"Coloro
che fanno una rivoluzione a metà, non hanno fatto altro che
scavarsi una tomba" Louis
de Saint-Just.
Ho iniziato a
partorire l'idea di questo racconto più di due anni fa, ma
proprio poiché trattavasi solo di un'idea non si poneva
alcuno scopo preciso. Più avanti, con il tempo, ho capito
che le storie belle ed appassionanti possono mutare realmente in
qualcosa, anche se questa è solo una forte convinzione di
un ideale. Forse dentro questa storia e dentro questi personaggi
troverete qualche ideale politico , forse troverete voi
stessi in un'ipotetica vita alternativa; mi preme dire che non
troverete nulla se costantemente nella vostra vita non vi
foste domandati dove diavolo stiamo andando tutti quanti.
Gli ideali nella vita sono tutto, capirne il senso della stessa,
anche quello più macabro, anche quello più violento.
In contrapposizione a questo, troverete anche l'amore nella sua
forma più pura, senza preamboli coniugali di alcun tipo,
troverete la vostra giovinezza che sta fuggendo via pian piano
nelle decisioni di tutti i giorni. Chiedetevi ancora una volta
cosa veramente conta nella vostra vita. Buona lettura.
Prologo
In
una strada poco distante dalla Heinrich Heine Platz, in una
Berlino nevosa, incupolata dal silenzio agghiacciante e presa da
un freddo che pungeva il cuore di ogni cittadino dall'animo
sensibile, sorgeva Berlino come una sfera di vetro dentro la
quale,al suo capovolgersi,viene a crearsi una bufera di neve ogni
mezz'ora circa. Percorreva il suo cammino una giovane ragazza nata
a Singapore. Lei, Helèna,era stata addestrata per un anno
dall'esercito americano, prima di fuggire nei Balcani. A Sarajevo
si era unita ad un gruppo di criminali. Nel suo ambiente veniva
descritta come un esemplare raro di assassino: giovanissima,forte,
aveva capacità che la vedevano infallibile negli scontri a
fuoco dalla distanza e assai temibile negli scontri
ravvicinati. In quella mattina era fissa sui suoi
scarponi.Pareva contare i passi che le mancavano per arrivare
all'incrocio successivo. Tutto ero ricoperto da un manto bianco,
un candido velo a coprire in quei giorni tutto il sangue che
veniva versato per le strade, negli uffici, nei vicoli bui di una
Berlino senza pace, spaventata come non accadeva da quasi un
secolo .Quando i campanelli posti su una porta di una drogheria
spezzarono il suono del vento, si accorse di essere osservata: gli
scarponi si fermarono nel bianco della strada. La neve riprese
a cadere.Fermo sul palo di una svolta, c'era un ragazzetto che
avrà avuto dieci anni alla vista. Serioso, la guardava
dalla testa ai piedi. Allora gli scarponi continuarono a solcare
il soffice manto bianco, questa volta molto più lentamente;
si fermarono. Il silenzio era nell'angolo di Berlino e
dominava. -Ti chiami Helèna vero? -Sì, tu cosa
vorresti essere ragazzino? -Se permetti... un tuo
tornaconto. -Ti concedo qualche istante per spiegarti meglio e
cerca di essere convincente...perché non ho tempo da
perdere con chi dovrebbe essere a scuola in questo momento. -Non
voglio disturbarti ma...ieri sera tu e la tua banda...
Fu
in quel preciso istante che la ragazza sollevò lo sguardo
rivolgendolo al bambino, dandone una qualsiasi importanza. L'aria
spostò i suoi capelli rossi e gli occhi di quella giovane
ragazza non si vedevano più, erano come oscurati più
che dalla frangia di capelli, dal passaggio del sole: una sagoma
nera. Il bambino allora si fece sorprendere agitato, stringeva i
pugni portandoseli di tanto in tanto al naso rosso dal freddo;
perdeva muco che asciugava con l'estremità di un cappotto
invernale. - Stai sbagliando persona ragazzino... -Non
sono qui per dire che andrò alla polizia pur avendo visto
le vostre facce schifose, ma giuro sul nome di mio padre
che... -Chi è tuo padre ragazzino? -Karl Vogt il
proprietario del giornale che aveva denunciato i patti tra voi
mafiosi e il signor Seidel. -Sei un po' troppo giovane per
interessarti alla politica non ti pare? Non lo faccio neanche io,
perché mai un bambino dovrebbe avvelenarsi tanto? -Con
quale coraggio vieni a dirmi questo, dopo aver ucciso mio padre e
i suoi collaboratori ieri sera?!Siete gente spietata!! ... siete
assassini maledetti!!
