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Autore: MiseryandValerieVolturi    03/12/2010    3 recensioni
[BellaXEdward]
Per la seconda volta, Edward se ne va. Perché? Cosa lo spinge ad abbandonare Bella e Renesmee?
Bella, distrutta e decisa a non rimanere a Forks, si trasferisce in Alaska ... ma non è tutto come sembra.
Dal primo capitolo:
Iniziò a leggere “So quello che pensi Bella, ma non è così: non vi ho abbandonate, e non ho intenzione di farlo per nessuna ragione al mondo …” si fermò quando si accorse che le lacrime iniziarono a cadermi leggere sulle guance e sospirò “… ho dovuto farlo, perdonami. Voglio che vi prendiate cura di voi, continuando a fare quello che avreste fatto con me al vostro fianco; senza fare stupidaggini Bella, promettimelo questa volta. Tornerò prima o poi, ve lo giuro. Vi lascio questi due cuori, nella speranza che vi possano aiutare a ricordarmi, vi amo. Edward”.
Dal terzo capitolo:
Ero alla ricerca delle parole giuste, di certo non potevo esprimere quello che avevo appena pensato.
“Niente, niente di grave” mentii “Abbiamo deciso di trasferirci”
Dal capitolo dieci:
“Va tutto bene” una voce calda e bassa mi risvegliò, suadente. Era famigliare, quanto il profumo che mi avvolse assieme alle sue braccia. Il freddo si sostituì al sintetico calore di una coperta di pile. Un solo nome, ora, soffiava dalle mie labbra.
“Edward …” mormorai. L’unica risposta fu un bacio a fior di labbra. Lo immaginai sorridere, dietro di me.
“Niente più brutti sogni” mi sussurrò, cullandomi.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Renesmee Cullen | Coppie: Bella/Edward, Jacob/Renesmee
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Nota: in questa storia Bella è umana. Questi personaggi non ci appartengono, e non scriviamo a scopo di lucro.


Capitolo I

Brillare


Ero beatamente distesa sul letto, stordita dalla testa ai piedi,  senza sentire più la mia povera schiena e, nonostante avessi solo diciannove anni,  la cosa mi preoccupava leggermente. Faceva molto freddo a Forks, il giorno precedente avevamo raggiunto i due gradi, così, insonnolita mi ero addormentata tra le braccia di Edward. La sua pelle, seppur più fredda della mia, degli esseri umani, mi faceva sentire quasi al caldo, protetta. Nessun altro luogo al mondo poteva essere più sicuro per me.

Rimasi con gli occhi chiusi a contemplare il silenzio, ormai sveglia.  Sentivo l’odore di  mio marito nella stanza, l’ inconfutabile dolce odore del suo corpo. Probabilmente non si era accorto che ero tornata dal mondo dei sogni, altrimenti si sarebbe accostato verso di me e mi avrebbe sussurrato un debole “Buongiorno”all’orecchio.  Posai la mia mano sulla parte opposta del letto, nella speranza di incontrare la sua. Mossi le dita, ma trovai solamente le fresche lenzuola al mio tocco. Mi girai su un fianco e aprendo gli occhi sussurrai “Edward?”.

Niente, la stanza era vuota, completamente vuota. Edward non era al mio fianco e non avevo la minima idea di dove fosse andato. L’ unica ipotesi che galleggiava nella mia testa, ancora un po’ addormentata, era quella che fosse andato a caccia,  come ogni quindici giorni dall’arrivo di Renesmee.  Mi sedetti a gambe incrociate nel letto e mi volsi a guardare il panorama fuori dalla finestra: aveva nevicato quella notte, il paesaggio era completamente coperto di una coltre bianca.

Decisi di alzarmi a dare un’occhiata alla mia piccola Nessie, probabilmente ancora addormentata nella sua stanza, ma appena distolsi lo sguardo da quel panorama mozzafiato mi accorsi di un foglio bianco perfettamente piegato sopra il cuscino di Edward, e accanto una rosa blu. 

