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Autore: zoisite    09/11/2010    5 recensioni
Due cose che Peter Burke non è disposto ad ammettere.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Neal Caffrey, Peter Burke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Due aspetti differenti del rapporto fra Peter e Neal, dal punto di vista di Burke.
Fluff nella prima drabble; SPOILER dell'episodio 2x09 nella seconda.




1. Sunday Driver.

Gli capita d'indugiare su quel pensiero quasi ogni venerdì sera, quando le strade di Manhattan si trasformano nella più caotica e serpeggiante successione di veicoli in coda, senza soluzione di continuità.
Parzialmente mesmerizzato dalla sequenza di luci rosse e bianche, all'interno dell'abitacolo silenzioso della Taurus, Peter può prendersi tutto il tempo per riflettere, mentre guida verso casa.
Il suo pet convict, come Ruiz ha definito Neal, è costretto a calibrare i propri spostamenti entro un raggio di due miglia. Violare quel limite - segnalato dalla cavigliera elettronica - comporta conseguenze serie per lui, a meno che non si trovi in compagnia di Peter stesso, nel qual caso gli spostamenti sono da considerarsi autorizzati.
Dei poteri che l'agente Burke ha su Caffrey, questo è senz'altro quello che preferisce.
È vero che può decidere di restituire Neal alla sua cella in qualsiasi momento. O attribuirgli e togliergli incarichi, privilegi e casi da risolvere, a proprio insindacabile giudizio. Può elogiarlo, rimproverarlo, infiltrarlo sotto copertura, spedirlo in archivio a rintracciare scartoffie; può ammanettarlo, fare di lui quel che vuole.
Ma disporre dello spazio di Neal Caffrey, essere il dio delle sue due miglia d'universo, costituisce per Peter un inconfessabile piacere.
Nei weekend, teoricamente, non dovrebbero incontrarsi, a meno che non lavorino a qualcosa d'impellente. Ma quando Elizabeth è occupata con la propria attività di organizzatrice di eventi - e qualcuno è sempre misteriosamente informato degl'impegni di El - ecco che Neal si fa vivo. Corteggiando, adulando o, all'occorrenza, implorando Peter perché l'accompagni al tal museo, alla tale galleria d'arte.
Si tratta, immancabilmente, di exhibit e vernissage dalla pesantezza e tediosità inenarrabili.
Ma, per qualche assurdo motivo, Peter spesso finisce per cedere alle richieste, perché guidare per Neal è... Appagante, ecco. Andarlo a prendere a casa, la casa di June, ricorda fin troppo sinistramente a Peter i suoi sedici anni, la prima auto - una Ford anche allora. Gli ricorda il distinto piacere di accompagnare l'indistinta ragazza dell'epoca (Libbie? Lizzie?) per la città. Gli rievoca persino quella stupida canzone
Let me be your Sunday driver/ Let me be your Monday man
I'll take you anywhere you want/ Just as fast as I can

No, un momento. No. Non può essere lo stesso. Non deve.
Suona il clacson, imprecando contro un tassista che tenta di sorpassarlo da destra. Non è possibile che Caffrey rinverdisca una sensazione di qual tipo.
La sensazione di possedere il mondo.
Eppure Peter Burke, agente dell'FBI assegnato alla sezione White Collar, uomo di tempra morale e nervi d'acciaio, anche se opterebbe per la tortura anziché ammetterlo, ogni venerdì sera, rientrando a casa, si aspetta che il cellulare squilli.
"Fai qualcosa domenica?"



2. Sette volte.


Sette volte Peter chiama il suo nome.

"Neal, metti giù la pistola.
Neal, non farlo!
Neal, non farlo.
Ascoltami, se premi quel grilletto, te ne pentirai per il resto della vita, Neal.
Non sei un assassino.
Guardami.
Guardami, Neal.
Neal, guardami, Neal. Avanti."

È un ammonimento, un'invocazione, un ordine, una preghiera.
È tutto lì, in quel suono breve che si curva gentilmente su se stesso. Nella parola che l'agente Burke ha pronunciato più spesso in assoluto, da qualche anno a questa parte. Più di "Elizabeth", anche più di "me".
Quel nome racchiude-
[...]
La soddisfazione dell'istinto di giustizia d'un uomo della legge: il criminale che ha catturato due volte. La responsabilità di Peter verso il Bureau, il detenuto che ha preso sotto la propria tutela.
Ma anche. L'ossessione inespressa, una sindrome di Stoccolma all'inverso che non ammetterà mai. La sola partita che s'è conclusa senza esaurire il gusto della caccia: ha soltanto trasformato la preda in alleato.
Perciò. Peter Burke non può lasciar perdere.
Non può lasciare che nessuno, neanche Neal Caffrey in persona, distrugga Neal Caffrey. Non può concedergli la sua vendetta.
Tuttavia. In quegl'istanti, non riesce a puntare la pistola propriamente.
Fa parte del protocollo tenere sotto tiro un uomo armato, ma non ce la fa.
Diana osserva quella regola; Peter, invece, abbassa l'arma.
È impensabile ammetterlo, ancora più impensabile lasciare che altri se ne accorgano ma, fra tutte le cose, Neal è anche la sua inconfessata debolezza.





~*~

Ringrazio chi vorrà leggere e commentare. I luv you.
Avrei voglia di scrivere continuamente su questo fandom ma - fortunatamente per tutti e per il bene di EFP - per ragioni di tempo, sono costretta a contenermi. >O<
La canzone citata è Let Me Know dei Kiss.
Parlare di Sindrome di Stoccolma al contrario è improprio, perché la posizione dei personaggi è completamente diversa, ma m'è piaciuto evocare ugualmente quella condizione psicologica, che qui va - come detto - intesa rovesciata, in attesa che il rapporto fra Peter e Neal venga classificato nei manuali. Ufficialmente. XD
  
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