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Autore: Jazz Hyaenidae    23/11/2010    2 recensioni
Aggiornata sino al quindicesimo capitolo. [Siamo arrivati al delirio della storia. Le città finalmente in fiamme; scontri, violenza, la calma riappacificatrice che contrassegna le ore prima di una guerriglia. La Linea Gotica vuol richiamare l'enfasi disperata del periodo Nazifascista che come sappiamo sprofondò in una disfatta drammatica per i tedeschi e anche per il popolo italiano che ne usciva sì liberato ma al contempo sconfitto. ] È la storia avvincente di due giovani amici Heléna e Ludovich nel bel mezzo di una rivoluzione sovietica ambientata nel XXI secolo. Partecipi come killers mercenari ingaggiati dalla Maskhadov, un'associazione di stampo terrorista, si troveranno a disertare la causa sovietica. Se vi piace il sangue, la collera spietata o l'amore senza vincoli di ogni sorta questo è il racconto che fa per voi.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Coloro che fanno una rivoluzione a metà, non hanno fatto altro che scavarsi una tomba"
Louis de Saint-Just. 

 

Ho iniziato a partorire l'idea di questo racconto più di due anni fa, ma  proprio poiché trattavasi solo di un'idea non si poneva alcuno scopo preciso. Più avanti, con il tempo, ho capito che le storie belle ed appassionanti possono mutare realmente in qualcosa, anche se questa è solo una forte convinzione di un ideale. Forse dentro questa storia e dentro questi personaggi troverete qualche ideale politico , forse troverete voi stessi in un'ipotetica vita alternativa; mi preme dire che non troverete nulla se costantemente nella vostra vita  non vi foste domandati  dove diavolo stiamo andando tutti quanti. Gli ideali nella vita sono tutto, capirne il senso della stessa, anche quello più macabro, anche quello più violento. In contrapposizione a questo, troverete anche l'amore nella sua forma più pura, senza preamboli coniugali di alcun tipo, troverete la vostra giovinezza che sta fuggendo via pian piano nelle decisioni di tutti i giorni. Chiedetevi ancora una volta cosa veramente conta nella vostra vita. Buona lettura. 



Prologo



In una strada poco distante dalla Heinrich Heine Platz, in una Berlino nevosa, incupolata dal silenzio agghiacciante e presa da un freddo che pungeva il cuore di ogni cittadino dall'animo sensibile, sorgeva Berlino come una sfera di vetro dentro la quale,al suo capovolgersi,viene a crearsi una bufera di neve ogni mezz'ora circa. Percorreva il suo cammino una giovane ragazza nata a Singapore. Lei, Helèna,era stata addestrata per un anno dall'esercito americano, prima di fuggire nei Balcani. A Sarajevo si era unita ad un gruppo di criminali.
Nel suo ambiente veniva descritta come un esemplare raro di assassino: giovanissima,forte, aveva capacità che la vedevano infallibile negli scontri a fuoco dalla distanza e assai temibile negli scontri ravvicinati.
In quella mattina era fissa sui suoi scarponi.Pareva contare i passi che le mancavano per arrivare all'incrocio successivo. Tutto ero ricoperto da un manto bianco, un candido velo a coprire in quei giorni tutto il sangue che veniva versato per le strade, negli uffici, nei vicoli bui di una Berlino senza pace, spaventata come non accadeva da quasi un secolo .Quando i campanelli posti su una porta di una drogheria spezzarono il suono del vento, si accorse di essere osservata: gli scarponi si fermarono nel bianco della strada.
La neve riprese a cadere.Fermo sul palo di una svolta, c'era un ragazzetto che avrà avuto dieci anni alla vista. Serioso, la guardava dalla testa ai piedi. Allora gli scarponi continuarono a solcare il soffice manto bianco, questa volta molto più lentamente; si fermarono. Il silenzio era nell'angolo di Berlino e dominava.
-Ti chiami Helèna vero?
-Sì, tu cosa vorresti essere ragazzino?
-Se permetti... un tuo tornaconto.
-Ti concedo qualche istante per spiegarti meglio e cerca di essere convincente...perché non ho tempo da perdere con chi dovrebbe essere a scuola in questo momento.
-Non voglio disturbarti ma...ieri sera tu e la tua banda...