Era una sua lettera? Osservai la precisione con cui il fiore era stato adagiato. Probabile. Ma per quale motivo avrebbe deciso di scrivermi? Sapevo ormai che quando non lo trovavo al mio fianco durante il risveglio, era perché andava a cacciare, me l’aveva ripetuto decine di volte, e dopo le prime mattine, quando ancora davo di matto se non ero certa della sua precisa posizione, aveva perso il vizio di ricordarmelo nuovamente con un biglietto scritto.  Mi allungai verso il foglio, non badando alla rosa, e riuscii ad afferrarlo. Lo aprii, piano. La sorpresa mi immobilizzò sul posto.

 Devo andare, devo farlo per te, per voi. Non cercarmi, ti prego. Resterai sempre nel mio cuore, lì dove brilla il sole.  Ti amo e ti amerò per sempre.

Edward

Ps: brilla anche senza di me …”

 

Dovetti rileggere.

Il battito del mio cuore iniziò a correre, la testa girava forte, troppo forte. I contorni della stanza non erano ben delineati, non sentivo più le gambe. Non era possibile, stavo sognando... Lui non poteva avermi abbandonato, di nuovo. Non poteva, me lo aveva promesso, aveva detto “Non ti abbandonerò mai più, te lo giuro”…

Non era riuscito a mantenere la parola, stupide bugie. Sentivo il sudore colare dalla fronte, non riuscivo a capire dove fossi e cosa stessi facendo.

La mia mente era andata in trance, non riusciva più a coordinare il mio corpo e le mie orecchie continuarono a ronzare con quelle parole: non ti abbandonerò mai più, non ti abbandonerò mai più, non ti abbandonerò mai più … Piano, registrai ogni parola, come se fossero quelle di uno sconosciuto. 

Edward mi aveva deluso, nuovamente. Si era allontanato dalla mia vita, dalla nostra vita, quella mia e di nostra figlia. Come poteva stare lontano da lei? Come poteva perdersi la crescita della sua bambina e i bei momenti che ci avrebbe regalato? Possibile che non avesse pensato a questo, che se ne fosse andato così, come era successo circa un anno prima? Ora era un padre, non riuscivo a credere che avesse abbandonato tutto, che ci avesse abbandonato.

Senza di lui, senza il mio unico punto d’appoggio … La neve si tingeva di rosso, mentre sentivo le gambe cedere. Non volevo soffrire ancora.

Ce lo eravamo promesso davanti all’altare, per l’eternità. Non ero abbastanza per lui? O probabilmente eravamo troppo, entrambe … 

Edward perché mi abbandoni di nuovo? Perché vuoi farmi del male?

Non ti è bastato vedermi soffrire una volta?

Credevo avessi imparato la lezione, vedermi in quello stato non deve essere stato facile, me lo avevi confermato tu stesso. Possibile che non hai pensato alla mia sofferenza, alla tua? Io sono un essere umano Edward, non posso sopportare tutto ciò, non ce la posso fare, non riuscirò a sopportare di nuovo quel devastante dolore.  

Cosa ho di sbagliato, cosa non va in me?

Possibile che deva andare a finire di nuovo in quel modo? Non volevo più soffrire, non volevo ripassare il periodo dell’ultima volta, quel vuoto incolmabile.

Mi lasciasti lì, sola nella foresta in preda ad uno stato confusionale, e adesso in questo modo, forse ancora peggio.

Immagini sofferenti inondarono la mia mente: il suo viso, il suo sguardo, la sua voce …  Perché se ne era andato?

Perché te ne sei andato di nuovo Edward?

 Le mani iniziarono a tremare e il foglio a stropicciarsi sotto le mie mani. Il mio sguardo era fisso sulla parete di fronte. Iniziai a urlare di rabbia, urlare di dolore, confusione. No, Edward, non puoi, ritorna da me ti prego.

Qualunque cosa sia successa, ritorna da noi.  

Ritorna dalla tua famiglia, alla tua normalità. Forse è questo il problema, Edward? Abbiamo distrutto la tua “normalità”? Non ci vuoi più vero? Avevo immaginato che probabilmente sarebbe arrivato questo momento, quando ti saresti stancato di me, della mia ingombrante presenza.

Scusa se ho sconvolto la tua vita, è per questo che te ne vai giusto?

