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Autore: Laura Sparrow    21/11/2010    5 recensioni
Terzo capitolo della saga di Caribbean Tales - Una volta qualcuno li aveva definiti "una razza in via d'estinzione". Ora Will poteva solo sperare con tutte le sue forze che quel tale, quella volta, stesse sbagliando di grosso.Le acque dei Caraibi si fanno burrascose, qualcosa comincia a cambiare. Forse solo Jack, come Pirata Nobile, può sfidare le forze che ancora una volta si muovono contro di loro, e accettare un'alleanza vitale quanto pericolosa. Nel frattempo Laura comincia a capire il prezzo del titolo di "Capitano", mentre per Will la stessa parola comincia ad avere il sapore di qualcosa di inevitabile...
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 16
Brav'uomo, bravo pirata



Il ritorno alla Perla ci costò una camminata sotto la pioggia battente, che ci inzuppò da capo a piedi. Mi ero calata ostinatamente il cappello sul volto, nel tentativo di proteggermi almeno dalle sferzate d'acqua che mi colpivano in piena faccia, ma non servì a migliorare la situazione. Il mare era mosso, e il ponte dondolava con le onde. Chiudersi alle spalle la porta della cabina fu una vera liberazione: finalmente al caldo e all'asciutto, tirai un sospiro di sollievo e mi levai subito il tricorno grondante d'acqua, mollandolo sul tavolo degli ufficiali.
- Ci avremmo impiegato meno nuotando. - commentai, scrollando con le mani i capelli zuppi.
- Probabilmente. - replicò Jack, dirigendosi in camera con una certa fretta, e lasciando impronte bagnate al suo passaggio. Lo seguii, intanto che constatavo in che stato fossero i miei vestiti: la marsina era tutta umida, e la sbottonai mentre camminavo. Mi fermai solo un momento per chiudermi la porta alle spalle, girando la chiave nella serratura con la maggior discrezione possibile. La nave beccheggiò sotto la spinta di un'onda, e per un attimo sentii il pavimento inclinarsi verso dritta, facendomi barcollare; Jack si voltò a guardarmi con un sorrisetto divertito.
- Temo che la cosa potrebbe andare avanti per tutta la notte, sai?-
Mi strinsi nelle spalle, lasciando la marsina sullo schienale di una seggiola in mezzo alla stanza. - Non penso che mi dispiacerà. -
- Parlavo del mare mosso. -
Mi fermai un istante a scoccargli un'occhiata di sufficienza, inarcando un sopracciglio. - Ma non mi dire. - ribattei, ironica. Lui si limitò a rispondermi col suo sorrisetto, quindi mi voltò le spalle, togliendosi la giacca bagnata e cominciando ad armeggiare con la quintalata di cinture che si portava addosso. I pendagli fecero un lieve tintinnio metallico mentre se le sganciava una per una. In silenzio mi liberai degli stivali, poi, vedendo che ci metteva tanto, mi avvicinai quatta quatta alle spalle di Jack, quasi senza fare rumore sulle assi del pavimento che ancora ondeggiava lentamente.
- Lascia fare a me. - dissi con una certa impazienza, spingendolo con decisione verso il letto. L'espressione di sorpresa che gli comparve sulla faccia quando lo spinsi a sedere sul materasso mi divertì; sorprenderlo, effettivamente, era una cosa che non mi capitava spesso di fare. L'idea mi piaceva.
- Fai tutto quello che vuoi. - sussurrò lui, malizioso, facendo scintillare i denti d'oro tra le labbra. Mi inginocchiai davanti a lui e cominciai a sfilargli le cinture una per una: prima il cinturone a tracolla, che buttai da parte insieme alla spada e alla pistola, poi le due più piccole. Il suo sorriso si accentuò quando gli infilai le mani sotto la camicia, scoprendo il suo petto nudo fino allo sterno, per poi lasciarsi sfuggire un sospiro di approvazione quando gli sfilai dalla testa camicia e marsina insieme.
Mi bastò tirare un capo della sua fusciacca a righe bianche e rosse per sciogliere il nodo e fare scivolare a terra anche quella; a quel punto Jack si chinò su di me e mi strinse dolcemente i polsi, tirandomi più vicino. Premette la sua bocca sulla mia e cominciò a baciarmi con calore, insinuando la lingua fra le mie labbra, mentre guidava le mie mani suoi suoi fianchi, lungo l'orlo dei suoi pantaloni, invitandomi a toglierglieli. Sorridendo contro le sue labbra, stetti al gioco, cominciando ad apriglieli un bottone alla volta. Lui ebbe un piccolo ansito d'impazienza, come a spronarmi a fare più in fretta. Quando ebbi finito, appoggiò di nuovo le sue mani sulle mie per spingermele dentro i suoi pantaloni aperti.
Non avevo intenzione di rendergli le cose così facili, però: staccando le labbra dalle sue, mi presi un momento per arrampicarmi sul materasso e sistemarmi più comodamente, spingendo Jack all'indietro e montando a cavalcioni sopra le sue gambe. Lui ad un tratto mi fermò, rimettendosi a sedere.
