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Autore: tonksnape    30/11/2010    2 recensioni
Seconda parte di una fic scritta poco prima dell'uscita del settimo libro, basandosi sulle anticipazioni. La prima parte è di qualche mese fa. Buona lettura.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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EFP

6.

 

“Remus?” chiamò Hetta entrando in casa. Si erano accordati per vedersi a cena a casa di lei, ma quando era arrivata non c’erano segnali di una presenza umana nelle sue stanze. Tutto era chiuso e non si sentivano rumori. La casa era decisamente deserta, anche una volta entrati nel piccolo ingresso. Nessuna luce, nessun suono.

“Sono qui…”

Hetta quasi cadde a terra per la paura. Si spostò verso l’arco che conduceva al salotto e guardò dentro con molta attenzione.

Remus era seduto su una poltrona in vimini, regalo dei suoi genitori alla sorella nel periodo in cui desiderava andare in India.

Aveva gli occhi chiusi e apparentemente era rilassato.

Quando si girò a guardarla gli occhi quasi brillavano nell’oscurità. Solo allora Hetta si ricordò, d’improvviso, che quella notte ci sarebbe stata luna piena.

“Remus…” sussurrò cominciando a percepire la paura che le entrava nella pelle.

“Sono passato…” iniziò a dire con la voce contratta e strascicante, “solo per dirti che me ne vado fino a domani.”

Lentamente si alzò dalla poltrona, reggendosi in piedi. La luce dell’imbrunire colpiva ancora i vetri, ma il tramonto stava per arrivare.

Quando si girò verso di lei, Hetta scorse gli occhi allungati, le mani irrigidite e i capelli leggermente più lunghi del solito.

“Remus…” disse di nuovo con tono quasi di compassione.

“Non mi seguire!” latrò lui incamminandosi verso l’uscita. Hetta annuì senza mai distogliere lo sguardo dal suo uomo. Sembrava barcollare alla ricerca di un equilibrio che le gambe da sole non gli garantivano più, le mani irrigidite come artigli, la schiena più curva e la barba lunga.

“Ritornerò io da te,” sussurrò.

“Si,” rispose Hetta cercando di metterci tutta la convinzione possibile. Lo avrebbe atteso anche per giorni se fosse stato necessario.

Remus uscì dalla sua casa.

 

Meno di mezz’ora dopo le arrivò un messaggio di Tonks.

“Ho visto la luna. Vuoi compagnia?”

Hetta era preoccupata per Remus. Molto preoccupata. E stare da solo non la aiutava. Le rispose di sì.

Tonks arrivò poco dopo con una enorme confezione di gelato.

“Mi sembrava un buon passatempo per donne sole,” le disse offrendoglielo.

Hetta tentò un sorriso e in parte le riuscì.

“Non ti preoccupare. È in grado di badare a se stesso meglio di come potresti mai fare tu. O io.”

“Ho quasi più paura delle reazioni degli altri che delle sue,” ammise Hetta.

 

Il gelato era quasi terminato quando bussarono alla porta di Hetta.

Le donne trasalirono. Nessuna delle due attendeva visite. Hetta si girò verso Tonks con una muta domanda: “Sei di turno?”

Tonsk rispose con un’ espressione di meraviglia e scosse la testa.

“Sono Piton,” sentirono dire con voce bassa e, per Tonks, molto sensuale.

Hetta si alzò di scatto e corse alla porta spalancandola.

“Remus?” chiese ansante.

Piton la guardò meravigliato prima di cogliere il senso della domanda. Aveva gli occhi arrossati dalla fatica e l’unico desiderio era di riavere Tonks tra le braccia.

“No. Sono qui perché ho immaginato che avrei trovato Tonks. Non ti preoccupare per Remus. Sa cavarsela da solo.” Le sfiorò con la mano l’avambraccio, nonostante lo sguardo disinteressato e le fece un minimo sorriso stanco.

