Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance
Ricorda la storia  |      
Autore: Bb_e_Will    08/12/2010    3 recensioni
A metà strada tra una stazione di servizio e l'altra, tra la fine di un tour e un secondo album, un temporale improvviso ed un guasto al van costringono cinque poveri musicisti spossati ed il loro manager stressato a cercare rifugio in un motel degno di Hitchcock. Per fortuna è solo per una notte.
...o forse no. Tra fantasmi educati e presenze furiose, tensioni più o meno sessuali, fucili al sale, liti e caffè stantio, cinque musicisti terrorizzati e il loro manager ancora più stressato dovranno sconfiggere un demone e andarsene prima che il prezzo da pagare per le stanze si riveli molto più alto del previsto - o che i due misteriosi fratelli rimasti bloccati con loro decidano che darli in pasto ad un mostro sia molto più pratico che fare loro da balia.
Sicuramente, Gerard non si aspettava questo quando pregava di trovare un po' di ispirazione.
[My Chemical Romance/Supernatural Crossover]
Genere: Commedia, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Titolo: Hotel Bella Muerte
Autore: ♥ blaise_sl_tr07 e Will91, unite in questo nuovo account per la prima di molte collaborazioni.
Fandom: RPF My Chemical Romance/Supernatural
Beta: l'eccezionale Chrystal *shower with praise*
Rating: R
Warning: slash, incest accennato, sovrannaturale, anacronismi, religione e mitologia usate a casaccio
Conteggio parole: 26.368
Disclaimer: Niente di tutto ciò è vero, o nostro, o fonte di guadagno. Surprise, surprise.
Note: Quasi 30K di crossover di self-indulgence PURA (che sarebbe a dire, non fate caso alla prezenza di Bob o alle idiozie mitologiche o a... tutto il resto, really) *abbraccia Blaise e le singhiozza sulla spalla* Grazie alla nostra triade di mod preferita per averci permesso di sfogare le nostre idee malate durante un bigbangitalia
Introduzione: A metà strada tra una stazione di servizio e l'altra, tra la fine di un tour e un secondo album, un temporale improvviso ed un guasto al van costringono cinque poveri musicisti spossati ed il loro manager stressato a cercare rifugio in un motel degno di Hitchcock. Per fortuna è solo per una notte. ...o forse no. Tra fantasmi educati e presenze furiose, tensioni più o meno sessuali, fucili al sale, liti e caffè stantio, cinque musicisti terrorizzati e il loro manager ancora più stressato dovranno sconfiggere un demone e andarsene prima che il prezzo da pagare per le stanze si riveli molto più alto del previsto - o che i due misteriosi fratelli rimasti bloccati con loro decidano che darli in pasto ad un mostro sia molto più pratico che fare loro da balia. Sicuramente, Gerard non si aspettava questo quando pregava di trovare un po' di ispirazione.




Non è ancora l’alba.
Il sole si nasconde da qualche parte dietro la linea dell’orizzonte quasi invisibile contro il cielo ancora troppo scuro. Dal lato opposto una pallida falce di luna, argentea e altera, veglia su quella parte addormentata di mondo mentre la sua luce si fa via via sempre più flebile.
Un vento leggero si alza da nord ovest, freddo e tagliente, e man mano che la lancetta scorre sull’orologio segnando secondi che si trasformano in minuti cresce di intensità, fino a soffiare forte il suo ululato su quelle strade deserte e sperdute che attraversano l’America. La polvere si alza leggera nell’aria insieme a qualche foglia caduta da quei pochi alberi che crescono qua e là sul ciglio della strada, per poi vorticare in piccoli mulinelli.
Una sola, vecchia macchina tirata a lucido percorre veloce quell’angolo di mondo dimenticato dall’uomo e da Dio, il silenzio sonnolento dell’abitacolo interrotto solo dall’incessante ululato del vento.
L’uomo alla guida sospira stancamente e un suo sonoro sbadiglio copre il mugugno del compagno addormentato al suo fianco. La stanchezza, frutto delle dodici ore trascorse in macchina, in viaggio, comincia a farsi sentire mentre il cielo mattutino diventa più scuro ogni secondo che passa, incurante del sole che si appresta a sorgere con i suoi caldi raggi dorati.
-Che ore sono?- mugugna l’uomo mezzo addormentato sul sedile del passeggero socchiudendo gli occhi e puntandoli sull’orologio al suo polso. -Le sei del mattino! Sei al volante da più di sette ore, lascia guidare me.-
Il guidatore accoglie quella proposta con un cenno di diniego che viene sminuito da un altro suo sbadiglio. -Sto bene- dice. -Torna a dormire.-
-Ma--
L’altro uomo prova a ribattere ma la radio che viene accesa e la musica che si sparge forte nell’abitacolo glielo impediscono; non gli resta allora che sbuffare e voltarsi dall’altra parte, concedendosi un’altra oretta di sonno.
Il cielo è diventato nero come l’inchiostro sopra le loro teste, l’atmosfera sempre più cupa e inquietante, il vento sempre più freddo mentre dei lampi si avvicinano da lontano squarciando la coltre di nubi scure.
L’uomo al volante si vede costretto ad accendere le luci di posizione e successivamente gli abbaglianti per riuscire a vedere la strada mentre una pesante e densa nebbia li avvolge. Quell’aria foriera di tempesta non si addice esattamente a quella zona quasi desertica ma l’uomo in auto, quello sveglio, non ci pensa più di tanto – tutto può succedere, dopotutto, come ha già imparato a sue spese.
Un lampo particolarmente forte illumina a giorno il cielo e la strada e nella manciata di secondi che precedono il tuono l’aria e l’intera atmosfera sembrano fermarsi, paralizzarsi, cristallizzarsi come se qualcuno avesse pigiato il tasto “PAUSE” su un enorme telecomando puntato dritto su quella piccola frazione di mondo. L’uomo al volante abbassa un po’ il finestrino, ignorando il freddo e il vento, per far cambiare l’aria che in auto è diventata quasi soffocante e in quel momento lo avverte, qualcosa di strano, qualcosa fuori dall’ordinario.
Lo avverte nell’aria ghiacciata che respira, come una sorta di elettricità, elettricità che non ha nulla a che vedere con il temporale in arrivo.
L’uomo al suo fianco mugugna qualcosa, si rigira, si sveglia con uno sbadiglio.
-Ora basta, guido io. Tu devi riposare- dice sbadigliando ancora mentre l’altro si lascia sfuggire un sorrisetto che lascia intravedere una dentatura perfetta.
-Ma se stai ancora dormendo!- esclama ridendo di gusto.
L’uomo sul sedile del passeggero sbuffa, si sgranchisce braccia e gambe per quanto la sua statura e lo spazio ristretto dell’abitacolo gli permettano, guarda fuori e i suoi occhi verdi incontrano quel nero spettacolo gentilmente offerto da madre natura.
-Caspita- dice. –Sembra che stia per venire giù il cielo. Ha un che di apocalittico-
-Già-. L’altro continua a guidare con una mano sola mentre con l’altra rovista alla cieca sul sedile posteriore incontrando il rivestimento in pelle e poi, finalmente, la busta di cartone che stava cercando. La prende e se la porta in grembo, incurante dell’olio che ne ha ormai unto il fondo; ne estrae una ciambella vecchia di un giorno e la porge al suo compagno di viaggio mentre tiene la seconda per sé.
-Colazione. Non sarà come quelle appena sfornate, ma almeno è cibo.-
Trascorrono qualche istante in silenzio masticando la pasta unta e leggermente indurita, il vento forte e la radio come unica compagnia. Non c’è bisogno di parlare, comunque; stanno facendo colazione (sì, be’, più o meno), sono stanchi e in viaggio su quei sedili da troppo tempo, hanno bisogno di sgranchirsi, di una doccia calda e di un letto, e non necessariamente in quell’ordine.
Un altro lampo, il rombo del tuono e un rombo di qualcos’altro.
-Ma che diavolo--
Con uno sbuffo che non promette niente di buono e una vampata di fumo l’auto si spegne, proprio lì, proprio in mezzo alla strada… proprio in mezzo al nulla cosmico.
L’uomo abbandona la ciambella nel cartone, la getta sul sedile posteriore, gira un paio di volte le chiavi nel quadro e alla fine, sconfitto, tira il freno a mano e scende ad aprire il cofano, subito seguito dall’altro.
-Merda!- urla tirando un calcio alla ruota quando si rende conto che il motore è andato, completamente fottutissimamente andato e non c’è modo di ripararlo senza l’aiuto di un meccanico.
-Merda!- impreca di nuovo chiudendo il cofano con rabbia. –Era tutto a posto, non so che diavolo le è preso!-
L’altro uomo sospira. Nonostante le continue cure ed attenzioni l’auto rimane comunque un pezzo quasi storico, ha la sua età ed è logico aspettarsi qualche scherzetto del genere.
-Non c’è niente che possiamo fare- dice dirigendosi sul retro dell’auto. –Tanto vale proseguire a piedi fino a trovare qualcuno-
-Qualcuno nel bel mezzo del nulla?!- urla l’altro, nervoso.
-E cosa dovremmo fare, eh? Stare qui ad aspettare? Aspettare chi? Andiamo a piedi, troveremo qualcosa lungo la strada. Magari una caffetteria o-
-O magari un hotel- dice il guidatore, un ghigno compiaciuto sul viso, indicando con il capo qualcosa alle sue spalle. Quando si volta, l’altro riesce a scorgere un’insegna scura che non aveva notato prima, forse perché si confondeva con il nero del cielo.
HOTEL BELLA MUERTE, 1 ml
Un nome non esattamente accattivante (chissà in quale schifosa bettola si troveranno), ma sempre meglio di niente. Dopotutto, sono abituati a cose ben peggiori.
-Dai, aiutami-
Con non poca fatica i due uomini riescono ad accostare la macchina sul ciglio della strada mentre la bufera è sempre più vicina; dal vano portaoggetti prendono i documenti, un po’ di contanti, i cellulari e per sicurezza anche le carte di credito che poi infilano in due pesanti borsoni tirati fuori dal bagagliaio.
-Torno presto, bambina- dice il (fu) guidatore chiudendo a chiave l’auto e dandole una pacca affettuosa sul lucido metallo nero prima di lasciarla lì da sola e incamminarsi, imbronciato per la separazione forzata, insieme al suo compagno.
-Su con la vita- dice quello battendogli una grande mano sulla spalla. –Potrebbe andare peggio. Potrebbe piovere-
Un lampo, l’ennesimo, squarcia il cielo e il tuono che lo segue porta con sé una pioggia sottile e apparentemente innocua che non tarderà a trasformarsi in una tempesta vera e propria.
-Dannazione a te e ai tuoi stupidi film! Ma dico, non potevi chiudere il becco?!-
E così, battibeccando sotto la pioggia sempre più forte sullo sfondo di una strada deserta e buia, i due uomini accelerano il passo impazienti di raggiungere quell’hotel in cui rifugiarsi e trovare ristoro per qualche ora, giusto il tempo di aspettare la fine del temporale che ormai infuria, prima di chiamare aiuto per riparare l’auto e rimettersi in viaggio verso la loro meta.


HOTEL BELLA MUERTE


Gerard alza gli occhi dalla pagina che stava scarabocchiando da ore e schiaccia il viso contro il finestrino. -Credo stia per piovere.-
-Complimenti, Sherlock,- mormora Frank, stiracchiandosi. Fa un enorme sbadiglio e senza perdersi in carinerie si sdraia sul sedile, buttando la testa sulle gambe di Gerard e i piedi nella generica direzione di Mikey, che continua a dormire contro la portiera del van; Gerard fa un verso a metà tra uno sbuffo e un gridolino e inizia ad agitare le mani in giro, quaderno e matita e tutto compreso, non si capisce se per scacciare Frank o trovare una posizione comoda o cavargli un occhio con la gommina della matita. Frank si struscia contento come un gatto troppo cresciuto e, mentre Gerard si placa, butta la testa all’indietro premendo la nuca contro la sua coscia per guardare fuori dal finestrino.
Quello che vede, a rovescio, è una distesa compatta e uniforme di grigio. -Ma non dovrebbe piovere,- dice Gerard una volta sistemati quaderno e matita al sicuro tra le pieghe dei sedili. Inizia a giocare sovrappensiero con i capelli lunghi di Frank, e il chitarrista fa un versetto contento preparandosi ad ascoltare una bellissima favola della buonanotte piena di previsioni atmosferiche e metereologi incompetenti e informazioni non richieste sulla composizione delle nuvole. Non sta a sentire Gerard quasi mai, durante le sue tirate, ma ciò non toglie che abbia un tono di voce davvero conciliante. A Gerard non importa, finché nessuno gli dice di infilarsi un calzino in gola e chiudere il becco. Si schiarisce la gola per iniziare a spiegare perché, nel dettaglio, non dovrebbe piovere nel mezzo dell’ennesimo deserto uguale a tutti gli altri che hanno attraversato, quando molte cose che non dovrebbero succedere si verificano tutte insieme.
Bob - Bob Bryar, il calmo, pragmatico, “al diavolo l’ospedale, passami quello scotch e sono come nuovo” Bob Bryar - inchioda all’improvviso e impreca a denti stretti.
La voce preoccupata di Ray che chiede cosa diavolo stia succedendo raggiunge altezze che nessun uomo adulto e in salute dovrebbe poter toccare.
Il motore, semplicemente, esplode.
-Cazzo,- sbotta Brian, cercando di vedere qualcosa oltre il fumo che esce in volute dense dal cofano. Inizia a tossire ma si volta dal sedile del passeggero verso il fondo del van per controllare i danni, sempre più preoccupato per gli altri che per sé. -Tutto bene?-
-Chiaramente no,- dice Ray, con quella punta di isteria nella voce che lo fa sembrare una zia ansiosa ancora più del solito, aggrappato allo schienale del sedile di Bob come se fosse uno scoglio in mezzo alla tempesta. -Visto che il van è morto.-
Oltre la schiena di Ray, sul sedile posteriore, Gerard si sta scusando mortificato e i piedi di Frank si stanno agitando nell’aria con un sottofondo di imprecazioni e Mikey, iPod nelle orecchie a volume talmente alto da distinguere una melodia anche dall’altro lato dell’abitacolo, continua a dormire con la bocca aperta e un rivoletto di saliva lungo il mento. Tutto come al solito.
-Cosa è successo?- chiede Brian, tornando a guardare il fumo che ormai si sta diradando, dando al cofano del van un’aria provata e spettrale. -Cosa cazzo è successo.-
Bob sta provando a rimettere in moto da qualche minuto, girando la chiave nella cloche con più aggressività dello stretto necessario, ma il risultato è soltanto un rumore stridulo e agghiacciante come degli artigli che strisciano sull’asfalto, e un nuovo sbuffo di fumo più nero e fitto del precedente. L’aria puzza di bruciato e pioggia imminente e Brian sente quella sensazione di stretta alla gola che gli fa venire voglia di chiudere gli occhi e prendere a testate il cruscotto.
-Vado a chiamare quelli dell’agenzia,- annuncia a nessuno in particolare, e sta già schiacciando con ferocia il tasto Chiama prima di essere sceso dal van.
-Buona fortuna,- commenta Bob a denti stretti. Fa un altro tentativo e a quel punto il motore lancia un ultimo grido di dolore e smette definitivamente di dare segni di vita. Fa scattare il cofano aperto e poi marcia fuori con un’aria cupa che non preannuncia nulla di buono, tirandosi su le maniche della felpa e mettendosi a trafficare con il motore come un chirurgo su un paziente che si ostina a non voler riprendere a respirare. Il rumore di qualunque cosa stia facendo dietro il cofano non è precisamente rassicurante, e quando il clangore viene sostituito da qualche imprecazione sottovoce Ray si sporge dal finestrino per guardare meglio. -Cosa c’è, cosa si è rotto?-
Bob si alza lentamente ed ha in volto un’espressione confusa che non gli hanno mai visto addosso, e più del fumo e degli scoppi è quella a fargli capire che c’è davvero di cui preoccuparsi.
-Non lo so.- Fissa accigliato il motore mentre si pulisce le mani sporche di olio sui pantaloni. -È devastato. Le candele sono fuse, tutte, la bobina si è spezzata - delle viti sono saltate, in nome di dio, non ho mai visto niente del genere.-
Smette di rovinarsi i pantaloni e si passa le mani tra i capelli, fermandole all’altezza della nuca in una posizione che lo fa sembrare un ragazzino che non sa dove mettere le mani per aggiustare la sua prima auto. -
È completamente fottuto.-
Ray vorrebbe dire qualcosa di confortante ma prima che possa farlo si trova il grembo pieno di Frank, che è rotolato sul sedile davanti per partecipare alla conversazione o semplicemente per rompere i coglioni a più persone possibile. -Frank, avevamo già parlato delle invasioni di spazio e di come siano sbagliate!-
Per tutta risposta Frank gli si sdraia addosso e si spenzola fuori dal finestrino al suo posto. -Non abbiamo qualcosa di riserva per aggiustarlo?-
L’occhiata di Bob è molto eloquente.
-Fottutissimi idioti,- sbotta Brian, facendoli sussultare tutti. Sale in macchina e scaglia il cellulare sul cruscotto con la stessa grazia con cui chiude la portiera, iniziando a buttare a terra cartacce e bicchieri vuoti e resti di pranzo in cerca di qualcosa, ringhiando per tutto il tempo. -’Non sappiamo come aiutarla, signor Brian’, non possono mandarci un altro van perché dicono che questo è ‘come nuovo’, che semmai dobbiamo prendercela con chi ce l’ha affittato perché non è un problema loro, e la fottuta copertura di questo fottuto paese ha deciso di crollare prima che potessero darmi il numero di un carro attrezzi e adesso il fottutissimo telefono non prende e siamo completamente isolati!-
Quando trova quello che stava cercando prende tutta l’immondizia sparsa per il cruscotto e la butta bruscamente a terra con una certa soddisfazione, facendo spazio per allargare una cartina consunta e scarabocchiata. Ray fa rotolare Frank sul resto del sedile e si sporge oltre lo schienale del posto di Brian per dare una mano, mentre Frank sbircia da sopra la sua spalla come un gufo.
-Questa è la strada,- indica Ray, e Brian segue con un dito quella linea sottile nel groviglio di simboli e disegnini fino ad arrivare al loro chilometro. Per un attimo fissa la cartina come se fosse scritta in sanscrito e poi si accascia contro lo schienale, passandosi stancamente le mani sulla faccia. -Siamo a metà,- mormora, sconfitto -tra l’ultimo autogrill e il prossimo. Siamo precisamente in mezzo al nulla.-
Nessuno dice nulla per un po’ finché il silenzio teso non è rotto dalla voce di Gerard, leggermente velata di panico, che chiede -Dovremo dormire qui dentro?- e si porta dietro la realizzazione, effettiva, che sono davvero nella merda.
-Chessuccess?- biascica Mikey, svegliandosi di scatto nel silenzio tombale - ovviamente, quando sennò? - sbattendo gli occhi in maniera talpesca. Si stiracchia, facendo cadere gli auricolari e mandandosi gli occhiali di traverso, fresco e riposato. Gerard gli si abbranca ad un braccio e inizia a sbatacchiarlo con vigore.
-Mikes, Mikes, il van è esploso e sta per piovere e siamo bloccati in mezzo al nulla!-
-Oh,- dice Mikey, con molta enfasi. Si risistema gli occhiali e sbircia fuori da finestrino, verso le nuvole scure all’orizzonte e il fumo scuro che esce dal cofano e la desolazione totale. -Dovremo fermarci in hotel.-
-Quale?- strilla Gerard, e lo sbatacchia un altro po’. -Siamo in mezzo al nulla del nulla!-
Mikey, tra uno scrollone e l’altro e le risatine di Frank per il principio di crisi isterica che si stanno rimbalzando Bob, Ray e Brian, alza semplicemente una mano e indica un punto a lato della strada.
HOTEL BELLA MUERTE, 1 ml
-...oh.-
-Io porto Pansy!- urla Frank, tuffandosi di nuovo su un altro sedile del van e rotolando fuori come se fosse nato per fare il birillo. Ray gli urla dietro di quanto sia un ingrato che non sa comprendere il vero valore della morra cinese per decidere chi porta cosa, specialmente se c’è in palio Pansy e non i borsoni pieni di dannati mattoni degli Way, ma Frank sta già rovistando per il bagagliaio. D’altronde quando giocano a morra si sa sempre chi perderà.
-Tanto peggio di così non può andare,- brontola Ray, prendendo a calci la borsa di Gerard, che non ha la minima intenzione di farsi spuntare delle gambe e spostarsi da sola.
-Dai,- cerca di consolarlo Gerard -almeno non si è ancora messo a piovere.-
E poi un tuono.
-Grazie, Igor.-