Gli occhi iniziarono a bruciare. No, non volevo credere a quello che la mia mente scriveva a grandi lettere, non volevo immaginare che le cose che, dentro di me, sapevo essere vere. Non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Cercava sempre il mio bene, anche l’ultimo abbandono era avvenuto per questo motivo.

Per me.

Era impossibile che se ne fosse andato così, di punto in bianco per la seconda volta.  Edward non avrebbe mai voluto vedermi soffrire, lo sapevo bene.

Non riesco a  capire la tua scelta, così lontana da quei giorni felici.

Non avevo notato nulla di strano ultimamente. Mi facevi sentire come una regina, con il tuo incondizionato amore. Avevo toccato l’apice della felicità ultimamente, avevo tutto, avevo una famiglia, una figlia. Avevo te. Stavamo così bene …

Perché non mi hai confessato tutto? Qual è stata la cosa che ti ha costretto ad allontanarti? Avresti dovuto sapere che avrei accettato qualsiasi cosa se tu l’avessi ritenuta una cosa giusta. Avresti dovuto rivelarmi tutto, cos’è che ti ha turbato così tanto da dovermi abbandonare?

La confusione cresceva sempre più velocemente, più forte e più lancinante. Decisi di riaprire il biglietto e di iniziare a leggere meno frettolosamente di prima. Me la ripetei più volte, ma non riuscivo a capire quella frase finale “Brilla anche senza di me..” Ero sicura che ci fosse qualcosa di più sotto, probabilmente voleva farmi capire alcune cose … Lessi e rilessi la lettera. La parola “brilla” iniziava a suonarmi strana, persino sbagliata, come una rosa rossa fra milioni di rose gialle.

Riuscì a portarmi nella direzione giusta.

Quante volte l’avevo visto brillare al sole? Non molte, ma la maggior parte delle volte erano state nella radura, e probabilmente era lì che Edward voleva farmi arrivare. Mi asciugai la lacrima che era scesa delicata sulla mia guancia e ripiegai il biglietto in tasca. Qualunque cosa mi fosse saltata in mente, volevo verificare. Mi alzai dal letto e mi avviai frettolosamente verso la camera di mia figlia, cercando di assumere un aspetto normale perché non capisse nulla.. Aprii la porta e la trovai sveglia mentre si stropicciava gli occhi. “Tesoro, ben svegliata” le sussurrai lasciandole un leggero bacio sulla guancia.

“Buongiorno mamma” rispose Nessie allungando le braccia al mio collo. Lei non doveva soffrire, non l’avrei permesso. Dovevo rimanere più lucida possibile, e un minimo contatto, anche il più banale con lei riusciva a farmi sentire anche se di poco, meglio. Avrebbe cercato Edward, lo sapevo, e dopo poco mi chiese: “Papà dov’è?.”

Mi si fermò il cuore in gola, ma con molta delicatezza sciolsi l’abbraccio e iniziai ad accarezzarle la testa e a parlare con calma.

 “Ehm … papà è andato a caccia!”

Mi guardò convinta con i suoi occhi castani e mi sorrise. “Però ora…” continuai “mamma avrebbe una cosa da fare … ti va se ti porto un po’ da Jacob?” le domandai più rilassata che potevo.

Annuì sorridendo con un “Certo che mi va!” e mi abbracciò di nuovo stretta. Le accarezzai la schiena e inspirai il suo odore, dolce, che avrei amato per sempre, e che in un certo senso mi ricordava Edward.

 La aiutai velocemente a vestirsi e, uscimmo di casa, dalla nostra casa. Percorremmo il vialetto di fronte e arrivammo alla macchina. Andai più veloce del solito: non ero abituata a correre, ma se mi fossi fermata avrei iniziato a piangere a dirotto, e non mi sembrava proprio il caso. Durante il viaggio osservai Nessie rimanere in silenzio per tutto il tempo a guardare fuori il finestrino … aveva avvertito qualcosa di strano?

 Scesi dalla macchina e mi girai per aprire lo sportello posteriore e prendere in braccio mia figlia che nel frattempo si era riaddormentata. La guardai prima di sollevarla, mi sembrava di rivedere Edward nel suo viso così somigliante. Chiusi lo sportello con una mano e mia avviai verso la porta. La tensione cresceva sempre più, mi sentivo abbandonata, come se fossi il primo essere umano sulla luna. Avevo voglia di piangere, di sfogarmi. Jacob aprì la porta in meno di cinque secondi, e appena vide Nessie tra le mie braccia, si avvicinò per prenderla e chiuse la porta alle sue spalle.