- Non ci si mette a letto coi vestiti bagnati, signorina. - sussurrò, ghignando. In un attimo mi ritrovai le sue mani su per la camicia; mi sembrarono caldissime quando le sentii accarezzarmi tutta la schiena, scivolare attorno al busto, risalire per afferrarmi i seni. Trattenni un mugolio di piacere mordendomi le labbra, e non ebbi nemmeno il tempo di pensare a togliermela da sola che la mia camicia era già misteriosamente scomparsa nel nulla, e Jack premeva il viso contro il mio sterno, baciando la mia pelle nuda.
Abbandonai i capo all'indietro, lasciandolo fare, senza resistere all'impulso di chiudere gli occhi, sospirando di piacere. Per un po' fu come se esistessero solo la bocca e le mani di Jack; me le sentii addosso mentre mi carezzavano dappertutto, liberandomi infine anche dal resto dei vestiti.
Riaprii gli occhi e mi strinsi contro di lui, ricoprendogli il collo di piccoli baci e facendogli scivolare le mani sul petto nudo. Lo solleticai, carezzandolo con la punta delle dita fin sotto l'ombelico. Lui mise la sua mano sulla mia, sfidandomi ancora a farla scendere più in basso. Stavolta lo accontentai.
- Ah... - con un sospiro di approvazione Jack si distese sul letto, ad occhi chiusi, respirando forte tra le labbra dischiuse. Senza smettere di toccarlo mi chinai su di lui, sfiorandogli il viso con il mio; lui riaprì gli occhi per un momento, poi mi prese con la mano dietro la nuca e mi baciò con foga, soffocando poi contro la mia bocca un gemito rauco.
- Ti piace?- mormorai, mentre gli mordicchiavo il labbro.
- Eccome se mi piace... - rispose lui in un sussurro animato, avvolgendomi un braccio intorno alla vita con improvvisa urgenza. Mi strinse contro di sé e ribaltò le nostre posizioni, scrollandosi definitivamente di dosso i pantaloni: mi ritrovai a pancia in su fra le lenzuola, con Jack sopra di me; con le mani mi prese sotto le ginocchia e se le tirò contro i fianchi. Con lentezza quasi esasperante prese ad accarezzarmi le gambe, dalle caviglie fino alle cosce; il tutto senza smettere un attimo di guardarmi col suo sorrisetto dal dente d'oro, evidentemente impaziente di vedere la mia reazione. Mugolai tra i denti, mentre tormentavo le lenzuola con le dita.
- Sai, non ho mai amato l'autocensura... - scherzò in tono diabolicamente sensuale, allontanando le mani dalle mie gambe per accarezzarmi il viso, il collo, e poi palpare i miei seni morbidi con evidente piacere. Il mio respiro cambiò bruscamente -e rumorosamente- di tono. - Ora dimmelo tu... ti piace?- mi strofinò dolcemente con le dita.
Mi sfuggì un gemito imbarazzante, ma lui sembrò apprezzarlo particolarmente, e ridacchiò soddisfatto. Poi si chinò sopra di me, sussurrando il mio nome con voce rotta dall'eccitazione, ed io lo assecondai con slancio incrociando le gambe dietro la sua schiena.
La pioggia picchiava rumorosamente sulle spesse vetrate della cabina, ma anche per quella notte il mondo se ne sarebbe rimasto fuori.

*

Sul ripiano del tavolo era andata accumulandosi una specie di foresta di bottiglie e boccali vuoti; neppure Valerie si era limitata coi brindisi, seguendo con piacere l'esempio degli uomini. Will aveva bevuto una dose quantomeno dignitosa -per un tavolo di pirati- e già aveva lo sguardo lustro; le uniche che sembravano ancora perfettamente lucide erano Faith, che ne aveva già avuto abbastanza l'ultima volta, ed Elizabeth.
Quest'ultima si voltò verso Faith e le fece un cenno col capo. - Forse è ora di andare. - disse, accomodando meglio David che le si era addormentato in braccio, col capo a peso morto sulla sua spalla.
Faith guardò Michael, seduto accanto a lei: anche lui dormiva, riverso contro il tavolo con la faccia affondata tra le braccia incrociate. La giovane alzò gli occhi al cielo: aveva avuto il suo bel daffare a tirargli scappellotti ogni volta che tornava a farsi riempire il boccale... tanto peggio per lui; avrebbe avuto tutta la notte, e i postumi del giorno dopo, per riflettere sulle sue azioni.
- Direi proprio di sì. - rispose, prima di prendere il fratello per la collottola e scrollarlo. - Ehi, piaga! Svegliati!-
Mentre il ragazzino si risvegliava bruscamente, emettendo tutta una serie di borbottii di protesta più o meno comprensibili, Elizabeth fece del suo meglio per convincere gli altri membri della compagnia, tutti quanti piuttosto alticci e particolarmente allegri, ad alzare i tacchi.