***

-Welcome to the hotel Bella Muerte,- canticchia Gerard sottovoce, e si guadagna una gomitata tra le costole.
-Smettila,- borbotta Frank, trascinando uno zaino poco più piccolo di lui -è già abbastanza brutto così.- Gerard probabilmente avrebbe altri modi per definirlo, ma in uno sprazzo di compassione esegue di buon grado, restando a mormorare a mezza bocca la stessa melodia, ancora e ancora, come se dovesse trovare il modo di farsela suonare bene. In qualsiasi altro momento Frank sarebbe ben lieto di dargli retta, tirare fuori una chitarra e cercare di seguirlo, ma è zuppo, infreddolito, abbandonato al mondo, con un bagaglio che pesa come un cadavere da trascinare, e non ha proprio la forza di stare dietro ai deliri compositivi di Gerard.
Quando alle sue spalle Bob inizia a fischiettare il tema di Profondo Rosso, Frank grugnisce esasperato e decide che trascinare lo zaino all’asciutto è molto più importante che restare indietro con quegli idioti dei suoi amici, anche se l’alternativa è entrare nell’hotel degli orrori.

*

È un motel, in realtà, checché ne dica l’insegna. Un complesso largo, di due piani, con quell’aria desolata e un po’ triste che sanno avere solo i motel; ad un lato dell’ingresso c’è una tettoia di lamiera sgangherata che ripara appena dalla pioggia una splendida auto nera tirata a lucido, e all’altro una parete di finestre e finestre di stanze la cui porta, probabilmente, dà su un cortile interno. La luce dell’ingresso è fredda e artificiale, e la cosa più bella del mondo contro il cielo scuro e carico di pioggia.
Le porte a vetri cigolano e rimbalzano sui loro cardini quando Frank si butta dentro la stanza con un urlo vittorioso, a tanto così dal rotolarsi per terra e baciare il pavimento. Uno dopo l’altro arrivano tutti, tra borbotti e canzoncine e i tonfi umidi dei bagagli che vengono buttati a terra senza tanti complimenti.
-Caffè,- geme drammaticamente Gerard. -Una borsa dell’acqua calda di caffè, vi prego.-
Mikey annuisce al suo fianco, gli occhiali sporchi di pioggia, i capelli appiccicati alla fronte e l’aria di un gatto spelacchiato appena tirato fuori da un lago. Si toglie gli occhiali per pulirli prima di rendersi conto che non ha un pezzo di stoffa addosso che non sia da strizzare, ed è una visione piuttosto patetica. Gerard smette di proclamare al mondo il suo dramma abbastanza a lungo da voltarsi a guardare suo fratello col cipiglio di mamma gatta che ha appena visto il suo cucciolo riemergere dal lago; fa per aprire bocca, preoccupato, ma Brian si piazza davanti a Mikey con sguardo critico.
-Hai le labbra blu,- dice, ed è vero, anche se le sue guance ora sono diventate un po’ rosa.
-È chiaro che moriremo tutti d’ipotermia,- annuisce Gerard, ma continuando a guardare Mikey con occhio sospettoso.
-Se non ci ammazzano nel sonno prima,- commenta acido Ray, sgocciolando dai capelli come un cocker triste. -Avete visto questo posto? E l’auto là fuori? Non mi sorprenderei se ci fosse un pazzo con una motosega nell’armadio o... o...-
-Buonasera,- dice dal nulla una vocina sottile.
Si voltano di scatto verso il banco della reception, verso la ragazza che non avevano notato seduta dietro un registro delle presenze dall’aria vissuta. La ragazza gli dedica un sorriso affaticato, ed hanno tutti la decenza di rendersi conto della scena che stanno facendo - fradici, infangati e rumorosi - e sentirsi un po’ in imbarazzo.
Brian si fa avanti tirando fuori il telefonino ed il sorriso da lavoro. -Signorina, ci scusi tanto, non ci eravamo accorti di lei. Avevamo superato da poco l’ultima stazione di servizio della statale quando il motore del nostro van ci ha abbandonato, e abbiamo visto il cartello dell’hotel. Posso usare il suo telefono, se non le dispiace? Se potessimo chiamare un carro-attrezzi...-
-Non ci sono carri-attrezzi,- dice la ragazza quietamente, e l’espressione di Brian si incrina un po’. -Ma,- riprende -se vi fermaste per la notte, domani mattina potrei mandarvi John ad aggiustare l’auto.-
-Non è possibile chiamarlo prima? Abbiamo già dei tempi abbastanza stretti, e non ci sarà spazio per sei--
-John è fuori, al momento, tornerà solo domani mattina,- interrompe ancora la ragazza, sempre con una voce tremula quanto il sorriso che le stira i segni stanchi sotto gli occhi -E l’hotel è quasi vuoto. Sareste gli unici ospiti assieme a quei due signori laggiù,- conclude, indicando un punto del salottino d’attesa alla loro sinistra, dove tra tavoli pieni di riviste spaginate e divani macchiati due tizi - bei ragazzi, uno che li fissa senza preoccuparsi di nasconderlo mentre l’altro, il più alto, tenta di attirare la sua attenzione verso un discorso interrotto - bevono caffè sopra un diario pieno di fogli e foglietti.
Gerard lancia uno sguardo ardente alle loro tazze, Brian a... qualcos’altro.
-Perfetto! No?- prima che Brian possa riprendersi dalla distrazione momentanea Frank ha mollato bagagli e strumenti in mezzo alla stanza e si sta trascinando dietro per la collottola Gerard per andare a fumare sotto la tettoia del parcheggio. Mentre Bob strizza gli occhi cercando di vedere la macchina parcheggiata all’esterno tra il riflesso delle luci contro i vetri e la pioggia scrosciante chiedendo, a nessuno in particolare, se sia davvero un Impala, e che genere di persona possa permettersi di tenerne una in quelle condizioni, a Brian non resta che sospirare e tirare fuori il portafoglio.

*

Un tonfo sordo e pesante, una rete che cigola.
-Dean-
-Questo materasso è davvero orribile- dice l’uomo spalmato sul letto lasciandosi sfuggire un sospiro stanco.
-Così orribile che ti ci sei buttato tutto vestito, con ancora le scarpe addosso e inzuppato di pioggia?- Sam lo guarda con un sopracciglio inarcato e in risposta si becca un non molto elegante dito medio.
-Fottiti, Sammy.-
-Idiota.-
-Puttana-. Dean ride a quello scambio di battute che non lo stancherà mai nonostante faccia ormai parte della loro quotidianità.
Si toglie svogliatamente le scarpe e le calcia lontano dal letto mentre Sam si libera dei vestiti bagnati e indossa una t-shirt asciutta e pulita.
-Dean, non lo trovi inquietante?-
-Sì, questo letto cigola da far schifo. Ti conviene non rigirarti troppo, stanotte, o ti spaventerà a morte.-
-No, coglione- dice Sam stendendosi sul letto sotto il caldo abbraccio delle coperte. –Intendo l’hotel. C’è qualcosa di strano-
-E’ un hotel come un altro, Sammy- Dean getta per terra i vestiti bagnati e con solo i boxer addosso torna a rannicchiarsi sul letto. –Sinceramente trovo più inquietanti i tipi che sono arrivati prima. No, dico, ma li hai visti? Sono
truccati! Be’, due di loro sono truccati. Uno sembra uno stuzzicadenti con gli occhiali, l’altro un cespuglio. Il tizio biondo ha la faccia di uno che vorrebbe prenderti a pugni sulla fiducia e l’altro sembra uscito dalla copertina di una rivista maschile. Il nanetto e quell’altro lì, il vampiro, però, sono i peggiori.-
Sam, di nuovo, alza un sopracciglio.
-Sì, be’, non sono loro a preoccuparmi- dice girandosi sulla schiena e fissando il soffitto. –Non lo so, ho la sensazione che ci sia qualcosa di strano, qui.-
-Sì, il nano con le croci sugli occhi. Potrebbe entrare qui di notte e aggredirti nel sonno.-
-Dean!-
Sam cerca di restare serio, ma la coglionaggine infinita di suo fratello glielo impedisce e così si lascia sfuggire un sorrisetto divertito.
-Dean, sei un idiota.-
-Non ci credi nemmeno tu, a quello che dici- ribatte il maggiore tirandogli addosso un cuscino. –Domani quando ci sveglieremo il temporale sarà finito, potremo sistemare l’auto e ripartire. La cameriera ha detto che chiamerà un meccanico.-
-Certo- Sam annuisce ma c’è ancora qualcosa che non lo convince del tutto.
La tempesta in quella zona desertica, per esempio.
Ha visto così tante cose strane e soprannaturali da capire che una situazione atmosferica come quella non si può esattamente definire normale.
Poi c’è il problema dei cellulari. Da quando hanno lasciato l’Impala gli è risultato impossibile telefonare – non c’era campo, e non ce n’è nemmeno lì in hotel. Dean sostiene che sia perché si trovano nel deserto, ma lui lo trova comunque strano. Il suo intuito di cacciatore gli lancia continui segnali e Sam è deciso a non ignorarli.
Poi, cosa davvero ridicola e insulsa se paragonata al resto ma secondo lui comunque molto inquietante, c’è il nome dell’hotel. Bella Muerte, non promette nulla di buono.
-Dai, Sammy, godiamoci questo letto cigolante e domani ci rimetteremo in viaggio- dice Dean, la voce assonnata, sistemandosi meglio sotto alle coperte con la mano sotto il cuscino a stringere il pugnale (la prudenza non è mai troppa).
-Buona notte, bro-
Sam vede i grandi occhi verdi di Dean chiudersi lentamente, pesanti per il sonno e la troppa stanchezza accumulata.
-’Notte, Dean- dice piano senza che quelle parole raggiungano il fratello che si è già addormentato.
Chissà, magari Dean ha ragione, magari non c’è nulla di inquietante, nulla di cui preoccuparsi. Magari lui è solo un po’ più ansioso e vigile del solito, magari vede stranezze dove non ce ne sono.
In ogni caso avrà tempo di pensarci domani, l’unica cosa di cui ha bisogno adesso è una buona notte di sonno su un letto vero e non sul sedile di una macchina – senza offesa per l’Impala, naturalmente.
Dean si muove nel sonno alla ricerca di una posizione più comoda e la rete di ferro del materasso cigola in modo sinistro nel silenzio ovattato della notte.
Sam si ritrova a sorridere. Sì, quella rete è davvero inquietante.


