Film > Saw - L'enigmista
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Autore: Unusualize    27/11/2010    4 recensioni
Prometti che mi apparterrai con ogni cellula del tuo corpo?
Prometti che ti fiderai ciecamente di me, esattamente come hai fatto durtante il tuo gioco?
Prometti che porterai avanti la mia missione, una volta che sarò morto?
Se mai bramerai la mia morte, Amanda, la tua sola arma dovrà essere la pazienza. Qualunque pistola, coltello, veleno, non farà che accelerare l'inevitabile. Mi conosci, sai che non dico bugie. Ricorda:
hai giurato tre volte.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Amanda Young, John Kramer
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Stavo caminando per quel labirinto di corridoi da dieci minuti buoni.
Avanzavo con cautela. Esaminavo ogni cosa attorno a me, ogni rumore, ogni cambio di luce dovuto alle improvvise svolte. Mettevo un piede davanti l’altro con il terrore che da un momento all’altro qualcosa mi sarebbe piombato sulla testa. Avevo gli occhi sbarrati a sfruttare la luce delle vecchie e sporche lampade sparpagliate sul soffitto. Nonostante fosse la seconda volta che mettevo piede lì dentro, ammisi a me stessa che me lo ero immaginata diverso: l’avevo dipinto nella mia mente come un carnaio di corpi mutilati gettati a casaccio e abbandonati alla putrefazione, un intreccio di urla e lamenti e pianti e grida accompagnato dal continuo cigolio delle catene e dal ronzio di una vecchia televisione e da una voce profonda desiderosa di iniziare i giochi.
Ma fui ingenua. Possedeva tanta maestria da costruire da vecchi macchinari le proprie trappole, curandole nei particolari, assistendole fino all’ultimo momento possibile, come un collezionista minuzioso che pretende di lucidare la sua ultima favorita e metterla in mostra. Era logico che avesse anche trovato un modo per far sparire i corpi.
A volte la stoltezza, la paura e la disperazione creano una fantasia che difficilmente la ragione sa spiegare, ma che aiuta l’animo a calmarsi.
Svoltai l’angolo a destra (il terzo, ragionai, e avevo girato solo due volte a sinistra) e proseguì. Aguzzai vista e udito, alla fine avrei sentito qualcosa.
Crack.
Mi impietrì sul posto prima di accorgermi, con un minimo movimento della suola sinistra, che ero stata io a produrre quel suono. Guardai sul pavimento: qualcosa luccicava.
Un ciondolo in plastica colorata a croce latina sembrava essere stato abbandonato sul pavimento senza cura. Lo rigirai tra le dita: lungo un braccio della croce era stata incisa una piccola A con una lametta da rasoio.
Amanda
-Devo averlo perso quando sono corsa via da qui- pensai sfiorando delicatamente quel misero pezzo di plastica, regalo di alcune mie amiche per il mio quindicesimo compleanno. Le avevo perse tutte di vista col passare degli anni: riuscivo appena a ricordare i loro nomi. Quelle polverine bianche che mi proponevano, i liquori che mi versavano nel bicchiere dovevano avermi bruciato parecchie cellule del cervello.
Mi misi in tasca il ciondolo e andai avanti, nella speranza che lui non avesse abbandonato l’edificio.

