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Autore: miss dark    03/12/2010    6 recensioni
Il ticchettio dell’orologio sembrava il musicista più talentuoso della disordinata orchestra della pioggia.[...] Lui, accartocciato attorno ai suoi mille pensieri, stava immobile nell’angolo della stanza: ascoltava le lancette scattare una dopo l’altra con la stessa velocità di sempre e provava un infinito e allo stesso tempo pressante sentimento di angoscia.
Questa storia si è classificata quarta al concorso "The rain and Baudelaire" indetto da Ribrib20.
Genere: Dark, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dolce suono d'irregolarità

 

 

 

 

Tremilaseicento volte l’ora, il Secondo

bisbiglia: Ricordati!

 

Il ticchettio dell’orologio sembrava il musicista più talentuoso della disordinata orchestra della pioggia. Le gocce picchiettavano sul vetro sporco, come se avessero voluto avvicinarsi al loro fratello più bravo, per imparare da lui il ritmo incalzante ed incessante dei secondi.

Lui, accartocciato attorno ai suoi mille pensieri, stava immobile nell’angolo della stanza: ascoltava le lancette scattare una dopo l’altra con la stessa velocità di sempre e provava un infinito e allo stesso tempo pressante sentimento di angoscia. Quell’orologio crudele segnava il tempo della sua disfatta, della sua ritirata, della sua uscita di scena. Lentamente, giorno dopo giorno, ora dopo ora, anzi, secondo dopo secondo, il Tempo logorava il suo corpo, lo consumava. La stessa oscurità in cui si era racchiuso lo stava lentamente mangiando, cellula dopo cellula.

 

 

Rapido con la sua voce

d’insetto, l’Adesso dice: Sono l’Allora,

e t’ho già succhiato la vita con la mia tromba immonda!

 

Il cielo si scuriva di nuovo, tornava nero dopo un giorno di grigiore e opacità; le nuvole stagnavano pesanti su di esso, riversando loro stesse sulle strade della città. Il sole sembrava lontano e freddo, la città risuonava del rumore dei passi nelle pozzanghere, degli scrosci dell’acqua delle grondaie, delle tende fradice mosse dal vento umido; il resto era solo silenzio: nulla si muoveva, solo la pioggia cadeva.

La vita scorreva silenziosa, ovattata e, anzi, per Lui non scorreva affatto.

Il Tempo gli scivolava addosso, lasciando i segni del suo passaggio, ma Lui non se ne rendeva conto.

Il rintoccare di ogni secondo sembrava ricordargli che non viveva, che aveva scelto quel limbo crudele e gelido al posto della vita. Gli ricordava che una volta aveva gioito e sofferto, che avrebbe potuto farlo ancora, ma che aveva preferito scegliere l’alternativa più vigliacca: l’indifferenza.

E così, da qualche mese, si abbandonava alla polvere e alle piaghe del tempo, indifferente alla vita come solo gli oggetti inanimati sanno essere. Il Tempo gli aveva spremuto la vita mesi prima ed ora non aveva più armi per affrontare il mondo di fuori, fatto di sole e di cieli azzurri, ma anche e soprattutto di pioggia e di oscurità.

 

 

Ricordati che il Tempo è un giocatore ingordo

che vince senza barare, ad ogni colpo! è la legge.

Il giorno declina; la notte cresce, ricordati!

la voragine ha sempre sete; la clessidra è vuota.

 

Anche la fioca luce che per poche ore era riuscita a filtrare attraverso le nuvole adesso si ritirava per altri orizzonti, lontani da quello, così malinconico, e, forse, migliori. L’oscurità iniziava ad impossessarsi degli oggetti, prima i dettagli, poi le forme.

Lui, risultato sbagliato di una sottrazione tra il mondo e la vita, ora spingeva il suo sguardo fioco e stanco al di là della finestra. Osservava le pozzanghere brillare delle luci tremule dei lampioni, le strade allagarsi, le finestre accendersi di bagliori artificiali. Osservava la città prendere fiato dopo una frenetica giornata di vita.

Qualunque esistenza, ormai, era frenetica, anche quella di colui che non faceva niente. E Lui se ne era reso conto troppo tardi, evidentemente, dato che il Tempo aveva avuto abbastanza anni per rubargli la vita di dosso. Il Tempo lo aveva ingannato, rinchiudendolo in giornate troppo corte per vivere al meglio e troppo piene per vivere al peggio. Non era mai stato bene, ma non era nemmeno mai stato male: era sempre stato in affanno, rincorso dalla paura di non avere il tempo sufficiente per fare tutto quello che lo avrebbe reso felice. Si era aggrappato al ritmo della vita quotidiana, fatta di azioni ogni giorno identiche e puntuali, ai pochi affetti, alle poche certezze ed aveva ritagliato la sua vera esistenza all’interno di quelle poche ore che il Tempo gli concedeva, ingannandosi di avere una vita splendida ed invidiabile.

Poi il ritmo si era incrinato, gli affetti erano crollati, le certezze erano svanite e senza tutto ciò, era caduto in un abisso di nulla, dove nemmeno il Tempo aveva alcun lavoro da compiere: lo aveva già corroso.

Il Tempo, vincitore, era ormai inutile, ma comunque onnipresente.

E così Lui spendeva le sue giornate a rimuginare sul passato e a sforzarsi di non sentire il ticchettio dell’orologio.

E così aveva imparato ad amare le giornate di pioggia, durante le quali poteva sperare di confondere il suono dei secondi con quello delle gocce, ricordandosi, una volta ogni tanto, di quanto sia confortante farsi cullare dal dolce suono dell’irregolarità della vita e non da quello frenetico e straziante dell’orologio.

 

 

Fra poco suonerà l’ora in cui il divino Caso,

e l’angusta Virtù, tua sposa ancora vergine,

e il Pentimento stesso (oh! ultimo albergo!),

tutto ti dirà: Muori, vecchio codardo! è troppo tardi.

 

 

 

 

 

 

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Due parole due, giuro.
Questa storia si è classificata quarta al concorso "The rain and Baudelaire" indetto da Ribrib20 sul forum.
Le frasi in corsivo sono tratte dalla poesia di Baudelaire "Horloge" e, quindi, non appartengono a me.
Per quanto riguarda, invece, il protagonista della storia, ho scelto di non dargli un nome per due motivi: perchè tutti possano riconoscersi in Lui (che avrebbe tranquillamente potuto essere una Lei), ma, soprattutto, perchè Lui, dopo il grande fallimento della sua vita (di nuovo imprecisato, perchè sia più facile immedesimarsi), ha scelto di annullare se stesso e il suo passato e di lasciarsi andare completamente. Rinnegando il proprio passato, Lui rinnega anche il suo nome. Per cui, nessun nome e nessuna presentazione per il protagonista.
Vorrei dedicare questa storia a due persone che l'hanno letta ed apprezzata: Paolo ed Elisa, che mi ha detto delle cose splendide a riguardo e che posso ringraziare solo in questo modo. Non arriveranno a leggere questa dedica, però va bene lo stesso.
Ringrazio ovviamente la giudice del concorso :)
Scusate per il poema, avevo giurato, lo so, mi dispiace.
Se avete letto fino a qua, vi prego di commentare, perchè i commenti sono la linfa vitale di uno scrittore e senza si ha l'impressione di venire dimenticati. Per cui, per favore, commentate. E io, sicuramente, verrò a leggere qualcosa di vostro e commenterò.
A presto,
Miss Dark.
 
  
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