Fu in quel preciso istante che la ragazza sollevò lo sguardo rivolgendolo al bambino, dandone una qualsiasi importanza. L'aria spostò i suoi capelli rossi e gli occhi di quella giovane ragazza non si vedevano più, erano come oscurati più che dalla frangia di capelli, dal passaggio del sole: una sagoma nera. Il bambino allora si fece sorprendere agitato, stringeva i pugni portandoseli di tanto in tanto al naso rosso dal freddo; perdeva muco che asciugava con l'estremità di un cappotto invernale.
- Stai sbagliando persona ragazzino...
-Non sono qui per dire che andrò alla polizia pur avendo visto le vostre facce schifose, ma giuro sul nome di mio padre che...
-Chi è tuo padre ragazzino?
-Karl Vogt il proprietario del giornale che aveva denunciato i patti tra voi mafiosi e il signor Seidel.
-Sei un po' troppo giovane per interessarti alla politica non ti pare? Non lo faccio neanche io, perché mai un bambino dovrebbe avvelenarsi tanto?
-Con quale coraggio vieni a dirmi questo, dopo aver ucciso mio padre e i suoi collaboratori ieri sera?!Siete gente spietata!! ... siete assassini maledetti!!

Un altro suono di campanelli della drogheria vicina e poi un altro soffio di gelo, questa volta dal suono funebre; un macabro strato di nuvole li raggiunse. Qualcosa era nell'aria da giorni e forse era destinata a consumarsi in quella strada. I pugni si stringevano sempre più nervosi, i denti denti si sfregavano incessantemente.
La ragazza a questo punto portò il suo volto a quello del ragazzetto e con l'estremità di due dita prese lievemente il suo mento.

-Se tuo padre è morto, io non posso farlo tornare in vita. Se è una vendetta quella che stai cercando, da solo, per le strade ghiacciate di Berlino, quando poi, non sai ancora allacciarti le scarpe, sappi che dovrai andare molto più lontano da qui... e non certo dovrai perder tempo discutendo con un piccolo sicario come me. Quello che ti consiglio io è di tornare a scuola, prenderti cura di tua madre e farti una nuova vita. Magari cercando di non entrare nell'editoria dei giornali un domani, stando lontano dalla politica e dai grossi affari. Sei così maturo da capire vero? Perché non ti rimane grande scelta se non accettare la realtà.

Il ragazzetto chinò il capo posseduto da un atteggiamento di sgomento.Il suo volto era afflitto da tali parole dette con somma disinvoltura da una donna dalla pelle liscia come l'immagine di un latte puro e fresco. Eppure non c'era dolcezza in quelle parole, solo morte e spietatezza nei confronti di un fanciullo privato del proprio padre.
-Helèna nel mio futuro... io ti ucciderò, con te... tutti i tuoi amici.-
La ragazza si risollevò in tutta indifferenza; il capo era tornato oscurato da una frangia rossa di capelli. L'angolo di Berlino tornò deserto.   

Capitolo I

"L'EUROPA TINTA DI ROSSO"