Nel terrore che qualcuno mi stesse seguendo corsi via da quella stanza e attraversai di fretta i corridoi. Disperata trovai una porta e spinsi il maniglione antipanico per quindi sbucare in una strada deserta. Controllato un'ultima volta che alle mie spalle non ci fosse nessuno, iniziai a correre.
Non sapevo dove mi trovassi ma la fortuna era dalla mia. Fatti alcuni metri, un autobus si fermò alla sua fermata e mi lanciai a bordo.
Questo chiuse le porte ed ebbi l'occasione di riprendere fiato. Guardai la sua corsa: abitavo a poche fermate da lì, ma non avevo gli spiccioli per un biglietto.
-Mi spiace, non ho soldi- rantolai a fatica. La mascella faceva male per la pressione a cui era stata sottoposta con la maschera, ed ero sicura di non avere un bell' aspetto. Lo notò anche il conducente: sbuffò, pronto a rimproverarmi, ma quando mi guardò non fece altro se non spalancare la sua bocca all'aroma di ciambelle digerite e boccheggiare: "Non si preoccupi, signorina".
Mi abbandonai su uno dei tanti sedili vuoti tenendomi alla larga da una vecchietta che stringeva la borsetta fuori moda al petto guardandomi con occhi agghiacciati e da un gruppo di rapper che mi indicavano e sussurravano tra di loro commenti. Guardai fuori dal finestrino nel tentativo di distrarmi, volendo solo andare a casa. Il mio riflesso nel vetro del finestrino non era una bella visione: avevo gli occhi rossi e gonfi, il mascara colato su entrambe le guance,un segno rosso fuoco a lato della bocca e del sangue mi colava dal naso. Feci per pulirlo con il dorso della mano, ma risultò inutile perché c'era sangue anche su quella.
Tre fermate dopo scesi e mi diressi in una piccola stradina costeggiata da condomini dal malandato aspetto. Proprio in fondo al vicolo cieco, in quello che era il più vecchio dei fabbricati, scavalcai il cancello di ferro e mi trascinai al quatro piano, dove la porta del mio appartamento non era chiusa a chiave. Sarei stata più meravigliata se lo fosse stata.
Accesi l'unica luce del soggiorno che illuminava appena la mobilia intorno a sé, ma mi bastava: qualunque cosa pur di non essere circondata dal buio completo!
Aprì l'acqua della doccia e mi ci buttai sotto guardando il liquido rosso scorrere via nel canale di scolo finchè l'acqua fu di nuovo limpida; presi il mio sapone preferito -all'aroma di rosa- e mi diedi un'insaponata. Tirai con un gesto secco la tendina della doccia e afferrai un asciugamano arancione sbiadito avvolgendomelo intorno, fissandolo sopra il seno. Asciugai il vapore dallo specchio del lavandino e mi guardai: avevo tolto tutto il trucco sciolto e il segno rosso a lato della bocca sarebbe svanito in pochi giorni.
Di sicuro non come la memoria di quelle ultime ore. Meritavo il gioco di Jigsaw. Catturata da un vizio imparato dietro le sbarre lasciavo che la vita scivolasse via tra le mie dita come acqua.
Ma avendo vinto, una seconda chance aveva bussato alla mia porta. Avrei preso di nuovo in mano la mia vita: ero sempre stata portata per le scienze. Magari avrei potuto riprendere gli studi di medicina, trovando un lavoro part time per bilanciare i conti. Ciò che mi aveva lasciato mamma stava pian pian diminuendo.

