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Autore: Lara Rye    12/11/2010    1 recensioni
Savannah, Giulia, Petar, Charlotte, Ivan e James.
Mettono in discussione loro stessi, cercando la loro omosessualità e la loro eterosessualità, combattendo per essa, vincendo e perdendo, costruendo rapporti e poi distruggendoli.
Amici, fratelli e sorelle, amanti.
"I vento pesante splendeva ancora su Bologna dopo una ventina di giorni in cui il tempo era stato terribile, sicuramente non adatto alle prime settimane di Settembre, appena uscenti dalla vivida estate fatta di sorrisi, schizzi d’acqua, amicizie ed amori provvisori e all’incirca un altro miliardo di esperienze, eccitanti o pessime, altri mille persone incontrate e dimenticate come qualche bacio bagnato dall’ebrezza di un tasso alcolico troppo alto. Quell’estate però era stata particolare sotto ogni punto di vista possibile dato che aveva mischiato le vite di certi ragazzi: alcuni cresciuti decisamente in fretta ed altri ancora immaturi, vogliosi di quelle esperienze infine compiute che prima erano totalmente sconosciute, esperienze che poi andarono a ledere l’animo di alcuni dei protagonisti."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sai che stiamo giocando a nascondiglio con le nostre anime e i nostri cuori, vero?
Capitolo Uno - Human Being's Issues.

Il vento pesante splendeva ancora su Bologna dopo una ventina di giorni in cui il tempo era stato terribile, sicuramente non adatto alle prime settimane di Settembre, appena uscenti dalla vivida estate fatta di sorrisi, schizzi d’acqua, amicizie ed amori provvisori e all’incirca un altro miliardo di esperienze, eccitanti o pessime, altri mille persone incontrate e dimenticate come qualche bacio bagnato dall’ebrezza di un tasso alcolico troppo alto. Quell’estate però era stata particolare sotto ogni punto di vista possibile dato che aveva mischiato le vite di certi ragazzi: alcuni cresciuti decisamente in fretta ed altri ancora immaturi, vogliosi di quelle esperienze infine compiute che prima erano totalmente sconosciute, esperienze che poi andarono a ledere l’animo di alcuni dei protagonisti.
Il vento, comunque, era ancora presente quel giorno, uno dei primi in cui era necessario iniziare ad aprire i libri per le prime verifiche imminenti e di quella maturità prossima che già incombeva, anche essendo passati solo dieci giorni di scuola.
Savannah, però, almeno per quel giorno non aveva intenzione di aprire alcun libro anche se, se li era portati al parco, come ogni giorno, accompagnata da qualche vecchia canzone dei Beatles e dal suo pacchetto di Winston Blue.
“Lo sai che nel 2012 sarà in commercio il vaccino contro il fumo?”
“Tanto nel 2012 muoio.”
“Sempre ottimista, mi raccomando, Save.” Savannah la guardò maliziosamente, mentre vide un luccichio accendersi per pochi secondi negli occhi della ragazza. “Giulia, pensi davvero che qualcuno possa costringermi davvero a non fumare? Vaccino? Un'altra cazzata mondiale, l’ennesima che dimostra quanto gli esseri umani siano idioti. Fra un po’ scopriranno il vaccino per la morte, ma ovviamente non si potrà evitare la distruzione che ogni uomo causa all’altro. Ci amiamo ed è per questo che ci distruggiamo a vicenda.”
Giulia si sedette accanto a Savannah, sul muretto di quel piccolo parco che ormai apparteneva solamente a Save. Lì ci aveva attraversato giorni interi per tutti gli anni del Liceo Sociale fino ad arrivare a quella benedetta quinta.
Giulia era l’unica che sapeva di quel profondo amore di solitudine che faceva parte di Savannah e ne andava fiera, costudendo quel segreto con profondo amore e rispetto, non svelandolo mai ad anima viva perché tra tutte le persone che Savannah conosceva, aveva scelto proprio lei e spesso le permetteva persino di tenerle compagnia, tra una sigaretta e una discussione su uno dei grandi dilemmi del mondo.
“Eppure non è ciò che ci rende uomini fieri di esserlo? I nostri sentimenti, Savannah. Amiamo, odiamo, ci distruggiamo a vicenda eppure saremmo capaci di andare incontro alla morte per quel qualcuno che amiamo – beh non tutti, forse?”
“Non tutti? Chi lo farebbe? Chi distruggerebbe se stesso per poter salvare qualcuno che si ama?”