Gibbs stava raccontando una delle sue storie strampalate ad Ettore e Jonathan, i quali, dal canto loro, sembravano divertirsi un sacco man mano che le parole del vecchio nostromo diventavano sempre più biascicate e incomprensibili.
- ...e, che mi cascassero gli occhi, ti assicuro che era un verde baleno!- stringendo ancora fra le mani il boccale vuoto, Gibbs corrucciò il viso in un'espressione pensosa. - ...O era una balena verde?-
- Signor Gibbs!- lo chiamò Elizabeth, con una certa veemenza. - Torniamo alla Perla. -
Il nostromo sembrò riscuotersi solo in quel momento, e si guardò attorno con aria stranita. - Non dovremmo aspettare il capitano?- domandò in tono assonnato, come se Jack se ne fosse andato solo da pochi minuti, invece delle due ore abbondanti che avevano trascorso seduti al tavolo a bere.
- Credo che sia Jack che Laura siano già tornati sulla Perla da un bel pezzo. - replicò lei in tono eloquente.
In un modo o nell'altro, tutti riuscirono bene o male a rimettersi in piedi e a dirigersi verso l'uscita, mentre Elizabeth e Faith si assumevano loro malgrado il compito di farsi largo tra la folla di avventori. Elizabeth gettò un'occhiata dietro le spalle: Will non sembrava messo troppo male, si era perfino messo al fianco di Ogro e faceva del suo meglio per sorreggere quella montagna di muscoli completamente sbronza. Il grosso indigeno barcollava paurosamente, trascinando i piedi infilati in un paio di stivali talmente tirati da sembrare sul punto di esplodere.
Erano quasi giunti in cima alla scala che portava al piano di sopra quando accadde il disastro.
Ogro era a metà della scala; ad un tratto sembrò che le sue gambe avessero semplicemente smesso di reggerlo, e il suo corpo gigantesco si piegò a metà proprio contro il parapetto. Will, la cui prontezza di riflessi era anche piuttosto limitata dall'alcol, cercò freneticamente di trattenerlo per un braccio, ma non ce la fece: il peso di Ogro fece scivolare anche lui, e ruzzolò a terra facendosi di schiena due o tre gradini.
Il gigante invece rotolò giù per le scale a peso morto, un masso in caduta libera, travolgendo nella sua caduta tutti gli ubriachi riversi sui gradini, e la gente che stava il fondo alla scala.
Nella locanda, improvvisamente, ogni conversazione si interruppe, e l'improvviso silenzio rese solo più assordanti le grida che si alzarono di lì a poco: gli ubriachi rotolati sul pavimento insieme ad Ogro urlarono e bestemmiarono, caracollando a quattro zampe con le loro bottiglie rotte ancora in mano, per allontanarsi dalla... cosa che li aveva travolti. Il gigante era rimasto disteso sul pavimento lurido, come una grossa e spaventosa tartaruga ribaltata; si contorse, scrollando le braccia e la testa tumefatta, nel tentativo di rialzarsi. Emise un forte grugnito rabbioso e dolorante, e due donne rimaste immobili a pochi passi da lui cominciarono a strillare come se fossero indemoniate.
- Piantatela!- esclamò Will, rimettendosi goffamente in piedi e scendendo la scala quanto più rapidamente gli permisero le sue gambe malferme.
Ogro era ancora a terra, che si agitava e ringhiava fra sé parole sconosciute, forse imprecando nella sua lingua. Le donne non smettevano di strillare. Quello strano spettacolo sembrò dare alla testa agli ubriachi presenti, e in breve tutti stavano urlando, farneticando o sputando insulti, cercando di mettere più distanza possibile tra loro e il mostro ubriaco che si dimenava sul pavimento.
Will arrivò vicino ad Ogro, imponendosi di rimanere lucido. Non sembrava essersi fatto male; era solo troppo ubriaco per calmarsi e rimettersi in piedi. Sfortunatamente, dubitava di riuscire a far rialzare quel colosso da solo... In quel momento si trovò accanto Ettore: al pirata sembrava fosse passata completamente qualsiasi voglia di scherzare, e lo sguardo che gli lanciò fu lucido e serio. Insieme si chinarono e, a suon di spinte, sbuffi e imprecazioni, riuscirono a fare rialzare il gigante, agguantandolo poi ciascuno per un braccio per caricarselo sulle spalle. Il suo peso li fece barcollare; continuava a non reggersi sulle gambe.
- Devi darci una mano, dannazione. - sibilò Ettore, rivolto all'indigeno. Quello fece ciondolare la grossa testa tumefatta, senza dar segno di avere capito. L'intera locanda li stava guardando, e il suono delle proteste e degli insulti non si era smorzato.
- Resta in piedi, Ogro. - insistette Will, che sentiva già le proprie, di gambe, prossime a cedere. - Resta in piedi!-
- Ehi, voi!- l'oste della Sposa Fedele si era affacciato dal parapetto del piano superiore, e guardava tutta quella baraonda dabbasso con aria sconcertata. - Se siete in cerca di guai, andate a cercarveli da un'altra parte!-
- E' stato un incidente! E comunque, ce ne stavamo andando. - protestò Elizabeth, fulminando l'uomo con lo sguardo.
