoplettico, e poi crollò, scivolando di lato.

Rijichou!” Afferrando il corpo del Direttore, Suoh lo estrasse dal sedile e lo sollevò, adagiandolo poi con delicatezza e attenzione sul pavimento. Stava per togliere il casco che nascondeva quel viso, quando Subaru venne avanti e gli afferrò il braccio. “Cosa…!”

“Non interrompere la connessione.” Suoh lo guardò con negli occhi una fiamma angosciata, ma l’onmyouji sembrò indifferente alla sua rabbia. Invece fissò intensamente Imonoyama, lo sguardo stranamente sfuocato.

“La sua anima è stata portata via…”

 

  
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