Berlino

parte prima







Scese per la metropolitana dove si vedeva la prima gente affarista della grande Berlino. Impiegati, medici, ingegneri o ancora meglio: donne delle pulizie e artisti da strada che aspettavano la linea 8.
La porta del vagone si aprì. Lei era avvolta da luci a neon blu,accecanti per i suoi occhi,dentro ad un nuovo mattino contornato dagli ennesimi orrori di gente uccisa la sera prima.
Era a Berlino da poche ore e già guardava ogni riflesso di un qualsiasi vetro, era attenta e sfruttava ogni minimo specchietto che si trovasse nelle vicinanze. Helèna si guardava le spalle da tutti e diversamente non poteva fare avendo sopra la sua testa cospicue somme di denaro per chi l'avesse consegnata alla polizia internazionale.
Ormai era abituata a dormire in stanze d'albergo con serrande totalmente chiuse, era abituata a ricevere la colazione in camera con una pistola posta dietro la cintura dei pantaloni.
Non si fidava di nessuno se non del suo amico Ludovich anche se, delle volte,  le passava per la mente che era stato proprio lui a condurla in tali situazioni. Continuava a vivere facendo finta di guardare punti nel vuoto delle grandi città, mentre scrutava e disegnava l'ambiente intorno a lei. Nella sua mente era pronta a tutto, la sua giovane esistenza poteva terminare in un momento qualsiasi della sua giornata.
Nella metrò vi era molta gente, la maggior parte aveva sopra i profumi dei cartelloni pubblicitari che scorrevano in fretta lungo il tunnel, fuori al vagone. Ci si rendeva conto effettivamente che tutto stava mutando in un enorme manifesto pubblicitario:pubblicità di corpi tonici, di donne sorridenti e libere; di maschi possenti e sani.
La gente della metrò non era esattamente come te l'aspetti dalla  pubblicità: avevano dei grossi margini di errore ma con la valigetta sempre pulita ed ordinata di scartoffie economiche e falsi bilanci, di relativi sistemi di mercato, di lucenti orologi e touch screen ben in vista per parlare al mondo del loro fantastico lavoro. Contribuivano a condurre il mondo verso un enorme baratro o verso un altro enorme manifesto pubblicitario. Questo è quello che Heléna pensava di loro.
Più volte si era detta che avrebbe preferito fare la donna delle pulizie piuttosto che  lavorare in ufficio a leccare il sedere a qualche grosso dirigente. Casualmente quella mattina, Heléna guardava una donna seduta vicino alla porta con aria di interesse se non di una strana ammirazione.
La donna dall'aria mite e umile aveva una borsa sulle gambe, guardava dritto davanti a sé.
Pensò che quella donna poteva essere lei stessa, un po' più in là con gli anni, una Heléna in una vita costruita su prospettive meno complicate, una vita fatta di studi magari e di lavori onesti per mandar avanti l'affitto di casa. Mise le mani in tasca e le sfregò su fogli di carta, aveva milleduecentoquindici euro e vent'anni.
La testa le girava, sudava freddo e più cercava di distogliere lo sguardo da quella donna, più avvertiva un male allo stomaco. Cadde in un senso di debolezza e svenimento. Passò un controllore, Heléna rimise le mani in tasca strofinando nuovamente quella carta, poi cacciò un centone.
-Tenga questi dovrebbero bastare per la multa.
Il controllore la guardò esterrefatto, si sistemò il berretto e si guardò attorno.
-Multa? Ma veramente...ok, può darmi i suoi dati signorina? Devo farle il verbale.
-Penso che i soldi debbano bastare anche per i miei dati o ne vuole ancora per caso?
Si asciugò del sudore sulla frangia rossa, si tenne nuovamente al palo per non cadere, poi si piegò portandosi l'altro braccio sullo stomaco.
-Signorina si sente bene?
-Certo ma lei deve sparire dalla mia vista, se non vuole che io dica a qualcuno che da oggi i biglietti della metropolitana sono in effettivo aumento.
Il controllore si guardò attorno più di una volta, poi si allontanò da lei per proseguire il suo giro di controllo.
Nella vita dovremmo tutti fare il nostro mestiere, un lavoro per il quale siamo portati e che non ci rechi malessere, molte persone delinquerebbero ma ci sarebbe sicuramente molta più giustizia di quanta ve ne sia oggi. Questo è ciò che pensava Heléna.