L'oste non si fece impressionare, e indicò con un gesto secco la porta. - Non me ne frega un accidente. Adesso fuori di qui, e portate quella specie di mostro con voi!-
- Questa “specie di mostro” si è pagato il vostro rum come tutti gli altri!- gridò Will, seminascosto dal braccio inerte di Ogro che gli pendeva attorno al collo. La folla rumoreggiò. Prima che le cose si mettessero al peggio, Elizabeth andò ad aprire la porta, e tutti gli altri aiutarono Ettore e Will a trasportare Ogro su per le scale: fu una scena penosa quanto faticosa, e nemmeno per un attimo gli occhi spalancati di ciascuno dei presenti si staccarono da loro.
Quando ebbero finalmente raggiunto il piano di sopra, solo allora il gigante sembrò riaversi per qualche momento, e si girò lentamente a squadrare uno per uno tutti i volti che lo stavano fissando. Poi rovesciò il capo all'indietro e cominciò a ridere, ridere follemente, una risata grassa e potente che sembrava un ululato.
Questo spaventò la folla quasi più della sua caduta di prima, e tutti i presenti si ritrassero dal gruppetto come un sol uomo, con facce sconvolte.
Il gruppo dei pirati infilò rapidamente la porta, con la risata inquietante di Ogro che ancora risuonava dietro di loro.

*

Venni a sapere, in seguito, che la nave che inseguiva Rackham era comandata da un certo capitano Barnes, noto cacciatore di pirati. Fu quello stesso Barnes a catturarlo, meno di un anno dopo.
Calico Jack Rackham fu impiccato a Gallows Point insieme a tutta la sua ciurma: seppi invece che Anne Bonny e Mary Read si salvarono, dichiarandosi entrambe incinte. Di loro non seppi più niente, ma nessuna voce mi arrivò a confermare la loro impiccagione o un'eventuale morte in cella. Sospetto che quelle due se la siano cavata, e chissà che non possa rincontrarle, un giorno.
Barbanera continuò ad essere uno dei peggiori pirati del suo tempo, tornando a depredare e saccheggiare insieme alla sua ciurma. Credo però che il brutto tiro che gli giocammo a Khael Roa gli bruci ancora, e non ci tengo particolarmente a ritrovarmelo sulla strada. Ma, se mai capiterà, non ci troverà tanto indulgenti come la prima volta. Anch'io ho un conto in sospeso con lui.
Quanto a noi della Perla, per noi sembrava prospettarsi un periodo piuttosto tranquillo.
La nostra alleanza era stata una brevissima parentesi, quasi una farsa, eppure ancora sentivo che avrebbe potuto funzionare. Se solo non fosse finita così. Avevo scarsa fiducia nella maggior parte dei pirati, eppure un tentativo, un piccolo passo, era stato mosso. Io avevo creduto alle parole di Rackham, anche se lui per primo non lo aveva fatto.
Sapevo dell'esistenza di una Fratellanza, sebbene Jack fosse restio a soddisfare la mia curiosità al riguardo: non faceva che ripetermi che era meglio cavarsela da soli, a meno che non fosse strettamente necessario, perché spesso aiutarsi fra pirati causava più danni che altro. Ne eravamo stati testimoni.
In parte sapevo che aveva ragione... tuttavia non potevo e non volevo mettere a tacere i pensieri che mi assillavano.
- Mi ci porterai, una volta?- gli bisbigliai all'orecchio ad un certo punto, mentre eravamo abbracciati sotto le lenzuola nel buio della cabina, ad un passo dal sonno.
- Dove?- borbottò lui, senza aprire gli occhi.
- Dove si riunisce la Fratellanza dei pirati. -
Jack fece un lungo sospiro e mi abbracciò un po' più stretta, affondando risolutamente la faccia nel cuscino. - La Fratellanza, come la chiami tu, si riunisce soltanto in casi di emergenza... ergo, non succederà ancora per molto tempo. -
Non aggiunse altro per un po', e stavo quasi per rassegnarmi al fatto che non mi avrebbe risposto neanche stavolta, quando lui parlò di nuovo, con la voce impastata dal sonno. - Però il Palazzo dei Relitti ti piacerebbe... sì, ti ci porterò, una volta. -

*

Al contrario di quanto William temeva, quel mattino i postumi della bevuta non furono poi così traumatici. Quando si svegliò era l'alba; Elizabeth stava ancora dormendo profondamente, e David faceva altrettanto. Si sentiva girare la testa e aveva la bocca impastata, ma nulla di più.
Si rivestì e uscì silenziosamente dalla cabina, per dirigersi sul ponte: l'aria fresca lo fece sentire subito meglio, così decise di rimanere là fuori per un po', a godersi la tranquillità. Non aveva mai visto Tortuga così pacifica. Il sole era appena sorto, e le uniche barche che salpavano dal molo erano quelle dei pescatori; il porto era animato dal consueto brusio mattutino, ma le strade della città erano silenziosa, ancora addormentate. Will si domandò se i timori espressi da Ettore la sera prima non fossero solo esagerazioni. Lui non vedeva proprio niente di strano a Tortuga. Che cosa sarebbe mai potuto capitare, proprio lì, da poter cambiare la consueta anarchia che vi regnava?