*

Frank gironzola. Quello che dovrebbe fare alla fine di una giornata del genere sarebbe rintanarsi sotto le coperte e dormire fino alla fine del mondo (o almeno finché Brian non venga a buttarlo giù dal letto perché è ora di ripartire), ma ha troppa energia in corpo per chiudersi in camera, sarà per l’adrenalina o per le tre tazze di caffè saturato di zucchero che ha bevuto poco fa.
Gli altri sono ancora nel cucinino dell’hotel, dove la ragazza della reception (Joan, secondo la targhetta attaccato al suo grembiule sgualcito) li ha condotti, scusandosi di non poter offrire loro nulla di meglio di qualche toast e del caffè prima che John, il proprietario, tornasse dal suo giro per la spesa. Brian era stato il solito galantuomo nel dirle che non c’era alcun bisogno di scusarsi ed era fin troppo gentile a cucinare per loro a quell’orario inglorioso, mentre alle sue spalle Gerard si gettava sulla macchina del caffè a mo’ di sanguisuga. Una volta rimpinzati di cibo caldo e debitamente asciugati, la conversazione era virata da una lamentela più o meno corale sulle sfortune della vita ad un apprezzamento generico degli unici altri due ospiti dell’hotel.
-Avete visto come ci fissavano quando siamo entrati?- aveva detto Ray, che un po’ per la stanchezza e un po’ per il freddo era raggomitolato tutto contro il fianco di Bob. -Non quello alto, voglio dire, l’altro. Sembrava avesse visto un vampiro. Che, okay, c’è Gerard, e non capisco perché Frank si ostini a truccarsi in quella maniera anche quando non dobbiamo suonare, ma non è educato.-
-Per me possono anche non limitarsi a fissare, se capite cosa intendo,- aveva commentato Brian con un tremendo ammiccamento di sopracciglia, ignorando il borbottio collettivo che ormai anche i muri sapevano cosa intendesse. -L’avete visto che spalle, quello alto? E quell’altro, cazzo.-
Mikey aveva infilato il naso nella sua tazza senza dire nulla, ma ci sarebbe voluto un cieco per non notare la ruga profonda tra le sue sopracciglia corrucciate e quanto erano tirate le sue labbra quando aveva posato la tazza.
Bob invece si era messo a ridere. -Lasciala correre questa, Schechter, si vede lontano un miglio che stanno insieme.-
Brian aveva scrollato le spalle. -Non ho problemi a condividere.-
-Sì, certo- aveva grugnito Ray -Scommetto che quello più basso è pronto a condividere con te una pugnalata in fronte, se provi a toccargli il ragazzo. O un colpo. Sembra uno che potrebbe andare in giro con un bagagliaio pieno di armi, tipo, un cacciatore di taglie.-
-Che cosa fighissima,- aveva esclamato a quel punto Gerard, guardando estasiato l’orizzonte, e Frank, che non era capace di farsi venire le rughe d’espressione a vent’anni come Mikey Way ed era un po’ meno bravo a mandare giù la bile, aveva deciso di andare ad esplorare.
Non è che sia gelosia vera e propria, ma… okay, è gelosia. È geloso marcio, ma è colpa di Gerard. In certi momenti vorrebbe passare ore a stargli vicino ed ascoltarlo e semplicemente guardarlo adorante, mentre in altri l’unico impulso è quello di prenderlo a coppini in testa finché non rinsavisca e smetta di fare l’idiota. Non sarebbe Gerard se non avesse i suoi momenti speciali, quelli in cui si perde nella sua testa e se ne esce con ragionamenti senza senso che nessuno riesce a seguire (anche se Frank ci riesce, ogni tanto, ed è orgoglioso di essere l’unico. Ci riesce anche Mikey, ma lui ha lo stesso DNA di Gerard, quindi bara) finché non se ne esce con qualcosa di meraviglioso, un’idea, un disegno, un verso – ma in quei momenti è talmente preso che non si rende conto di niente. Non si rende conto di star fumando il filtro, o di star ignorando Frank, o di aver detto qualcosa di estremamente sbagliato, quasi crudele. Una volta l’ha visto anche entrare in bagno preso da un ragionamento particolarmente astruso e…
…perdersi.
-Ehm… aiuto?- grida Frank al corridoio vuoto. Si guarda alle spalle, ma ci sono soltanto porte e numeri e vasi di piante finte, come di fronte a lui, e non un segno distintivo per capire da che parte fosse venuto. Evidentemente l’idiozia di Gerard è contagiosa.
-C’è nessuno?- prova ancora, senza risposta. Potrebbe provare a bussare, se non fosse abbastanza certo di aver visto i due tizi del salottino entrare in una camera al piano terra e che siano gli unici ospiti dell’hotel. Sbuffa, alza gli occhi al cielo, e riprende il suo gironzolare con le mani in tasca e le spalle infossate, in una imitazione abbastanza precisa dei momenti autocommiseratori di Gerard. Tanto vale proseguire, alla peggio girerà in tondo per tutto il primo piano prima di ritrovare le scale per scendere e tornare in cucina.
Sta giusto svoltando l’angolo quando nota con la coda dell’occhio qualcosa muoversi fuori da una delle finestre che danno sul cortile. Si affaccia, e sotto il porticato sbilenco che corre per tutto il perimetro del cortiletto vede una figura ferma, in piedi, che lo sta fissando in rimando.
Spalanca la finestra e si spenzola di fuori, beccandosi qualche goccia in faccia.
-Ehi! Ehi!- grida -Tutto bene, laggiù? Non è che potresti darmi una mano a, tipo, scendere?-
Lo straniero continua a fissarlo senza batter ciglio. Ora che riesce a vederlo bene, senza i vetri bagnati ed appannati di mezzo, vede che è un uomo sui trenta, trentacinque anni al massimo, alto e pallido, con un completo di giacca e gilet che non sarebbe stato fuori posto nell’armadio di suo nonno. Un tipo bizzarro, ancor più strano perché se ne sta impalato al freddo come se non stesse piovendo, o ci fosse un chitarrista mezzo fradicio che si sbraccia per attirare la sua attenzione.
-Eeeeeehi!- tenta un ultima volta, poi è costretto a ritirarsi all’asciutto per una scrosciata d’acqua più violenta che gli è finita praticamente in bocca.
E quando torna a guardare di fuori, il tipo non c’è più.
-Maleducato del cazzo,- mormora, scrollando i capelli in giro, e torna alla sua marcia finché, all’angolo successivo, non ritrova finalmente le scale e la strada verso dell’altro caffè caldo e un pubblico cui raccontare la sua avventura.

*

-Devi essertelo immaginato,- dice Ray, scettico, e poi strilla coprendosi la faccia con le mani quando Frank gli tira addosso la felpa zuppa.
-Certo che l’ho visto,- linguaccia -Dev’essersi sbagliata quella Joan, o forse è uno che è arrivato dopo di noi e stava… prendendo un po’ d’aria.-
-Magari è un fantasma,- fa Gerard, con gli occhi brillanti.
-Basta che non sia un fantasma,- fa Ray, tirando la felpa appallottolata sulle gambe di Gerard.
-Basta che non sia il fantomatico John, perché sembra proprio un coglione e mi sono rotto di avere a che fare con coglioni,- dice Brian, spegnendo una sigaretta nel posacenere con aria stressata. Bob, simpateticamente, gli rimbocca il bicchiere di birra.
-Ma la cosa più strana era com’era vestito! Cioè, il panciotto! Chi è che si mette il panciotto?- riprende a raccontare Frank, agitando le mani nell’enfasi. -Era vestito come mio nonno, o come se fosse uscito da un film di gangster degli anni trenta.-
-Dopo i cacciatori di taglie giusto i gangster ci mancavano, in effetti.-
-Credete che dovremmo metterci il panciotto, per i prossimi concerti?- pondera Gerard, e quello è il segnale che si è fatto veramente tardi e farebbero tutti meglio ad andare a letto, prima di iniziare a delirare ulteriormente. O di dare altre brutte idee a Gerard.
-Attenti ai fantasmi, stanotte,- li prende in giro Ray, prima di dare la buonanotte ed entrare in camera.
-Tu vedi di fare poco casino con Bob, invece, che le pareti sono sottili e poi li traumatizzi, i fantasmi,- gli urla dietro Frank, e mentre Bob saluta ridendo si sente dal bagno l’urlo indignato di Ray.
-Sul serio, se ci sono problemi…-
Brian passa un braccio attorno alle spalle di Mikey e se lo tira addosso.
-Non ti preoccupare, Way, ci penso io a proteggere tuo fratello,- dice, a metà tra lo scherzoso e il serio, e poi si gira a dare un bacio sulla fronte a Mikey.
Mikey si irrigidisce e si scansa, un po’ rosso in viso. -Andiamo, piuttosto, domani sei tu che devi alzarti presto.-
-Ai suoi ordini, mia damigella in pericolo,- ride il manager, ed entrano anche loro in camera, quella a fianco di Bob e Ray, di fronte alla stanza di Gerard e Frank.
Gerard non fa in tempo a chiudere la porta che Frank sta già saltando a volo d’angelo su uno degli squallidi lettini, facendo salire un cigolio dalle molle del materasso in grado di risvegliare i morti.
-Oh dio,- geme, deliziato -è il letto più schifoso del mondo ma quanto mi mancava un materasso vero- e poi immerge la faccia nel cuscino e si esibisce in una serie di versi osceni.
Gerard lo guarda con gli occhi spalancati come sottotazze, cercando di mostrarsi scandalizzato – come se potesse essere ancora in grado di scandalizzarsi per cose del genere dopo mesi chiusi nello stesso van – e non interessato o… accaldato come si sente.
-Contegno, per piacere!- a cui per tutta risposta Frank geme ancora più forte, tanto da farsi sentire per tutto il corridoio, e Gerard si barrica in bagno. La risata del chitarrista si sente, ovattata, da sotto la porta mentre Gerard si guarda allo specchio, registra le guance scarlatte e la gola secca, si dà dell’idiota e si tuffa sotto il getto del lavandino per riprendersi un po’.
-Buonanotte Frankie,- mugugna sonnolento Gerard, una una volta rientrato e sistematosi nel suo lettino, con la coperta tirata fino al mento per creare una bolla di calore in cui dormire felice anche senza pigiama, e chiude gli occhi senza vedere lo sguardo intenso di Frank.
-Svegliami se arriva un fantasma,- ridacchia, e spegne la lampada sul comodino
Da oltre le tende ingiallite alle finestre filtra qualche raggio timido e sottile di quella luna che, finito il temporale, fa capolino dietro un cupo strato compatto di nuvole nere.

***

Quella notte il cielo sembra un manto denso che avvolge l’hotel e il deserto circostante; le stelle hanno deciso di nascondersi dietro a quella coltre scura rifiutando la loro guida a chi, forse, ne avrebbe bisogno. L’unica luce in quella notte densa di oscurità e grandi nuvole cariche di pioggia è quella di un argenteo e quasi invisibile quarto di luna troppo pallida e troppo stanca per illuminare davvero.
I corridoi dell’hotel sono immersi in un silenzio pesante e ovattato, in perfetta sintonia con quel cielo notturno. Gli ospiti della struttura giacciono addormentati nei loro letti, cullati dalle dolci e rassicuranti braccia di Morfeo.
Nella stanza numero dodici un letto, intonso, è ingombro di vestiti, mentre sull’altro piccolo materasso Ray e Bob dormono stretti, il batterista fermo sulla schiena nella sua posizione preferita e il chitarrista che si rigira in modo quasi frenetico, tirando anche non pochi calci, ma senza svegliare il compagno o riuscire ad allentare il suo abbraccio.
Mikey dorme tranquillo nel suo letto, le cuffie dell’iPod ormai scarico ancora nelle orecchie – una vecchia abitudine dura a morire. Brian, nel letto accanto, russa leggermente, le labbra socchiuse, ma Mikey non se ne accorge nemmeno tanto profondo è il suo sonno.
Frank, quando dorme, è semplicemente Frank. Spalmato sul suo letto ne ricopre tutta la superficie, disteso a braccia e gambe aperte sulla pancia. Gerard, che ha il sonno leggero, ogni tanto lo sente muoversi nel sonno. Alle volte lo ha anche sentito parlare – niente discorsi sensati, ovviamente, quelli non li fa neanche quando è sveglio.
Gerard dorme beato, quella notte; dietro agli occhi chiusi si susseguono le immagini di vampiri a caccia di sangue fresco, creature misteriose appartenenti ad una dimensione dove tutto è possibile e draghi girano liberamente, in aria e in terra, razziando e radendo al suolo intere città con il fuoco mortifero che esce dalle loro fauci. Sorride nel sonno e si rigira su un fianco, strusciando la guancia contro il cuscino, contento e rilassato.
Giusto in quel momento idilliaco Frank decide di muoversi e cambiare posizione, e il rumore delle lenzuola ruvide e il cigolio di quella schifosissima rete disturbano il sonno di Gerard che, costretto ad abbandonare il suo bellissimo sogno, si trova a maledire sonnacchioso il suo chitarrista che nemmeno mentre dorme non è capace di stare fermo, dannazione a lui.
Frank mugugna qualcosa nel sonno, qualcosa che suona vagamente come un “Voldemort… Harry… scappa!” e Gerard sbuffa, scocciato, nascondendo la testa sotto le coperte nella speranza di escludere ogni rumore.
-Expelliarmus!-
Frank e i suoi libri del cazzo, quel cavolo di Harry Potter, non gli basta tormentarli tutti quanti raccontando loro particolari del libro quando nessuno, cristiddio, ha voglia di ascoltarli, no. Deve pure mettersi a mugugnare nel sonno e guastare i suoi sogni, adesso!
-Frank, per l’amor di Dio, sta’ zitto!- strilla Gerard stringendosi il cuscino sulle orecchie nel vano e inutile tentativo di escludere la voce fastidiosa del suo chitarrista dal suo cervello.
Frank, per tutta risposta, grugnisce e si gira sulla schiena.
Gerard si esprime in un versetto frustato e forse giusto un paio di ottave più alto del normale, indeciso se girarsi dall’altra parte e fare finta di niente, da bravo cantante comprensivo e magnanimo, o alzarsi e lanciare Frank fuori dalla finestra. Sta ancora riflettendo su cosa sarebbe meglio (in linea del tutto teorica – premergli un cuscino in faccia o usare la lampada sul comodino per fracassargli il cranio?) quando qualcosa di decisamente strano e persino più strano delle frasi sconnesse di Frank lo distrae.
Gerard sa di essere uno fissato col soprannaturale e con cose macabre e schifose, ci sguazza. Vampiri, lupi mannari, coltelli, sangue, pipistrelli… ma quello è fottutamente diverso.
Allora Gerard comincia a urlare.
-Chi sei? Cosa vuoi? Non poi essere un- non… Vade retro!- grida parandosi il viso con le braccia come se quel gesto possa funzionare e salvarlo dalla triste fine che lo attende.
-Mmm ‘sa succede?-
Gerard decide bene di saltare sul letto di Frank e di infilarsi sotto le coperte con lui, allontanandosi il più possibile (un metro, circa) da quella cosa assetata di sangue che vuole prendere la sua giovane vita.
-Frank! Frank, vuole ucciderci!- strilla, tutto tremante, avvinghiandosi braccia e gambe al suo chitarrista che intanto comincia a svegliarsi sul serio. Non per le urla, ovviamente.
Frank pensa che a Gerard non dovrebbe essere permesso di stringerglisi a quel modo se non vuole dargli strane idee, è davvero indecente, e le sue mani pallide lo stanno toccando sulla pancia e gli fanno il solletico, e il petto di Gerard si alza e abbassa velocemente contro la sua spalla, e i capelli di Gerard gli fanno il solletico sul collo, e ossignoresanto Gerard è in mutande avvinghiato a lui e solo un dannatissimo slip di cotone lo separa da-
-Che cazzo è quello?!-
-Frank, siamo morti!- Frank adesso capisce perché Gerard sta lanciando strilli terribilmente acuti e fastidiosi da almeno cinque minuti.
C’è qualcosa di fronte a loro, qualcosa che assomiglia ad un uomo, ma che non può esserlo. Un uomo normale non andrebbe in giro con giacca e doppiopetto che sembrano usciti dai primi del Novecento, che sono lisi e sporchi come se fossero veramente del Novecento, originali e indossati da un secolo. C’è qualcosa di strano nel modo in cui li guarda con quegli occhi neri e rabbiosi, qualcosa di strano nel modo in cui cammina lentamente verso di loro come se stesse-
-Fluttuando! PORCA PUTTANA, GERARD, STA FLUTTUANDO!-
-Ragazzi che vi prende? Vi abbiamo sentito urlare e…-
Brian, Mikey, Ray e Bob si bloccano nella stanza a metà tra la porta che hanno aperto di botto e il letto in cui Frank e Gerard tremano, appiccicati l’uno all’altro fino a non poter più distinguere quale pezzo del corpo appartenga a chi.
-Occristo- strilla Ray e, come sua nonna gli ha insegnato quando era piccolo, si fa per tre volte il segno della croce per poi realizzare che la nonna mentiva, perché nonostante lui abbia fatto il dovuto scongiuro il fantasma è ancora lì con la stessa aria omicida negli occhi.
Mikey si nasconde alle spalle di Brian e si aggrappa a lui come neanche un koala, la parte razionale del suo cervello che gli sussurra che, dannazione, i fantasmi non esistono, mentrei suoi occih si scontrano con una realtà differente.
-Frank!- strilla di nuovo Gerard, spalmandosi ancora di più sul suo chitarrista. Sta agitando le braccia come un pazzo incurante dei colpi assestati al corpo di Frank, a qualsiasi parte del corpo di Frank, ma cavolo, non c’è tempo di pensare a chi sta involontariamente palpando chi quando un fantasma assassino è di fronte a loro e vuole ucciderli.
Frank invece si alza e si mette seduto sul letto, schifosamente spaventato ma anche stranamente eccitato. È un fantasma, è davvero un fantasma quello che gli sta davanti!
Non è proprio come si sarebbe aspettato, comunque. Lui credeva che i fantasmi fossero tutti come quelli di Harry Potter – trasparenti, bonaccioni (tranne Serpeverde, è ovvio) e fluttuanti - e non come quelli di Ghost Whisperer. Quello lì sembra quasi vivo; cioè, è proprio come se Frank stesse guardando un’altra persona – a colori, ecco. L’unica differenza è che il fantasma davanti a lui fluttua, fermo a una decina di centimetri dalla moquette.
-Frank, fa’ qualcosa!-
Gerard strilla, se possibile, ancora più forte di prima e si è nascosto dietro la schiena di Frank, pelle contro pelle e mani sudaticce che gli stringono e stritolano le spalle, facendosi scudo col suo corpo.
Anche Ray e Mikey hanno cominciato a strillare, spaventati, ma il vecchio fantasma sembra non notarli neanche: i suoi occhi sono fissi su Gerard e Frank. Muove un passo sospeso in avanti, una mano tesa che non promette nulla di buono.
-Frank, vuole ucciderci!-
Le urla di Gerard sono insostenibili e hanno raggiunto tonalità che nessun uomo con ancora tutti gli attributi dovrebbe mai poter raggiungere.
-Toglietevi! Via da lì!-
E moltissime cose accadono in pochissimi secondi.
Due uomini irrompono nella stanza; Brian, Mikey, Ray e Bob si spostano veloci d’istinto, addossandosi alle pareti e lasciando libera l’entrata; il fantasma si volta verso la porta. Si sentono due spari, due proiettili attraversano lo spirito e quello svanisce con un grido di pura rabbia.
I secondi dopo gli spari sono come ovattati, avvolti in un silenzio atterrito e carico di troppe cose tutte insieme, mentre tutti fissano i due uomini armati al centro della stanza, neanche fossero loro i fantasmi della situazione, ammutoliti. Finché Gerard non riprende da dove si era interrotta la sua crisi di nervi.
-E’ tutto a posto, è tutto okay, adesso è finita- dice uno dei due uomini, quello alto, abbassando il fucile e studiando i presenti. Si sposta verso Gerard e Frank, lentamente, come se non volesse spaventarli mentre il suo compagno si volta a guardare gli altri membri della band.
-State bene?- chiede Quello Alto fermandosi a un passo dal letto dove Gerard siede, ancora tremante, e lo guarda con quei suoi occhi verdi da gatto.
-No, dico, ma ti sembrano domande da fare? Era un fantasma!- urla dimenandosi. –Un fottutissimo fantasma che voleva uccidermi e mi chiedi se sto bene?! Tu, piuttosto, chi diavolo sei?-
Il tipo si volta brevemente a guardare il suo amico e alza impercettibilmente le spalle.
-Sono Sam Winchester, e quello è mio fratello Dean.-
Gerard si rende conto allora di averli già visti prima: sono gli altri due ospiti dell’hotel, Quello Alto e Quello Figo. Quelli che dovevano essere una bella coppia, e invece sono solo fratelli.
-Occazzo- dice qualche secondo dopo ricordandosi di essere in mutande sul letto di Frank, in mutande anche lui.
-Oh, non preoccuparti- dice Quello Figo con un ghigno. –Non giudichiamo mica.-

