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Autore: Fuuma    22/11/2010    2 recensioni
Non sono altro che cavie da laboratorio, nati per un bene superiore, al solo scopo di riportare la Famiglia Estraneo agli albori di un tempo.
Non importa che siano bambini. Sono stati scelti, avranno il grande onore di essere la Nuova Arma.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chikusa, Ken, Mukuro Rokudo
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
- Questa storia fa parte della serie 'Heaven is a Lie'
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Titolo: No Merci
Rating: PG-14
Genre: Angst
Character: Mukuro Rokudo, Ken Joshima, Chikusa Kakimoto
Pairing: //
Conteggio Parole: 658

Disclaimers: I personaggi di KHR appartengono agli aventi diritto.

 

.No Merci.

C'erano pareti bianche, macchinari di metallo ed un liquido di un rosso opaco che attraversava i tubi trasparenti che riempivano la stanza.

Non ricordavano di aver mai visto nessun altro colore oltre a quelli, perfino i loro vestiti erano diventate macchie smunte ed i loro occhi erano tutti spenti o adombrati dalle lacrime. Nessuno di loro parlava molto, chiedevano pietà, supplicavano di smetterla o urlavano di dolore, ma oltre a questo chi avrebbe mai avuto voglia di chiacchierare?

Non conoscevano neppure i loro nomi, la mattina si svegliavano su futon vecchi e duri, tutti nello stesso stanzone e dopo la colazione non si vedevano più fino alla sera. Venivano rapiti dai loro aguzzini e gettati tra le braccia di medici e scienziati che in loro vedevano mere cavie da laboratorio.

Abbiamo bisogno di una nuova arma.

Vaneggiavano, con sguardi ossessionati.

O ci uccideranno tutti.

Dopo la proibizione del Proiettile della Possessione e la distruzione della tecnologia per crearlo, la Famiglia Estraneo era stata quasi sterminata. Avevano sete di vendetta, avevano bisogno di nuove armi per distruggere tutti coloro che erano stati la causa della loro sofferenza e, così facendo, decisero di distruggere anche l'infanzia dei loro figli.

Tutto per un bene superiore.


 

Seduto in un angolo della stanza, Chikusa si teneva la testa fasciata, singhiozzando in silenzio, spaventato dalle urla dei bambini che provenivano dal laboratorio accanto.

Si spinse maggiormente contro il muro, tenendo le gambette contro il petto e abbassando quanto più poteva la testa tra le ginocchia, chiudendo gli occhi forte, così forte che per un momento anche dietro le palpebre vide un bagliore bianco.

Si tappò le orecchie quando le urla dal laboratorio si fecero più forti, il corpo fu scosso dai tremiti riconoscendo la voce di Ken. Era l'unico bambino di cui conosceva il nome, prima di finire in quel luogo maledetto, le loro famiglie si frequentavano, invitandosi spesso ai pranzi della domenica. Eppure ora non ricordava neppure più che sapore avesse una pizza quattro stagioni, un arancino o anche solo una limonata fresca. Sentiva in bocca solo il sapore rancido della nausea o quello ferruginoso del sangue.

Aprì gli occhi dopo parecchio, non avrebbe saputo dire se fossero passate delle ore o soltanto qualche lungo minuto.

Quando vide il corpicino di Ken che barcollava superata la soglia, scattò in piedi, correndogli in contro mentre l'altro si lasciava abbandonare esausto a terra. Non sentì neppure l'impatto con il pavimento duro, neppure si accorse del canino che, mentre sbatteva la faccia, aveva scheggiato un pezzo di piastrella come se si fosse trattato di burro.

Alzò stancamente lo sguardo verso l'ombra di Chikusa proiettata sul proprio volto, lo guardò in silenzio e quando il bambino gli strinse la mano spaventato, ricambiò debolmente la presa e chiuse gli occhi.


 

Nel laboratorio principale, il ronzio dei macchinari era così assordante che Mukuro riusciva a sentire a fatica i propri pensieri. Per quanto si concentrasse, cercando di rimanere lucido per trovare nella mente un luogo in cui rifugiarsi, il ronzio gli trapanava il cervello, insieme alla voce degli uomini che circondavano il lettino su cui lo avevano legato.

Trattenne il respiro quando vide la punta dell'ago avvicinarsi al proprio occhio sinistro, cercò con tutte le sue forze di chiudere la palpebra, pregò in silenzio qualsiasi divinità conoscesse perché lo salvassero portandolo via da lì, ma le dita del medico continuavano a tenergliela aperta e quando il dolore penetrò nell'occhio e nel cervello insieme all'ago, non urlò, non pianse, non gemette.

Scoprì solo che non esisteva alcun Dio.

Che non c'era alcuna speranza o pietà.

Che gli uomini erano dei mostri.

E che, per questo, quell'orribile mondo doveva soccombere sotto le sue mani, per quanto piccole e di bambino fossero.

«Vi ammazzerò tutti...» sibilò, mentre l'oscurità gli lambiva la pelle. La sentì arpionarsi alle proprie braccia e con violenza venne trascinato nuovamente nei sette gironi infernali.

Morì per la settima volta.

E per la settima volta si preparò a rinascere.

 

.THE END.

   
 
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