Non aveva voglia di domandarselo: erano tornati, e tutto sembrava ormai risolto. Dal ponte si voltò a guardare il relitto ormeggiato al fianco della Perla. Sorprendentemente, si trovò a pensare che non era neanche ridotto così male come gli era sembrato. Lo scafo e le vele dovevano assolutamente essere rimessi in sesto, ma per il resto faceva ancora la sua dignitosa figura: aveva retto bene perfino il temporale di quella notte; le assi di legno chiaro erano lucide di pioggia, e per un bizzarro effetto del sole che si levava in quel momento, perfino quel legno crivellato dalle cannonate sembrava risplendere come se fosse stato appena lustrato.
Ad un tratto, qualcosa sul molo attirò la sua attenzione: c'era una piccola barca con una vela bianca ormeggiata accanto al pontile, e qualcuno laggiù era molto occupato a trafficare col cordame. Will rimase a guardarlo per qualche secondo, poi sgranò gli occhi. Era Ogro.
In tutta fretta scese dalla nave e attraversò il pontile, fino a raggiungere la barca ormeggiata, e il gigante che sembrava avere tutte le intenzioni di issare la piccola vela.
- Ogro! Che cosa stai facendo?- lo chiamò non appena fu a portata di voce.
L'uomo alzò lo sguardo su di lui e gli rivolse uno dei suoi sorrisi storti. - Wii-liam. - lo salutò, senza aggiungere altro, e tornò ad armeggiare con le funi.
- Ogro, ti ho fatto una domanda. - ripeté Will, cominciando ad irritarsi. - Che cosa credi di fare? Di chi è questa barca?-
- Mia. - si limitò a rispondere quello, con un sorriso di scherno. A quel punto Will perse la pazienza, e con un gesto deciso tolse le funi dalle mani di Ogro, costringendolo ad alzare gli occhi su di lui.
- Stai cercando di scappare? Perché?-
- Scappare?- il tono del gigante si indurì, e per un attimo Will si sentì come se i suoi occhi lo stessero perforando da parte a parte. - Non sono dentro prigione. No?-
- No, infatti. - il giovane cercò di addolcire il tono. - Non sei prigioniero di nessuno, e lo sai. Ma che cosa stai facendo?-
- Presa barca, sistemo vela. Preso del cibo da nave, spero non è problema. - accennò ad un involto di stoffa rigonfio che giaceva sul fondo della barchetta, insieme a due remi. - Serviva. -
- Non capisco perché lo stai facendo. -
Per un po' Ogro non rispose, evitando ostinatamente di guardarlo come se neanche lo avesse sentito... poi però Will lo vide stringersi nelle spalle immense ed emettere uno strano sospiro. - Tu sei buono, Wii-liam. Anche Jehparo. Tu mantieni le promesse. Però adesso io voglio andare via. -
- E' per quello che è successo alla locanda?- lo interruppe. - Se è così... non significa niente. E' stato solo un incidente, e nessuno se la prenderà mai con te solo per avere fatto un po' di baraonda. Sei nella ciurma, ora, non devi temere nessuno. -
Ogro si voltò verso di lui e incrociò le braccia sul petto, assumendo improvvisamente un'espressione molto seria e profonda, che quasi stonava sul suo viso devastato. Le parole, nel suo inglese zoppicante, per una volta gli uscirono di bocca quasi fluide e chiare, come se le avesse ripetute fra sé molte volte. - Voi siete persone buone. E non mi piace chi fa del male alle persone buone. Ecco perché fermato il capitano con la barba, che faceva del male alla donna di Jehparo. Stavo per fare così anch'io, sai? Stavo per distruggere villaggio, e avrei fatto male. Avevi ragione tu. Ero arrabbiato, Wii-liam... e quando mi arrabbio, io... non penso. - si strofinò le mani sulla faccia, per poi guardarle con espressione stranita come se le vedesse per la prima volta. - Quando ho salvato la donna... credo è la prima cosa buona che faccio dopo tanto tempo. Ho fatto bene. Ho salvato una persona buona. Però... io ho guardato la tua gente. Sono come gente del mio villaggio. Io ho guardato molto. Io volevo scappare da isola, ma trovo sempre gente come quella del mio villaggio. -
Will cominciava a capire, e sentì il cuore gonfiarsi di pena per lui. Avrebbe voluto dire qualcosa che potesse farlo sentire meglio, chiarirgli le idee, ma non trovò nulla da dire.