Giulia stesse un attimo in silenzio, osservando la lucentezza dei capelli castani dell’amica ed ogni gesto che stava compiendo in quell’istante: muoveva lentamente le dita, l’una sull’altra, forse agitata, imbarazzata anche se l’ultima volta in cui aveva notato quel gesto, Savannah era nel bel mezzo di un momento di pura ed intensa eccitazione. Poi Giulia alzò la sguardo e fissandola sussurrò “Io.”
Savannah l’osservò, sconcertata e visibilmente turbata. Nella sua mente si stavano formando un milione di domande –le più svariate ed atipiche- eppure la sua bocca rimase chiusa, immobile a causa dell’impossibilità di dire alcuna parola. D’altronde quando qualcuno di caro –forse troppo caro- ti confida una questione di tale importanza, cosa si può dire o chiedere di veramente sensato?
“Beh, ovviamente quello che dico sono solo parole, Save. Alla fine potrei trovarmi in quella stessa condizione e non riuscire ad uccidere me stessa per garantire la vita alla persona che amo. Probabilmente sono una che a principi è perfetta, ma a fatti resta solamente una pura egoista.” Disse Giulia, pentendosi amaramente delle parole che aveva appena pronunciato dato che, conoscendo perfettamente Savannah –aveva passato anni, in silenzio, ad ascoltarla- sapeva quale sarebbe stata la sua domanda, forse l’unica che era disposta a chiedere ed infatti, così fu.
“Hai mai amato una persona così profondamente da pensare a questa possibilità? ..Cioè Giù, non amore fraterno o familiare ma quello trascendentale per un persona talmente importante e vitale da sentirti contemporaneamente bene e male ogni volta in cui veniva anche solamente pronunciato il suo nome, in cui vibravi completamente tra le sue braccia? Hai mai amato di amore vero, Giù?”
Il discorso stava prendendo una piega terribile per Giulia, perché una delle poche cose che non sapeva fare era mentire, soprattutto e specialmente con lei. Quando, anche solo, pensava di mentirle iniziava a tremare e blaterare a raffica, in preda ai sensi di colpa. In poche parole quando si trattava di Savannah Hobbes, Giulia era un disastro.
“Si.”
“Hai solo diciannove anni, Giulia. Come puoi sapere che quella persona –qualsiasi persona sia- sia quella giusta, quella da amare per tutto il resto della vita?” Savannah e Giulia, durante il discorso, si erano avvicinate sempre di più, l’una osservando i minimi gesti che faceva l’altra, ascoltando attentamente le parole che fuoriuscivano, che venivano raccontate o meglio, confessate. Era qualcosa che non sarebbe mai uscito da loro, da quel muretto in quel piccolo parco. Infondo erano sicure che nessuno dei loro amici avrebbe potuto capire qualcosa di così profondamente intimo e confidenziale perché loro due si differenziavano essenzialmente dagli altri per una cosa: non sentivano quella che l’una diceva all’altra, ma bensì lo ascoltavano.
In quel momento erano talmente vicine da poter sentire il respiro reciproco, la densa tonalità delle parole -quelle dette con difficoltà perché estremamente dolorose-  e da poter percepire ogni singolo sguardo, ogni luccichio o quella costante tristezza presente negli occhi.
“So di aver amato con tutta me stessa, con tutta la forza e con tutto l’amore possibile. So di essermi distrutta per quell’amore e di non aver avuto nulla in cambio, ma va bene. È giusto così. Non si ama per essere amati, come non si dona per poi ricevere. Si dona e basta come si ama e basta.” Concluse infine Giulia.
Gli occhi di Savannah si rifiutarono di rimanere ancora aperti forse per la paura di guardare Giulia ancora, per paura di avere la consapevolezza della persona amata da Giulia. Era lei. Lo percepiva, lo sentiva sotto la pelle: forse lo aveva sempre fatto, eppure si erano ripromesse che dell’estate non avrebbero più riparlato, che erano stati solo uno sbaglio dietro l’altro, non una possibilità di futuro o persino di amore.
Giulia non disse più niente. Prese solamente il pacchetto delle Winston di Savannah e né fumò una, poi un'altra ed un'altra ancora anche se aveva smesso da qualche mese eppure tutte quelle parole, quelle mezze confessioni l’avevano completamente distrutta, riducendola a polvere consumata come quella ritrovata in vecchi armadi non più aperti; questo era Giulia per Savannah: un vecchio armadio, uno che aveva aperto quando si era ripromessa di non farlo, facendo finta che non fosse mai esistito eppure lei era lì, costantemente, come la polvere che necessitava di essere spazzata via.
