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Autore: Juliet The Rebel    21/11/2010    5 recensioni
- Chi è questa ragazza, Tom? Come si chiama? Dimmelo, ti prego!! Tuo fratello non vuole parlarmene e tu rimani sempre muto quando ti faccio una domanda. Tom, io e Bill siamo preoccupati per te –la sua voce era fonte di nausea per il mio intero corpo.
- Nesly… lei si chiama Nesly Stuart – disse mio fratello tradendomi ancora una volta.
Genere: Drammatico, Erotico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando… quando la droga ti entra in circolo sei consapevole che il tuo corpo morirà. Senti le vene, succubi ormai della loro esistenza come roghi pieni di spine, che ti stringono il cuore ed a gran voce reclamano un’altra dose, un altro buco, un’altra boccata di fumo. 

Quando… quando la droga ti entra in circolo sei consapevole che il tuo corpo morirà. Avevo quella certezza ogni volta che le sue labbra avvelenate toccavano le mie.

 

Ness mi stava aspettando. Era per questo che ignorai la vista di mio fratello rannicchiato vicino al letto in posizione fetale. Non sentivo il suo sguardo a dosso quindi voleva dire che per oggi mi avrebbe lasciato andare senza troppe parole. Non potevo dire la stessa cosa di mia madre che tempestò la porta di pugni perché io aprissi. Lo feci subito dopo aver indossato gli occhiali da sole che avevo lasciato vicino al pacchetto di sigarette sul comodino.

Forse ero io che ero diventato più alto o era la mamma che appariva ai miei occhi sempre più piccola e distruttibile.

- Dobbiamo parlare, Tom – esordì non appena feci un passo per oltrepassare la sua minuscola figura.

- Non adesso – dissi con voce roca. Lei continuò ad intralciarmi la strada e dovetti fermarmi a qualche centimetro dalle scale che portavano al piano di sotto.

- Ha chiamato il preside – iniziò, cercando di vedere i miei occhi attraverso le lenti scure degli occhiali – Mi ha detto che tu… hai fatto sesso con una ragazza, dentro la sala professori –

- E allora? – le domandai finalmente riuscendo a distrarla quel poco da lasciarmi una via di fuga. Avvolse il mio polso che le sue minuscole mani e mi strattonò leggermente.

- Allora? Non avresti dovuto farlo… il preside dice che ti cacci sempre nei guai – tirò ancora e io mi voltai verso di lei cercando di capire che cosa volesse che le dicessi. Ness non poteva attendere oltre.

- E? – la spronai a continuare.

- Mi ha detto che è questa ragazza… lei ha dei problemi e tu ti stai lasciando trascinare. È una povera orfana che vive da sola in un appartamento per gli studenti. Lo sapevi questo? –

Il passato di Ness era nitido nella mia mente come il ricordo dei primi minuti in cui il suo volto per la prima volta aveva animato i miei sogni.

- Come mai porti gli occhiali da sole? – chiese allungando una mano verso il mio viso. Sfilò le lenti e scorse i miei occhi – Sei di nuovo fatto – sussurrò mettendosi una mano sulla bocca. Rimase in silenzio per qualche secondo ripensando sicuramente a quando era stata l’ultima volta che aveva visto i miei occhi privi di quel rosso accesso e tolsi dalle sue mani gli occhiali e li indossai nuovamente.

- Chi è questa ragazza, Tom? Come si chiama? – insistette. Io tirai il braccio e lei perse l’equilibrio. Si appoggiò al muro per non cadere con il culo per terra – Dimmelo, ti prego. Tuo fratello non vuole parlarmene e tu rimani sempre muto quando ti faccio una domanda. Tom, io e Bill siamo preoccupati per te – la sua voce era fonte di nausea per il mio intero corpo. Mi allontanai e lei mi chiamò più volte. La vide sporgersi verso di me e questa volta cadde davvero sul pavimento sbattendo violentemente le ginocchia. Credo che stesse piangendo quando Bill cercò di aiutarla a ritrovare l’equilibrio.

- Nesly… lei si chiama Nesly Stuart – disse mio fratello tradendomi ancora una volta.