*

-Quindi, fatemi capire bene- dice Brian sorseggiando del whisky. –Voi due per vivere andate in giro per tutta l’America cacciando ogni genere di merda soprannaturale?-
-Esatto- risponde Dean con un sorrisetto mentre gli altri li fissano ancora sconvolti per la rivelazione e il modo in cui quei due sembrano a loro agio.
Sono passati più di dieci minuti da quando lui e Sam hanno sparato al fantasma. Gerard li ha fatti uscire tutti dalla stanza per potersi rivestire e poi ha insistito perché rimanessero insieme, in caso il fantasma avesse deciso di ritornare.
La camera di Sam e Dean è un po’ piccola per tutte quelle persone; alcuni stanno seduti sui due letti, altri sulle due sedie ai piedi del letto e qualcun altro addirittura per terra. Non sarà il massimo della comodità, ma almeno sono uniti (e Gerard può smetterla di strillare perché ha “bisogno di essere protetto dal fantasma assassino”).
Gerard siede per terra vicino a Dean e lo guarda affascinato, ascoltando con aria rapita le storie delle sue incredibili avventure.
Gli è quasi impossibile credere a tutti quegli assurdi racconti di mostri, di fantasmi e di ghoul, di… come si chiamavano?, wendigo e mutaforma. E’ tutto un mondo assurdo, e strano, e decisamente soprannaturale, e com’è possibile che tutte quelle cose esistano senza che nessuno noti niente? E’ solo grazie a loro, ai cacciatori come Sam e Dean, che la gente normale rimane all’oscuro di quel mondo spaventoso e può dormire tranquilla nei propri letti.
-Voi siete davvero, davvero fantastici- dice Gerard, il filtro tra cervello e bocca completamente assente. –Cioè, ve ne andate in giro a salvare le persone e combattere mostri, e nessuno sa quello che fate! Come Buffy! Dovrebbero, che ne so, celebrarvi! Scrivere storie su di voi!-
-Gerard, non avevi lasciato perdere le fanfiction?- chiede Ray, vagamente preoccupato che il suo migliore amico cominci ad appassionarsi sul serio a certe cose. Loro non sono poi così famosi (sì, okay, prima che il motore del van andasse letteralmente in fumo erano diretti a registrare il loro secondo cd, ma non sono davvero così famosi), ma già in giro per il web si possono trovare storie che li riguardano. È stata una brutta, bruttissima esperienza, che Ray spera veramente di non dover più ripetere.
Dean si esibisce in una smorfia schifata, e Sam lo guarda con un sorrisetto nascosto.
-Qualche problema?- chiede Brian puntando i suoi magnetici occhi blu sui due fratelli.
-Fanfiction. Puah- biascica Dean mentre Sam si limita a dire “E’ una lunga storia”, e nessuno vuole indagare oltre.
-Allora, adesso che si fa?- chiede Frank, una sigaretta accesa tra le dita.
-Io qualche idea ce l’avrei…-
-Che hai detto, Bri?-
-Che non ne ho idea- ribatte il manager, tranquillo, indifferente all’occhiata dubbiosa che Sam gli sta lanciando.
-Prima di tutto tornate a dormire- dice Dean. –Sam e io penseremo a risolvere la situazione.-
-Io in camera non ci torno. Resto qui con voi.-
Dean, Sam e Frank lanciano a Gerard un’occhiataccia.
-Tu torni nella tua stanza.-
-Ma--
-Niente “ma”- continua Dean, ignorando gli occhioni supplichevoli di Gerard (quelli di Sam sono di gran lunga peggiori, e lui riesce a ignorare pure quelli. Più o meno). –Da quanto ho capito dividete tutti la stanza, nessuno di voi è da solo, quindi niente storie. Per ogni evenienza questi sono i numeri dei nostri cercapersone, dato che i cellulari sono fuori uso.-
Il maggiore dei Winchester distribuisce un bigliettino a ogni coppia. Bob ne prende uno, lo guarda e se lo rigira tra le mani giusto un po’ dubbioso. Salvare Gerard da un fantasma con dei fucili caricati a sale è un gesto molto nobile, ma non è che cancelli totalmente la diffidenza.
Frank prende l’altro e Gerard glielo strappa dalle mani, stringendolo come se fosse la cosa più importante e preziosa del mondo.
Brian invece prende l’ultimo, le mani che involontariamente sfiorano quelle di Dean e un sorrisetto dipinto sul volto.
-Sì, uhm, okay- interviene Sam. –Nel caso in cui il fantasma dovesse tornare tenete a portata di mano qualcosa di ferro e lanciategliela addosso, vi farà guadagnare un po’ di tempo.-
-Ora via, ognuno in camera sua. I grandi devono lavorare- Dean si alza in piedi e gli altri lo imitano, qualcuno tranquillamente qualche altro meno contento di quella decisione.
-Vi prego, fatemi--
-Gerard, no- dice Frank, secco, tirando il suo cantante per un braccio e trascinandoselo dietro. –Buona notte-
Bob e Ray sono subito dietro di loro, rivolgono un cenno di saluto ai due fratelli e lasciano la stanza.
-Ragazzi, grazie- dice Mikey, finora rimasto in silenzio ad ascoltare. –Tutto questo è pazzesco, davvero, e non avrei mai creduto ai fantasmi se non ne avessi visto uno, ma… non so che sarebbe successo se non ci fosse stati voi. Quindi grazie-
Sam gli sorride brevemente, Dean fa un cenno con la testa.
-Dovere- rispondono insieme.
-Ma che carini, parlano all’unisono-
-Brian, andiamo- fa Mikey, secco, e si tira dietro, quasi trascinandolo per un orecchio, il suo recalcitrante manager che prima di seguirlo dedica ai due ragazzi un sorriso luminoso e accattivante.
Dean chiude la porta dietro di loro e si lascia cadere stancamente su una sedia, la mano che si stringe attorno al collo della bottiglia di whisky lasciata lì per terra.
-Certo che quelli sono strani forte.-
-Abbiamo visto di peggio- Sam fa spallucce, poi si ferma e sembra pensarci su. –No, aspetta. Quel Gerard sembra proprio Becky. E non c’è nessuno peggio di Becky.-
-Sì, vero- Dean rabbrividisce al solo pensiero. Se quel tizio dovesse comportarsi come lei nessuno gli impedirebbe di strozzarlo, sul serio.
-Allora, come procediamo?- Sam gli frega la bottiglia dalle mani e beve un lungo sorso del liquido ambrato.
Dean si passa stancamente una mano sul viso, quindi tira fuori i borsoni da sotto il letto e ne apre uno, guardando le armi contenute all’interno.
-Ci facciamo un giro, staniamo il fantasma, troviamo e bruciamo le ossa. Tutto come al solito-
-Dean, dovresti riposare. Sei stanco, e hai bisogno di dormire. La caccia può aspettare fino a domani, e--
Il telefono sul comodino inizia improvvisamente a squillare, fastidioso e insistente, riempiendo la stanza col suo rumore. Sam si zittisce, risponde facendo spallucce allo sguardo curioso del fratello e lentamente si avvicina al ricevitore.
-Sì?-
-Sam? O Dean? In ogni caso. Sono Gerard, noi--
-C’è qualche problema? Arriviamo subito, non muovetevi-
-No, no, aspetta- lo interrompe il cantante. –Nessun problema. Abbiamo deciso che vi aiuteremo. Nella caccia, intendo. Ci vediamo domani mattina a colazione e organizziamo tutto-
-Gerard, senti, lo apprezziamo molto, ma-
-Okay, perfetto allora. A domani! Buona notte-
Sam attende un paio di secondi, guarda il telefono ormai muto e lo rimette giù dedicando a Dean uno sguardo sconvolto.
-Che c’è, che succede?- chiede quello scattando in piedi, preoccupato e in allerta. –Sam. Sammy. Che succede?-
-Era Gerard.-
-Sì, grazie Capitan Ovvio, fin lì c’ero arrivato. Che ha detto? È tornato il fantasma?-
Sam scuote lentamente la testa; continua ad avere quell’aria sconvolta e Dean sta seriamente cominciando a preoccuparsi, non lo vedeva in quello stato da tanto, troppo tempo.
-Sammy.-
-Hanno deciso di aiutarci con il fantasma, domani mattina.-
-Oh Cristo.-.

