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Autore: Shatzy    10/11/2010    6 recensioni
“Tony, è ovvio che non sei qui solo per il coltello. Ma forse mi sbaglio. In fondo, secondo McGee non ti piaccio più, no?”
Bella domanda.
[Spoiler 8x05][Tony/Ziva]
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Ziva David
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Disclaimer: i personaggi citati non appartengono a me, ma ai legittimi proprietari, purtroppo (per loro, se continuano così); io non ci guadagno niente, se non poter finalmente vedere quello che i maledetti autori mi impediscono da 5 anni a questa parte. I credits per la canzone citata vanno ai Three grace days che ultimamente alimentano le mie giornate. 

Note: SPOILER della puntata 8x05

GRAZIE a Roby per essere stata la deliziosa beta di questa piccola fic, se Tony non è scappato via da questa Ziva schizofrenica che dice frasi a caso è solo merito suo <3


Wildness



Over and over, over and over  

I fall for you
Over and over, over and over
I try not to



Era tutto il giorno che ci pensava, e ritrovarsela davanti con un fianco appoggiato allo stipite della porta, l’espressione vagamente stupita e quei capelli sciolti così selvaggi gli stava facendo davvero uno strano effetto. Molto meglio di come la ricordava, doveva ammetterlo. Senza contare che quell’accappatoio comodo che indossava superava di gran lunga le sue più vivide fantasie.
Sì, decisamente quella era la porta migliore a cui si era fermato… Ma sopprimere i suoi pensieri gli sembrò la scelta più saggia in quel momento.
“Hai dimenticato questo” le disse soltanto, con quella voce affaticata che gli aveva rovinato la giornata. Altro che bombe e terroristi, non poter parlare per ventiquattr’ore era stato semplicemente… impossibile!
Ziva guardò prima il coltello e poi il collega che lo reggeva, lasciò nascere un sorriso compiaciuto – uno dei vecchi tempi – e incrociò le braccia al petto. “Forse non l’ho dimenticato, Tony” cominciò, sicura, assestandosi meglio contro lo stipite. “Forse quel coltello doveva davvero rimanere in ufficio, all’interno dell’ultimo cassetto della mia scrivania. Chiuso a chiave”. E quella sorta di ghigno non presagiva nulla di buono.
Oh, ma lui c’era abituato.
“Non puoi mai sapere quando ne avrai di nuovo bisogno, guanciotte dolci” rantolò, mostrandole il suo sorriso migliore – quello delle buone occasioni. “Piuttosto, dovresti lavorare su quel tuo carattere alla Vivien Leigh in Via col vento ed essere un po’ più-”
“Pensavo fosse la parte che ti piaceva di più” si limitò a rispondere, con uno sbuffo che nascondeva una risata, prendendogli la mano che reggeva il coltello e lasciandolo entrare. Quando la porta si fu richiusa l’interno dell’appartamento risultò stranamente silenzioso alle orecchie di Tony. Era la prima volta che entrava in casa di Ziva – be’, almeno nella nuova casa di Ziva – eppure c’era qualcosa di familiare che gli riportava alla mente le loro serate di tanti anni prima. Quelle in cui a un buon film non si rinunciava mai, soprattutto davanti a un buon piatto israeliano. Quelle in cui lui era il capo della squadra, ricordò compiacendosi, e quelle in cui erano spiati dagli agenti del caro padre di lei, preferì dimenticare.
Ma ci pensò Ziva a farlo tornare con i piedi per terra. “Vado a vestirmi, mi dispiace non poterti offrire nemmeno una jacuzzi per ingannare l’attesa” misurò bene le parole, con quel sorriso affilato che lo faceva impazzire.
Tony rimase quel secondo in più del necessario con la bocca aperta - quello che ti faceva passare da oh santo cielo, mi hai colto di sorpresa a ok, tu hai ragione, io ho torto e sono un cretino patentato perché continuo a fissarti come se fossi la donna più bella del mondo e oh mio Dio forse lo sei davvero - per poi rinfacciarle che no, non l’avrebbe avuta vinta per così poco. “Avevi detto che non avevi ascoltato!”