“Severus!” Tonks gli arrivò correndo, felice di vederlo dopo giorni di forzata lontananza. Severus la strinse a sé, ancora meravigliato per la sua presenza, confortato dal suo calore e eccitato dal suo profumo. Tonks colse la tensione che lo fece irrigidire contro di lei e lo abbracciò con ancora più ardore.

Hetta distolse lo sguardo, un po’ infastidita da quelle emozioni.

“Sei preoccupata per Remus?” le chiese Severus senza lasciare Tonks.

Hetta lo guardò e annuì. “Non mi piace molto stare qui ad aspettare.”

“Non puoi fare altro. Né seguirlo, né impedirlo. È frustrante, ma non puoi cambiare la situazione.”

“Ho paura.”

“Io avrei paura di incontrarlo. Per me e non per lui. Diventa un animale in tutti i sensi.”

“Devi essere così…” urlò Hetta senza parole. “Si tratta di Remus!”

“Lo so,” continuò Piton con lo stesso tono placido. Tonks guardava entrambi senza allontanarsi da lui. “L’ho visto. Ho visto il lupo mannaro. Non è più Remus. Non pensare a lui come un povero derelitto. È un animale feroce in queste ore.”

“Tu sei feroce.”

“Sono realista.”

Hetta si sentì incomprensibilmente più tranquilla sentendo quella voce quieta e il tono sicuro e ironico di Severus.

“Remus direbbe le stesse cose,” ammise poi con riluttanza.

Severus sospirò. “Lo so.”

“Oh, scusami, devi essere molto stanco.” Hetta si spostò dalla soglia facendogli cenno di entrare. Ma Piton scosse la testa.

“Scusa Hetta, ma desidero solo tornare a casa, farmi un doccia e dormire. Volevo rivedere Ninpha prima di farlo.” Accennò ad un sorriso, stringendosi Tonks al petto.

“Oh, ma non avevamo impegni io e Tonks!”

“Ti dispiace?” le chiese l’amica.

“Vai!” le sorrise Hetta, sentendosi felice almeno per l’amica.

La salutarono con dolcezza, ricordandole di non temere nulla per Remus.

Hetta si chiuse la porta alle spalle con un sospiro. Si chiese se con gli anni avrebbe mai accettato tutta la tensione che stava provando o se mai sarebbe diminuita con il tempo.

Si mise seduta in poltrona, in attesa, addormentandosi quasi subito, sfinita.

 

“Credi che dormirà?”

Tonks fece la domanda a Severus mentre ancora era in bagno. Lei si era già infilata sotto le coperte, per lasciare al suo compagno il piacere di scoprire cosa lo attendeva.

“Hetta?” le chiese Severus uscendo dalla stanza.

Tonks grugnì un assenso guardandolo. I mesi recenti di pasti regolari e abbondanti, la possibilità di dormire ogni notte per molte ore e, pensò, anche la sua presenza, avevano permesso a Severus di accumulare qualche chilo e perdere parecchie rughe. Non poteva certo definirlo bello, almeno non per il resto delle donne. Il naso grande e leggermente ricurvo occupava ancora la maggior parte del viso, i capelli lunghi erano ancora stretti in con un laccio, tranne in quel momento in cui scendevano umidi fino alle spalle. Era magro e angoloso. Aveva accumulato anni di vita, di esperienza, di dolore e di rabbia che il corpo non poteva più cancellare.

Sorrise ripensando alla prima volta che lo aveva visto con il solo asciugamano avvolto sui fianchi, alla confusione e alla rabbia che aveva provato per essere stata costretta a stare con lui invece di andare in battaglia.

Non aveva mai ringraziato Remus per averla scelta. Era stato certamente lui a decidere.

Rimase un momento incerta. Non aveva mai avuto conferma di questo suo ragionamento.

“Ninpha… che pensi?” le chiese Severus appendendo l’asciugamano alla porta del bagno.

“A ben poco, se ti presenti nudo!” gli sorrise immediatamente.

“Non mi dire che tu indossi qualcosa sotto quel lenzuolo…” le sorrise.