La porta si aprì a Potsdamer Platz.  Lei scese molto lentamente incrociando nella stessa lentezza ed una vampata di colore due guardie della polizia. Due uomini ben piazzati, parlavano un tedesco a lei indecifrabile o forse stava solo per cadere al suolo quando uno dei due le fece un occhiolino. Si riprese da lì a breve, poi camminò di fretta verso l'uscita.
Poco distante dalla metropolitana c'era un night club inaugurato da poco, lì aspettavano il suo arrivo già da una decina di minuti tre folli criminali di fama internazionale.
Uno era una personalità ritenuta disgustosa dai suoi stessi compagni,un grassone ornato di medaglioni d'oro e camice sbottonate per la fuoriuscita della folta peluria. Di origini serbe, aveva come precedenti anni di guida al comando di gruppi banditi e saccheggiatori della vecchia Iugoslavia, stessi gruppi che accolsero Helèna dopo la sua fuga dall'esercito statunitense. L'uomo, che veniva chiamato Bota si vantava spesso di aver avuto le migliori donne del mondo, tutte a pagamento, e in seguito, per relazione dei suoi racconti, la maggioranza si sarebbero innamorate di lui. Heléna lo vedeva solo come una palla di lardo, piena di soldi sì, ma ancora per poco pensava, perché effettivamente non stava simpatico al Grande Capo della Maskhadov e se la sua amicizia con qualche sottocapo russo sino a quel momento gli aveva portato fortuna, il suo destino era quello di perdersi dalle file della rivoluzione armata che stava accadendo per le strade europee.
Il secondo era un assassino russo dalla promettente carriera nel campo del terrorismo; un ragazzo biondo vestito con capi costosi e dal buon gusto. Gilet e cravatte di alta scuola, per chi nel mestiere doveva dare una buona presenza.
Nonostante la sua giovane età era un veterano nella Maskhadov; era conosciuto in quell'ambiente come Nil, l'uomo dalla mano ferma, sgozzatore di prima scelta,chirurgo d'alta scuola. In realtà non sgozzava neanche più da quando era stato messo a comandare una batteria di sette uomini. I suoi buoni rapporti con Bota lo stavano portando a controllare i traffici russi sul fronte dei Balcani,ma Bota non era poi così stupido da non sapere che di quel giovane non c'era proprio da fidarsi: per la sua troppa ambizione, per la sua follia che lo portava ad amare il terrore e il potere. Nil non si sarebbe fatto scrupoli a sacrificare uno qualsiasi dei suoi colleghi, questo i suoi colleghi lo sapevano bene.
Il terzo era Ludovich, un ragazzo le cui apparenze tutt'altro portavano a pensare ad un terrorista d'assalto. Era molto magro, di una magrezza che portava a pensare che fosse malato. Vestiva quasi sempre in grigio o di un nero sbiadito su giacconi lunghi e vecchi. Lo si vedeva di continuo fumare e scrivere, trasandato e di malaspetto; si esprimeva raramente con gli altri e per questo motivo ogni cosa che poteva passargli per la mente, restava chiusa in quel cervello. Sicuramente non era portato ad uccidere al contrario degli uomini che sino ad allora aveva condotto alla battaglia; non era portato per sparare alla gente, non era neanche tanto bravo con le pistole, peggio se si trattava di pugnali o scontri ravvicinati ma se la Maskhadov aveva bisogno di lui, allora voleva significare che quel ragazzo nascondeva qualcosa, qualcosa di molti più esplosivo di una pistola.
Conobbe Heléna lavorando anche lui per Bota, tra assalti a carri blindati e carneficine di interi villaggi.
Era diventato in poco tempo il suo migliore amico prendendosi cura di lei e in più di qualche circostanza le aveva anche salvato la vita. Nella vita precedente era stato anche un eccellente pianista ,questo prima di perdere le intere capacità ad una mano, rimaneva poi un uomo di cultura e amante della letteratura. In particolare quella russa.
Bota  vide entrare Heléna  per primo.
-oh ma ecco il nostro ragazzaccio dal culo formato! Ieri sera si che sembrava satana sceso in terra; mai visto un essere umano uccidere con tanta capacità!
-Taci Bota, oggi non ho proprio voglia di stare a sentire le tue stronzate.- rispose lei.
Poi si avvicinò Nil posandole un braccio intorno al collo.
-Bota questa volta ha detto il vero, sei stata magnifica tesoro.-