Già, lei e McGee non avevano mancato di fargli notare per l’ennesima volta quanto parlasse, quel pomeriggio in auto. Eppure perché ora si sentiva come un bambino che si lamenta di un dispetto?
“E tu avevi detto che non avresti parlato per ventiquattr’ore” contrattaccò, furba. “Ah, no, è stato Ducky a dirlo, mentre tu eri intento a precisare qualcosa di un qualche stupido film” fece finta di pensarci su, prima di richiudersi una porta alle spalle.
“Era Top Gun!” le urlò dietro sconcertato, o almeno tentò, perché quello che uscì fu un suono strozzato simile a un lamento di un gatto in calore. Molto virile, doveva davvero complimentarsi con se stesso…
Tony però non ottenne risposta così, per evitare di pensare al suo disappunto, pensò che curiosare in casa della ragazza fosse un suo diritto di agente più anziano, o quantomeno qualcosa che potesse dargli la sua meritata vendetta, facendola arrabbiare  – o scovando qualche indizio su cui fondare la sua gelosia.
Posò distrattamente su uno scaffale il coltello affilato che reggeva ancora in mano, mentre il suo sguardo attento già scansionava l’appartamento, neanche fosse stato una scena del crimine. Non trovò poi molto: la pistola d’ordinanza pulita sul tavolo della cucina, il distintivo accanto al telefono – zero messaggi in segreteria, per fortuna, o ascoltarli sarebbe stato problematico – il suo portatile già spento, quindi nessuna possibilità di controllare fastidiose email da Miami, e nessun foglio stropicciato con nomi, numeri o indirizzi sospetti caduto sotto al divano. Si rialzò velocemente appena ricordò che aveva indosso uno dei suoi completi di Armani, e proprio mentre si stava spolverando le ginocchia per levare via una polvere inesistente, notò sulla scrivania una foto che ricordava bene. L’anno scorso, una missione oltreoceano. Parigi.
Perse un secondo giusto per controllare la situazione dei suoi capelli specchiandosi nella vetrina del mobile accanto, poi prese in mano la cornice per osservarla meglio.
La foto migliore che aveva scattato, se ne ricordava bene. In fondo, ne aveva una copia sul comodino accanto al letto.
“Trovato qualcosa di interessante?”
Tony sussultò appena, voltandosi verso la sua piccola ninja ben addestrata e nascosta da una tuta che gli faceva rimpiangere davvero molto l’accappatoio di prima.
Ora sì, avrebbe risposto se Ziva fosse stata una delle tante che lo facevano entrare nel proprio appartamento. Ma lei non assomigliava nemmeno lontanamente a quel tipo di ragazza. Lei era molto più… sensuale, anche con i capelli raccolti come li portava ora, tanto che Tony si sarebbe dato volentieri uno scappellotto da solo per aver anche solo sfiorato l’idea che non lo fosse più come un tempo. E adesso continuava a fissarlo dall’alto di quel sorriso compiaciuto, aspettando la prossima mossa.
“Non hai una gran videoteca” sussurrò quella che sarebbe dovuta essere una frase sprezzante, mettendoci però nel mezzo anche un paio di colpi di tosse.
“Oh, per favore, Tony” lo fermò lei, ridendo apertamente. “Mi fai venire i brividi così, e non di piacere, te lo assicuro” precisò subito, portando una mano avanti e pensando di riuscire a bloccare anche i veloci pensieri dell’uomo. Invano, ovviamente. “Lascia perdere quel tono da Stallone che non ti si addice per niente e non parlare più”.
Tony avrebbe avuto molto da ridire sul doppio senso che probabilmente lei non aveva nemmeno colto tra le proprie parole, ma decise saggiamente di rimanersene in silenzio. Si limitò ad aprire la bocca e, quando lei con un sorriso si diresse nella stanza accanto, la seguì senza fiatare. Ziva armeggiò con gli sportelli alle sue spalle e gli porse un bicchiere colmo di acqua fresca, tanto che Tony la ripagò con un silenzio riconoscente che durò quei pochi sorsi. Forse aveva trovato il modo di farlo stare zitto… Per questo si stupì quando sentì proprio le parole di lei spezzare quella calma.