Un
altro suono di campanelli della drogheria vicina e poi un altro
soffio di gelo, questa volta dal suono funebre; un macabro strato
di nuvole li raggiunse. Qualcosa era nell'aria da giorni e forse
era destinata a consumarsi in quella strada. I pugni si
stringevano sempre più nervosi, i denti denti si sfregavano
incessantemente. La ragazza a questo punto portò il suo
volto a quello del ragazzetto e con l'estremità di due dita
prese lievemente il suo mento.
-Se
tuo padre è morto, io non posso farlo tornare in vita. Se è
una vendetta quella che stai cercando, da solo, per le strade
ghiacciate di Berlino, quando poi, non sai ancora allacciarti le
scarpe, sappi che dovrai andare molto più lontano da qui...
e non certo dovrai perder tempo discutendo con un piccolo sicario
come me. Quello che ti consiglio io è di tornare a scuola,
prenderti cura di tua madre e farti una nuova vita. Magari
cercando di non entrare nell'editoria dei giornali un domani,
stando lontano dalla politica e dai grossi affari. Sei così
maturo da capire vero? Perché non ti rimane grande scelta
se non accettare la realtà.
Il
ragazzetto chinò il capo posseduto da un atteggiamento di
sgomento.Il suo volto era afflitto da tali parole dette con somma
disinvoltura da una donna dalla pelle liscia come l'immagine di un
latte puro e fresco. Eppure non c'era dolcezza in quelle parole,
solo morte e spietatezza nei confronti di un fanciullo privato del
proprio padre. -Helèna nel mio futuro... io ti ucciderò,
con te... tutti i tuoi amici.- La ragazza si risollevò
in tutta indifferenza; il capo era tornato oscurato da una frangia
rossa di capelli. L'angolo di Berlino tornò deserto.
Capitolo
I
"L'EUROPA
TINTA DI ROSSO"
Berlino
parte
prima
Scese
per la metropolitana dove si vedeva la prima gente affarista della
grande Berlino. Impiegati, medici, ingegneri o ancora meglio:
donne delle pulizie e artisti da strada che aspettavano la linea
8. La porta del vagone si aprì. Lei era avvolta da luci
a neon blu,accecanti per i suoi occhi,dentro ad un nuovo mattino
contornato dagli ennesimi orrori di gente uccisa la sera
prima. Era a Berlino da poche ore e già guardava ogni
riflesso di un qualsiasi vetro, era attenta e sfruttava ogni
minimo specchietto che si trovasse nelle vicinanze. Helèna
si guardava le spalle da tutti e diversamente non poteva fare
avendo sopra la sua testa cospicue somme di denaro per chi
l'avesse consegnata alla polizia internazionale. Ormai era
abituata a dormire in stanze d'albergo con serrande totalmente
chiuse, era abituata a ricevere la colazione in camera con una
pistola posta dietro la cintura dei pantaloni. Non si fidava di
nessuno se non del suo amico Ludovich anche se, delle volte,
le passava per la mente che era stato proprio lui a condurla in
tali situazioni. Continuava a vivere facendo finta di guardare
punti nel vuoto delle grandi città, mentre scrutava e
disegnava l'ambiente intorno a lei. Nella sua mente era pronta a
tutto, la sua giovane esistenza poteva terminare in un momento
qualsiasi della sua giornata. Nella metrò vi era molta
gente, la maggior parte aveva sopra i profumi dei cartelloni
pubblicitari che scorrevano in fretta lungo il tunnel, fuori al
vagone. Ci si rendeva conto effettivamente che tutto stava mutando
in un enorme manifesto pubblicitario:pubblicità di
corpi tonici, di donne sorridenti e libere; di maschi possenti e
sani. La gente della metrò non era esattamente come
te l'aspetti dalla pubblicità: avevano dei grossi
margini di errore ma con la valigetta sempre pulita ed ordinata
di scartoffie economiche e falsi bilanci, di relativi sistemi di
mercato, di lucenti orologi e touch screen ben in vista per
parlare al mondo del loro fantastico lavoro. Contribuivano a
condurre il mondo verso un enorme baratro o verso un altro enorme
manifesto pubblicitario. Questo è quello che Heléna
pensava di loro. Più volte si era detta che avrebbe
preferito fare la donna delle pulizie piuttosto che lavorare
in ufficio a leccare il sedere a qualche grosso dirigente.
