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Autore: Camelia Jay    03/12/2010    3 recensioni
Jenice, allegra, gentile, riflessiva, con il cuore spezzatole da un ragazzo.
Kyle, freddo, distaccato, misterioso, nessuno che sappia nulla di lui.
Come reagirà Jenice, quando scoprirà la verità sul suo compagno di classe? E cosa farà, quando il suo migliore amico di sempre l'abbandonerà per il successo? Si accorgerà di Kyle, o scoprirà che non può vivere senza l'amico ventiquattrenne?
Adesso conoscevo il colore dei suoi occhi, che ogni giorno sembravano affascinarmi sempre di più, e quelle tristi e profonde occhiaie che aveva sotto di essi erano finalmente scomparse.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lonely'
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Epilogo…

 

Siamo giunti alla fine, ahimè. Terminare questa storia mi sembra molto, molto strano… ha occupato ore dei miei pensieri mentre la scrivevo e voi ora siete qui che la leggete e la giudicate. Non è una cosa da niente, mi rendo conto.

Per l’ultima volta (in questa storia) vi auguro una buona lettura!

 

 

***

 

 

Quel giorno, tornata a casa da scuola, mi piantai sul divano color pesca ad accendere il televisore mangiando comodamente sdraiata qualcosa. I miei, che avevano già mangiato, mi ripetevano continuamente di non farlo, ma era un’altra delle mie cattive e malsane abitudini. Dopodiché mi chiusi in camera mia a luce spenta come al solito e misi la musica dello stereo a palla.

Presi il mio microfono, quello che usavo sempre per cantare, ignorando il vicinato a cui andava bene tutto e non si lamentava mai, e cominciai a cantare a squarciagola per la gioia dei miei genitori che si sarebbero volentieri tappati le orecchie dalla confusione.

Continuai così per più di mezz’ora, quasi facendomi andare via la voce, il che era successo più di una volta.

Misi lo stereo in pausa, le corde vocali esauste. Cominciai a riprendere fiato dopo tutto quel cantare, nell’oscurità della stanza riuscivo ad udire ogni minimo rumore. Sentivo anche i miei che interloquivano con qualcuno, ma non aveva importanza. Chiunque fosse, stava per ascoltare di nuovo le mie fantastiche performance.

Riaccesi lo stereo, la base musicale era partita. Perfetto, ecco che prendo fiato per cominciare a cantare i primi versi che…

Toc toc.

Mi bloccai, sprigionando fuori dalla bocca tutto il fiato che avevo accumulato. Un brivido giù per la schiena. Mi venne quasi da ridere; il tocco. Il tocco con cui la persona fuori dalla porta aveva bussato era proprio uguale a quello di Jonathan. Aveva bussato talmente tante volte a quella porta che mi ero memorizzata il suono che emetteva. Cosa da matti, ne sono consapevole.

Spensi lo stereo, ancora divertita da quel tocco sulla porta.

Non posai neanche il microfono, che rimase nella mia mano sinistra mentre con la destra afferravo la maniglia.

Come era mio solito fare, aprii la porta solo un po’, giusto per vedere dalla fessura chi fosse:

Cominciando dal basso, vidi un paio di jeans con una cintura allargata che in realtà i pantaloni non li teneva su, maglietta nera con una “J” bianca a carattere gotico stampata sopra che avevo già visto, addosso a qualcuno che aveva la fissazione per l’iniziale del suo nome. No, ma che andavo a pensare? Scorrendo sempre più in alto con lo sguardo, notai una chioma bionda che avrei riconosciuto fra milioni di altre. Istintivamente, chiusi di scatto la porta sbattendola.

Tenendo stretta la maniglia, m’inginocchiai convinta che le mie gambe non avrebbero trattenuto il mio peso un secondo di più. Mi venne un groppo in gola. Cercai di fare respiri profondi, per quanto mi fosse possibile. La mia mano sinistra lasciò cadere a terra il microfono, che fece un sordo tonfo per terra.

Mi tirai su, appoggiando per un secondo la fronte sulla porta. Quando mi fui ripresa per tutto, dopo qualche secondo, riaprii lentamente la porta convinta che fosse ancora lì. La mano sinistra corse immediatamente sull’interruttore della luce che illuminò la stanza.

L’avevo di fronte a me, nella sua figura che non era cambiata per niente in tutti quei mesi.

Ero lì, a bocca aperta e occhi sgranati, che lo squadravo dalla testa ai piedi mentre lui, sorridente, disse semplicemente:

– Salve, dolcezza!

Avevo davanti a me Jonathan Harvey.

Una qualunque fan dei Contagious che non avesse seguito tutta la storia dall’inizio mi avrebbe domandato:

“Ma chi? Jonathan Harvey il cantante?!”

Io allora a quel punto le avrei risposto:

“No, non il cantante. Il mio migliore amico”. 

 

***

 

Eccoci qui alla fine. Be’, mie lettrici, io sono stata benissimo con voi (metaforicamente xD) e terminare qui questa storia mi dispiace. Prometto che mi darò da fare per altre storie in futuro xD. E ti pareva che mettevo un finale come questo? Sto lavorando a questa, "Il diario di Belle" fatemi una visita, ci conto ;) Comunque, non possiamo sapere cosa capiterà a Jenice e Kyle (e anche a Joathan dai xD) ma possiamo immaginarlo, con tutta la nostra fantasia.

Perché la fantasia è la cosa più bella che ci è stata donata.

Fantastichiamo, finché possiamo.

Un bacio a tutte.

   
 
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