***

Quando il sole sorge la tempesta, dopo la piccola pausa notturna, è tornata ad infuriare, le nubi nere non si sono dissipate e i tuoni rombano forte facendo vibrare l’aria.
I piani dell’hotel sono illuminati dalla poca luce che entra dalle finestre, e ogni passo sulla moquette produce un tonfo ovattato che rimbomba e spezza il silenzio quasi innaturale che li avvolge. Tutto questo prima di giungere al piano di sotto.
Sam e Dean sono mattinieri, si alzano sempre molto presto e non sono ancora le otto quando scendono a fare colazione, eppure quel giorno qualcuno li ha battuti sul tempo.
Nella sala da pranzo c’è un gran casino. Due dei tavoli quadrati sono stati spostati e affiancati a un terzo per formare un unico spazio dove siedono sei dei ragazzi più casinisti che Sam e Dean abbiano mai visto in vita loro.
Un paio sembrano zombie (Michael e Gerard, tanto per fare un esempio), altri sproloquiano nonostante sia ancora così presto (Frank, che è decisamente la persona più logorroica ed esaltata che Dean abbia mai conosciuto; potrebbe far scappare o spingere al suicidio mostri e demoni), altri ancora sono tranquilli o sembrano aver voglia di strozzare il nanetto esaltato.
-Er, buongiorno- borbotta Sam, ancora assonnato e troppo a corto di caffeina per pensare decentemente, quando si avvicinano al tavolo.
-Buongiorno!- sorride Brian e alla sua voce si uniscono quelle di Ray, Bob e Frank mentre dai Way giungono solo versi indistinti.
-Si sentono bene?- chiede Dean, parecchio perplesso, esprimendo anche il pensiero del fratello.
-Chi, quei due?- dice Ray indicandoli con un cenno del capo e uno svolazzare di ricci. -Benissimo. Se consideri che sono solo alla terza tazza di caffè sono anche più svegli del solito.-
Dean e Sam gli dedicano uno sguardo scettico. Quei due non possono aver bevuto tre tazze di caffè ed essere ancora in quelle condizioni.
-C’è chi si fa di eroina, chi di coca o altro- interviene Brian. -Loro due sono caffeinomani. Alle volte ho il sospetto che abbiano solo caffè in vena, e nemmeno una goccia di sangue.-
-Sarà...-
Gerard si esibisce in un verso strano a metà tra un grugnito e una parola biascicata; guarda Dean e indica il posto vuoto accanto a sé.
-Ma ha perso la lingua?- chiede il maggiore dei Winchester con una nota di shock nella voce ancora roca di sonno.
-No- risponde Frank non senza un pizzico di acidità. -Vuole che ti sieda vicino a lui.-
Dean guarda Sam, poi i ragazzi al tavolo e infine Gerard, che coi capelli arruffati e l’aria pallida da zombie assomiglia proprio a un vampiro strappato alla sua bara.
Sam prende posto in mezzo a Frank e Brian mentre Dean decide di accontentare il vamp- er, Gerard, e si posiziona accanto a lui. Sul volto di Gerard nasce l’ombra di un sorriso assonnato e un versetto soddisfatto esce dalle sue labbra sottili mentre serve a sé stesso e a Mikey la quarta, meravigliosa tazza di caffè.
-È andato tutto bene ieri notte?- chiede Sam dopo aver sorseggiato anche lui del caffè e sentendosi decisamente più lucido. -Niente più fantasmi?-
-No, è filato tutto liscio- Ray gli passa il piatto con le brioches calde. -Per fortuna-
Gerard annuisce, sempre senza dire una parola (o almeno una sensata e comprensibile), e si accoccola sulla spalla muscolosa e a prima vista non troppo comoda di un Dean decisamente sconvolto.
-Ehi!-
-Non illuderti che ti lascerà andare- dice Frank, con uno sguardo che fa capire chiaramente che si augura il contrario. -Gerard ha questo viscerale bisogno di contatto fisico, è capace di attaccarsi a chiunque.-
Mikey mugugna qualcosa e Brian, senza smettere di ridere per l’espressione di Dean, gli passa la caffettiera e lo zucchero finiti all’altro capo del tavolo. Mikey si versa dell’altro caffè e lo zucchera tutto contento.
Gerard comincia a strusciare la testa contro la spalla di Dean sotto lo sguardo allibito di Sam e quello un po’ duro di Frank, che molla la sua colazione e si alza in piedi.
-Gerard, basta- dice avvicinandosi e facendo alzare Dean in piedi. Prende il suo posto sulla sedia accanto al suo cantante che sembra inizialmente indispettito da quella decisione, ma quando Dean si siede accanto a Sam lo vede addossato a Frank completamente, come se volesse fondersi con lui.
Sam lo guarda con un sopracciglio inarcato e Dean si limita a ricambiarlo, in un muto scambio di battute.
-Non dovete spaventarvi- dice Brian ridendo.
-Già- continua Ray. -Gerard è innocuo. Circa. Basta non starlo a sentire la maggior parte delle volte e non lasciarti intrappolare in una stanza da solo con lui e un beauty case.-
-Certo- Sam annuisce, ancora perplesso.
-Gee, questa è la quinta tazza di caffè nel giro di mezzora!- lo sgrida Frank, che sembra non aver sentito una parola delle precedenti discussioni. -Stai esagerando. Sì, più del solito-
Gerard per tutta risposta sfodera i suoi occhioni da gatto, la sua arma più potente e distruttiva; Frank evita quello sguardo nonostante se lo senta puntato addosso, che gli pizzica il collo. È un colpo basso, e alla fine capitola.
-Oh, e va bene- brontola mentre Gerard si stringe la tazza al petto e gli si spalma addosso come nemmeno la nutella sul pane.
-Comincio a chiedermi se sia un uomo o un gatto- dice Dean, perfettamente serio (non sarebbe il caso più stano che abbiano mai avuto, d’altronde), con l’effetto di far ridacchiare tutti.
-Allora, questa caccia al fantasma- esordisce Brian, il tono pratico del manager scafato, ma un’occhiataccia dei Winchester lo fa tacere.
-Ma dico, sei impazzito?- dice Dean guardandosi intorno alla ricerca del proprietario o della cameriera.
-Ahem, Brian- continua Sam, cercando di mitigare la reazione del fratello. -Di solito non andiamo in giro a sbandierare ai quattro venti il nostro lavoro, sono cose che la gente non ha bisogno di sapere a meno che non sia indispensabile. Si spaventano, capisci? Bene.-
Brian tace e così fanno i suoi compagni, visibilmente elettrizzati alcuni e semplicemente in attesa altri.
-Allora- Sam si schiarisce la voce. Tutti quegli occhi puntati addosso lo mettono un po’ a disagio. -La cosa funziona così. Prima parte: ricerche, l’unico modo per capire cosa ci troviamo ad affrontare. C’è una specie di archivio-biblioteca qui in hotel, tra tutti i libri dovremmo riuscire a trovare qualcosa, documenti, articoli di giornale o altro, che riguardi la costruzione della struttura. Purtroppo non abbiamo a disposizione un collegamento a internet, ma se cerchiamo bene e c’è qualcosa da trovare riusciremo a trovarlo.-
-Seconda parte- interviene Dean mentre tutti gli sguardi si spostano su di lui. -La caccia. La mia preferita. Cerchiamo i resti del fantasma, li scoviamo e li bruciamo.-
-Che figata!- strilla all’improvviso Gerard, adesso sveglio, battendo le mani tutto eccitato. -Proprio come in quel sito, come si chiamava? Ghostbusters... no, Ghostfacers!-
Dean fa una smorfia schifata. -Lascia perdere, quelli sono solo degli idioti.-
-Già. E poi non è così semplice o eccitante come Dean lo fa sembrare- Sam lancia un’occhiataccia al fratello. La caccia non è uno scherzo, bruciare i resti è una cosa seria ed è già dura quando lo affrontano insieme, non hanno bisogno di un pubblico, un aiuto o un tizio che sembra un vampiro e si comporta come una fangirl eccitata.
-Quindi si comincia con le ricerche- dice Mikey sorseggiando l’ennesima tazza di caffè e ricevendo un segno d’assenso da Sam. -Come si fa? Ci dividiamo in gruppi? Voglio dire, riusciremo a velocizzare le cose se ci dividiamo.-
-Il ragazzino ha ragione- annuisce Dean. -Ci divideremo in due gruppi e--
-Io sono con te!- trilla Gerard, adorante.
-Anch’io- si accoda Brian con uno dei suoi sorrisi magnetici.
Sam dedica un’occhiata e un’alzata di spalle al fratello, che ha l’aria afflitta.
-Sì, bene. Quindi io mi prendo il vampiro e il belloccio- il tono di Dean è intriso di pura rassegnazione. -Chi altri? Siamo pari, formiamo due gruppi da quattro-
-Posso venire io- dice Bob con la sua voce pacata.
È forse la prima volta che i Winchester lo sentono parlare, il biondo omone calmo e silenzioso. Dean non è particolarmente entusiasta, quel tipo è inquietante quanto o forse più del vampiro esaltato, ma almeno ha l’aria di uno che riesce a cavarsela in situazioni complicate.
-Okay, con me anche la guardia del corpo- continua Dean. -Sam, a te lo stuzzicadenti con gli occhiali, l’afro e il nanetto.-
-Ehi!- protesta Frank, per niente contento dell’appellativo affibbiatogli.
-Bene, quindi si comincia- Sam si trattiene dal ridacchiare. -Noi andiamo in biblioteca.-
-E noi giriamo le stanze, chissà che non si trovi qualcosa di utile.-
Si alzano tutti in piedi, Sam prega mentalmente che Dio gliela mandi buona, Dean ricambia inquieto il sorriso di Gerard e spera che quello svitato non gli causi un esaurimento nervoso.
Gerard sorride e quasi saltella, elettrizzato; Ray e Bob si scambiano un paio di parole (probabilmente per consolarsi a vicenda, pensando a quello che li aspetta), Frank lancia occhiatacce in giro.
Brian, nota Mikey, ha quello sguardo; lo sguardo di un cacciatore che ha adocchiato la sua preda e aspetta, in silenzio e con inesorabile pazienza, il momento giusto per catturarla. E la cosa non gli piace per niente.
-Ehi, tu.-
Dean, l’ultimo della fila che si avvia verso l’uscita della sala, si volta e trova due grandi occhi nocciola fissi su di lui. Muove un paio di passi in direzione di Frank e attende, con un pizzico di curiosità sotto l’afflizione da che altro c’è ancora, che l’altro dica qualcosa.
-Gerard- dice poi il chitarrista, mortalmente serio. -Se gli succede qualcosa, qualsiasi cosa, ti accoltello con una forchetta e giuro che farà schifosamente male.-
Dean si dà una manata in faccia mentalmente mentre quello sguardo insostenibile lo attraversa e decide che sì, il piccoletto è decisamente un pazzo omicida. Proprio quello che mancava alla giornata.

*

La biblioteca è una sala rettangolare stranamente grande; è suddivisa in vani, pareti di legno poste qui e là che creano diverse stanze all’interno di una sola. Gli altissimi e immensi scaffali pieni di vecchi libri polverosi sono di un pesante legno scuro e lucido, esattamente come i tavoli e le panche che arredano la sala.
Alle pareti scrostate, tra uno scaffale e l’altro, sono appesi dei quadri; alcuni sono rappresentazioni di opere famose (c’è un Rembrandt, un Van Gogh e persino un Hayez, nota Sam), altri invece ritraggono volti che nessuno di loro ha mai visto. C’è persino qualche natura morta, e un paio di quadri a tema mitologico.
-Allora, cosa cerchiamo esattamente?- chiede Ray guardandosi intorno.
-Notizie sull’hotel, per prima cosa- spiega Sam. -Quando venne costruito e da chi, la sua storia. Poi, se avremo fortuna, scopriremo se c’è stato qualche decesso e quindi arriveremo al nostro fantasma.-
-Ma è come cercare un ago in un pagliaio!- si lamenta Frank, atterrito dall’enorme quantità di libri che lo circonda. -Non ce la faremo mai.-
Mikey gli batte una mano sulla spalla con fare incoraggiante. -Coraggio, Frankie. Chi ben comincia è a metà dell’opera.-
-Questo è lo spirito-. Sam dedica loro un sorriso e di nuovo prega Dio che gliela mandi buona. Quei ragazzi non avrebbero dovuto essere coinvolti in quella caccia, è pericoloso e loro sono soltanto giovani componenti di una giovane band, quel mondo non è il loro.
Ma ormai ci sono tutti dentro e amen.

*

-Quindi è questo che fate, quando trovate un fantasma.-
-Sì.-
-Figo!-
Dean ha deciso che quel Gerard è proprio insopportabile. È già la quarta volta in dieci minuti che gli chiede come caccino i fantasmi, la quarta volta che Dean glielo spiega e la quarta volta che Gerard dice che è una figata.
Se ci fosse dentro come loro, dentro fino al collo, non sarebbe più così convinto che tutto quello sia figo. Okay, Dean deve ammettere che la loro anormalità non è esattamente uno schifo, che non essere un semplice uomo con una vita monotona gli piace, ma se pensa a tutto quello che lui e Sam hanno passato e vivono ogni giorno la parola esatta per descriverlo non è “figo”.
È eccitante, okay, e c’è l’adrenalina, il brivido della caccia, anche la paura di non vedere un altro giorno, ma non è figo. È pericoloso, e in diverse occasioni lui e Sam hanno rischiato di lasciarci la pelle.
-E invece cosa fate per divertirvi?- chiede Brian, ignorando Gerard e dedicando a Dean un’occhiata intensa. -Come passate il tempo libero?-
-Non abbiamo molto tempo libero- risponde Dean aprendo la porta di un’altra stanza e scortando dentro gli altri tre. -Pochi giorni, una settimana tra una caccia e l’altra. Di solito troviamo un motel e ci rilassiamo, recuperiamo un po’ di sonno. Ci facciamo qualche partita a poker.-
Dean controlla i cassetti della scrivania (una bibbia, un block notes e un paio di penne), quindi passa a quelli dei comodini.
-E vi rilassate da soli- continua Brian avvicinandosi al comodino e a Dean. -Senza nessuno che vi faccia compagnia? Ma che peccato...-
Dean si sente avvolgere da un profumo maschile e inebriante che quasi gli dà alla testa; si alza di scatto per ritrovarsi a pochi centimetri dal viso di Brian e si sposta velocemente, distanziandolo di qualche passo. La cosa non promette bene.
Brian sorride sornione, Gerard invece ha lo sguardo vagamente omicida. Bob li ignora con la praticità che viene dalla forza dell’abitudine.
-Sì, be’- tossicchia Dean, a disagio tra tutti quegli psicopatici. -Sarà meglio tornare a cercare.-
-Sì, ma cosa cerchiamo esattamente?- chiede Gerard, che distoglie la sua attenzione da Brian e si guarda intorno, spaesato.
Cosa diavolo potrebbero trovare in una stanza?

*

-Sai che all’inizio vi avevamo scambiati per una coppia?- dice Mikey senza preavviso chiudendo il libro che ha in mano e aprendone un altro a caso. Sam quasi si strozza con la propria saliva.
-Come, scusa?- chiede strabuzzando gli occhi.
-Pensavamo che foste una coppia- Mikey fa spallucce. -Siete molto affiatati, siete due bei ragazzi, non lo so, date quell’impressione.-
-Ma perchè cavolo la gente pensa sempre che siamo gay?- borbotta Sam poggiando sul tavolo il libro appena chiuso. -Sì, comunque- continua aprendo un altro, polveroso tomo. -Che mi dici di voi? Tuo fratello è sempre così...-
-Esaltato? Schizzato?- completa Mikey per lui, sorridendo. -Sì, sempre. Gerard è un vero artista, vive in un mondo tutto suo. È sempre stato quello strano, diverso-
-Capisco.-
-Ma non è male, quando ti ci abitui- continua. -Devi solo conoscerlo. La gente si ferma sempre alla prima impressione e si perde la sua parte migliore, ma è una persona eccezionale. È un genio. Ed è la persona più altruista del mondo, buono, gentile, leale verso gli amici.-
-Un po’ come con Frank?- dice Sam mentre sfoglia un’altra pagina totalmente inutile alla loro ricerca. Mikey sorride, un sorriso tenero e divertito.
-Frank e Gerard hanno un rapporto particolare fin da quando si sono conosciuti. Si completano, non so cosa farebbero l’uno senza l’altro-
Sam si volta e osserva Frank e Ray spulciare alcuni libri a qualche metro da loro.
-Gerard non sarebbe nulla senza Frank- continua Mikey sistemandosi con un gesto veloce gli occhiali sul naso. -Frank è un po’ la sua ancora, capisci? Lo tiene in piedi nei momenti difficili, dice pesantemente la sua quando Gee ne ha bisogno. E ne ha bisogno spesso. Lo stesso è Gerard per Frank-
-Stanno insieme?-
-No, ma sono terribilmente innamorati- ride Mikey. -Anche se ancora non l’hanno capito.-
Sam sorride e pensa a quanto deve essere bello vivere un amore normale, una vita normale. Le piccole rogne, i problemi di ogni giorno; preoccuparsi di pagare le bollette, del proprio lavoro. Innamorarsi.
Innamorarsi di una persona normale con problemi normali, pensarci e distrarsi sul lavoro; battibeccare, discutere, fare pace. Fare l’amore senza un coltello sotto al cuscino nel caso il mostro cattivo arrivi all’improvviso, svegliarsi insieme e passare la mattina a letto, fare le tipiche cose di una coppia normale. Cose che lui o Dean non avranno mai.
-Ehi!- urla Frank da poco lontano mentre Ray rivolge loro un cenno del capo. -Sembra che qui ci sia qualcosa.-
Sam e Mikey mettono da parte i libri che stavano sfogliando e li raggiungono subito; Sam guarda il volume che Frank tiene tra le mani, poi lo prende e comincia a sfogliarlo. Ha tutta l’aria di essere solo un altro libro polveroso ma le sue pagine sono bianche e riempite da articoli di giornate ritagliati e incollati che sembrano risalire ai primi del Novecento.
Sam poggia piano il libro sul tavolo e si siede, subito imitato dagli altri che sporgono la testa verso di lui cercando di vedere e riuscire a leggere.
Il silenzio regna sovrano nella biblioteca polverosa mentre il sole si alza un po’ di più nel cielo cupo e alcuni tuoni rombano solenni.
-Dobbiamo portarlo agli altri- sentenzia Sam, e con “altri” intende Dean. Lo sapeva, se lo sentiva che c’era qualcosa di strano in quell’albergo, e il fantasma della notte precedente ne era la prova. Potrebbe anche regalare a suo fratello un bel “Te l’avevo detto”, giusto per il gusto di farlo incazzare un po’. Chissà, forse lo farà davvero.

*

-Ti prego, Dean, raccontami di un’altra caccia!- supplica Gerard, gli occhi grandi e imploranti. Ma Dean è immune a quello sguardo: lui è abituato agli occhioni di Sam, che sono di gran lunga peggiori. Tzè.
-Magari più tardi, eh?- risponde, sarcastico, uscendo dall’ennesima stanza a mani vuote. -Per adesso continuiamo a cercare.-
Gerard è visibilmente deluso ma si fa forza, annuisce e continua la ricerca per compiacere Dean, che è diventato un po’ il suo eroe.
No, anzi, è decisamente il suo eroe. Prima di tutto è bello, non uno di quei bellocci inutili e dall’aria stupida, proprio bello. Un figo della madonna, in pratica.
Secondo poi, è figo. Combatte i mostri ogni singolo giorno della sua vita, beve whiskey, può avere tutte le donne che vuole solo schioccando le dita. È un po’ un cavaliere senza macchia e senza paura, una sorta di Batman senza il costume (Robin però ce l’ha. È Sam), il classico uomo che ogni ragazza potrebbe mai sognare e desiderare. Magari ci fossero più uomini come lui!
Sembra proprio un eroe dei fumetti, con il suo aspetto, la sua macchina e le sue armi. Solo che non è uno sfigato.
Dean si guarda intorno, la stanza è esattamente come tutte le altre che hanno visto. Sente su di sé, senza voltarsi, lo sguardo adorante di Gerard e quello meno adorante ma molto maniaco di Brian, che non ha smesso un attimo di fare battutine maliziose e proposte velate. Quell’uomo non ha un minimo di contegno, dannazione.
Scuote la testa per cacciare via quei pensieri e torna al proprio lavoro. Cerca ovunque; nei cassetti, negli armadi, persino sotto al letto ma niente, nulla di nulla.
-Dannazione!- sbotta all’improvviso in un impeto di frustrazione. Gerard sobbalza e si prende qualche secondo per riprendersi, quindi gli si avvicina lentamente e gli mette una mano sulla spalla.
-Vedrai che qualcosa troveremo- mormora nel flebile e probabilmente inutile tentativo di rincuorarlo. Dean sospira e si passa stancamente una mano sul viso.
-Gerard, apprezzo il tentativo, ma questa è l’ultima schifosissima stanza in cui potevamo cercare- dice. –Spero solo che gli altri abbiano avuto più fortuna-
I passi concitati che rimbombano per il corridoio sono una risposta tanto inaspettata quanto gradita.

