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Autore: orual    30/11/2010    6 recensioni
Cosa è successo a Ron durante la sua separazione da Harry e Hermione in seguito alla lite nella tenda? Una fiction per osservare da vicino questo personaggio così imprevedibile e seguire una crescita ed il percorso fatto per tornare, più maturo, più forte, con obiettivi più chiari e maggiore determinazione per raggiungerli. Non pensate anche voi che Ron, dopo il ritorno dai suoi amici, sia un Ron cresciuto?
Dall'ultimo capitolo:
"Con il viso premuto contro il suo collo e nell’incavo della sua spalla, respirava pesantemente, finché non mormorò, con voce fragile:
-Non... promettimi che non... mai... più!
C’erano tante richieste mescolate in quella frase: di non scappare ancora, di non metterla di nuovo davanti ad un ricatto crudele, di non rifiutarsi ulteriormente di vedere quanto lei tenesse a lui, o di mostrare quanto a sua volta teneva a lei. Ron era stato accusato dalla stessa Hermione di avere la sensibilità di un cucchiaino, ma quella volta capì ogni sfumatura. Annuì contro la sua testa.
-Mai più. Promesso."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Bill/Fleur, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache della Seconda Guerra'
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  La fiction nasce dalla curiosità di indagare su quello che è stato il percorso di Ron, durante il periodo da lui trascorso lontano dai suoi amici, nell’anno della ricerca degli Horcrux.
Il personaggio di Ron merita, secondo me, per la sua bellezza e complessità, un’intera fanfiction centrata su di lui... Se pensate che sia un insopportabile demente, per di più costantemente tradito da un’Hermione in estro perenne, che adora spassarsela con Malfoy, non credo sia la storia adatta a voi!
Non sarà molto lunga (forse sette capitoli, ma non posso ancora dirlo)... e prevedo di aggiornare, se va tutto bene, con cadenze non superiori alla settimana.
Spero che vi divertirà. Sono in rodaggio, e le recensioni (come a tutti) mi fanno molto piacere!
Si intende che i personaggi della storia non mi appartengono: sono di Joanne Kathleen Rowling, la mitica Zia Jo!
Buona lettura!

 
1. Ghermidori
 
Smaterializzarsi non era mai stato il suo forte, ma quella volta, forse perchè la rabbia che pulsava feroce sotto le tempie gli faceva desiderare davvero di essere altrove – lontano, quanto più era possibile, da lì- bastò volerlo, proprio come l’insopportabile Twycross aveva proclamato ripetutamente alle lezioni dell’anno precedente. Mentre la sensazione di soffocamento lo stringeva, comprimendogli i polmoni, quasi involontariamente la mano gli si contrasse, vuota, intorno ad una mano che non c’era. Non si era mai smaterializzato senza Hermione, se non durante le esercitazioni autorizzate per prepararsi all’esame... quell’esame poi fallito, come tutte le cose a cui metteva mano. “E’ stata solo sfortuna, Ron”, lo aveva consolato lei in quell’occasione, con l’aria gentile e leggermente imbarazzata che assumeva quando qualcosa le riusciva meglio di lui. Cioè sempre.
Destinazione, Determinazione, Decisione. La destinazione veramente non era stata poi così ponderata, ma le altre due D di Twycross dovettero essere sufficienti, perchè atterrò in perfetto equilibrio nell’aia deserta di una vecchia fattoria abbandonata, dove avevano campeggiato poche sere prima. Il primo posto che gli era saltato alla mente, prima che le grida di Hermione lo vincessero: aveva temuto che la rabbia nel suo petto sfumasse, impedendogli di andarsene davvero. I passi di lei, nel buio, lo avevano spinto a correre fino all’esterno del cerchio di protezione, e prima che la sua mano riuscisse ad afferrarlo per la spalla, a riportarlo alla ragione, pieno di una specie di gioia perversa per poter ferirla, le si era sottratto.
Se ne era andato.
Trasse alcuni lunghi respiri affannosi. Ancora il cuore non smetteva di battere impazzito, ancora la bocca gli tremava per l’esplosione d’ira che aveva avuto. Il luogo solitario dov’era atterrato, buio e silenzioso, echeggiava del frusciare del lembo aperto della sua giacca, che il vento sbatteva e sbatteva ancora contro il suo fianco.
Un altro respiro tremulo, mentre la vista si snebbiava e gli occhi rimettevano a fuoco quanto lo circondava, come riemergendo da una nube rossastra di collera.
Se ne era andato.
Se ne era andato...
Che idiota.
Che idiota! 
Lo aveva davvero fatto?
Adesso spiegarsi e scusarsi sarebbe stato mille volte più difficile.