Non ce la feci, una lacrima iniziò a cadere dai miei occhi, ma la ricacciai indietro. Avrei dovuto dire tutto a Jacob, l’unico che avevo al mio fianco in quel momento. Tenevo lo sguardo basso. “Bella?” disse Jake mentre cercava il mio sguardo “cos’è successo?”. 

 

Alzai la testa e lo guardai dritto negli occhi; non avrei crollato, dovevo essere forte.

 Jacob capì che qualcosa non andava e allargò il braccio libero. Non sapevo esattamente cosa mi fosse preso, probabilmente ero troppo codarda per non ammetterlo, ma avevo bisogno di qualcuno, avevo bisogno di affetto.

 

 Mi avviai velocemente tra le sue braccia accoglienti e iniziai a piangere; avrei voluto trattenermi, ma non ce la feci, era troppo forte quella voglia di scappare, di fuggire… la confusione si faceva spazio nella mia testa. Avevo iniziato a singhiozzare e non riuscivo a fermarmi, la ferita si stava allargando sempre di più. “Edward…” tirai su con il naso.

Mi accarezzava i capelli e mi abbracciava stretta “...se n’è andato” terminai.

Sentii il suo respiro fermarsi per qualche secondo e poi continuare.

Probabilmente sbagliai a dire quella frase, perché ricominciai a versare lacrime dopo lacrime, e i singhiozzi mi rendevano difficile respirare. “Mi ha la-lasciato s-sola di nuovo …” affermai, affondando la testa nella sua spalla.

 

Piansi per  parecchio, ma non me ne resi conto. “Shh, shh Bella…” sussurrò Jacob al mio orecchio. Era lì, che mi abbracciava e cercava di farmi sfogare. Piansi, piansi veramente molto. Quando finalmente mi fui calmata, Jacob ricominciò a parlare “Bella, ora ci sono io, stai tranquilla. Non voglio vederti così …” alzai lo sguardo e vidi la sua faccia seriamente preoccupata.

 

Mi prese per mano e mi portò fino al piccolo salotto dove mi fece accomodare. Solo allora mi ricordai che aveva in braccio Nessie e che per cinque minuti buoni dovette reggerla nella speranza che mi calmassi. La sistemò al suo fianco, distesa, e le appoggiò un a coperta leggera accarezzandole una mano.

 

Si voltò piano verso di me e mi guardò fisso negli occhi. “E’ vero quello che hai detto? Se ne è andato sul serio?” domandò.

 

Mi limitai ad annuire, ma gli occhi bruciavano ancora. Probabilmente avrebbero bruciato per molto, troppo tempo. Mi sentii chiudere lo stomaco, non sapevo cosa dire, cosa fare, e la testa iniziava a farmi male. Torturai le mie mani mentre cercavo di calmarmi e di parlare, ma le parole non volevano uscire fuori.

 

Si accostò verso di me e mi abbracciò di nuovo, avevo bisogno di tutto il suo affetto in quel momento, non volevo sentirmi abbandonata anche da parte sua. Chiusi gli occhi, nella speranza che il mal di testa si decidesse a diminuire. Si, dovevo tener duro e parlare, raccontare e liberarmi di tutto. Sapevo che Jacob non si sarebbe azzardato a chiedermi nulla per non turbarmi, ma gli avevo sempre detto tutto, anche se questa volta non sapevo proprio cosa dire. Non ero sicura neanche io di cosa fosse successo, sapevo solo che Edward si era allontanato da me, e che probabilmente avrei iniziato a dare di matto di punto in bianco.

Le parole mi uscirono di bocca improvvisamente, con la voglia di liberarmi di quel macigno enorme. “Non so il motivo. Mi ha lasciato questa lettera..” dissi estraendo dalla tasca il biglietto e glielo porsi.