- Ci sarà sempre qualcuno che non ti accetterà per quello che sei, Ogro. Non puoi semplicemente restare con noi, sulla Perla?-
- No. - un mezzo sorriso corrugò il viso del gigante. - Io non sono pirata. Volevo solo andare via da isola. In verità, io... sto meglio da solo. Voglio questo qui: andare via solo. -
- Ma... dove andrai? Se vai da solo incontrerai sempre persone che avranno paura di te, o che vorranno sbatterti in gabbia, proprio come quelli che sbarcavano a Khael Roa. E poi, come avresti intenzione di fare? Non sai nemmeno navigare!-
Stavolta Ogro gli scoppiò a ridere in faccia. - Non so navigare? So fare molto più di quello che pensa. Tutto più facile se fai credere che sei più stupido... sempre i marinai venivano sulle spiaggia con scialuppe, e scialuppe si possono portare via. Imparare si fa col tempo. Forse pensi anche che non so usare remi, scalare una scogliera o caricare un fucile... -
Will annuì e allargò le braccia, disorientato. - Va bene, va bene... ammetto di averti sottovalutato. Ascolta, capisco che cosa provi, e capisco che tu voglia stare da solo. Ma sono preoccupato per te. Io ti ho portato lontano da casa tua, io ti ho cacciato in questa situazione. Non potrei mai perdonarmelo se dovesse succederti... -
- Tu mi hai portato lontano da casa mia, perché io voglio andarci, lontano da casa mia. - replicò Ogro. - Siamo... come dite voi... ah, pari. Siamo pari. - l'uomo si raddrizzò e si avvicinò a Will di qualche passo, per appoggiargli sulla spalla la grande mano callosa. - Io dico grazie, Wii-liam. Tu mi hai aiutato. Io ora vado perché voglio, ma tu non hai sbagliato niente. - si batté un pugno sul petto, sorridendo. - Tu mi hai salvato. -
William non era sicuro di condividere appieno quello che l'uomo gli stava dicendo, ma era chiaro che niente di quel che avrebbe potuto dire o fare lo avrebbe mai convinto a lasciar perdere. Sembrava fin troppo deciso. Dopo una lunga esitazione, si strinse nelle spalle e guardò Ogro in faccia.
- Non posso fare niente per farti cambiare idea, vero?-
- Niente. - confermò Ogro, sorridendo e allontanandosi da lui. Il giovane rimase a guardarlo mentre finiva di preparare la sua vela, e restò lì anche quando quello saltò a bordo della barchetta dondolante con insospettabile agilità, per poi accomodare la vela in direzione del vento e mettersi ai remi. Non disse niente, non si mosse neppure, mentre lo guardava allontanarsi prima trasportato dalla corrente, poi cominciando ad affondare di buona lena i remi nell'acqua e dirigendo l'imbarcazione dove voleva. Dentro di sé, una parte di lui ancora protestava per averlo lasciato andare così: come avrebbe fatto? Ma soprattutto, dove voleva andare?
Ma, ormai, il gigante se ne stava andando, e di lui Will riuscì a cogliere solo l'ultimo squarcio fugace del suo volto storpiato, prima che voltasse la prua della barca verso il mare aperto. Stava sorridendo.
Conosceva solo un'altra persona che sarebbe stata in grado di mettersi in mare su due piedi, senza nient'altro che una barca e una vela per dirigerla... e in cuor suo doveva ammettere che Ogro sembrava animato dalla stessa determinazione.
Quando la barca diventò un puntino all'orizzonte, il giovane girò sui tacchi e si incamminò lentamente lungo il porticciolo, in preda a sentimenti contrastanti. Era accaduto tutto troppo in fretta, e ancora non sapeva se considerare l'addio di Ogro come una vittoria o una sconfitta.
Aveva appena raggiunto il pontile della Perla, quando si rese conto di essere osservato: alzò lo sguardo, e rimase sorpreso di vedere Jack in piedi accanto alla murata, appoggiato coi gomiti sul parapetto. Jack ricambiò l'occhiata, e Will sospettò che non si trovasse lì da poco.
- Se n'è andato. - il capitano confermò i suoi dubbi, anche se c'era un che di incredulo nella sua voce. - Non credevo che lo avrebbe fatto veramente. -
Will incespicò per trovare le parole, quindi scosse il capo in segno di resa. - Lo so, non avrei dovuto lasciarlo andare. -
- No... - Jack cacciò via quel pensiero con un gesto brusco della mano. - Credimi, se era quello che voleva, non ti avrebbe permesso di fermarlo. E poi, è una sua scelta. -
Il giovane annuì suo malgrado. - Che cosa farà adesso? Dove andrà?-
- E io che cosa ne so?- replicò il capitano, ridacchiando fra sé. - E, per una volta nella tua vita, vedi di far sparire quell'espressione da cane bastonato. Hai fatto un buon lavoro. -
- Io?!-
- Tu. Credi che fosse facile conquistarsi la fiducia di Ogro? Tu ci sei riuscito e adesso il vecchio diavolo, dopo anni su quell'isola, è finalmente a piede libero. Non me lo sarei mai aspettato. - Jack si lasciò sfuggire un altro incredulo sorriso di approvazione, mentre gettava un ultimo sguardo verso l'orizzonte dove era sparito Ogro. - Quindi, William, credimi quando ti dico che hai fatto un buon lavoro. -
Per un po' Will non seppe cosa rispondere, quindi evitò semplicemente di incrociare lo sguardo del capitano. Invece, posò di nuovo gli occhi sul relitto, che continuava ad attirare la sua attenzione.