*

-Credo che qui ci sia qualcosa!- urla Ray dal corridoio.
Accorrono tutti, curiosi, e lo trovano di fronte a una sorta di piccolo stanzino. La porta è chiusa da un pesante lucchetto di ferro, come se qualcuno volesse tenere nascosto il contenuto a tutti i costi. Sam e Dean si scambiano un’occhiata di intesa. Dopo svariate ore di ricerca, forse, ci sono.
Dean poggia il borsone per terra e lo apre, uscendo delle tenaglie pesanti. Le chiude sul lucchetto e quello si fracassa come se fosse stato di carta.
Sam impugna il fucile, mettendosi davanti agli altri, e apre la porta con un calcio.
Il fetore che esce è insopportabile. Si coprono tutti naso e bocca con le braccia o i vestiti mentre Sam va in avanscoperta ed entra nello stanzino buio.
-Dean, c’è qualcosa.-
Dean lo raggiunge e dalla stanza giungono dei rumori.
-Che stanno facendo?- chiede Gerard, curioso.
-Non credo di volerlo sapere- risponde Mikey, nauseato da quell’odore fetido.
-Ehm, ragazzi- dice Brian rivolto ai due fratelli intenti a fare qualcosa nello stanzino. –Credo abbiamo un problema.-
Mikey, Frank, Gerard, Ray e Bob seguono il suo sguardo e rimangono impietriti.
-Occazzo.-
Dean esce dallo stanzino con ancora le tenaglie in mano e si ritrova il fantasma dal completo fuori moda che lo fissa parecchio incazzato.
-Bingo!- ride allegro balzando in avanti e tagliandolo in due con l’arnese di ferro.
-Che cazzo ridi?!- esclama Frank che ha quasi sfiorato l’infarto.
-Abbiamo trovato le ossa- risponde Dean tutto contento. –Ora dobbiamo solo bruciarle e siamo a posto.-

*

-Ho parlato con Joan, la ragazza della reception,- annuncia Dean sedendosi alla tavolata confusionaria della mattina, tra suo fratello e Bob e il più lontano possibile da fangirl e aspiranti gruopie. -Quando ha visto le nostre piccole modifiche allo sgabuzzino era sembrata sconvolta, ma con un po’ di… incentivi,- e lancia alla tavolata un sorriso affascinante su cui Gerard si rovescia addosso dell’acqua e c’è un coro di occhi al cielo -ha creduto alla storia dei ladri. Fortuna che è stata fuori tutta la giornata.-
-Come facciamo per le macchine?- chiede Bob, pragmatico.
-Il proprietario, James o comesichiama, le sistemerà domani mattina. Joan ha detto che ci sono stati dei contrattempi ed arriverà più tardi, ma appena possibile si metterà al lavoro.-
-Qualcuno di voi l’ha mai visto?- domanda incerto Sam.
Scuotono tutti il capo.
-Spero solo sappia cosa fa,- commenta Brian, cupo -Perché non possiamo concederci altri ritardi.-
-Di sicuro non toccherà la mia piccola senza di me,- dice Dean, in tono possessivo e vagamente minaccioso. Capito che non si tratta di un attacco di demenza ma che si riferisce alla loro auto, Bob abbassa le posate con fare interessato. -A proposito. Per caso--
-Volete accompagnarci per il viaggio?- s’intromette Gerard, il mento appoggiato su una manina e gli occhi luminosi e adoranti. Brian annuisce alla sua destra, con occhi altrettanto luminosi anche se un po’ meno adoranti.
-Er… no.-
-Andiamo dall’altra parte,- si affretta a precisare Dean.
-Ma non sapete dove siamo diretti.-
-Fidati, è l’altra parte.-
-Okay,- esclama Sam, battendo le mani, pronto a tutto pur di chiudere la serata e interrompere Dean prima che riesca a far piangere Gerard. -Domani partiremo presto, quindi è ora di andare a dormire. Dean?-
-Ma-- inizia in tono lamentoso, facendo cenno alla bistecca ancora a metà nel suo piatto, poi alza gli occhi verso l’altro lato del tavolo e -Sì, certo, assolutamente, caspita che sonno. Buonanotte a tutti, a domani.-
-Posso…?- prova Brian, ma prima che possa alcunché i due fratelli sono già fuori dalla sala.
Chiudersi la porta alle spalle è un po’ come chiudersi in un bunker anti musicisti dementi e proposte indecenti.
-Quei ragazzi hanno dei problemi,- mormora Sam, fissando la porta come se potesse vedere al di là del legno quello che i ragazzi con i problemi stanno facendo.
-Chissenefrega, finalmente possiamo andare via da questo cazzo di posto- biascica il maggiore togliendosi i vestiti e gettandoli sul pavimento. Si stende sotto alle coperte sul letto scomodo e poggia la testa sul cuscino, sospirando pesantemente.
-Grazie al cielo. Una bella dormita e ripartiamo- concorda Sam, lasciandosi cadere sul letto e strisciando fin sotto le coperte, troppo stanco e pigro per togliersi qualche vestito oltre le scarpe.
-Non vedo l’ora.-
-Buona notte, Dean- sussurra Sam, gli occhi troppo pesanti per il sonno e la stanchezza che si chiudono senza che lui possa controllarli.
-’Notte, Sammy- risponde Dean con un altro sussurro. –Così ci togliamo pure dalle palle la fangirl e il maniaco-
Sam ridacchia, si rigira fino a trovare una posizione comoda e si lascia finalmente andare a un vero sonno ristoratore.

*

-Non lo credevo possibile, ma stanno peggiorando- dice Ray, infilandosi una t-shirt degli Iron Maiden scolorita e forse un po’ troppo grande per essere davvero sua. -A questo punto o sono scemi, o sono dei sadici bastardi.-
-Chi?- chiede Bob distrattamente, senza alzare gli occhi dal fumetto che sta leggendo.
-Gerard e Brian!- Ray si arrampica sul letto e raggiunge Bob sotto le coperte, sdraiandosi più su di lui che sul materasso. Appoggia il mento sul suo petto e si raggomitola perfettamente tra la sua spalla e il collo, come il pezzo di un puzzle. -Sembra che ci facciano a posta, ogni tanto. Okay, Gerard ha soltanto un problema di cotta facile, tempo due giorni e starà di nuovo idolatrando Frank – ma Brian? Cosa gli ci vuole a vedere che Mikey gli sta morendo dietro da anni?-
-Sono tutti degli idioti,- concorda Bob. Gira pagina e poi appoggia la mano sulla testa di Ray, a giocare con i suoi capelli.
Ray sospira contento, chiudendo gli occhi. -Leggi ad alta voce?-
-No.-
-Eddai.-
-Apri gli occhi.-
-Sto comodo,- mormora, e poi infila con innocenza i piedi gelati tra le caviglie di Bob, disturbandolo al punto da fargli addirittura abbassare il fumetto.
-Stai prendendo lezioni di seduzione da Frank, o…?-
Ma Ray sta già facendo respiri lenti e profondi contro la sua gola, perciò niente prospettive di seduzione. Bob lo fissa, per un po’, dimentico della lettura o dei piedi freddi o di qualsiasi altra cosa, poi chiude il volume, lo appoggia per terra e fa per spegnere la luce.
Prima che possa toccare l’interruttore la luce traballa, si spegne da sola, e quando si riaccende c’è una donna in piedi accanto al comodino. È minuta, taglio di capelli anni cinquanta, e un tailleur immacolato se non per un orrendo squarcio al centro del petto. I suoi occhi scuri sono puntati su Bob, e sono così carichi di dolore e rabbia da lasciarlo interdetto per un momento.
Poi si riprende, acchiappa le chiavi della stanza dal comodino, e le tira addosso al fantasma. C’è giusto un rantolo furioso prima che scompaia, lasciandoli di nuovo soli.
-Che hai detto?- biascica Ray, premendo il naso sotto il mento di Bob.
-Dormi- dice, e se lo stringe addosso, poi spegne la luce e chiude gli occhi. Ci vuole ben altro per guastare l’ultima serata tranquilla che può concedersi. Di fantasmi e cacce varie si occuperanno domani, semmai, e non sarà certo la fine del mondo.

***

-No, aspetta un momento. Cosa?- Dean sgrana gli occhi incredulo.
-Stai scherzando, vero?- chiede Gerard con una punta di panico e isteria nella voce.
Gli occhi di tutti sono puntati su Bob –espressioni incredule, spaventate, persino scocciate- e la cosa, sinceramente, lo infastidisce un po’. Non è questa gran tragedia, insomma.
-Tu hai visto un altro fantasma e non hai detto nulla?- continua Dean cominciando a scaldarsi. –Stavamo per andarcene e solo ora tu dici di aver visto un fottuto fantasma?!-
-Dean, calmati.-
-Calmati un cazzo!- urla l’altro sbattendo con forza la portiera dell’Impala, rimasta aperta fino a quel momento.
-Urlare non servirà a nulla- Sam lo raggiunge e gli poggia entrambe le mani sulle spalle, così da guardarlo bene in viso. Si limita semplicemente a guardarlo mentre le emozioni nei loro occhi si esprimono meglio di come farebbero le parole.
Dean fa una faccia à la “Che cazzo, Sammy!” alla quale Sam risponde con un’espressione da “O ti calmi o ti faccio calmare a suon di pugni”. Dean sbuffa, Sam lo ammonisce con uno altro sguardo.
-Oh, e va bene- sbotta il maggiore. –Se c’è un altro fantasma dobbiamo scovarlo e toglierlo di mezzo, così finalmente possiamo ripartire-
-Ma un fantasma può davvero impedirci di andarcene?- chiede Mikey perplesso. –Può mettere fuori uso le nostre auto? E perché lo farebbe?-
-Semplice, vuole ucciderci- dice Gerard con una scrollata di spalle. Poi sembra accorgersi di quello che ha appena detto e la consapevolezza di avere intorno un fantasma assassino lo rende quasi isterico. -Ma perché capitano tutte a me!- strilla, sull’orlo di una crisi di nervi. Frank lo affianca immediatamente e gli dice qualcosa sottovoce, calmandolo all’istante.
Qualsiasi cosa fosse, l’importante è che abbia evitato a Dean di sgozzarlo.
-Quindi che si fa, tutto come prima?- chiede Brian poggiando una mano sull’Impala e guadagnandosi un’occhiataccia da Dean.
-Sì, però… Mikey non ha tutti i torti, di nuovo- Sam guarda gli altri, poi suo fratello. –Pensaci, Dean. I fantasmi di solito non fanno queste cose.-
-Sarà un fantasma psicopatico- Dean chiude a chiave l’auto. –Andiamo, Sammy. I fantasmi fanno quello che vogliono, non hanno bisogno di un motivo. Ora torniamo dentro, ci sbarazziamo del figlio di puttana e ce ne andiamo da questa merda di posto-
Sam alza gli occhi al cielo imprecando mentalmente per la cocciutaggine di suo fratello, poi si volta verso gli altri.
-Mi dispiace, ragazzi- dice. –Prendete la vostra roba, torniamo in hotel.-

*

Frank odia quella biblioteca.
Ci ha passato ore il giorno prima a cercare nemmeno lui sapeva bene cosa, la polvere lo ha fatto starnutire tante di quelle volte che ha smesso di contarle e poi è noiosa. Piena di libri noiosi, diversi da quelli che piacciono a lui.
-Sembra quasi una puntata di Ghost Whisperer- dice Gerard sedendosi sul tavolo e facendo dondolare le gambe. –Magari dobbiamo far passare oltre il fantasma, invece che ucciderlo-
-Questo non è uno stupido telefilm, è il mondo reale. Qui non si aiutano i fantasmi a passare oltre, li si uccide e basta- biascica Dean. –Ma non hai altro da fare piuttosto che guardare telefilm idioti e leggere cosi giapponesi?-
-Tipo cosa?- Gerard piega la testa da un lato, visibilmente perplesso.
-Tipo farti una vita!-
-Io ce l’ho una vita.-
-Sì, come no. Cresci, ragazzino- dice Dean e improvvisamente si ritrova il volto di Frank a un palmo dal naso, gli occhi ridotti a fessure.
-Bada a come parli- sibila quello, incazzato. Nessun coglione di turno può permettersi di sfottere Gerard a quel modo, anzi, nessuno può farlo e basta. Solo lui e Mikey possono. E anche Brian e Ray. Bob non fa testo, lui si limita a ignorarlo.
Loro sono i suoi amici, lo conoscono e sanno fino a che punto possono spingersi, sanno quanto oltre possono andare e sanno anche cosa dire, come dirlo. Gerard ci ha messo anni a diventare quello che è, a mettere da parte le paranoie sull’opinione della gente, a riuscire a liberarsi dalle sue insicurezze e dai suoi problemi, e nessuno può permettersi di parlargli a quel modo. Nemmeno Dean Winchester, il fottuto cacciatore di demoni.
-Sta’ calmo, piccoletto.-
-Non ci vuole un gigante per rimetterti a posto, se serve.-
-Okay, okay, ora basta- Sam decide che è arrivato il momento di intervenire e placare gli animi. –Dean, smettila. Frank, non c’è bisogno di scaldarsi. Ora per favore torniamo al lavoro.-
Dean sta per ribattere ma un’occhiataccia di Sam gli tappa immediatamente la bocca. Conosce quello sguardo, e sa che non promette nulla di buono.
-Frank, basta, andiamo- Mikey si avvicina e prende l’amico per un braccio, trascinandolo via. –Noi cerchiamo da quella parte-
Si allontanano in fretta e nessuno ha il tempo di dire altro.
Gerard li segue con lo sguardo, la bocca schiusa in una piccola “o” stupita, e non sa cosa fare.
-Okay, dividiamoci- dice Sam dopo qualche istante. –Bob, Ray, andate da quella parte e cercate qualcosa che accenni a delle morti in hotel. Dean e io resteremo qui. Brian e Gerard… Gerard?-
Sam lo chiama ma l’altro sembra non sentirlo nemmeno; scende dal tavolo e si allontana senza voltarsi indietro o dire una parola sotto lo sguardo curioso dei presenti.
-È meglio andare- mormora Bob spostando lo sguardo da Gerard a Ray. Chissà se finalmente il suo cantante ha azionato il cervellino, che la maggior parte del tempo sembra trovarsi in quella sua testolina giusto per riempire la scatola cranica altrimenti vuota.
-Gerard è andato, direi che resto qui con voi- dice Brian gioiosamente. –Sono davvero in ottima compagnia-
Dean trattiene a stento un mugugno scocciato mentre Sam si limita a sorridere, o almeno si sforza di farlo, in direzione di un Brian decisamente eccitato all’idea di passare più tempo da solo con loro due.

*

-Non ci posso credere, è un coglione!-
-Frank, calmati- dice Michael senza successo. Frank continua a inveire, camminare in tondo e gesticolare come un nevrotico, sembra che non ci sia nulla in grado di calmarlo in quel momento.
-Calmarmi?! Mikey, hai presente cosa ha fatto quel coglione? Come osa?! Come osa parlare a Gerard in questo modo? Se si azzarda un’altra volta giuro che-
-Ciao Gee, sei qui per aiutarci con le ricerche?-
Frank si volta velocemente e trova il suo cantante in piedi di fronte a loro.
-Sì. No, io- biascica Gerard, la voce ridotta a un sussurro, ma Mikey lo interrompe con un sorrisetto.
-Perché non aiuti Frank? Io vado a tenere d’occhio Brian, non vorrei che stuprasse quei due poveri ragazzi-
Gerard gli dedica un sorriso timido e grato mentre lo guarda andare via, quindi prende un paio di libri a caso dagli scaffali e si siede poggiandoli sul tavolo.
Frank, finalmente, si è fermato e fissa i libri o i lacci delle sue scarpe, cose improvvisamente interessantissime ai suoi occhi.
La verità è che non ha il coraggio di guardare Gerard in faccia, okay?
Sono sempre stati amici, si sono sempre difesi a vicenda, aiutati, guardati le spalle, ma Frank non aveva mai dato di matto a quel modo.
È che quel Dean lo innervosisce. Non capisce perché Gerard lo ammiri tanto, non capisce cosa ci trovi in lui; è solo un tizio schifosamente irritante, consapevole della sua bellezza e dell’effetto che ha sugli altri. Crede che tutto gli sia dovuto, crede di poter trattare le persone come idioti, e Frank non lo sopporta.
-Gee, io-
-Grazie- Gerard alza piano gli occhi e incontra lo sguardo di Frank. –Mi hai difeso, è stato carino-
-Lo sai che lo farò sempre, Gee- mormora Frank, serio, sedendoglisi accanto. –Non mi piace che qualcuno ti tratti a quel modo-
Gerard gli dedica un sorriso timido ma luminoso e sulla sua guancia si forma una fossetta.
-Lo so. Ma vedi, Dean non è così male- dice passando il dito sulla copertina di un libro e sollevando una nuvoletta di polvere. –Davvero. È solo fatto così-
-È un coglione, non capisco perché ti piaccia tanto- sbotta Frank parecchio irritato.
-Non mi piace, non in quel senso almeno-
-Ma smettila! Pendi sempre dalle sue labbra, e ogni volta che lo guardi ti manca solo la pozza di bava ai piedi!-
-Frank, sei un coglione- sibila Gerard assottigliando pericolosamente gli occhi.
Ora, in una situazione normale Frank saprebbe riconoscere quel gesto e si fermerebbe immediatamente onde evitare una reazione della portata di un’esplosione nucleare. Ma quella non è una situazione normale e Frank ne ha sinceramente piene le palle di quella storia.
-Ah, sarei io il coglione?- urla alzandosi in piedi e sbattendo il pugno sul tavolo. –Dovresti vederti quando c’è quello stronzo intorno, e soprattutto dovresti capire che razza di persona è-
-Sì, sei un dannatissimo coglione!- Gerard si alza in piedi, gli occhi ridotti ormai a due fessure. –Vaffanculo-
Volta le spalle a un Frank livido di rabbia e se ne va via, a passi veloci e nervosi.