 

 

 

 
Non avevo ancora la macchina e non credevo che mia madre mi avrebbe mai permesso di guidare la sua, così dovetti attraversare quasi tutta la città a piedi. Era notte fonda e per le strade non c’era nessuno. Non avevo paura che qualcuno potesse farmi del male. Ness aveva preso tutto di me, pezzo dopo pezzo mi aveva divorato e assaporato come avevo fatto io le prime volte con l’eroina. Non mi dispiaceva il trattamento che mi aveva riservato, io le appartenevo e avevo bisogno di lei. Faceva freddo quella notte e cercai di scaldarmi le mani strofinandole fra di loro. Tolsi gli occhiali da sole non appena scorsi il porto in lontananza.

Seduta troppo vicino al bordo della piattaforma, Ness faceva dondolare le gambe e, se la vista non mi ingannava, teneva una siringa fra le dita. Lei non amava le droghe leggere e le canne che mi facevo io la disgustavano fino al vomito.

- Mi verranno a prendere oggi – sussurrò non appena fui abbastanza vicino da udire la sua voce. Mi sedetti dietro di lei e Ness si sistemò fra le mie gambe. Mi porse la siringa e poi il braccio. Appena conficcai l’ago sentii il suo corpo sussultare e farsi ancora più vicino al mio.

- Chi verrà a prenderti? – domandai fissando i suoi occhi impazzire.

- Loro – disse dopo che ebbi finito con voce stridula. Prese la siringa e la lanciò in mare insieme alle altre, Ness aveva contaminato anche quel posto. Finalmente si voltò verso di me e vidi i suoi occhi riprendere il loro colore naturale non appena sorse il sole.

Mi baciò come faceva di solito, tremando di desiderio e compassione per me. Sentii le sue dita scorrere prima sulle mie spalle, sul petto e poi arrivarono alla cintura dei pantaloni. Quando cercai di liberarla di qualche indumento fui rattristato nel capire che poco prima non avevo osservato come era vestita. Portava una delle mie magliette larghe e nere con sotto una gonna di jeans e niente altro. Le toccai i capelli e lei si mise a cavalcioni su di me.

- Quando morirò, tu che farai? – domando mentre finalmente infilai una mano sotto la sua maglietta.

- Ti seguirò – dissi non appena entrai in lei. La sua voce aveva soggiogato la mia pelle… i suoi gemiti, i suoi sussurri, i suoi lamenti ricoprivano le mie braccia e tutto il resto di me.

Il sole mi sfiorò appena poiché Ness mi nascondeva del tutto. Non mi importava della luce, il corpo della mia donna che si muoveva sopra il mio bastava a sopravvivere. Mi baciò di nuovo dopo aver gettato all’aria un ultimo gemito. Era davvero strano quando Ness sfiorava le mie labbra… baciarla era come fumare. Mi toglieva il respiro riempiendomi la bocca ed il corpo di male.

- Mi verranno a prendere – disse ancora una volta non sembrando per niente stanca. Io avrei voluto stare disteso li per tutto il tempo che mi bastava per compiacermi dei miei sentimenti per lei.

Ness non conosceva amore o qualsiasi altra emozione positiva che non fosse quella che la droga le donava. Non mi rendeva triste quella cosa anche se per lei avevo abbandonato mio fratello. Lui era la cosa più importante fin quando tre anni prima non avevo conosciuto lei. Le ero stato dietro per tutto quel tempo eppure solo quando aveva visto le mie labbra posarsi su qualcosa che per gli altri era proibito aveva dato cenno di essere a conoscenza della mia esistenza. Avevo dovuto attendere a lungo per starle così vicino. Fui felice di quello che avevo fatto per lei e contro me stesso…

Venni di nuovo quando il mare cominciò ad agitarsi.

 

 

 

 

 In qualche modo Ness riuscì a convincermi a rimettermi i pantaloni ed ad andare a scuola. Mi concesse di tenerle la mano, cosa che non facevo così spesso quanto fare sesso con lei giù al porto.

