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Autore: topolinodelburro    02/12/2010    4 recensioni
-Tu mi vedi?- lei chiese.
-Certo che ti vedo-
-No, tu mi vedi?- ripeté, ed il suo volto si avvicinò a quello dell'umano, interrogando la sua anima attraverso i suoi occhi.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Neytiri intrecciava i suoi capelli, poteva vederla. Ancora la sua faccia interamente blu lo destabilizzava ed orripilava ogni tanto, sebbene ormai fossero passati due mesi dalla sua introduzione semi-abusiva all'interno della tribù Omaticaya.
Non sapeva come ma cominciava a vedere, anche se delle volte non andava molto più in là d'un palmo di naso. Era confuso, non distingueva il vero dal falso e Neytiri era ingenua.
Lo stava chiamando, arricciava la bocca facendo intravedere i canini appuntiti, le orecchie le si drizzavano mentre infilava tra le ciocche quello che doveva essere un fiore d'oro.
La creatura lo cercava spesso incurvando il capo nel gesto tipico dei felini, rincorreva le sue pupille chiare e ristrette con quegli occhi enormi e giallastri, toccandolo come se sentisse il bisogno di testimoniare la sua presenza, come una bambina, ma non lo era; era un'abitudine prettamente animale quella del tocco tra individui della stessa specie, l'uomo stesso l'aveva ereditata dalle scimmie e controllata attraverso l'educazione.
La semi-bestialità disinibiva i Na'vi, ma non conoscevano la violenza, il tradimento, cosa potevano saperne loro, del dolore.
Neytiri aveva un modo di sorridere tutto particolare quando lui le chiedeva di Eywa, spalancava la bocca a denti stretti e socchiudeva gli occhi, le orecchie le si appiattivano, poi mentre ne parlava si isolava come in balia di ricordi piacevoli, come se mentre parlasse Eywa fosse davvero con lei.
I Na'vi la chiamavano madre, Grace aveva scoperto fosse una sorta di impulso intrinseco nella natura del pianeta, un'energia primordiale.
Per Jake era l'unica cosa che ancora lo divideva dal poter essere uno di loro. Perché lui non vedeva Eywa, e non la capiva. La sentiva come una patina bluastra e viscida che aveva lo scopo di avvolgere la tribù nel suo segreto, in modo che questo non fosse svelato agli estranei. Lui era l'estraneo, in questo caso.
Spesso fingeva con Neytiri, di comprendere, e lei si illuminava felice, ed era lui poi a divenire felice di vedere lei serena. Era così ingenua, la sua razza era semplice, non erano affatto creature complesse i Na'vi, si fidavano, non avevano mai dubitato di lui.
Lei non aveva alcun segreto, sebbene molte volte non lo rispettasse come avrebbe voluto non gli nascondeva la verità.
Nonostante la sua realtà d'essere umano, poteva apprezzare la sua fisionomia, lei era calda e sensuale, temeraria, ne ammirava il portamento e l'estrema fierezza. Non andava oltre, non la vedeva ed in parte era lei a non voler rendersi visibile.
Seguirla in quello che faceva, era come gettarsi a capofitto in un vuoto del quale non si possedeva la certezza del fondo, non a caso con Neytiri ci si adattava in fretta o si periva.
Ogni giorno si susseguiva peggiore dell'altro; più imparava le usanze Na'vi, più conosceva la loro lingua, meno quello che faceva gli sembrava sensato, loro erano insensati. Era un universo meccanico ed inevoluto, legato al tempo ed alle leggi della sopravvivenza. Non era l'inferno che gli era stato descritto, ma un Eden primitivo, dove niente aveva una ragione se non apparteneva al tutto, dove nulla possedeva uno scopo se non in Eywa. Jake non aveva essenza su Pandora.
-Ehi umano- aveva scelto d'ignorarla, doveva capire che non tutto le era dovuto.
-Jake...- la sentì ripetere, ed allora le si volse in viso, sorprendendosi della sua inusuale espressione risentita. Neytiri agitava tra le mani una serie di perline colorate, allungando un braccio verso di lui perchè ne prendesse una manciata.
-Tieni, prendi- insisté indurendo gli occhi, improvvisamente insicura di quello che gli stava permettendo di fare.