Erano così rari e improvvisi i sorrisi del suo uomo che Tonks dedicava loro ogni attenzione le poche volte che arrivavano.

Severus si infilò al suo fianco, abbracciandola.

“Chi ha deciso che sarei stata io a scortarti?” gli chiese accoccolandosi contro di lui.

Severus si lasciò cadere disteso sulla schiena.

“Sarebbe stato troppo facile…” sospirò.

“Cosa?”

“Fare l’amore prima di risolvere il tuo dubbio,” le disse ad occhi chiusi. “Intendi sapere chi ha deciso che mi avresti scortata fino al paesino per poi lasciarmi inghiottire dalla foresta?”

“Sì.”

“Remus ha preteso che avessi una scorta. Mi ha fatto scegliere quale Auror volevo trai piedi. Mi ricordavo solo di Charlie, Hetta e di te, ma Malocchio mi ha spiegato alcune caratteristiche di ciascuno degli altri. Ero tentato di scegliere Hetta perché la conoscevo meglio, ma poi ho visto Remus accarezzare quasi per caso la foto sulla scheda personale di Hetta e ho pensato che tra Charlie Weasley e il suo sarcasmo e una donna chiacchierona e caotica, era meglio una donna. E poi sei sempre stata intrigante.”

“Io?” Tonks, sbigottita, si alzò appoggiandosi ad un gomito e lo guardò dall’alto. Era decisamente sorpresa. Abbastanza da sorvolare sui primi due aggettivi.

“Sì, tu. Potresti baciarmi, adesso?”

Mormorando un insulto e ridacchiando Tonks si avvicinò al suo viso.

“Mi hai osservato abbastanza a lungo poco fa o devi fare un giro di controllo?” le chiese un attimo prima che le labbra si incontrassero.

“Devo fare qualche controllo visivo e… tattile. Poi potremmo parlare,” gli sussurrò Tonks baciandolo.

Severus chiuse gli occhi e rinunciò a trovare della logica in lei.

 

“Hetta?”

La donna si girò di scatto facendo ondeggiare la frangia bionda che ricadeva su metà del suo volto. Stava lavando i piatti a mano, per far passare il tempo che però si ostinava a trascinarsi lento e pesante dalla sera precedente. Aveva dormito, aveva mangiato, aveva fatto acquisti per casa, aveva di nuovo mangiato, ma non aveva smesso di pensare.

L’argomento principale dei suoi pensieri si era alla fine concretizzato.

“Remus!” gli corse incontro, il grembiule ai fianchi, i guanti bagnati, lasciando cadere il bicchiere che aveva in mano.

Lo strinse a sé con forza, lasciando le impronte umide delle mani sopra la sua maglia.

Non riuscì a dire nulla e il respiro le si bloccava in gola.

“Hetta…” disse di nuovo Remus allontanandola da sé. Era molto pallido e stanco.

Con un veloce mormorio Hetta fece scoprire i guanti e gli accarezzò il volto. Gli baciò lieve l’angolo della bocca e gli sorrise.

“Bentornato.”

Remus la guardò per un attimo.

“Oh, Hetta!” sospirò stringendola a sé con forza. “Oh, Hetta!”

“È accaduto qualcosa di particolare?” gli chiese allarmata lei, parlando tra i suoi capelli.

“Sì. Ho finalmente qualcuno da cui tornare quando la luna cala,” le sussurrò.

“Se non ritorni ti trovo e ti faccio nero di pugni…” gli rispose accarezzandogli la testa.

Remus la allontanò di nuovo dal suo corpo con un leggero sorriso in volto.

“Mi sono solo cambiato di abito con un incantesimo. Volevo vederti.”

Rimasero in silenzio a fissarsi negli occhi.

“Puzzi,” sottolineò Hetta con un smorfia.

Remus rise allontanandosi da lei. “Intendevo questo dicendo che mi sono solo cambiato d’abito.”

“Sali a farti una doccia,” gli propose Hetta.

“Non ho nulla per cambiarmi.”

“Prendi un asciugamano. Io intanto ti lavo i vestiti.”

