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Autore: hotaru    19/11/2010    4 recensioni
“Forse il mondo non viene creato. Forse niente viene creato. Semplicemente c'è, c'è stato, ci sarà sempre... Un orologio senza orologiaio.”
Germania, 1923. Che cosa accadde dopo la fine de “Il Conquistatore di Shamballa”?
Dedicata a Shatzy, perché il Roy/Ai esiste anche al di là del portale
[Accenni Roy/Ai, Ed/Win]
Prima classificata al contest "Quotes from Watchmen" di DarkRose86 e vincitrice del premio Miglior Fanfiction
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Winry Rockbell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Al di là del Portale'
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1- Haus
Die Uhr - L'orologio


Die Uhr
"Forse il mondo non viene creato.
Forse niente viene creato.
Semplicemente c'è, c'è stato, ci sarà sempre...
Un orologio senza orologiaio."

(Dottor Manhattan,
"Watchmen")


Haus

Dopo essere saliti su quell'autocarro guidato dal sosia di Scar, Ed e Al erano ben consapevoli che la loro avventura era appena iniziata. Erano consapevoli anche del fatto che stavolta non si tornava indietro, perché il portale era stato definitivamente chiuso.
E non sarebbero tornati mai più nel mondo che fino a quel momento avevano chiamato "casa".
Perciò era il caso che cominciassero a chiamare in quel modo il mondo nel quale erano ormai destinati a vivere. Nel Paese in cui si trovavano ora si diceva "Haus". Una parola che somigliava ad un sospiro.

La loro missione era trovare la bomba all'uranio portata in quel mondo, ma non sarebbe stato tanto semplice. Da un lato perché l'alchimia non era dalla loro, in quel mondo, e poi avrebbero dovuto fare ricerche approfondite e aspettare di vedere come si sarebbero messe le cose.
Avevano saputo che a Monaco era stato tentato un colpo di Stato, fortunatamente sventato, ma erano entrambi certi che quella fosse soltanto la punta di un iceberg molto più grande, e le cose non sarebbero migliorate.
Dovevano fare il punto della situazione, ma al momento sarebbe anche stato utile andare verso nord: verso la capitale, Berlino.
Noa aveva dato loro l'indirizzo di una famiglia che l'aveva ospitata per un po' alla fine dell'ultima guerra: lei era solo una ragazzina, all'epoca, ma ricordava bene la loro generosità. Aveva conservato l'indirizzo di quella casa come una reliquia, e ora l'aveva dato ai due fratelli Elric, raccomandando loro di andarci.
- Sono fra le persone migliori che abbia mai incontrato. Se le cose in questo Paese dovessero iniziare ad andare male, loro non si faranno trascinare. Avere qualcuno su cui contare è importante, e questa famiglia saprà aiutarvi -.
In realtà Ed non pensava affatto di stabilirsi a casa di queste persone. All'inizio sarebbe stato certamente utile avere un tetto sopra la testa in una città grande come Berlino, ma lui e Al si sarebbero presto trovati un alloggio per conto loro.
Quando qualche settimana dopo giunsero nella capitale, iniziarono subito la loro ricerca.

- Stahlheimer Straße... Ed, forse dovremmo chiedere a qualcuno – disse Al, tenendo in mano il foglietto con l'indirizzo, guardandosi attorno senza successo.
- Già, lo penso anch'io. Proviamo a chiedere a quel venditore ambulante. Di solito sono quelli che conoscono meglio le vie di una città -.
Era l'inizio di dicembre, e l'inverno era alle porte di Berlino. Sembrava che il freddo li avesse seguiti, risalendo la Germania assieme a loro.
Dopo aver ricevuto le indicazioni, si erano affrettati a raggiungere quella via situata nella parte nord della città. L'aria era gelida, il buio era calato presto e il cielo pesante sopra le loro teste suggeriva neve. Ed sperava davvero che quella gente fosse come Noa aveva detto, perché altrimenti non sarebbe stato facile trovare un posto dove stare.
Giunsero finalmente alla Stahlheimer Straße e trovarono il numero: era una casa di città, stretta fra le altre, col muro un po' scrostato ma la porta forte e pesante. Non doveva appartenere a gente ricca, ma di sicuro c'era da mangiare.
Provarono a bussare e aspettarono. In lontananza un orologio suonò le sei del pomeriggio: come poteva essere già così buio?
I lampioni si erano già accesi; ciò nonostante, quando la porta della casa iniziò a socchiudersi, la luce calda che intravidero sembrò loro più confortante che mai.


Ora, Ed e Al ne avevano viste tante. A volte pensavano di averne viste fin troppe.
Ed aveva spiegato a suo fratello che quel mondo, in qualche modo speculare a quello da cui venivano, era abitato dalle controparti di persone che potevano anche conoscere. Anche Al aveva visto Scar e Lust- che tuttavia non erano Scar e Lust- alla guida dell'auto che aveva dato loro il primo passaggio per arrivare a Berlino.
Erano spiegazioni perfettamente ragionevoli, e sapevano bene che c'era questa possibilità, per quanto remota.
Ma rimasero entrambi esterrefatti quando videro che ad aprire la porta fu Winry.