 

Impiegò poco a leggere e mentre ripiegava la lettera scosse la testa. “Sai che per me Edward è praticamente come un fratello, ma lo odio ora” mi guardò dispiaciuto “Per qualsiasi motivo l’abbia fatto, non riesco a capirlo. Se ne va così, senza avvertire, senza un motivo o una spiegazione logica; a me non sembra normale”.

 

Chi più di me poteva capire le sue parole? La mia testa scoppiava nella speranza di poter capire quale fosse questo motivo. “Non so niente, Jacob. Vorrei saperlo e non sai quanto..” pronunciai quelle parole mentre gli ultimi singhiozzi si calmavano poco a poco.

 

Spuntò un piccolo sorriso sulle sue labbra per poi scomparire “L’unica cosa di cui io sono sicuro è che ti ama, non potrebbe essersene andato senza alcun motivo. Ne ha di difetti, ma questo non gli appartiene, te lo assicuro” affermò accarezzandomi un braccio.

 

“Spero sia così e credo che quel biglietto contenga qualche informazione utile. Voglio andare alla radura, voglio vedere cosa cerca di dirmi, devo farlo” lo informai alzandomi dal divano.

“Alla radura? Vuoi che ti accompagno?” chiese disponibile.

“Non ti preoccupare, vado da sola. Troverò qualcosa, spero”risposi lanciando un’occhiata a Renesmee che dormiva beatamente sul divano “Puoi tenere d’occhio Nessie per qualche ora?” domandai.

“E me lo chiedi anche? Ma certo, vai. Fammi sapere.” rispose accompagnandomi mentre mi dirigevo all’uscita.

“Ti voglio bene” sussurrai mentre mi allontanavo verso la macchina. Mi fece un sorriso spento “Anche io Bella, anche io” disse sussurrando alla porta.

 

Superai i centocinquanta con la macchina supersportiva che mi aveva regalato Edward e che io non sentivo la necessità di possedere, ma fui costretta ad accontentarlo . La strada aveva poche curve, e riuscii a guidare molto velocemente senza grandi sforzi.

Senza rendermene conto appoggiai la mano libera sul sedile al mio fianco, fu un’azione involontaria: ogni volta che ero io a guidare, lui si sedeva al mio fianco, e per tutto il tragitto manteneva un sorrisetto fastidioso. Avevo imparato ad ignorarlo per non dargliela vinta, ma lui si divertiva a prendermi in giro sulla mia guida poco veloce.  Volevo sentirlo vicino, e qualunque cosa lo ricordava, ogni minima cosa. Finalmente arrivai a destinazione e parcheggiai la macchina non molto lontano.  

Camminavo velocemente, volevo arrivare dritta alla radura, senza soffermarmi troppo. Se Edward mi avesse voluto lasciare qualche indizio, l’avrebbe reso più facile, per cui il luogo doveva essere la radura, la nostra radura; ne ero quasi convinta.

 Attraversai il bosco fitto di cespugli, felci bagnate e muschi, oltre agli enormi alberi che mi circondavano. La luce filtrava alternamente dalle chiome degli alberi e respiravo a fondo per mantenere la calma. Mi inoltrai sempre di più e finalmente arrivai nella nostra radura. Era proprio come me la ricordavo, in un certo senso fiabesca. Eravamo ritornati qualche settimana prima, e non era cambiato assolutamente niente, ovvio.

Arrivai alla distesa di erba e le mie gambe iniziarono a tremare, così mi accasciai seduta a terra. Vari flashback percorsero la mia mente. Fu qui, la prima volta dove lo osservai brillare al sole. Proprio qui riuscii a capire cosa fosse davvero, quale fosse la sua natura.  Qui ci eravamo scambiati il primo bacio e mi confidò che per lui ero una droga, un’attrazione irresistibile. Sorrisi, ricordavo ancora chiaramente quei momenti, ogni singola frase, ogni gesto. Era il posto dove avevamo iniziato a conoscerci, a sperimentare e a capire cosa fossimo sul serio.