“Ma perchè non me ne vado?”era stata la domanda  ricorrente di quei giorni, quando il peso dell’Horcrux tingeva ogni attimo di sconforto e dispiacere. Era come essere solo, lui che solo non era mai stato; perchè il medaglione gli rendeva insopportabile la vista e la compagnia dei due a cui più teneva. Preferiva appartarsi al vederli parlare tra loro, perchè non riusciva sostenere la vista dei loro sguardi che si intrecciavano. Sembravano carichi di sottintesi e di messaggi che lui non voleva dover leggere. Quando la catena dell’Horcrux lasciava il suo collo, l’aria sembrava tornare trasparente, chiara: Harry riprendeva il suo sguardo miope e pensieroso, Hermione la sua aria ansiosa e penetrante. Ma quello che era stato pensato, temuto e sospettato era meno facile da rimuovere dal cuore. E poi, sempre troppo presto, era di nuovo il suo turno. E tutti i giorni erano uguali. E non sapeva niente dei suoi. Ed il braccio gli faceva ancora male. E non mangiava in modo decente da settimane.
“Ma perchè non me ne vado?”... perfino con l’Horcrux addosso, questa idea lo aveva sfiorato solo come uno sfogo mentale e non come una vera volontà. Mai aveva creduto che la sua rabbia verso Harry e verso Hermione potesse esplodere così determinata, così travolgente.
“Tu cosa fai?” aveva chiesto ad Hermione.
Non che avesse mai pensato che avrebbe acconsentito a lasciare Harry.
Era stata una domanda di pura retorica, formulata solo per sottolineare quanto fosse giusto essere arrabbiato: per farla sentire in colpa. Perchè avrebbe dovuto venire? Lasciare Harry da solo, dopo che era apparso chiaro che solo la missione di Harry avrebbe potuto salvare tutti loro?
Hermione non aveva voluto venire. Perchè non era stupida come lui stesso. E gli parve di averlo saputo già mentre le sputava in viso quelle altre parole... quelle che non voleva ricordare, che bruciavano, vere o false che fossero. “Capito. Scegli lui.”
Che idiota!
Il vento continuava a fischiare intorno allo scheletro del granaio crollato ed alla stalla, che chiudevano l’aia sui due lati opposti, affiancati alle estremità della casa colonica in rovina.
“Devo chiedere che per un po’ di tempo non facciano tenere l’Horcrux a me. Quel dannato affare mi fa male.”
“Forse se lavo tutti i piatti Hermione mi perdonerà.”
“Mi scuserò.”
“Mi scuserò e cercherò di controllarmi.”
“Con Harry è in ballo ogni cosa, sono in ballo anche le vite dei miei...”
“...e poi è il mio migliore amico.”
Era strano che questo pensiero lo colpisse solo adesso. Erano troppi giorni che lo fissava con occhi ostili, come se gli avesse fatto un torto. Proprio come durante il torneo Tremaghi. Era uno specialista, lui, ad offendersi con gli amici nei momenti meno opportuni.
Che idiota.
Con decisione, si riscosse, sollevò la bacchetta e si preparò a Smaterializzarsi.
Destinazione.
Determinazione.
Dec...
-Bene bene!-
Una voce gli esplose nelle orecchie, mentre nell’aia si accendevano una dopo l’altra bacchette puntate verso di lui. Sulla sua spalla, pesante, era calata una mano, e lo sforzo di interrompere fulmineamente la Smaterializzazione, per non rischiare di portare lo sconosciuto con sé fin dentro la protezione di Hermione, lo fece barcollare. Sentì che la bacchetta gli veniva strappata di mano, e la resistenza gli fece perdere del tutto l’equilibrio: inciampò e cadde a terra.
-Un maghetto tutto solo, a quest’ora, qui... che ne dite, ragazzi, starà facendo un giretto di piacere?
Chi parlava era un mago basso e tarchiato, con una bocca innaturalmente grande piena di denti storti e giallastri, stirata in un tremendo sorriso.
-Età da Hogwarts, Gideon! Anche stasera torniamo a casa presto- sghignazzò un altro.
Gli occhi di Ron, abituatisi gradualmente alla luce delle bacchette, poterono contare cinque facce chine su di lui, tutte di aspetto equivoco. Anche uno che non avesse passato gli ultimi mesi della sua vita braccato avrebbe capito di essere in una situazione sgradevole. Chi diavolo fosse quella gente, però, gli sfuggiva.
-Non ho niente con me...- cominciò, cercando di alzarsi in piedi. Come aveva potuto essere così sfortunato da incappare in delinquenti non Babbani nel bel mezzo della notte?
I cinque risero sguaiatamente. Fu solo dal tono più acuto della risata che Ron si rese conto che del gruppo faceva parte anche una donna, una vera megera, con lunghi capelli sudici che il vento faceva svolazzare sul viso giallastro: era lei che aveva in mano la sua bacchetta, e ne roteava l’impugnatura ossessivamente, tra pollice ed indice.