Aspettando che le gocce d'acqua si asciugassero dal mio corpo, tolsi tutti i nodi dai miei capelli e rimurginai su tutto ciò che avrei potuto fare finchè il sonno prese sopravvento sulla mia mente. Indossato un pigiama, mi trascinai verso il letto accendendo la lampada sul comodino. Presi un paio di respiri profondi per calmare i nervi, spiumacciai il cuscino e mi sedetti sul bordo del materasso cigolante.
-Amanda-
Il mio sangue gelò a quel sussurro. La sua voce era echeggiata nella mia mente per tutto il tempo durante il mio gioco, impartendomi regole ferree con voce comunque delicata, mi trovai a pensare.
-Non avere paura- continuò l'Enigmista. Sapevo per esperienza che potevo fidarmi.
Mi voltai appena per vedere una figura gracile e pallida seduta sulla poltroncina sotto la finestra dove ero solita leggere i classici che piena di speranze, pian piano perdute, durante il trasloco, avevo posto in ordine cronologico sulla libreria accanto. Notando la pila di volumi che aveva in grembo, capì che mi stava aspettando da tempo.
Con gesti tremanti rimise i libri esattamente dove li aveva ritrovati e, a piccoli passi incerti, mi raggiunse. Avrei avuto tutto il tempo per scappare via o chiamare la polizia, ma non mi mossi.
-Mi chiamo John Kramer- disse tendendomi una mano. Io gli offrì la mia e la strinse.
-Sono desolato per il dolore che ti ho causato, ma capirai che è stato solo ed esclusivamente per il tuo bene se ho fatto ciò che ho fatto-
Annuì, consapevole delle sue parole e ammaliata dalla sua gentilezza e compostezza.
-Sei stata molto brava, comunque. Hai trovato la forza di vivere e ti sei salvata-
Di nuovo annuì, incapace di fare altro o controbattere: aveva ragione sotto ogni punto di vista, e la mia mascella doleva troppo per riuscire a formulare una frase comprensibile all'orecchio.
-Il dolore passerà tra qualche giorno, ma spero che non lascerai fuggire il ricordo del gioco così velocemente-
Scossi la testa.
- La tua vita è appena iniziata, Amanda- si accomodò sul letto accanto a me- La tua volontà di vivere ha superato la paura di trovarti in un posto sconosciuto. Ha superato il dolore di avere una trappola mortale incastrata sulla testa e il ribrezzo di cercare la chiave della salvezza tra le membra del tuo vecchio compagno di cella. Ha superato tutto questo. E spero che tu ci penserai seriamente prima di imboccare di nuovo la strada verso la droga-
Annuì una terza volta. Mi regalò un ghigno, divertito non so bene da cosa.
-Molto bene. Volevo solo controllare che arrivassi a casa sana e salva-
Si alzò e si diresse verso la porta della stanza. Si voltò un'ultima volta: -Addio, Amanda. Magari ci rincontreremo. Per allora desidererei vederti serena-
Mi rivolse un cenno del capo e sparì col frusciare della sua lunga giacca scura.
Mi sdraiai sotto le coperte quella notte e fissai il soffito per diversi minuti. Un brivido mi attreversò la spina dorsale quando capì cosa mi avrebbe davvero reso serena.
Caddi tra le braccia di Morfeo.

Era passata una settimana da quell'incontro. E dopo sette giorni di riflessioni, di “sì” e di “no” dettati a quasi a casaccio da un cervello nervoso e impulsivo, avevo infilato tre paia di jeans e qualche maglietta nel mio vecchio zaino di scuola ed ero tornata da lui.
Avevo ripercorso gli stessi passi che avevo fatto per scappare da lì con la consapevolezza che non potevo più tornare indietro, che probabilmente mi stava già guardando avanzare con cautela.
Probabilmente mi aveva visto raccogliere il ciondolo. Probabilmente aveva notato che ora avevo una direzione ben precisa.
La porta della stanza era chiusa, ma non bloccata. Aprì con non poca difficoltà la pesante porta di metallo e misi dentro la testa per assicurarmi che fosse vuota. C’era ancora sangue sul pavimento e, in uno scintillìo color dell’argento e dei rubini, spiccava la figura del coltello che avevo maneggiato, la sedia dove mi ero risvegliata troneggiava al centro, ma non c’era più il cadavere di James, né la trappola che avevo gettato sul pavimento dopo essermene liberata con un urlo spaventato, irato, ma vivo.
-Deve averla ripresa per usarla su qualcun altro- pensai ispezionando la stanza con lo sguardo, evitando di entrarci di nuovo.
-Trovato ciò che cercavi?-
Quella voce improvvisa mi stupì a tal punto che sobbalzai e cacciai un grido di paura. Ma i riflessi della figura dietro di me erano veloci e mi coprì la bocca con una fredda morbida mano e racacciò l’urlo nella mia gola.
Avrei riconosciuto il tocco di quelle mani tra mille.
-Non credevo di rivederti così presto- disse John portandomi alla luce di una lampada per ispezionarmi meglio il volto- Come va il dolore?-
-Diminuito- ansimai col cuore che ancora batteva a mille per lo spavento.
Mi prese il mento tra due dita e mi voltò il capo da una parte all’altra.
-I segni della maschera sono scomparsi del tutto-
Mi lasciò andare e osservò curioso lo zaino che portavo su una spalla.
-Cosa fai qui, Amanda?-
-Prendo in mano la mia vita-
Per lui questa affermazione non ebbe bisogno di chiarimenti.



Salve ^^ Ho inserito un trailer su youtube relativo alla storia: http://www.youtube.com/watch?v=F1d2M-IGUxk Buona visione
  
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