- Sì? Posso aiutarvi? - chiese la ragazza sulla soglia, aspettando una risposta da quei due che la stavano guardando come fosse stata un fantasma.
- Scusate, ma si può sapere chi siete? - domandò di nuovo.
- Ah, sì! Ecco, noi... - inaspettatamente fu Al a riprendersi per primo, mentre Ed sembrava ancora ammutolito, e tirò fuori il foglietto con l'indirizzo – Una nostra amica di nome Noa ci ha dato questo. Ha detto che forse avreste potuto ospitarci... se non è di troppo disturbo... -.
- Noa, hai detto? - fece la ragazza- Winry- studiando il foglietto – Ah, ma certo! Noa! Entrate pure, qui fuori si gela! -.
Quando aprì meglio la porta Ed poté constatare- con sommo stupore- che quella ragazza aveva in realtà i capelli molto più corti di Winry. Somigliava alla pettinatura che aveva lui da bambino, con la sfumatura alta e ciuffi più abbondanti ai lati della testa. Stava molto bene.
- Datemi i vostri cappotti – fece pratica, non appena furono nel vestibolo. Poi si voltò verso l'interno della casa, chiamando ad alta voce: - Zia! -.
- Che c'è, Win? Chi era alla porta? - fece la voce di una donna adulta dalla stanza vicina.
Win? Allora si chiamava Winry anche lei? (¹)
- Ci sono due ragazzi, degli amici di Noa! Hanno bisogno di un posto dove stare -.
- Noa? Quella ragazza zingara che abbiamo ospitato qualche anno fa? -.
Nel dire ciò la donna era spuntata da una soglia, pulendosi le mani su un grembiule e sistemandosi in fretta i capelli biondi raccolti sulla nuca. Quando su di loro cadde uno sguardo di brace che avevano ormai imparato a conoscere da molto tempo, rischiarono seriamente di uscirsene fuori con un poco adatto: "Tenente Hawkeye!".
- Vi ha mandati lei qui? Da dove venite? -.
- Da... da Monaco – rispose Ed, che sembrava aver finalmente recuperato l'uso della parola.
- Avete fatto un viaggio così lungo? - intervenne Winry. Va bene, va bene: la ragazza che sembrava Winry. Win.
- Già – fece Al con un sorriso enigmatico, pensando che risalire la Germania era in realtà ben poca cosa rispetto all'attraversare il confine tra due mondi.
A Ed quella storia cominciava a sembrare assurda. Non potevano essere ospitati dalla Winry e dal tenente Hawkeye di quel mondo; oltretutto non potevano piombare in quel modo in casa d'altri pretendendo che dessero un letto a due sconosciuti. Che sconosciuti non erano, ma tant'è...
- Sono contenta che quella ragazza si ricordi ancora di noi – sorrise invece la donna – E se vi ha mandati qui significa che si fida molto. Potete restare quanto volete -.
- Dice davvero, signora? - chiese Al.
Lei annuì.
- Certo. E ora scusatemi, ma vado ad aggiungere altre due porzioni di patate alla zuppa – disse, dirigendosi verso la stanza che doveva essere la cucina, per poi affacciarsi sulla soglia – Win, mostra loro la camera con i due letti che c'è di sopra. Vorranno sistemarsi un po', prima di cena -.
Pratica ed efficiente, pensò Ed. Beh, almeno in questo sembrava proprio il tenente Hawkeye che conoscevano.
- Sì – rispose la ragazza, per poi far loro un cenno – Venite -.
Dopo aver salito le scale e raggiunto la stanza, pulita e accogliente, la giovane disse:
- Qui accanto c'è il bagno, se ne avete bisogno. Ora scendo a dare una mano a mia zia, vi chiamo quando è pronta la cena -.
I due ringraziarono e lei fece per andarsene, ma ad un tratto sembrò venirle in mente una cosa.
- A proposito, come vi chiamate? Con tutto questo trambusto su Noa, non ve l'ho ancora chiesto -.
- Edward e Alphonse Elric – rispose Ed, accennando anche ad Al.
- Siete fratelli? -.
Al annuì, per poi chiedere:
- Tu invece ti chiami... Win? -.
- Sì – sorrise divertita – In realtà è il diminutivo di un nome da Valchiria come Winfrieda, ma vi prego di chiamarmi Win anche voi -.
Oh, niente di più facile, pensò Ed. Vide Al lanciargli un'occhiata strana, come a chiedergli cosa fossero le Valchirie, e lui fece un'espressione del tipo “te lo spiego dopo”.
- E io posso chiamarvi Ed e Al? Sapete, tendo ad accorciare i nomi: lo trovo molto più comodo -.
Annuirono entrambi, in silenzio, ma Win non si accorse che non avevano neanche aperto bocca.
- Va bene, allora vi chiamo dopo. Fate come se foste a casa vostra! - si congedò, scendendo le scale.
Oh, ci si sentivano a casa. Si scambiarono un'occhiata, rischiando di mettersi a ridere. Erano stanchissimi per il viaggio e le lunghe ore trascorse al freddo, ma in quel momento il loro cuore si scaldò come non capitava da tempo.
Ed e Al. Certe cose non cambiavano mai. Grazie al cielo.




(¹) Però letto alla tedesca, quindi “vin”.



Con mia grande gioia, questa fic si è classificata prima al contest “Quotes from Watchmen” di DarkRose86, vincendo anche il premio per la miglior fanfiction.
Scopo di tale contest era scrivere una storia ispirata ad una frase tratta dal film “Watchmen”. Quella che ho scelto io è riportata all'inizio, e tutta questa fic è liberamente ispirata ad essa.

Come si evince dall'introduzione, questa storia è un'ipotesi di come possono essere andate le cose dopo la fine del film di “Full Metal Alchemist”. Perciò la serie “Brotherhood” non viene presa in esame, qui.
In realtà credo proprio che diventerà una serie, perché ci sono già altre tre storie bell'e pronte (mi sono fatta un po' prendere la mano, lo so). Ma le ho scritte col cuore, davvero.
   
 
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