Posai una mano sull’erba umida e chiusi gli occhi. Chiacchierammo molto quel giorno insieme. Scoprimmo cose l’uno dell’altro e avemmo molte sicurezze da entrambi. Mi sussurrasti che eri una persona troppo pericolosa per me, che avrei dovuto aver paura. Non lo ero mai stata invece, non ne vedevo il motivo: non avevo paura. Ti volevo al mio fianco Edward, ti ricordi? Mi importava solo questo, solo che non mi abbandonassi. Ed ora è strano stare qua a pensare a tutto questo e te sei lontano.

Aprii gli occhi inspirando l’aria fredda e umida. Mi guardai attorno cercando di ricordare il luogo esatto di dove mi feci scoprire la tua natura, Edward, dove mi mostrasti la tua pelle brillare. Mi alzai in piedi, girai un paio di volte sul mio posto e quando fui sicura della strada da prendere iniziai a camminare. Mi appoggiavo al tronco degli alberi e, come al solito, ebbi un po’ di difficoltà ad attraversare il piccolo sentiero, pieno di buche e sassi. Era poco illuminato e gli alberi erano troppo fitti per poter filtrare qualche spiraglio di luce.

La fine del sentiero era chiaramente visibile per i miei occhi. Dopo pochi passi trovai davanti il posto che cercavo: era illuminato dai delicati raggi di sole di una giornata nuvolosa. Mi parve di tornare indietro nel tempo, e per qualche istante vidi Edward al mio fianco, per poi scomparire. Da una parte ero contenta, non volevo dimenticarlo, avevo il terrore di questo. Sentivo una sua presenza immaginaria che però mi teneva sollevata e sicura.

Guardai intorno, come se fosse la prima volta, nella speranza di poter trovare quello che stavo cercando. Era un prato, non molto grande, coperto di erba e piccoli fiori bianchi. Ai lati, era circondato da alberi di diverse grandezze e alcune rocce. Camminavo attentamente e seguivo albero dopo albero, girando intorno alla distesa d’erba. Con calma attraversai il prato illuminato dalla luce fioca del sole, attenta a non schiacciare nessun fiore. Lo attraversai molte volte, ma nessun segno o nessun indizio su quello che mi aspettavo di trovare.

Stremata da tanta angoscia mi sedetti di nuovo a terra, nello stesso punto dove Edward si era fatto vedere brillare. Era stato un errore tornare qui, il posto forse più importante per me, o uno dei più importanti. Forse Edward non aveva pensato a tanto, voleva rendermi tutto più facile; oltretutto che cosa mi aspettavo? Mi aveva lasciato una lettera con le informazioni necessarie, e non c’era alcun motivo per cui dovesse portarmi qua nella radura. Fui io che mi feci prendere da tanto entusiasmo da ritornare nella radura, nella speranza di poterlo rivedere, di poterlo sentire, o capire dove fosse e perché se ne fosse andato.

Non potevo però essere matta: la lettera aveva qualcosa che non andava, sentivo che voleva farmi capire qualcosa, voleva farmi arrivare in questo posto. Forse per potermi ricordare di lui, di noi. Per farmi ricordare de nostri momenti passati insieme. Non c’era bisogno che me lo ricordasse così. Sapeva esattamente che non me ne sarei mai dimenticata, ed ogni singolo ricordo mi provocava un dolore lancinante.

Mentre pensavo raccoglievo i piccoli fiori bianchi, talmente folti e fitti da coprire parte del mio corpo, come se mi stessero inglobando. Lasciai scoperta di fiori la parte al mio fianco: li avevo raccolti in una mano, con l’altra continuavo a staccarli con forza dalla terra. Provavo rabbia per essere così confusa, per non riuscire a capire cosa stesse accadendo, così iniziai a prendermela con quei poveri fiori biancastri. Raccoglievo manciate di fiori senza tregua, mi rendevano più calma e staccandoli con forza riuscivo a frenare la mia rabbia e ad evitare di perdere la testa. Divenne tutto così involontario.

Per qualche minuto lasciai fisso lo sguardo sui fiori, ma poi iniziai a guardarmi intorno, come se mi fossi appena svegliata. Un piccolo punto blu a pochi centimetri di distanza catturò la mia attenzione. Non riuscivo a capire bene cosa fosse, ma riusciva a farsi notare e a farsi distinguere dal resto dei fiori bianchi, come se dicesse: guarda me, guarda me!