*

-Magari quando avremo finito e potremo andarcene da questo posto potremmo uscire a bere una cosa- dice Brian, seduto in modo scomposto, sfogliando un libro senza nemmeno vederlo.
-Magari ne riparliamo, eh?- risponde Sam evitando di dare una vera risposta, e soprattutto evitando a Dean di parlare.
-Sam, devo parlarti- biascica il maggiore dei Winchester alzandosi e allontanandosi. Sam vorrebbe quasi baciarlo per averlo tirato via da quel tizio che sta davvero iniziando a dargli sui nervi.
Mikey alza gli occhi dal libro che ha tra le mani e li punta sul suo manager.
-Potresti comportarti un po’ meno da puttana e un po’ più da persona normale?- dice acidamente. Brian scuote la testa, ridendo.
-Di solito, forse. Ma con due così proprio no-
Michael fa un verso esasperato. –Sei un coglione-

*

-Scommetto dieci dollari che Mikey sarà il primo a esplodere- dice Bob mettendo da parte un libro che si è rivelato solo un’inutile perdita di tempo. Ray inarca un sopracciglio.
-Scommetti suoi tuoi amici?-
-Cos’è, hai paura di perdere?- ribatte il biondo con un sorriso provocatorio.
-Con te? Tzè- Ray scuote la testa e i suoi ricci muovono debolmente l’aria. –Cinquanta dollari su Gerard-
-Ci sto. Cinquanta dollari-
Ray ride e gli si avvicina ancora un po’, tanto da sentire il profumo del suo dopobarba e da distinguere le piccole e quasi invisibili lentiggini sul suo naso.
-Sono degli idioti- dice poggiando la testa nell’incavo della sua spalla. –Secondo te lo fanno apposta o sono proprio ritardati?-
Bob gli accarezza dolcemente la schiena ben sapendo quanto questo piccolo gesto possa rilassarlo, e in quel momento di straordinaria follia hanno tutti bisogno di calmarsi un po’.
-Secondo me sono proprio scemi- risponde prendendogli il viso con una mano e baciandolo piano sulle labbra.

*

-Se quello ci prova un’altra volta giuro che lo uccido-
-Non immagini quanto sia d’accordo con te, Sammy- dice Dean guardandosi intorno alla ricerca di occhi od orecchie indiscrete. –Ma credo che l’omicidio sia ancora illegale-
-Peccato-
Sam lo abbraccia. Lo stringe forte sentendo i muscoli muoversi sotto alla giacca di pelle mentre Dean ricambia l’abbraccio e sospira contro il suo orecchio.
-Nessuno può provarci così spudoratamente con te senza che io gli rompa almeno un osso che ha in corpo-
-Siamo gelosi?- ridacchia Dean passandogli un braccio attorno alla vita e accarezzandogli i capelli con una mano. –Tranquillo, non vado da nessuna parte-
Sente Sam sorridere contro la sua pelle e gli pizzica il fianco con le dita prima di sciogliere l’abbraccio.
Sam ride. –Coglione-
-Puttana-.

*

Mikey è ancora impegnato a odiare e inveire mentalmente contro Brian quando vede suo fratello andargli incontro con un’aria particolarmente nervosa.
-Devo parlare con mio fratello. Aria- dice il maggiore rivolto a Brian, che quando vede la sua espressione capisce che è meglio non ribattere e si allontana velocemente, cercando un posto sicuro in cui nascondersi in caso di esplosione.
-È un coglione!- urla Gerard. –Un coglione patentato, un cretino, un idiota, un decerebrato del cazzo!-
-Ce ne sono molti in giro- ribatte Mikey con un’espressione che fa invidia a quella di Gerard e riassume ogni suo pensiero.
Gerard si lascia cadere pesantemente su una sedia e rimane a braccia incrociate a fissare il muro come se volesse sgretolarlo.
-Brian?- chiede ricevendo un cenno di assenso da parte del fratello. –Bene. Uccidiamoli e poi sbarazziamoci dei corpi-
-Chissà se Bob e Ray ci darebbero una mano- riflette Michael. –No, probabilmente ci manderebbero al diavolo-
-Amici del cazzo- sentenzia Gerard. –Mikey, credi che se-
-Occazzo-
-Ma se non ho ancora detto nulla!- si lagna Gerard voltandosi a guardare il fratello. –Mikes, che ti prende?-
Michael non si degna di rispondere; sta fissando un punto oltre le spalle di Gerard con gli occhi spalancati e un’espressione terrorizzata dipinta sul volto.
-Che cazzo- comincia il maggiore ma poi si volta e comincia a urlare.
C’è un fantasma dietro di lui, un fantasma spaventoso e fluttuante che sicuramente vuole ucciderli e per di più blocca loro l’unica via di fuga.
-Gee, dimmi che hai del sale in tasca-
-Ti pare che tengo il sale in tasta, cretino?-
-Trova una cosa di ferro!- urla Mikey. Si guarda intorno alla ricerca di qualcosa di utile ma l’unica cosa che trova sono i libri, e in quel momento non servono a un cazzo.
Gerard per una frazione di secondo si chiede se una delle sue tante otturazioni possa tornargli utile in quel momento, magari potrebbe lanciarne una al fantasma come se fosse un proiettile. Poi si ricorda che sono in piombo. Chissà se funzionerebbero lo stesso.
-Gerard!- Frank urla, ancora correndo nella loro direzione, e si ferma a pochi passi dal fantasma con un libro ancora in mano, cercando di capire se l’altro stia bene oppure no.
Un colpo di fucile li fa sobbalzare tutti e il fantasma sparisce.
Sam, in piedi accanto a Frank, tiene in mano l’arma caricata a sale ancora calda. Dean si avvicina a Gerard e Mikey mentre suo fratello raduna tutti gli altri e si guardano intorno, nella sala, alla ricerca del fantasma.
-Tutto bene?- Dean raggiunge i due Way, visibilmente preoccupato.
-Sì- sospira Michael, tremando leggermente per lo spavento.
-Mi è quasi venuto un infarto e stavo per lasciarci la pelle, che vuoi che sia- risponde Gerard, usando quella dose forse eccessiva di sarcasmo per nascondere la paura che lo ha assalito.
-Almeno non ti è passata la voglia di scherzare- Dean gli sorride, l’ansia e la preoccupazione ben nascoste negli occhi verdi, e dà a entrambi una bella pacca sulla spalla. –Forza, muoviamoci-
-Dove andiamo?- chiede Brian, un po’ agitato, affiancandosi a Mikey e dedicandogli uno sguardo apprensivo. Gli ha fatto prendere un bello spavento, cazzo. Per un istante, un solo, terribile istante ha pensato che quel fantasma potesse fargli seriamente male e il suo cuore ha quasi smesso di battere per la paura.
-Restiamo al centro della stanza. Uniti- dice Sam camminando veloce con il fucile puntato e pronto a sparare.
-Ci serve del sale-
-Ma come facciamo a prenderlo? Se ci dividiamo e il fantasma torna?- fa presente Ray.
-Dean, non c’è tempo per pensare al sale e Ray ha ragione. Non possiamo dividerci, non adesso. Giù!- dice e poi urla Sam puntando il fucile e sparando un colpo. Dean si abbassa e il proiettile colpisce il fantasma che gli era apparso alle spalle.
-Instancabile, eh?- dice poi, cercando di alleggerire l’atmosfera troppo tesa. –Occristo. Sam, dietro di te!-
Punta il fucile e preme il grilletto, il proiettile che viene sparato fuori dalla canna a una velocità elevatissima, mentre Sam si volta e si toglie dalla traiettoria giusto in tempo. Un millesimo di secondo di ritardo e il proiettile avrebbe colpito lui.
-Non era quello di prima- dice Gerard, shockato. Si voltano tutti a guardarlo, in attesa di una spiegazione.
-È un altro- dice lui semplicemente.
-Non è lo stesso che ho visto ieri notte- interviene Bob.
-Cosa?!-
-Ce n’è più di uno- Sam è incredulo. –Dean, credo che siamo nella merda-
È allora che succede qualcosa di strano e davvero terribile.
Mentre i pochi e deboli raggi del sole attraversano le finestre e si poggiano sul pavimento delle sagome prima indistinte e poi sempre più nitide riempiono la biblioteca.
-Occazzo- dice qualcuno esprimendo il pensiero di tutti gli altri.
-Merda, siamo circondati- sbotta Dean frugandosi nelle tasche interne della giacca con una mano e tenendo puntato il fucile con l’altra. Estrae una pistola e alcune munizioni che senza voltarsi porge agli altri.
-Brian. O Bob. Prendetela. Mettete i proiettili al sale e quando si avvicinano troppo sparate-
-Dean, sono troppi. Non abbiamo possibilità di scamparla sparando all’impazzata- dice Sam guardandosi attorno e pensando a qualcosa che li faccia uscire vivi da quella situazione.
Brian intanto prende la pistola che Dean gli ha dato e fa come gli è stato detto, sperando che serva a qualcosa.
Dean punta il fucile verso la folla –uomini e donne di tutte le età e, a giudicare dai vestiti, provenienti da epoche diverse; prende la mira calcolando che con un colpo dovrebbe riuscire a beccarne almeno un paio.
Mikey si sposta alle spalle di Brian e vorrebbe urlare, un po’ per i fantasmi e un po’ perché vorrebbe strappargli quello schifo di arma dalle mani e gettarla via. Non vuole, cazzo, non vuole che Brian sia costretto a sparare nonostante si tratti di spiriti.
Gerard è terrorizzato, non ha mai visto niente del genere in vita sua. Infischiandosene della sua precedente incazzatura cerca la mano di Frank, in piedi accanto a lui, e la stringe forte, unico conforto in quel momento di pura follia.
Frank ricambia la stretta e gli sussurra all’orecchio un “Andrà tutto bene” sperando che sia davvero così, sperando che nonostante sia un magro tentativo di tranquillizzarlo possa essere sufficiente a dargli almeno un po’ di speranza.
Bob si mette davanti a Ray pur essendo disarmato, ma non gli importa. Non vuole che gli succeda nulla di male e si darebbe volontariamente in pasto a quella folla fantasma se solo potesse servire a dargli anche la minima possibilità di mettersi in salvo.
Dean e Sam si scambiano un’occhiata di intesa e appoggiano il dito sul grilletto dei fucili a canne mozze. Uno. Due.
-Fermi-
Un uomo in un impermeabile chiaro si è letteralmente materializzato davanti a loro sotto lo sguardo allibito di band e manager che cercano di capire come esattamente abbia fatto.
-Cas?-
-Abbassate le armi- dice l’uomo, serio, rivolto ai due fratelli.
-Cas, è un suicidio- ribatte Dean ma un cenno dell’altro lo mette a tacere.
-Fatelo- dice perentorio. –Ora-
Sam e Dean fanno quello che gli viene chiesto guardandosi intorno nervosamente, la folla fantasma potrebbe attaccare da un momento all’altro e non è proprio il caso di abbandonare le armi a quel modo, l’unica loro difesa contro quell’orda di spiriti sicuramente incazzati.
-Come hai fatto a- comincia a chiedere Gerard, gli occhi spalancati dallo stupore, ma anche lui viene messo a tacere con un semplice cenno della mano.
-Ascoltate- dice Castiel a tutti loro, rivolgendosi poi ai fantasmi. –Voi, parlate. Non vi verrà fatto alcun male-
La folla fantasma viene scossa da un mormorio che si propaga come un’onda, uomini e donne che sussurrano e bisbigliano tra loro.
-Domani è il giorno-
Un uomo si fa avanti fluttuando fino a loro e li guarda con fare serio.
-Domani è il giorno- ripete.
Dean e Sam si scambiano un’occhiata perplessa; guardano Castiel e poi di nuovo il fantasma che ha parlato –un uomo anziano, dai capelli e la barba completamente bianchi, vestito di abiti vecchi e lisi.
-Che vuoi dire?- chiede Sam. Il vecchio gli dedica uno sguardo grave e preoccupato.
-Domani è il giorno in cui tutti noi siamo morti- dice con voce tonante. –Domani è il giorno in cui uno di voi morirà-
-Mi dispiace deluderti, amico, ma non morirà proprio nessuno- ribatte Dean con una nota di aggressività nella voce apparentemente sarcastica. –Non fino a che avrò vita-
-Che vuol dire “il giorno in cui voi siete morti”?- chiede Sam fissandosi su un punto più importante della conversazione. –Non potete essere morti domani-
-Siamo morti tutti in quello stesso giorno- dice una donna bionda e ben vestita avanzando di qualche passo. –Domani è il giorno in cui siamo stati assassinati-
-Lo stesso giorno-
-Una morte all’anno-
-Domani-
Ogni fantasma dice qualcosa, qualcosa di apparentemente incomprensibile per Sam, Dean e tutti gli altri che sinceramente non stanno capendo un’acca di tutta quella situazione.
-Una morte all’anno, ma perché?- continua Sam, deciso a vederci chiaro, ma i fantasmi sembrano non ascoltarlo neanche.
-Uccisi-
-Sgozzati-
-Pugnalati-
-Sparati alle spalle-
-Gettati in una lurida fossa-
-Privati di una sepoltura, spogliati della dignità-
-Ha voluto il nostro sangue-
-Se lo è preso-
-Chi vi ha uccisi? E soprattutto perché?-
-Ci ha uccisi-
-Uno all’anno-
Dean sposta lo sguardo da un fantasma all’altro man mano che ognuno di loro dice qualcosa, guarda Sam, guarda anche Castiel –non capisce come diavolo sia riuscito a trovarli né perché ci abbia messo tanto; non capisce come mai sembri più informato di loro su quella faccenda, e quella merda ectoplasmatica sta cominciando a dargli seriamente sui nervi.
Gerard continua a stringere la mano di Frank e non sembra aver voglia di lasciarla per nessun motivo. Ha bisogno di lui, ha bisogno di averlo accanto in quel momento, ha bisogno di sentirlo lì e sapere che ci sarà sempre, pronto a consolarlo con parole inutili che probabilmente non lo consoleranno per niente e l’unica cosa che potrà davvero dargli conforto sarà sentire quella presenza silenziosa accanto a sé.
-Frank… credo di essere innamorato di te-
Non c’è momento peggiore di quello per dirglielo, questo Gerard lo sa, ma quella consapevolezza lo ha colpito all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno e con la potenza di un uragano. Ha capito, in quell’esatto momento, cosa è Frank per lui. Ha capito quel suo bisogno di stargli e averlo vicino, ha capito il perché di tutta quell’agitazione ogni volta che litigano, ha capito perché il suo cuore comincia a battere all’impazzata quando Frank è vicino a lui –e non è, come aveva creduto fino a quel momento, perché la coglionaggine di Frank certe volte lo innervosisce enormemente.
-Gerard, io-
-Il proprietario dell’hotel-
Quell’affermazione improvvisa e inaspettata da parte di un fantasma nascosto in mezzo a tutti gli altri sconvolge tutti e persino Frank si ritrova a voltarsi verso di lui, shockato, lasciando da parte il discorso con Gerard.
-Ucciderà uno di voi-
-E non potrete impedirlo-