- Allora, in realtà è questo il tuo bottino? Non è in pessime condizioni, immagino che se ne possa ricavare una buona somma. - commentò, accennandovi col capo. - Sai già che cosa ne farai?-
Jack si strinse nelle spalle, nascondendo un sorrisetto sagace. - Hm... forse. Sai, avevo quasi pensato... - ad un tratto cominciò a gesticolare per aria, come se stesse disegnando nel nulla, sopra al relitto, alberi e vele che non c'erano. - Giacché siamo riusciti a portarlo qui in condizioni, diciamo, discretamente buone, perché non approfittarne? Invece di disfare, rifacciamo! Comprendi? Certo, sarà laborioso e di certo non costerà poco... Ma ci pensi? Due navi. -
Will sorrise all'idea. - La Perla Nera e la sua ombra. -
- Precisamente. - assentì Jack puntando un dito contro di lui come se avesse detto qualcosa di molto giusto.
- Sarà un grosso vantaggio per te. Avrai una piccola flotta. -
Il sogghigno di Jack si allargò, e il giovane vide le sue spalle sussultare. - Guai a chi mi chiama “commodoro”, però. - il commento li fece ridacchiare entrambi, poi lui continuò, indicando il ponte opposto con un ampio gesto della mano. - Vedrai, una volta rimessa a nuovo sarà un prezioso alleato. Guardala. Ha passato di tutto: era un galeone della marina, e ora diventerà una nave pirata di tutto rispetto. L'abbiamo fatta a pezzi, e adesso la rimetteremo insieme. Si può proprio dire che l'abbiamo affondata, l'abbiamo distrutta... e l'abbiamo fatta risorgere dalle ceneri, comprendi? E' una splendida nave. -
Will annuì con un'espressione stranamente solenne. - E' vero. - disse, con una punta di rammarico, o nostalgia, nella voce.
- Bene. - il pirata si alzò da dove si era appoggiato. - Visto che ti piace così tanto, penso proprio che la darò a te. -
Il giovane sbarrò gli occhi, voltandosi di scatto verso di lui, certo di avere capito male. - Cosa?!- Jack lo guardava tranquillo, senza accennare a spiegarsi meglio, quindi dovette insistere. - Jack... in che senso la darai a me?!-
- Mi sembrava di essere stato chiaro. - rispose lui, fingendosi sorpreso. - Questa è la tua nave. Sei il capitano, se vuoi. -
- Ma io non... - non riuscì a dire altro e per qualche attimo rimase ammutolito, a fissare il capitano nel tentativo di capire se, per una volta tanto, fosse veramente serio. Temeva proprio di sì. L'espressione col quale lo stava squadrando era perfettamente impassibile. - Stai scherzando, vero?-
Jack scosse il capo con aria paziente. - Neanche per sogno. Senti, ho pensato ad alcune cose che mi hai detto, e anche ad alcune cose che tu ed Elizabeth vi siete detti, per la cronaca... Francamente, amico, non so come te la cavi come pirata, ma una cosa sai farla: sai prenderti a cuore le cose. Questo è un bene. Perciò, se gentilmente vuoi farmi il favore di prenderti a cuore questa cosa e tornare ad essere un capitano, un capitano pirata, questo è il momento più opportuno. -
Per un bel pezzo, Will non seppe rispondere in altro modo se non con il suo incredulo silenzio, guardando ad occhi sgranati ora la nave -la sua futura nave- ora Jack. Capiva ciò che il pirata aveva voluto dirgli, lo capiva fin troppo bene...e già sapeva, in cuor suo, che quello era il regalo migliore che chiunque avrebbe potuto fargli; era tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento. Eppure, non poté impedirsi di fissare il capitano e fargli l'unica domanda alla quale ancora non sapeva rispondersi. - Perché?-
Stavolta fu Jack a tentennare e a distogliere provvidenzialmente lo sguardo: appoggiò di nuovo la schiena alla murata e per qualche momento fissò il vuoto con aria meditabonda, come prendendosi tutto il tempo per pensare ad una risposta soddisfacente.