Jake le si avvicinò, raccolse gli oggetti che lei gli stava passando e le si mise accanto. Neytiri fece un cenno al suo capo perché lui l'aiutasse ad intrecciare le perline con i suoi capelli. Non sapeva perché avesse deciso di chiedergli questo favore, solitamente era un compito piuttosto intimo che spettava ad alcune amiche, come Ninate o Peiran. Probabilmente si era rassegnata a sotterrare l'ascia di guerra.
Silenziosa, si lasciava sistemare.
A Jake parve quasi di udirla quella vicinanza che iniziava a legarli, tanto forte stesse crescendo, ma non sapeva darle un nome. Sentiva Neyriri respirare, ed il suo cuore battere, percepiva quasi i pensieri di lei vorticarle in testa confusi, e non sapeva perché udisse quelle cose, perché fosse in grado di sentirle e percepirle. Era che stava imparando a vedere, forse?
Aveva finito le perline, Neytiri diede una scossa ai suoi capelli per assicurarsi fossero fissate in modo corretto, poi gli sorrise, regalandogli un cenno del capo come ringraziamento. Si erse nella sua statura e gli offrì una mano per mettersi in piedi. Jake accettò e furono uno di fronte all'altra.
La creatura aveva incurvato il viso, il marine poteva vederne gli occhi diventati enormi per la curiosità soppesare la sua figura avatar con interesse, ora soggezzione, estrema risoluzione.
-Tu mi vedi?- lei chiese.
-Certo che ti vedo-
-No, tu mi vedi?- ripeté, ed il suo volto si avvicinò a quello dell'umano, interrogando la sua anima attraverso i suoi occhi.
-Tu non hai imparato a vedere- replicò -Senti Eywa?- si tese, volse il capo, pareva raccoggliere dei sussurri trasportati dal vento -Lei era con noi prima- attese speranzosa una risposta.
Questa non arrivò, le sue orecchie si abbassarono ed il sorriso apprensivo le sparì dal volto. Gli diede le spalle e si inoltrò nella boscaglia, dirigendosi probabilmente verso l'Alberocasa.
Jake prese a muoversi dalla parte opposta, ma non aveva idea di dove stesse andando.
Riuscì a vedere ancora alcuni giorni dopo.
Si era allontanato da Neytiri seguendo la creatura di cui stava rintracciando il sentiero. Imbruniva ormai e la foresta aveva iniziato a pulsare al ritmo del calare delle Alpha Centauri; ad ogni suo passo la terra si illuminava fremente per poi spegnersi in un mormorio. Pandora si preparava per la notte; qualche minuto più tardi gli erbusti e le piante erbacee presero a restituire quella luce che avevano accumulato durante il giorno, i frutti pendenti dai rami degli alberi acquisirono luminescenza.
Era un sussurro che scuoteva tutte quelle fronde imponenti, come il richiamo ad un risveglio dolce, cullato, Jake si sentiva intorpidire dallo stesso, rilassandosi. Si fermò, i suoi arti inferiori cedettero piano e lui si sedette rischiarato da quei bagliori naturali, ascoltandoli nascere. Stava accadendo di nuovo, riusciva a sentire.
Poteva percepire il calore venire succhiato dalla terra, stillare gorgogliante sulle palme dei suoi piedi e defluire come linfa al resto del corpo; era quel procedimento che apparteneva ai vegetali che lo circondavano, udiva distintamente la vita scorrere dalle loro radici e sprigionarsi in luce all'esterno, come se dentro la loro fibra non potesse essere contenuta appieno, ma dovesse essere condivisa scoppiando in Eywa.
Socchiuse gli occhi, doveva parlare a Neytiri. Si lasciò tutto alle spalle ed abbandonò la pista, riprendendo la via del ritorno verso l'Alberocasa.
La sera, la dimora della tribù Omaticaya fermentava di tranbusto, era una confusione gentile ed allegra. Se non fosse stato per l'impellente necessità che aveva di scorgere Neytiri si sarebbe fermato in disparte, ad osservare, beandosi di quell'atmosfera familiare che veniva sprigionata durante la cena.