Casualmente quella mattina, Heléna guardava una donna
seduta vicino alla porta con aria di interesse se non di una
strana ammirazione. La donna dall'aria mite e umile aveva una
borsa sulle gambe, guardava dritto davanti a sé. Pensò
che quella donna poteva essere lei stessa, un po' più in là
con gli anni, una Heléna in una vita costruita su
prospettive meno complicate, una vita fatta di studi magari e di
lavori onesti per mandar avanti l'affitto di casa. Mise le mani in
tasca e le sfregò su fogli di carta, aveva
milleduecentoquindici euro e vent'anni. La testa le girava,
sudava freddo e più cercava di distogliere lo sguardo da
quella donna, più avvertiva un male allo stomaco. Cadde in
un senso di debolezza e svenimento. Passò un controllore,
Heléna rimise le mani in tasca strofinando nuovamente
quella carta, poi cacciò un centone. -Tenga questi
dovrebbero bastare per la multa. Il controllore la guardò
esterrefatto, si sistemò il berretto e si guardò
attorno. -Multa? Ma veramente...ok, può darmi i suoi
dati signorina? Devo farle il verbale. -Penso che i soldi
debbano bastare anche per i miei dati o ne vuole ancora per
caso? Si asciugò del sudore sulla frangia rossa, si
tenne nuovamente al palo per non cadere, poi si piegò
portandosi l'altro braccio sullo stomaco. -Signorina si sente
bene? -Certo ma lei deve sparire dalla mia vista, se non vuole
che io dica a qualcuno che da oggi i biglietti della metropolitana
sono in effettivo aumento. Il controllore si guardò
attorno più di una volta, poi si allontanò da lei
per proseguire il suo giro di controllo. Nella vita dovremmo
tutti fare il nostro mestiere, un lavoro per il quale siamo
portati e che non ci rechi malessere, molte persone
delinquerebbero ma ci sarebbe sicuramente molta più
giustizia di quanta ve ne sia oggi. Questo è ciò che
pensava Heléna.
La
porta si aprì a Potsdamer Platz. Lei scese molto
lentamente incrociando nella stessa lentezza ed una vampata di
colore due guardie della polizia. Due uomini ben piazzati,
parlavano un tedesco a lei indecifrabile o forse stava solo per
cadere al suolo quando uno dei due le fece un occhiolino. Si
riprese da lì a breve, poi camminò di fretta verso
l'uscita. Poco distante dalla metropolitana c'era un night club
inaugurato da poco, lì aspettavano il suo arrivo già
da una decina di minuti tre folli criminali di fama
internazionale. Uno era una personalità ritenuta
disgustosa dai suoi stessi compagni,un grassone ornato di
medaglioni d'oro e camice sbottonate per la fuoriuscita della
folta peluria. Di origini serbe, aveva come precedenti anni di
guida al comando di gruppi banditi e saccheggiatori della vecchia
Iugoslavia, stessi gruppi che accolsero Helèna dopo la sua
fuga dall'esercito statunitense. L'uomo, che veniva
chiamato Bota si vantava spesso di aver avuto le
migliori donne del mondo, tutte a pagamento, e in seguito, per
relazione dei suoi racconti, la maggioranza si sarebbero
innamorate di lui. Heléna lo vedeva solo come una palla di
lardo, piena di soldi sì, ma ancora per poco pensava,
perché effettivamente non stava simpatico al Grande
Capo della Maskhadov e se la sua amicizia con qualche
sottocapo russo sino a quel momento gli aveva portato fortuna, il
suo destino era quello di perdersi dalle file della rivoluzione
armata che stava accadendo per le strade europee. Il secondo
era un assassino russo dalla promettente carriera nel campo del
terrorismo; un ragazzo biondo vestito con capi costosi e dal buon
gusto. Gilet e cravatte di alta scuola, per chi nel mestiere
doveva dare una buona presenza. Nonostante la sua giovane età
era un veterano nella Maskhadov; era conosciuto in
quell'ambiente come Nil, l'uomo dalla mano ferma, sgozzatore
di prima scelta,chirurgo d'alta scuola. In realtà non
sgozzava neanche più da quando era stato messo a comandare
una batteria di sette uomini. I suoi buoni rapporti con Bota lo