 

Mi spostai di poco senza alzarmi da terra e finalmente raggiunto quel piccolo punto blu capii cosa fosse: una rosa, uguale alla rosa blu che Edward mi aveva lasciato accanto alla lettera.

La raccolsi delicatamente da terra e la guardai con attenzione, accorgendomi che al suo gambo era legato un piccolo biglietto. Ispirai con forza, sollevata: ero riuscita a trovarlo, non avevo poi così torto. Le mani tremavano, speravo che quel foglietto non contenesse qualcosa di ancora più distruttivo per me, qualcosa che non avrei voluto sapere.

 

Questa volta non era una vera e propria lettera, ma una parola, una semplice parola tracciata in modo estremamente delicato: “ Ascoltami”.  

Ok, voleva farmi impazzire. Più andavo avanti, più passavano i minuti, e più avevo la convinzione che se ne fosse andato non per sua spontanea volontà; per il semplice fatto che se fosse stato così non avrebbe lasciato tutti questi pensieri: se ne sarebbe andato, cercando di rendermi facile dimenticarlo. Questa volta non era così, si stava comportando diversamente dalla prima volta in cui mi aveva abbandonato. L’unica cosa che mi veniva in mente era questa: non ci voleva abbandonare. Decisi di arrivare fino in fondo e di accertare le mie ipotesi. Questa volta aveva reso tutto più facile, quella parola sul biglietto mi fece capire subito dove voleva arrivare.

L’avevo sentito troppe volte suonare per me, per nostra figlia; ed ero sicura che volesse farmi arrivare dove stavo pensando. Gli era bastata una sola parola per farmi capire.

Corsi più veloce di prima, rischiando di inciampare un paio di volte. Misi in moto e mi affrettai ad arrivare a casa Cullen, nella casa della nostra famiglia.

Parcheggiai la mia macchina proprio di fronte all’ingresso, e precipitosamente mi avvicinai alla porta. Bussai energicamente, ma non sentivo nessuna voce o rumore provenire dalla casa. Contrariamente vidi Alice aprirmi la porta ed osservarmi dispiaciuta “Mi dispiace” disse.  Scossi la testa “Sai tutto?” domandai.

 

Alice annuì aggiungendo “..ma non so più di tanto. Non ha voluto dircelo, non ne ho la minima idea” concluse.

                                                                                                                                            

Parlai .“A me ha lasciato questo. Le parole sembravano volessero farmi capire qualcosa e sono andata alla radura, ‘dove brilla’..” mi fermai qualche secondo mentre leggeva la lettera “e lì ho trovato una rosa e un biglietto con scritto ‘Ascoltami’… ed ho pensato che avesse a che fare con il pianoforte. Edward ci tiene molto, lo sai..” cercai di farmi capire.

                                                

Alice annuì subito e mi disse: “Quindi, secondo te ha voluto lasciarti qualcosa?” mi guardò negli occhi.

 

 “Non so se sia qualcosa, ma si, credo. L’ultima volta, quando ve ne siete andati …”  deglutii nella speranza che il ricordo non mi tradisse “si è comportato diversamente. Ora, invece, è come se mi volesse guidare da qualche parte. Più passa il tempo e più mi confondo..” mi guardò annuendo. 

                                                                                                                                      

Dopo qualche secondo parlò. “Vuoi che ti aiuti? Provo a suonare qualcosa se vuoi..” poi aggiunse “in casa non c’è nessuno, sono tutti a caccia..” si offrì.

“Sanno tutto anche loro?” chiesi ad Alice.

“Si, li ho avvertiti poco fa. Si stanno precipitando a tornare. Non dovevo farlo?” domandò preoccupata.

“Hai fatto bene …” dissi con poca energia. Comparve un piccolo sorriso sulla mia faccia “Grazie di tutto Alice” sussurrai.

 

Ricambiò il sorriso, il suo un po’ più preoccupato e strano, mi prese per mano e mi fece sedere nello sgabello al suo fianco mentre lei si metteva in posa con le mani sui tasti.

“Proviamo con questa? Se ti ha reso facile tutto, di certo avrà pensato anche a questo” disse indicando lo spartito davanti a sé.  Era proprio ‘Claire de lune.. quante volte l’avevo sentito suonarla …                                                                                                                              

Scrollai le spalle; a questo punto non sapevo veramente più niente. “Prova” la incoraggiai.

