Epilogo
Capii che non potevo aspettare
oltre.
Il solo fatto di restarmene lì
con le mani in mano mi faceva infuriare.
Io, Orpheus
Da Locus, 36 anni.
Non potevo lasciare da solo Jack.
Allora presi il giaccone e senza ombrello
mi avventurai in quella triste notte di pioggia.
Mentre camminavo ripensavo alla
mia vita, ai miei fallimenti, ai miei successi che erano stati dei fallimenti
per gli altri. Al mio giocare con le altrui esistenze, al mio sopravvalutare i
sentimenti, al mio soprassedere la morte senza davvero capirne il significato.
A me che non avevo mai sparato a
qualcuno e che adesso portavo una pistola che sembrava pesare come un macigno
nella tasca dei pantaloni.
Non immaginavo cosa avrei trovato
una volta sul posto, ma mi bastava sapere che non era nulla di buono.
Quando arrivai e vidi ciò che era
successo, capii che avevo ragione.
Jack era l’ombra di un uomo,
ormai.
Stava distruggendo ad uno ad uno
i barattoli e nel farlo silenziosamente, urlava ancora di più dentro. Era
ferito, interamente pieno di tagli e sanguinava copiosamente.
Io non mi mossi dal vano della
porta, non volevo interrompere quello che aveva iniziato. Così vidi dove voleva
arrivare, tenendo ben salda la pistola.
Non sembrò accorgersi di me.
Quelle ferite mi ricordavano
quando lo vidi la prima volta, pieno di sangue e sconvolto. Feci una smorfia e
chiusi gli occhi.
Prima o poi tutto ha una fine, a
volte viene da sé, a volte qualcuno te la impone.
Jack non era più in grado di
vivere e anche se io non ero nessuno per decidere la morte di un uomo, sapevo
che se lui avesse continuato a vivere anche un solo giorno avrebbe sofferto una
morte peggiore.
Agonica.
Piena di terrore.
E io non volevo.
Volevo donare a Jack una morte
fulminea che lo strappasse da quello struggimento.
Ma non in quel momento, dove lui
stava chiarendo i suoi sentimenti verso quella forma immobile che lo aveva
assoggettato per tutta la vita.
Jack si avvicinò a quel
barattolo, rimase così a lungo, come per prendere una decisione. Alla fine dopo
molto tempo alzò il braccio e lo afferrò. Poi sussurrò.
<< Mi hai rovinato
l’esistenza, ma ora morirai con me.>>
Aveva la voce orrendamente rotta
e mi sentii invaso dalla pietà.
Aprì il barattolo, prese il feto
e lasciò cadere tra gli altri il contenitore.
Alzò la mano alla bocca e...
... lo inghiottì.
Chiusi gli occhi, un moto di
nausea mi aveva rivoltato lo stomaco.
Quando li riaprii vidi Jack
guardarmi con uno sguardo da totale squilibrato e un sorriso oscenamente squallido
e terrificante.
<< Avanti, sparami, Orpheus. Da una fine a tutto, questa sera. Non è la tua
specialità far finire tutto quando ti pare? Per te la vita degli uomini vale
meno di zero, per cui vai. Sbrigati.>>
Non riuscivo a muovermi per
quanto ci provassi.
<< SPARA!>>
Lo guardai.
Mi avvicinai.
Lo abbracciai.
Presi la pistola dalla tasca e la
puntai davanti allo stomaco, lui era rimasto immobile.
In quel momento inspiegabilmente
scoppiai in singhiozzi come un bambino.
<< Ti voglio
bene...>> sussurrai.
Sparai.
Ponendo fine ancora una volta, a
tutto quanto.
Il famoso assassino che squartava le donne incinte è morto ieri ad un
ora imprecisata. La causa della morte è stata un colpo di pistola di piccolo
calibro. Nessun parente si è presentato all’obitorio, ma si suppone che l’altro
cadavere ritrovato nelle vicinanze appartenente alla scrittrice di successo Louise Armstrong, sia anche
quello della sua gemella, data l’incredibile somiglianza. Il servizio a cura di
Mary Landon.
In quel cimitero di Oxford’s street vi erano due tombe vicine.
I volti raffigurati nelle piccole
foto rappresentavano due persone pressoché identiche.
La piccola didascalia annunciava
i loro nomi e la loro età.
In quel cimitero di Oxford’s street il sole sopravvenne alla pioggia.
Così che tutte le anime in pena,
potessero finalmente riposare in pace.
Nel bene e nel male.
FINE