Avvertiva un bisogno fisico di vederla, ed aveva un bisogno spirituale di sentirla per la prima volta dentro Eywa. Si agitò e prese a fantasticare su come sarebbe stato vedere, vederla, finalmente con i suoi veri occhi. Già si graziava della sua espressione stupita e sorpresa, ciò che ne sarebbe conseguito perdeva importanza, anzi no: aveva importanza, un estremo valore tribale.
Perché aveva lavorato sodo per arrivare a comportarsi come uno di loro, parlare come uno del popolo ed era impaziente di poter conquistare quel rispetto all'interno della tribù che tanto desiderava, avere il diritto di parlare, costruire il suo arco, diventare cacciatore e catturare un Ikran.
Non quella sera, domani avrebbe pensato ai privilegi che comportava vedere realmente.
Quella notte voleva solo poter vedere Neytiri; era la prima cosa vera che lo legava all'ingenua creatura poter percepire completamente Eywa, come un effettivo Na'vi. Non l'avrebbe disillusa.
Sorpassò le colonne dell'Alberocasa, vi si introdusse nel nucleo accompagnato dagli schiamazzi degli altri abitanti diretti come lui verso la sala della cena ormai satura, l'odore pungente dei vermiciattoli e quello fruttato dei vegetali si mischiavano, al centro dell'incavo scoppiettavano sul fuoco degli esemplari di Yerik. Si accomodò sul terreno ed alcuni Omaticaya già gli offrirono dei legni incavati con all'interno alcune pietanze. Sorrise, ringraziò e prese a mangiare.
Riusciva a concentrarsi solo sul calore del fuoco; poteva scorgere aldilà della fonte luminosa il volto di Neytiri danzare tra le fiamme mentre accanto a lei sedeva superba Mo'at. Ascoltò lo screpitio delle braci e fu come se il suo corpo lo assimilasse, riproducendolo.
Cercava di vedere Neytiri, ma lei gli sfuggiva ed un sorriso ambiguo le attraversava il viso quando incrociava i suoi occhi; passava le mani lentamente tra i suoi capelli accarezzando le perline colorate che sbrilluccicavano al fuoco, si metteva un boccone di cibo in bocca e la sua mascella si chiudeva audacemente masticando, distogliendo lo sguardo, leccandosi il sapore della carne di Yerik dalle dita.
Gli sembrò accadesse qualcosa dopo, nella sua testa scoppiò un fulmine e fu improvvisamente sommerso da troppe vertigini, più di un Na'vi stava parlando nella sua mente, erano parole silenziose ma intense.
Avvertiva tutte le creature ingarbugliate in un tessuto confortevole di emozioni che poteva sfiorare, lo investirono centinaia di profumi, stomachevoli ed inebrianti, ispidi o dolci, appartenenti ai suoi fratelli ed alle sue sorelle che sedevano con lui e cenavano con lui, concepiva la morte aleggiare su qualcuno di essi e la vita, su altri; la foresta non aveva segreti. Poteva ascoltare Pandora; era un'infinita rete di informazioni che attraversavano il suolo, e vedere.
Significava capire.
Quando il flusso si fece più intenso la testa iniziò a vorticargli mentre un fastidioso senso di nausea lo investì a causa della disabitudine a quel sentimento collettivo. Di Neytiri poteva udire solo qualche sospiro nascosto nella miriade di altri segnali che riceveva, la captava come una scintilla ma subito di lei perdeva ogni traccia. Lei c'era in mezzo a tutta quell'accozaglia che gli attraversava la mente, ma era materia indistinta come le altre e non avrebbe saputo riconoscerla.
Si allontanò dal nucleo non appena si ritenne sazio, cercando riparo lontano dall'Alberocasa, si intromise nel folto della foresta cercando uno spiazzo di radura dove avrebbe potuto trovare pace. La vegetazione sussurrava leggera e non gli arrecava disturbo.
A notte fonda percepì un fruscio, ed un corpo accoccolarsi dietro al suo.
-Ora puoi vedere-
Sorrise -Così pare- com'era candida.
Neytiri alzò un braccio in un gesto spontaneo, lo lasciò qualche secondo a mezz'aria prima di posarlo sulla sua schiena. Poi un ripensamento glielo fece togliere.
Jake si volse a guardarla, quella creatura.
Era così ingenua, affidata ad Eywa.
Le vedeva dentro.
   
 
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