I vestiti di tutti loro erano uno strano miscuglio di miserevole splendore, come se alla robaccia abituale avessero potuto di recente aggiungere qualche pezzo di lussuosa volgarità. Il tipo di nome Gideon, davanti a Ron, per esempio, indossava un elegante panciotto di seta ricamata sopra la lurida camicia lisa, e la donna aveva le mani coperte di brutti anelli d’argento massiccio, come sbilenchi contrappunti alle unghie listate di nero.
-Certo, certo...-stava dicendo Gideon. –Cosa ci fai da solo di notte, ragazzo, con la tua bella bacchettina? Perchè non sei a scuola?
-Affari miei- ansimò Ron.
-Ah, questo è il punto... non sarà che hai il sangue un po’ sporco e ti nascondi?
Le parole “Sono Purosangue” erano quasi sulle sue labbra, ma chiuse la bocca d’istinto. Dirle gli ripugnava. Con un brivido capì che non si trattava di delinquenti comuni.
Braccia possenti lo tirarono in piedi, tenendolo fermo, ed un vero fetore gli colpì le narici.
-Tienilo stretto, Beowulf!
Un grugnito rispose, proveniente dal grosso uomo con gli occhi bovini che stava trattenendo Ron.
-Allora, come ti chiami?- chiese la donna, avvicinando la brutta faccia a quella del ragazzo.
-S... Stan Picchetto.
Era una bugia troppo palese, troppo mal fatta perchè ci credessero.
-Oh, sì... certo!- Gideon ridacchiò.
-Mi sto congelando, Gideon, portiamolo via!- intervenne il più magro del gruppo con voce lamentosa, sfregandosi le mani.
-Deficiente! Se ce n’è uno ce ne saranno degli altri! E’ meglio se ti cuci la bocca, Lance, se non puoi evitare di vomitarci addosso le tue scempiaggini!
-Ma qui non c’è nessuno... questo basta e avanza, solo per l’arresto ci daranno dieci Galeoni, lo Stato di Sangue possono benissimo controllarlo loro al Ministero, ed anche l’identità...
-Chiuditi la bocca, deficiente! Non è Picchetto, io lo conosco quello là! E se usa un nome falso è qualcuno di interessante, vero? ... non solo un piccolo stupido Nato Babbano!
 I pensieri di Ron sfrecciavano attraverso la sua mente ad una velocità per lui insolita. La testa gli trillava di mille campanelli d’allarme, mischiati ai soliti, frustranti pensieri: “Perchè sono così sfortunato? Questa è gente del Ministero!”
-...l’ultimo che abbiamo preso ci è scappato proprio perchè non riuscivamo a tener fermo l’altro, più di due alla volta...
Gideon puntò il dito lurido verso il suo interlocutore.
-E’ da un po’ che mi stai seccando con queste tue manie di mettere bocca su tutto, sottospecie di Doxy sciancato! Il capo sono io, e decido io cosa si fa!
Beowulf lo teneva fermo per le spalle, alitando sul suo collo il tremendo fetore del suo respiro, un cocktail di calzini vecchi e burro rancido (forse con una goccia di Sorcier Pour Homme), immobile come uno dei gargoyle di pietra a guardia dell’ufficio di Silente, ma gli altri quattro furono ben presto impegnati in una discussione che minacciava di trasformarsi in lite.
-...allora valli tu a cercare, questi altri fuggiaschi che dici, Gideon, perchè se credi che...
Se doveva fare qualcosa, doveva farlo subito. Al Ministero avrebbero scoperto chi era in meno di un secondo. Avrebbe messo in pericolo tutta la sua famiglia, e soprattutto Harry ed Hermione... lo avrebbero Cruciato per costringerlo a parlare di loro, della missione... avrebbe potuto non farcela a tacere. Deglutì.
Poi, fulmineo, divincolandosi diede una violenta gomitata nello stomaco al suo carceriere, che seguiva la discussione degli altri affascinato come se stesse assistendo alla finale della Coppa del mondo di Quidditch. Quello, sbigottito, si piegò in due con un sonoro “Ouff!” che gli altri quattro nemmeno udirono (Gideon e Lance stavano venendo alle mani). Ron gli strappò di mano la bacchetta, spessa quasi come un turacciolo, la puntò verso la donna ed urlò, la voce stridula per la tensione:
-Expelliarmus!
La sua stessa bacchetta gli volò in mano, insieme a quella della strega: nell’afferrarle entrambe gli cadde quella di Beowulf. Brancolò frenetico per impugnare la sua, mentre i suoi avversari esplodevano in esclamazioni rabbiose.
-Protego!- gridò agitandola, e lo scudo argenteo si allargò intorno a lui appena in tempo per intercettare gli Schiantesimi che i tre ancora provvisti di bacchetta gli avevano scagliato. L’onda d’urto lo fece barcollare, mentre girava su se stesso, terrificato, per Smaterializzarsi.
 

   
 
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