Quel giorno avevo una gran voglia di prendere a pugni il preside per essersi permesso di parlare con mia madre. Mi irritava solo il fatto che avesse alzato quella cazzo di cornetta per digitare il numero della casa in cui vivevo… Avrei tanto voluto vedere il suo volto piegato nel dolore e nel sangue.

Quando entrammo in classe Ness abbandonò la mia mano per sedersi agli ultimi banchi. Gli altri sapevano che dovevano lasciare due posti liberi nel caso avessimo deciso di presentarci alle lezioni come quella mattina. Ness non aveva amici oltre ai lividi che le siringhe le lasciavano sul braccio… erano molti i ragazzi che le stavano intorno ma avevano perso ogni speranza quando ci trovarono per la prima volta in bagno a scopare. Credevano davvero che lei mi appartenesse cosa che delineava la loro stupidità. Ness era uno spirito libero che nemmeno un uomo poteva tenere stretto a se.

 Nessuno dei due rivolse un minimo saluto al professore che ci ignorò a sua volta. Lui non avrebbe avuto nemmeno il coraggio di alzare lo sguardo verso Ness, aveva paura di lei e dei suoi occhi che apparivano come fuoco per chi si soffermava troppo a guardarla.

Furono gli ultimi minuti in cui potei scorgere Ness beata sussurrare qualcosa al vuoto e coprire  le altre voci che mi circondavano .

Vidi un uomo, un vecchio con i capelli bianchi, passare per i corridoi e poi mettersi a bussare alla porta della classe. Il professore gli fece cenno di entrare. Non seguii la conversazione e posai lo sguardo su Ness che era impallidita. Cercai qualcosa di divertente da dire quando l’uomo che era appena entrato pronunciò il nome della mia donna, della mia eroina, della mia essenza.

Avrei voluto capire prima cosa stesse succedendo, che cosa voleva dire Ness quella mattina al porto… invece vidi solo due uomini vestiti di bianco entrare nell’aula ed afferrarla per le braccia. Lei gridò e cominciò a scalciare. Colto dalla sorpresa non feci niente in un primo momento ma poi sfrecciai fuori dalla classe anche io mandando a quel paese il professore.

- Tom, Tom! – gridava Ness isterica. Non poteva avere una crisi d’astinenza, erano passate solo poche ore da quando le avevo iniettato l’eroina. Con falciate enormi raggiunsi i due uomini e mi parai davanti a loro.

- Dove cazzo la state portando, brutti figli di puttana? – digrignai fra i denti.

- In un posto dove starà meglio – rispose uno con voce calma.

- Cosa? Lei non è pazza! Lasciatela stare! – mi avventai su quello che mi aveva rivolto la parola ma prima di potergli sferrare un gancio qualcuno mi prese per un braccio.

- Tom, lasciala andare! – disse la voce dell’individuo che stava cercando di fermarmi.

- No, no, no! – ansimai cercando di liberarmi dalla stretta di quelle braccia così familiari. Gridai con Ness cercando forse di riemergere da un incubo. Ma non mi svegliai e Bill mi stava ancora sorreggendo quando capii di averla persa.

 

 

 

 

 Quando… quando la droga ti entra in circolo sei consapevole che il tuo corpo morirà. Io stavo morendo con lei. Le membra della mia Ness si stavano consumando pian piano e così anche i battiti del mio cuore marcio.

Quando… quando la droga ti entra in circolo sei consapevole che il tuo corpo morirà. Il dottore mi aveva detto di non stare troppo tempo con lei o mi avrebbe chiesto di portarle dell’eroina o addirittura di restare con lei. Io vedevo solo il suo volto pallido con gli occhi immobili ed i suoi capelli neri non più scossi dal vento. A volte mi feriva, mi massacrava con le sue parole orribili e spaventose. Mi chiamava egoista, infame ed inutile… la sua pazzia le aveva portato via anche i ricordi di me e di lei stretti insieme? Sembrava che fossi stato solo una semplice goccia di pioggia posatasi sul viso ed un attimo dopo che la sua pelle aveva percepito la mia presenza mi aveva scacciato via con le dita.

Non ricordo se e quando morì Ness… ero confuso e stordito dalla mia prima crisi di astinenza della mia personale eroina.

  
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