Con un'espressione di netto fastidio, Heléna guardò il suo amico Ludovich che stava piegato su una sedia a prendere un thé, non si curava dell'arrivo, tant'è che lei era più infastidita per quello,che per lo stato di ubriachezza nel quale versavano Bota e Nil.
Nil aggiunse subito:
-Ed ora che questi giornalisti di merda sono fuori dalle palle non ci rimane che fare il botto finale e prenderci un meritato riposo tutti quanti.
Vedrai Heléna, presto saremo fuori da questa città così triste;ti porterò in un posto dove ce ne staremo tutto il giorno in spiaggia io e te, in costume a prendere il sole...e magari...- Nil le si avvicinò con le labbra.
- Magari cosa?Smettila Nil!Puzzi come una capra;Finito il lavoro a Berlino me ne torno in Italia. Vero Ludo che ce ne torniamo in Italia?-
Ludovich aveva la sua tazza in mano e appariva molto più distante da tutti loro come se non fosse presente nella stanza. Era più magro in quel periodo; visibilmente sembrava essere consumato da qualche pensiero insolito. Si accese una sigaretta non curandosi di niente.
-Vero che torniamo in Italia Alexander?- ripetette lei.
Allora Ludovich si rivolse verso di loro, sorridendo quasi forzatamente. Poi parlò:
-Helèna forse non lo sai ancora, ma in Italia, le cose... vanno molto male. Le rivolte sono arrivate dalle provincie alle città; come se non bastasse il capo del governo è sparito, non si hanno più sue notizie da giorni. Nessuno sa dove sia; andare in Italia di questo periodo sarebbe come consegnarci alla polizia.-Lei si liberò dal braccio di Nil ribattendo:
-Ma come? Me lo avevi detto tu che saremmo tornati a casa dopo questo lavoro! Che se la vedano loro la loro rivoluzione, perché lo sai anche tu che tutto questo spargimento di sangue sta diventando incontrollabile oltre che sempre più assurdo!
-Cosa vuoi fare, tornare a Milano? Fa' pure.
-Sai benissimo che io porterò a termine ogni mio lavoro, ma perché prolungarlo più del dovuto? Avevamo lasciato Sarajevo solo per fare qualche lavoretto e ora stiamo facendo fuori tutta la C.S.U.; ci rendiamo conto? Questo per far arrivare un gruppo di pazzi e fanatici russi al potere in Russia? Non ti pare una follia?
Intervenne poi Nil dicendo:
-Eih Eih, calma! - Intervenne Nil abbastanza indispettito.-La Maskhadov sa  perfettamente dove vuole arrivare e lo sta facendo con l'unico mezzo possibile. Quando tutto sarà finito, la gente potrà uscire tranquilla dalla propria porta di casa, allora capirete cosa è stata la Maskhadov e il dono che avrà lasciato al mondo questa rivoluzione.-
Al commento di Nil, Ludovich piegò la testa quasi si fosse vergognato un po' per lui ma non distolse l'attenzione dal discorso con Helèna.
-Helèna,ti pagano profumatamente o sbaglio? Una volta che i russi avranno spazzato i rispettivi leader europei, io e te saremo così ricchi e ancora giovani da poter fare ciò che più ci piacerà.-
Le disse garbatamente il suo amico.
-No Ludovich, ti stanno manipolando, questa gente ha ideali del tutto contrari alla libertà; se ti dicono che abbatteranno le leggi del capitalismo, che esisterà una legge in grado di togliere la fame dalle città e formare un equilibrio sociale ti stanno solo prendendo per il culo! Questa è gente che parla ancora di comunismo ma aimé, nella forma più atroce che il mondo abbia mai conosciuto; una dittatura sanguinaria e suicida, perché una volta arrivati al potere si squarteranno l'uno con l'altro. Proprio come Stalin avrebbe fatto con Lenin!
- E a me cosa interesserà di Stalin? Giace sepolto nel vicinanze del Cremlino! Lo faccio solo per avere i miei soldi io. Dopo che facciano quello che crederanno opportuno.
-Cazzate! Lo so che non lo fai solo per i soldi e ti stai mangiando il cervello caro mio; ragioni come un qualsiasi giovane soldato, ma tu non sei un soldato Ludovich, sei un musicista e non c'entri niente con questi animali!

Bota si alzò dallo sgabello dove era seduto. Indossò la sua giacca e poi puntò il dito contro Heléna.
-Tu ragazza stai prendendo un andamento che non mi piace affatto! Non vorrei mai che gli americani venissero a sapere che il loro soldato ribelle è qui nella nuova Germania a fare discorsi contro la gente che sin ora le ha dato da mangiare. Perché sai che questo potrebbe accadere immediatamente se al vecchio Bota girano le palle. A quel punto faresti prima ad andare dal Grande Capo e dire che sei una puttanella vogliosa di prendere cazzi in culo, allora sì che il Grande Capo sarebbe così misericordioso da risparmiarti la vita e chiuderti in un bordello. Magari quando avremo il controllo di Praga ne gestirai uno tutto tuo eh? Ti piace l'idea?
-Bota mi fai schifo! Ma nonostante questo riesco a provare pena per te. La stessa pena che i russi mi hanno insegnato per te. Ti faranno fuori una volta che i tuoi servigi nei Balcani non serviranno più alla loro causa. Sei un essere così misero che non  te ne renderesti conto neanche se te lo affermasse il Grande Capo in persona, povero verme!- Agguantò lo stesso bicchiere nel quale Bota aveva bevuto e stava per scagliarglielo contro quando Nil la fermò. Il grassone, intanto, se la rideva
-Certo certo, sono io quello che fa schifo, mentre tu sei una santa che uccide per il bene comune. Allora perché non mi purifichi? Purificami troietta, purificami!! hahaha voglio essere salvato!!!

La porta venne sbattuta con violenza ed i tre giovani rimasero soli nel night club che a quell'ora era chiuso al pubblico. Nil continuava a versare della vodka in un bicchiere e mandare giù con segni di sforzo sul suo volto.


   
 
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