stavano portando a controllare i traffici russi sul fronte
dei Balcani,ma Bota non era poi così stupido
da non sapere che di quel giovane non c'era proprio da fidarsi:
per la sua troppa ambizione, per la sua follia che lo portava ad
amare il terrore e il potere. Nil non si sarebbe fatto
scrupoli a sacrificare uno qualsiasi dei suoi colleghi, questo i
suoi colleghi lo sapevano bene. Il terzo era Ludovich, un
ragazzo le cui apparenze tutt'altro portavano a pensare ad un
terrorista d'assalto. Era molto magro, di una magrezza che portava
a pensare che fosse malato. Vestiva quasi sempre in grigio o di un
nero sbiadito su giacconi lunghi e vecchi. Lo si vedeva di
continuo fumare e scrivere, trasandato e di malaspetto; si
esprimeva raramente con gli altri e per questo motivo ogni cosa
che poteva passargli per la mente, restava chiusa in quel
cervello. Sicuramente non era portato ad uccidere al contrario
degli uomini che sino ad allora aveva condotto alla battaglia; non
era portato per sparare alla gente, non era neanche tanto bravo
con le pistole, peggio se si trattava di pugnali o scontri
ravvicinati ma se la Maskhadov aveva bisogno di lui,
allora voleva significare che quel ragazzo nascondeva qualcosa,
qualcosa di molti più esplosivo di una
pistola. Conobbe Heléna lavorando anche lui
per Bota, tra assalti a carri blindati e carneficine di
interi villaggi. Era diventato in poco tempo il suo migliore
amico prendendosi cura di lei e in più di qualche
circostanza le aveva anche salvato la vita. Nella vita precedente
era stato anche un eccellente pianista ,questo prima di perdere le
intere capacità ad una mano, rimaneva poi un uomo di
cultura e amante della letteratura. In particolare quella
russa. Bota vide entrare Heléna per
primo. -oh ma ecco il nostro ragazzaccio dal culo formato! Ieri
sera si che sembrava satana sceso in terra; mai visto un essere
umano uccidere con tanta capacità! -Taci Bota, oggi non
ho proprio voglia di stare a sentire le tue stronzate.- rispose
lei. Poi si avvicinò Nil posandole un braccio
intorno al collo. -Bota questa volta ha detto il vero,
sei stata magnifica tesoro.-
Con
un'espressione di netto fastidio, Heléna guardò
il suo amico Ludovich che stava piegato su una sedia a
prendere un thé, non si curava dell'arrivo, tant'è
che lei era più infastidita per quello,che per lo stato di
ubriachezza nel quale versavano Bota e Nil. Nil aggiunse
subito: -Ed ora che questi giornalisti di merda sono fuori
dalle palle non ci rimane che fare il botto finale e prenderci un
meritato riposo tutti quanti. Vedrai Heléna, presto
saremo fuori da questa città così triste;ti porterò
in un posto dove ce ne staremo tutto il giorno in spiaggia io e
te, in costume a prendere il sole...e magari...- Nil le
si avvicinò con le labbra. - Magari cosa?Smettila
Nil!Puzzi come una capra;Finito il lavoro a Berlino me ne torno in
Italia. Vero Ludo che ce ne torniamo in Italia?- Ludovich aveva
la sua tazza in mano e appariva molto più distante da tutti
loro come se non fosse presente nella stanza. Era più magro
in quel periodo; visibilmente sembrava essere consumato da qualche
pensiero insolito. Si accese una sigaretta non curandosi di
niente. -Vero che torniamo in Italia Alexander?- ripetette
lei. Allora Ludovich si rivolse verso di loro,
sorridendo quasi forzatamente. Poi parlò: -Helèna
forse non lo sai ancora, ma in Italia, le cose... vanno molto
male. Le rivolte sono arrivate dalle provincie alle città;
come se non bastasse il capo del governo è sparito, non si
hanno più sue notizie da giorni. Nessuno sa dove sia;
andare in Italia di questo periodo sarebbe come consegnarci alla
polizia.-Lei si liberò dal braccio di Nil ribattendo: -Ma
come? Me lo avevi detto tu che saremmo tornati a casa
dopo questo lavoro! Che se la vedano loro la loro rivoluzione,
perché lo sai anche tu che tutto questo spargimento di