- Perché ne hai bisogno. - se ne uscì alla fine, con un tono che avrebbe voluto suonare distaccato, ma che non ci riuscì del tutto. - Perché Bill Turner è stato uno dei miei migliori amici. Uno dei pochi che ho avuto. E non credo che lui abbia rinchiuso il suo cuore in quel forziere al posto del tuo solo per vederti condurre una vita vuota, che tu non vuoi e non hai mai voluto. E perché so che tu puoi essere un brav'uomo e un bravo pirata almeno quanto lui. - si raddrizzò bruscamente, unendo insieme le mani e facendo scrocchiare le dita. - E perché sì, ovviamente. Perché sono ancora il capitano, e ciò significa che questo è un ordine. Comprendi?-
Will guardò di nuovo la nave, e lentamente un sorriso trionfante gli si dipinse sul volto. - Lo farò, allora. - disse con sicurezza. - Jack... grazie. -
Il capitano rispose con una scrollata di spalle, quindi fece per allontanarsi. Ad un tratto però sembrò cambiare idea e si fermò bruscamente, voltandosi di nuovo verso William. - Oh, Will?- aggiunse. - Se rovini tutto, giuro che ti manderò a spasso sull'asse. -
Senza dare al giovane il tempo di pensare se stesse scherzando o no, stavolta, Jack si allontanò e si chiuse la porta della cabina dietro le spalle, lasciando Will solo sul ponte insieme ai pensieri a cui ancora non riusciva a dare un senso. Rimasto solo, spiazzato, ma in un certo senso assurdamente felice come non si sentiva da tanto tempo, il giovane non poté fare a meno di tornare a guardare il relitto, quel guscio di una nave -la sua nave- che presto sarebbe stata rimessa a nuovo per tornare la splendida imbarcazione che era stata.
Non riusciva a credere che Jack fosse stato disposto a fare un simile investimento, una scelta che definire azzardata era dire poco. Solo ora capiva tutta la portata di quel regalo, e soprattutto il fatto che fosse stato proprio lui, quel pirata che non aveva mai capito fino in fondo, a farglielo.
Tuttavia si impose di ragionare razionalmente, e di non farsi travolgere da tutto quell'assurdo e infantile entusiasmo. Non si stava forse emozionando troppo? Quanto era saggio ravvivare speranze che avrebbero rischiato -un'altra volta- di venire infrante poco dopo?
La sua paura di non riuscire più ad inserirsi nel mondo che lo circondava era ancora lì, viva e presente. Davvero tutto ciò di cui aveva bisogno per sconfiggerla era... una nave?
“Sì.” rispose caparbiamente una voce dentro di lui. “Non solo una nave, ma quello che rappresenta.”
Una casa per lui ed Elizabeth, l'unica dove lui e la sua irrefrenabile moglie avrebbero potuto vivere insieme. Una cosa sua, una nave e una ciurma di cui essere responsabile.
E un'altra cosa... due navi e due ciurme che avrebbero agito insieme, si sarebbero protette, sarebbero stata l'una l'ombra dell'altra.
Un piccolo, minuscolo germe di... alleanza.
Esistevano modi diversi di essere pirati, e questo lui l'aveva sperimentato sulla propria pelle, nel bene e nel male: era questo il filo a cui poteva aggrapparsi, la rotta tracciata davanti a lui, che ora gli spettava seguire. Non poteva dimenticare che una volta, quattro anni prima, un manipolo di pirati era riuscito a cambiare il mondo.
Una volta qualcuno li aveva definiti “una razza in via d'estinzione”.
Ora Will poteva solo sperare con tutte le sue forze che quel tale, quella volta, stesse sbagliando di grosso.



FINE





Note dell'autrice: Dio Mio!!!
Nel senso: Dio mio, finalmente sono riuscita a scrivere questo capitolo conclusivo, che alla fin fine è scivolato fuori quasi fin troppo rapido rispetto a come l'avevo pensato... ma va bene così. Dio mio, finalmente mi risorge il computer e posso tornare a trastullarmi sulla mia amata tastiera. Dio mio, ho concluso la prima trilogia di Caribbean Tales.
PS: "Dio mio", mi dimentico sempre che mia madre legge le mie fanfiction. -.-
Mally! Mia croce e delizia! Per il poco conforto che posso dare, comunque vada, sono felice che leggere quello che scrivo ti abbia portato almeno un po' di buonumore. Dirò a Laura di non seccarti per avere fatto pensieri lascivi sul suo legittimo marito. (Sentito, Laura? Giù quella pistola, su...)All'ultima parte, ovvero il discorso tra i due capiani, ci tenevo particolarmente e sono felice di sentire che è venuto bene. Nessun problema, e lo sai che sono TUTT'ALTRO che scontenta delle recensioni chilometriche... grazie per aver letto le mie storie, e se deciderai di continuare a seguirle!
PS: Oddio, questa cosa dell'istinto materno improvviso ha sorpreso anche me... Laura???!
A pinkstar, grazie di cuore e ti do già appuntamente al prossimo episodio, che spero non vi farà attendere troppo! Ed eccone un'altra che chiede a gran voce la prole. Sto cominciando ad aver paura.
A duedicoppe, una pronta guarigione dal raffreddore (che da bravo pirata pure lui attacca alle spalle) e un inchino. Grazie, non c'è altro da aggiungere.
Fannysparrow da brava compare Willabeth, spero che avrai apprezzato la sorpresa finale di questo capitolo! Alla prossima anche a te!
E alla fine di cotanto narrare, bere e sproloquiare, non c'è altro da fare se non raccattare le bottiglie vuote, sgombrare il tavolo per fare posto alle mappe, e prepararsi a tracciare una nuova rotta.
Come sempre, Wind in your sails.
  
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