“Giulia!!” Alzò lo sguardo, vedendo chi la chiamava con tanta vivacità e vide Petar avvicinarsi a lei, con un sorriso sprezzante in viso. Mentre i suoi passi si fecero più veloci, Giulia lo guardò con attenzione: era proprio uguale all’amico che si ricordava, il ragazzo bisessuale sfacciato e romantico, quello con una piccola voglia sotto il pettorale sinistro e una quantità eccessiva di peli sulle braccia, quello che viaggiava il mondo partecipando a più manifestazioni contro l’omofobia possibile, ad ogni Gay Pride, a qualsiasi cosa che lo potesse far sentire realizzato e sereno. Era quel ragazzo con dei piccoli riccioli neri e degli occhi perfettamente azzurri e celestiali, quello che si professava gay eppure fissava continuamente il seno di Giulia ogni volta che si vedevano.
Giulia corse incontro ad abbracciarlo, racchiudendosi tra le sue braccia che la fecero volteggiare un poco e ridere tanto. Petar era così: appariva sempre nei momenti più strani eppure in quelli in cui la gente aveva un tempestivo bisogno d’aiuto. Accarezzò i capelli rossi di Giulia, donandole uno dei sorrisi più belli che riuscì a fare perché averla ancora davanti a sé, poterla abbracciare e proteggere, trattarla a volte come una sorella ed altre come un amante era ciò che rendeva Petar completamente sereno, soddisfatto di ogni scelta che la vita potesse decidere al posto suo, perché per quanto essa potesse essere dura un sorriso di Giulia valeva più di qualsiasi altra cosa, persino di un nuovo paese che legalizzava il matrimonio tra omosessuali.
“Cazzo, è così bello vederti Pet! Ma cosa ci fai qua? Devi raccontarmi tutto! È cosi tanto che non ci vediamo, cazzo!” disse a raffica Giulia, fin quando Petar non gli mise un dito sulle labbra, zittendo le sue parole ma soprattutto la sua eccitazione crescente, la quale stava proprio per esplodere.
“Hei pulcino, stop!” Giulia si ribellò, dandogli un piccolo morso sulle dita e un pugno nella pancia, provocando un dolore immane a se stessa e il più indifferente nulla a lui, dati i suoi muscoli notevolmente sviluppati ed inoltre riuscì a scaturire in Petar una fragorosa risata.
Giulia imbronciò il viso, mordendosi il labbro inferiore e lanciandogli uno sguardo deciso, fermo e sicuro. Incrociò poi le braccia assumendo un gesto di visibile protezione e spostò velocemente il piede destro in posizione orizzontale: era una perfetta posizione di guerra, pronta allo scontro.
“Non chiamarmi mai più pulcino, mi hai capita?!” Petar si avvicinò, distruggendo in un secondo la fermezza di Giulia e rendendola ancora la sua sorellina, il suo tesoro.
Promesso, pulcino.”
Giulia sbuffò. Petar vinceva sempre, costantemente.
“Giulia?” Si era dimenticata di tutti –per quei minuti persino che lei fosse ancora lì, pronta a farla soffrire ulteriormente-  e per qualche secondo, aspetto a girarsi perché sapeva che anche solo la sua voce, quel suo tono così aspro dopo la conversazione precedente, gli provocava dolore.
“Mhm?”
Il tono di Savannah invece era tutt’altro, così docile ed impaurito. “Forse è meglio che me ne vada, dato che..beh, sei in compagnia.”
“Come vuoi, Save. Come vuoi.”
Il silenzio avvolse quel momento di pura tristezza ed indecisione. C’erano di nuovo solamente loro due –Savannah e Giulia- chiuse nel loro baratro, nella loro insicurezza, nella loro paura e l’unica cosa che riuscirono a fare in quel momento fu respirare, lentamente, come se fosse estremamente difficoltoso.
...


Questa storia è nata ieri sera, data la mia insonnia eppure la sento totalmente mia. Parla di gay, di lesbiche di etero ma soprattutto parla di ragazzi, di vita, di storie e di lotte.
Parla di Savannah, Giulia, Petar, Ivan, James e Charlotte. Parla di un mondo che ha troppa paura per essere ascoltato.
Parla di silenzio e di un modo per combatterlo.
Spero che possiate aprezzarla.
Lara.
   
 
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