sangue sta diventando incontrollabile oltre che sempre più
assurdo! -Cosa vuoi fare, tornare a Milano? Fa' pure. -Sai
benissimo che io porterò a termine ogni mio lavoro, ma
perché prolungarlo più del dovuto? Avevamo lasciato
Sarajevo solo per fare qualche lavoretto e ora stiamo facendo
fuori tutta la C.S.U.; ci rendiamo conto? Questo per far arrivare
un gruppo di pazzi e fanatici russi al potere in Russia? Non ti
pare una follia? Intervenne poi Nil dicendo: -Eih
Eih, calma! - Intervenne Nil abbastanza
indispettito.-La Maskhadov sa perfettamente dove vuole
arrivare e lo sta facendo con l'unico mezzo possibile. Quando
tutto sarà finito, la gente potrà uscire tranquilla
dalla propria porta di casa, allora capirete cosa è stata
la Maskhadov e il dono che avrà lasciato al mondo questa
rivoluzione.- Al commento di Nil, Ludovich piegò la
testa quasi si fosse vergognato un po' per lui ma non distolse
l'attenzione dal discorso con Helèna. -Helèna,ti
pagano profumatamente o sbaglio? Una volta che i russi avranno
spazzato i rispettivi leader europei, io e te saremo così
ricchi e ancora giovani da poter fare ciò che più ci
piacerà.- Le disse garbatamente il suo amico. -No
Ludovich, ti stanno manipolando, questa gente ha ideali del tutto
contrari alla libertà; se ti dicono che abbatteranno le
leggi del capitalismo, che esisterà una legge in grado di
togliere la fame dalle città e formare un equilibrio
sociale ti stanno solo prendendo per il culo! Questa è
gente che parla ancora di comunismo ma aimé, nella forma
più atroce che il mondo abbia mai conosciuto; una dittatura
sanguinaria e suicida, perché una volta arrivati al potere
si squarteranno l'uno con l'altro. Proprio come Stalin avrebbe
fatto con Lenin! - E a me cosa interesserà di
Stalin? Giace sepolto nel vicinanze del Cremlino! Lo faccio solo
per avere i miei soldi io. Dopo che facciano quello che crederanno
opportuno. -Cazzate! Lo so che non lo fai solo per i soldi e ti
stai mangiando il cervello caro mio; ragioni come un qualsiasi
giovane soldato, ma tu non sei un soldato Ludovich, sei un
musicista e non c'entri niente con questi animali!
Bota si
alzò dallo sgabello dove era seduto. Indossò la sua
giacca e poi puntò il dito contro Heléna. -Tu
ragazza stai prendendo un andamento che non mi piace affatto! Non
vorrei mai che gli americani venissero a sapere che il loro
soldato ribelle è qui nella nuova Germania a fare discorsi
contro la gente che sin ora le ha dato da mangiare. Perché
sai che questo potrebbe accadere immediatamente se al vecchio Bota
girano le palle. A quel punto faresti prima ad andare dal Grande
Capo e dire che sei una puttanella vogliosa di prendere cazzi in
culo, allora sì che il Grande Capo sarebbe così
misericordioso da risparmiarti la vita e chiuderti in un bordello.
Magari quando avremo il controllo di Praga ne gestirai uno tutto
tuo eh? Ti piace l'idea? -Bota mi fai schifo! Ma
nonostante questo riesco a provare pena per te. La stessa pena che
i russi mi hanno insegnato per te. Ti faranno fuori una volta che
i tuoi servigi nei Balcani non serviranno più alla loro
causa. Sei un essere così misero che non te ne
renderesti conto neanche se te lo affermasse il Grande Capo in
persona, povero verme!- Agguantò lo stesso bicchiere nel
quale Bota aveva bevuto e stava per scagliarglielo
contro quando Nil la fermò. Il grassone, intanto,
se la rideva -Certo certo, sono io quello che fa schifo, mentre
tu sei una santa che uccide per il bene comune. Allora perché
non mi purifichi? Purificami troietta, purificami!! hahaha voglio
essere salvato!!!
La
porta venne sbattuta con violenza ed i tre giovani rimasero soli
nel night club che a quell'ora era chiuso al pubblico. Nil
continuava a versare della vodka in un bicchiere e mandare giù
con segni di sforzo sul suo volto.
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