 

Iniziò a suonare, e per i primi cinque minuti la tristezza inondò la casa e il mio corpo. Non c’era niente di particolare, forse avevo sbagliato, non era quello ciò che intendeva. Prima di darmi per sconfitta decisi di continuare a sentire e non solo io mi accorsi che qualcosa non andava. Non ero una grande intenditrice di musica o cose simili, ma avevo sentito molte, troppe volte quella canzone per non poter notare la differenza.

All’inizio la note si posavano lievi, delicatamente, come fiori che di colpo sbocciano in tutta la loro bellezza. E poi continuava, a tratti veloce, poi rallentando, grave e poi ancora e ancora. E poi, quel suono. Una nota estremamente in disaccordo con le altre. Troppo.

 “C’è qualcosa che non va. Non mi convince questa nota …” mi informò Alice continuando a spingere un tasto senza risultati. 

“Ho notato..” risposi alzandomi dallo sgabello nel suo stesso istante.

Alice si avvicinò verso la parte posteriore del pianoforte e sollevò la tavola. La vidi osservare per pochi istanti i vari tasti internamente al pianoforte e poi scomparire tra la meccanica dello strumento. La vidi ricomparire dopo poco con un sacchettino in mano. Guardavo fissa la faccia di Alice, non avevo il coraggio di vedere cosa avesse in mano: avevo paura di quello che avrei trovato.

 

Si avvicinò e iniziò a parlare “Sembra sia un altro biglietto … e due regali” mi porse il pacchetto. Istintivamente indietreggiai di un passo e tolsi la mano prima che potessi toccare la confezione “Puoi leggere te Alice?” chiesi.

 

Annui con la testa e sciolse il sacchettino dai vari nodi dei nastri e iniziò a leggere “So quello che pensi Bella, ma non è così: non vi ho abbandonate, e non ho intenzione di farlo per nessuna  ragione al mondo …” si fermò quando si accorse che le lacrime iniziarono a cadermi leggere sulle guance e sospirò “… ho dovuto farlo, perdonami. Voglio che vi prendiate cura di voi, continuando a fare quello che avreste fatto con me al vostro      fianco; senza fare stupidaggini Bella, promettimelo questa volta. Tornerò prima o poi, ve lo giuro. Vi lascio questi due cuori, nella speranza che vi possano aiutare a ricordarmi, vi amo.  Edward”.

 

Chiusi gli occhi. Sentivo il cuore accelerare a dismisura. Questa era la prova decisiva che Edward non se ne era andato, non ci aveva abbandonato. L’avevo sempre saputo, tranne in quei momenti dove mi ero fatta prendere dal panico. Conoscevo Edward ormai troppo bene, e sapevo che non commetteva mai un errore due volte. Dove si era cacciato? Che cosa era successo? Sapevo che non l’avrei saputo molto facilmente, ma la mia paura, per noi, ma soprattutto per lui cresceva ogni istante. Speravo con tutto il cuore che stesse bene ed ero fiduciosa: volevo credere in lui, questa volta volevo fidarmi sul serio.

 

‘Te lo prometto’ sussurrai tra me e me come risposta ad Edward. Questa volta non sarei rimasta a piangermi addosso, anche se probabilmente non ci sarei riuscita ugualmente. Dovevamo prenderci cura di noi stesse, e io di mia figlia. Dovevo farlo per lei: andare avanti. Non sarei riuscita a rimanere un secondo di più a Forks, tutto mi ricordava Edward. Se fossi rimasta sarebbe stato solo peggio; dovevo andarmene lontano almeno per qualche mese.

“Alice, devo andare via da Forks” dissi di scatto aprendo gli occhi. La vidi sbattere più volte le palpebre e rispondere “Cosa?”

“Me ne vado” sussurrai decisa; mentre un’altra lacrima solcava le mie guance.

                                                                                                                                                         

 

 Misery e Valerie, ancora. BellaXEdward, ovvio. Speriamo solo che piaccia =)

Il capitolo è stato scritto da Vale u.u

Baci =)

  
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