“Pensi di riuscire a trovare la strada di casa, Dorothy?” gli chiese la ragazza con quel suo modo di fare brusco e poco femminile. “O pensi di rimanere qui stanotte solo perché mi hai riportato un coltello di cui non avevo bisogno?”
Tony rimase sbigottito – e Ziva pensò che fosse davvero un ottimo attore – e riuscì a far uscire solo qualche sillaba sconclusionata. “Re-go…la do…dici”.
“Oh, quella è più un consiglio che una vera regola” commentò lei, guardando con noncuranza le unghie della mano destra. “E poi non sarebbe la prima volta”.
L’uomo, a quel punto, capì che rifugiarsi proprio nella tana del lupo non era stata un’idea geniale, decisamente.
Tossì, borbottando sconnessamente le parole “troppi anni fa” e “sotto copertura”, sotto lo sguardo compiaciuto della ragazza.
“Oh, certo… e a Parigi abbiamo dormito entrambi sul divano” appuntò spiccia, rientrando nel salotto. “Tony, è ovvio che non sei qui solo per il coltello” sbottò esasperata, voltandosi ad affrontarlo. Poi aggiunse, con tono improvvisamente indifferente: “Ma forse mi sbaglio. In fondo, secondo McGee non ti piaccio più, no?”
Bella domanda.
Lui si limitò ad ingoiare a vuoto, guardandola con quegli occhi verdi improvvisamente profondi, e teneri. “Non mi piace questo tipo di missioni” precisò in un sussurro. “Gibbs è troppo avventato a volte” affermò con tono più saldo, tirandole appena una ciocca di capelli che fuoriusciva dalla coda veloce.
“Ah!” commentò sprezzante. “Sono in grado di gestire perfettamente qualsiasi ordine e tu non… Non ti sarai preoccupato per me?!” chiese sorpresa.
Tony arricciò il naso, punto sul vivo. “Mi preoccupa più l’incolumità dei tuoi nemici” rispose, maledicendosi subito per quella strana insicurezza che gli impediva di dirle chiaramente che sì, si era preoccupato da morire per lei considerando che aveva a che fare con un presunto terrorista e soprattutto con una bomba – non che fosse stata così pericolosa, alla fine… quel prato era così morbido, lei era così…
Ziva gli sferrò un piccolo pugno sul braccio, che gli fece fare un passo indietro, fissandolo con quello sguardo minaccioso che non presagiva nulla di buono.
Oh, ma lui si era abituato ad amarlo.
Soprattutto perché, se ci faceva caso, c’era sempre una traccia di sorriso sulla labbra della ragazza. Un sorriso dolce che rivolgeva solo a lui – o almeno sperava vivamente. Un sorriso che, se Ziva non si fosse fatta prendere da quella strana insicurezza, significava un grazie. Grazie per preoccuparti sempre per me, per capire quello di cui ho bisogno, per essere qui ora.
“Si è fatto tardi” riuscì soltanto a dire, lei, creando una situazione così strana che nemmeno Tony trovò nulla da obiettare, se non un “Già” masticato che suonava tanto come un grugnito.
Ma, appena dopo un paio di passi e prima di aprire la porta e lasciare definitivamente Ziva con il suo coltello, le sorrise, sinceramente, abbassandosi e dandole un piccolo bacio sulle labbra. Pensò bene di non rispondere all’espressione interrogativa della ragazza, e le sorrise ancora di più indicando la sua gola. Non posso parlare. Sì, era davvero un ottimo attore.
Il giorno dopo avrebbero fatto finta di niente, continuando a girarsi intorno senza il coraggio di ammettere la preoccupazione, la gelosia, l’amore che provavano.
Aprì la porta seguito solo dallo sguardo della ragazza, e si voltò ancora un attimo per guardarla. Lei, la sua tuta, i suoi capelli raccolti e il suo sorriso. Soprattutto il suo sorriso, solo per lui. E capì che anche se erano passati cinque anni, anche se ne fossero passati altri dieci, non si sarebbe mai abituato a lei.



Over and over, over and over
You make me fall for you
Over and over, over and over
You don't even try to
 

Over and over – Three days grace




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Noticina finale: vorrei ringraziare chi ha recensito la mia precedente fanfic, ovvero Lanxie Gin, Emily Doyle, RobyLupin, valy88, Lights, May be, slurmina, piccoligiganti, Castiel e BiEsSe <3 Grazie mille C:

   
 
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