Remus si passò le mani sui pantaloni.

“Devo cambiarmi del tutto, Hetta. Biancheria compresa.”

“Penso di riuscire a fare lo stesso il bucato,” lo derise lei, cogliendo la sua timidezza.

“Preferisco passare a Grimmauld Place e sistemare da solo, scusami,” le rispose lui, quasi arrossendo.

“Ti ho già visto quasi nudo,” gli sorrise. Ma lui rispose con un ghigno tirato che Hetta non riuscì ad interpretare.

“Ti è successo qualcosa?” gli chiese di nuovo, con meno ansia e più decisione nel tono della voce.

Remus rimase un attimo in silenzio. “Non è possibile che non mi accada nulla. Sono sempre pieno di lividi e graffi quando rientro a casa,” le spiegò tranquillamente.

“Devi curarti.”

“Qualcuno mi ha regalato una pomata contro graffi e ferite… una ragazza carina…”

“Non cambiare discorso Remus. Devi curarti.”

Hetta lo guardò con espressione decisa e ferma.

“Non sarà piacevole,” le disse Remus.

“Bene. Adesso lo so. Sdraiati nel mio letto.”

“Preferirei sentirtelo dire per altri motivi,” le sorrise Remus.

Hetta arrossì. “Diabolico uomo…” sussurrò.

Remus sorrise. “Grazie.”

“Non ho fatto nulla, ancora,” gli rispose alzando le spalle.

“Lo credi davvero?”

 

Parecchio tempo dopo Remus si alzò dal letto di Hetta. Lei dormiva, prona, abbracciando il suo cuscino. La guardò per alcuni minuti chiedendosi come mai il destino gli avesse premesso di trovare una donna come quella nella sua strada.

I capelli biondi erano arruffati. Certo, lui stesso aveva contribuito a creare quella situazione. Sorrise.

Si appoggiò alla finestra, lo sguardo sempre rivolto a lei.

Hetta si mosse per sistemarsi meglio il cuscino.

“Ti amo,” le disse Remus, sapendo che non lo stava ascoltando. Era ancora nudo, con le cicatrici più recenti che gli solcavano una coscia. Hetta non si aspettava tutti quei segni di lotta e lo aveva disinfettato e curato in silenzio, stringendo le labbra davanti ai solchi più profondi.

Non gli aveva chiesto nulla, lasciandolo avvolto in un asciugamano seduto sul letto.

“Non mi ricordo come o con chi…” le aveva detto spontaneamente lui, guardandole la schiena.

“Ho paura…” aveva confessato Hetta, quasi sottovoce.

“Che mi succeda qualcosa?”

“Sì.

“È probabile. Non cerco situazioni di pericolo, ma neppure le evito.”

“Sarei distrutta al tuo posto, dopo tutti questi anni di confusione e di tensione.”

“Ho trovato James, Lily e Sirius. E poi l’Ordine. Harry. Tutti ottimi motivi per non farsi prendere dalla follia. E adesso ho te.”

Gli aveva sorriso e gli aveva chiesto di essere amata.

 

Meno di due mesi dopo Severus capitolò su quasi tutto il fronte e andò a vivere con Tonks. Quasi tutto il fronte.

Rifiutò il matrimonio e quasi imprecò contro Tonks quando osò parlargli di bambini. Ma lei non avrebbe desistito. Un uomo che aveva conosciuto il dolore da bambino sarebbe stato un buon padre, gli disse. Piton si limitò a guardarla con un ghigno e le ricordò l’infanzia di Voldemort.

Tonks gli tirò un libro, centrando la poltrona alle sue spalle.

Remus non disse, non propose, non chiese nulla, tranne lasciare spesso cose sue a casa di Hetta. Un trasloco lento e regolare. Hetta sistemava e trovava nuovo spazio tra le sue cose per lui.

Grimmauld Place in poche settimane fu libera e pronta per Harry Potter.

L’arazzo con la signora Balck fu definitivamente eliminato grazie alla tenacia di Kreacher.

 

 

  
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