***

La stanza di Sam e Dean sembra sempre più piccola per accogliere tutte quelle persone.
Sono tutti seduti, in silenzio e con espressioni sconvolte o di disgusto dipinte sul volto, tranne Castiel, in piedi in un angolo della stanza.
-Ne ha ucciso uno all’anno- riepiloga Sam cercando di capire bene tutta quella storia. –Ma perché?-
-Cas?- chiede Dean sperando che l’altro possa dargli una risposta, ma quello scuote la testa. –Bene, nemmeno tu sai un emerito niente. Piuttosto, perché ci hai messo tanto a raggiungerci?-
-Non riuscivo a trovarvi- risponde Castiel puntandogli addosso i suoi occhi blu. –Il sigillo enochiano-
-Il sigillo che?- chiede Gerard confuso. L’altro gli dedica uno sguardo scocciato e torna a guardare Dean.
-Ho sentito delle cose- continua. –I demoni parlano, l’Inferno stesso è in subbuglio. Sta per succedere qualcosa di grosso-
-Sì, okay, ma questo non spiega come hai fatto a trovarci-
-Ho chiesto a Bobby di localizzare i vostri telefoni cellulari- spiega Cas con un sorrisetto. –E lui ce l’ha fatta solo in parte. L’ultimo segnale vi localizzava a circa un miglio da qui. Io ho fatto il resto-
-E tu chi diavolo saresti?- chiede Brian con un pizzico di acidità. Non gli piace la confidenza che quel tizio ha con i due ragazzi, non gli piace la sua aria trasognata e da santarellino, non gli piacciono i suoi vestiti e non gli piace lui.
-Castiel-
-Che razza di nome è Castiel?- chiede Frank stranito. Non ha mai sentito un nome del genere in tutta la sua vita, davvero.
-Castiel è il nome di un angelo nell’occultismo- dice Gerard mentre tutti si voltano a fissarlo, sbalorditi. –È l’angelo del giovedì e protegge chiunque sia nato in quel giorno-
-Wow, allora ce l’hai un cervello- scherza Dean accompagnando la battuta con un sorriso divertito e voltandosi subito dopo a guardare Frank. –Ehi, piccoletto, sto scherzando-
-Esatto. Più o meno- risponde Cas ignorando la battuta di Dean e fissando il ragazzo dagli occhi verdi. Ha un animo buono e puro, lo ha percepito nel momento in cui lo ha visto.
-Genitori religiosi, eh?- scherza Ray. Cas lo guarda piegando leggermente la testa da un lato.
-Diciamo di sì- risponde con un accenno di sorriso. Dean e Sam ridacchiano.
-Che c’è da ridere?- chiede Brian scocciato.
-Cas è un angelo- spiega Sam tornando serio.
-Un angelo?- Frank inarca un sopracciglio. Quelli lì lo stanno prendendo per il culo, li stanno prendendo tutti per il culo.
-In carne e ossa-
-Se è davvero un angelo dove sono le ali?- chiede Gerard vagamente scettico ma in fondo eccitato. Un angelo, un vero angelo gli sta davanti! Sempre che Sam e Dean non si stiano divertendo a prenderli in giro, cosa che potrebbe sempre accadere.
-Questo non è il mio vero corpo, è solo un tramite- spiega Cas con pazienza. –Non sono molti gli uomini che riescono a vedere il mio vero aspetto e per questo ho bisogno di un corpo umano-
-Cioè sei tu dentro un altro tizio? Tipo come una matriosca?-
Il commento di Gerard fa scuotere parecchie teste. Proprio quando Dean stava cominciando a pensare che in fondo ce l’avesse anche lui un pizzico di normalità nel sangue e nel cervello.
Castiel inaspettatamente sorride. –Più o meno-
-E quell’altro dov’è finito?- continua Gerard affascinato da quella storia. Ha incontrato un angelo, sta parlando con un vero angelo, non è uno scherzo. Castiel è vero, esiste, è un angelo e Gerard non avrebbe mai pensato, in tutta la sua vita, di incontrarne uno.
-È ancora qui dentro- Cas si picchietta la testa con un dito. –E no, non preoccuparti per lui, non sta soffrendo. È stato lui a concedermi il suo corpo di sua spontanea volontà-
Dean avrebbe qualcosa da ridire in proposito –Jimmy avrà anche dato il suo consenso, ma non immaginava che si sarebbe ritrovato intrappolato nella sua stessa testa- ma preferisce tacere.
-Com’è Dio? Quale Dio esiste, soprattutto?- continua Gerard.
-Capisco quanto tutto ciò possa essere interessante, e avrete modo di approfondire la conversazione una volta usciti vivi da questo casino, ma potremmo per favore tornare al lavoro?- lo interrompe Sam che, a ragione, pensa ci siano questioni più importanti da affrontare.
Castiel si schiarisce la gola e torna serio mentre Gerard continua a fissarlo con stupore e ammirazione, proprio come farebbe un bambino.
-Cas, cosa stanno dicendo i demoni? Perché l’Inferno è in subbuglio?- continua Sam guardandolo. -So solo che qualcosa di terribile succederà domani. Non sono riuscito a scoprire altro-
-Bene, sappiamo che sarà domani ma non abbiamo idea di che diavolo succederà- dice Dean, sarcastico. –Grandioso-
-Ma perché domani?- riflette Sam ad alta voce mentre tutti gli altri rimangono in silenzio.
-Che significato può avere? Quale può essere lo scopo?- dice Dean continuando a brancolare nel buio.
-Deve essere qualcosa di importante- Sam si passa una mano tra i capelli.
-Forse- comincia Gerard, ma viene immediatamente interrotto da un’altra riflessione di Dean.
-Qualcosa di particolare-
-Qualcosa che abbia un significato preciso-
-Ragazzi-
-Sì, ma cosa?- dice Sam, più a sé stesso che agli altri.
-Domani è il solstizio d’estate!- urla Gerard cercando di farsi ascoltare. Le teste di tutti i presenti si voltano verso di lui, espressioni incuriosite e incredule lo fissano intensamente. Lui ricambia gli sguardi e si stringe nelle spalle.
-Il solstizio d’estate- ripete come se fosse una cosa ovvia. –In astronomia è solo il cambio della traiettoria del Sole, nella tradizione pagana invece rappresenta molto di più. Sta a simboleggiare il sole al suo punto massimo e, al tempo stesso, l’inizio del suo declino. È una festa che nel calendario pagano cade proprio a metà, un punto in cui le due metà dell’anno si incontrano, un punto di unione per tutte le cose diverse e opposte-
-Da dove le tiri fuori tutte queste cose?- chiede Dean visibilmente colpito. Gerard di nuovo si stringe nelle spalle.
-Leggo tanto- risponde tranquillamente. –E la religione pagana mi affascina-
-Ha ragione- dice Castiel immerso nei suoi pensieri. –Il solstizio spiegherebbe molte cose-
-Sì, ma non spiega ancora il punto fondamentale della questione- interviene Sam. –Perché il proprietario abbia ucciso una persona ogni anno in quel giorno-
-Sapete, c’è una leggenda- continua Gerard, che si è dimostrato essere quasi un esperto in materia di occultismo. –Una leggenda che riguarda il solstizio d’estate. Racconta che questo sia il giorno del dio Giano-
-Giano?- ripete Sam. –Il dio dalla doppia faccia-
-Qualcuno vuole per favore spiegarci di che diavolo state parlando?- chiede Frank che comincia a sentirsi escluso dalla conversazione in maniera davvero eccessiva.
Dean fa un cenno d’assenso, visibilmente d’accordo con lui e scommette che anche gli altri abbiano voglia di capirci qualcosa.
-Giano, o Ianus, è una divinità romana- spiega Sam. –Il suo culto è antichissimo. Gli antichi italici pensavano che Giano fosse il Padre di tutti gli Dei, che presiedesse a tutti gli inizi e ai passaggi come le porte, i varchi o anche immateriali come l’inizio della vita umana. Nel culto classico venne rappresentato come bifronte perché secondo i romani custodiva le porte e i passaggi portandone in mano le chiavi e un bastone, mentre le sue due facce vegliavano in entrambe le direzioni-
I ragazzi nella stanza annuiscono, colpiti da quella lezione di mitologia.
-Però non capisco come possa essere connesso al solstizio- Sam si volta a guardare Gerard in attesa di una risposta.
-Be’, Giano è il dio dalle due facce- dice il moro come se anche quella fosse una cosa ovvia. –E il solstizio è un rito di passaggio, che riguarda due parti (in questo caso dell’anno) che si incontrano. Per questo la leggenda narra che il ventuno giugno sia il giorno di Giano, perché lui con le due facce rappresenta la dualità del mondo. Si dice che la divinità non possa tornare a camminare sulla Terra fino a che un devoto fedele non predisponga il necessario alla sua ascesa ed esegua il rito nella notte del solstizio d’estate. Allora, e solo allora, Giano potrà tornare a camminare tra i mortali-
-Avrebbe senso- mormora Castiel.
-Ma è solo una leggenda, no?- dice Brian guardando i due cacciatori. –Non esistono cose del genere!-
Dean inarca un sopracciglio. –Dopo tutto quello che hai visto ti tiri indietro davanti a una divinità? Te lo dico io, quelli sono i più bastardi-
-E i più difficili da uccidere- continua Sam per lui. Michael strabuzza gli occhi.
-Perché, volete dirmi che ne avete incontrati altri?- chiede.
-Qualcuno- Dean fa un sorrisetto che la dice lunga su come “qualcuno” voglia dire “abbastanza per i miei gusti”.
-Caspita!- Mikey li guarda con ammirazione e Frank sbuffa. Detesta che tutti i suoi amici siano così visibilmente invaghiti di quei due ragazzi che, secondo lui, non sono così meravigliosi. Ammazzano i demoni e cacciano i mostri, okay, quello è figo, ma perché diamine tutta questa ammirazione? Sono persone come tante altre, sono solo addestrate a fare quello che fanno.
E poi, lui ha bisogno di parlare con Gerard. Non c’entra niente con la riflessione sui Winchester, ma è l’unica cosa che in quel momento gli preme di fare. Uscire da quella cazzo di camera e parlare con Gerard.
-Okay, quindi che si fa?- chiede Brian. –Come lo uccidiamo?-
-Penso che a questo punto la cosa migliore sia che voi ne restiate fuori- dice Sam guadagnandosi un’occhiataccia da Mikey e Brian. –Non sono solo semplici fantasmi. Se abbiamo davvero a che fare con una divinità la situazione è più pericolosa di quanto possiate immaginare-
-E cosa dovremmo fare, secondo te?- dice Michael. –Starcene buoni nelle nostre stanze e aspettare? Ormai ci siamo tutti dentro, Sam. Abbiamo iniziato e finiremo insieme-
-Sam- dice improvvisamente Castiel con quella sua voce un po’ roca. –Credo che il ragazzo abbia ragione-
-Cas, sei impazzito o cosa?- gli urla Dean scattando in piedi. –Non li lascerò venire con noi a combattere contro una divinità. Non sono cacciatori, Cas, e non voglio che finiscano ammazzati per causa nostra-
Gerard lo guarda con occhi lucidi. Dean fa tanto il duro, il sarcastico, lo stronzo ma alla fine, sotto tutti quegli strati, si nasconde una persona gentile che si preoccupa per il prossimo.
-Dean, hai visto come questo ragazzo si è rivelato utile- ribatte l’angelo indicando Gerard con il capo. –Potremmo aver bisogno di loro-
-Cas, penso che tu stia esagerando- interviene Sam cercando di prevenire la reazione di Dean. –Non possiamo coinvolgerli in questo-
-Scusate, siamo ancora qui, eh- dice Frank attirando gli sguardi dei tre. –E direi che la decisione spetta a noi. E penso di parlare a nome di tutti quando dico che ci stiamo. Siamo con voi-
Gerard lo guarda con quello sguardo, quello che fino a pochi attimi prima dedicava a Dean, e Frank sente la sua vocina interiore sussurrare soddisfatta un “Finalmente!”.
Brian guarda Mikey che annuisce e allora sì, ci sta anche lui. Bob e Ray si scambiano un’occhiata e quindi rivolgono un cenno d’assenso al magico trio.
Sam sospira pesantemente, Dean vorrebbe ribattere ma pensa che quei ragazzi sono abbastanza grandi da prendere le proprie decisioni e Castiel annuisce, risoluto.
-Bene- dice. –Ora dovete riposare. Andate nelle vostre stanze, dormite un paio d’ore e ci rivediamo nel salottino di sotto-
Gerard sta per ribattere qualcosa, probabilmente che non ha intenzione di andarsene sul più bello, ma Frank si alza in piedi e lo trascina per un braccio.
-Tu. Con me. A dormire- dice con un tono che non ammette repliche.
Sono i primi ad uscire dalla stanza, seguiti a ruota da Ray e Bob. Brian, come suo solito, si ferma un istante per rivolgere ai due fratelli qualche parola.
-Potrei-
-Ci vediamo dopo, Brian- lo congeda Sam senza tante cerimonie. Michael gli dedica un sorrisetto e va via, seguito da un manager deluso e parecchio, parecchio stanco.
-Cos’ha quel ragazzo?- chiede Castiel quando tutti sono usciti.
-Niente- risponde velocemente Sam, aggiungendo poi a voce bassa “Non capiresti”.

*

Brian si getta sul letto tutto vestito e con ancora le scarpe addosso, sospirando e puntando gli occhi al soffitto con un’espressione stanca dipinta sul volto.
-Dio santo, non avrei mai immaginato che cose del genere potessero davvero accadere- dice sistemando meglio la testa sul cuscino scomodo.
-Già- concorda Mikey mettendosi seduto sul suo letto. –Assurdo-
-Se non ci fossero stati Sam e Dean probabilmente a quest’ora saremmo nella merda fino al collo-
-No, perché così dormiamo sui petali di rosa, eh?- ribatte Mikey acidamente. Brian volta la testa a guardarlo e si domanda da dove venga tutta quell’acidità. Michael è un ragazzo calmo, pacato, non si incazza mai e vedere queste nuove emozioni nei suoi occhi lo disorienta un po’.
-Mikes, c’è qualcosa che non va?- chiede dolcemente. Michael sbuffa e si stende sul letto, dandogli le spalle.
-Assolutamente no- dice.
Brian non se la beve. Conosce Mikey da un po’, quanto gli basta per capire che c’è effettivamente qualcosa di sbagliato, qualcosa che lo turba o lo rende nervoso.
-Ehi, ‘lil Way- dice alzandosi dal suo letto e sedendosi su quello di Mikey, che cigola indispettito.
-Brian, dormi-
Brian, invece, si stende accanto a lui in quel letto troppo piccolo per tutti e due e, come se niente fosse, lo abbraccia mentre con una mano gli scompiglia i capelli.
-Dai, Mikes, a me puoi dirlo- dice con un sorriso. Ma Mikey è immobile, e freddo; non ride, non si lamenta nemmeno della mano sui capelli piastrati.
-Brian, torna nel tuo letto e dormi-
Brian smette all’istante di sorridere e lentamente si allontana da lui mentre qualcosa si muove nervosamente dentro di lui, all’altezza del suo stomaco.

*

-Gerard- esordisce Frank non appena si chiude la porta della camera alle spalle. Finalmente da soli, finalmente hanno modo di parlare.
-No, Frank, ascolta- Gerard parla veloce e gesticola, cosa che fa sempre quando è particolarmente nervoso. –Lasciami parlare, okay? So cosa ti ho detto oggi e so che magari sarai rimasto sconvolto, ma-
-Gee-
-Aspetta- lo interrompe il cantante camminando avanti e indietro come un animale in gabbia. –So che sarai sconvolto, ma non voglio che le cose tra di noi cambiano. Tu sei mio amico, il mio migliore amico, e io non voglio perderti solo per questa cosa. Non so nemmeno come sia successo, davvero, è solo che eravamo lì e forse stavamo per morire e tu eri lì vicino a me, come sempre, e allora ho pensato che senza di te non ce l’avrei mai fatta, che senza di te non potrei andare avanti. Ho pensato che tu ci sei sempre stato, in ogni momento, e che ogni volta che sei con me mi sento bene, più che bene; ho pensato che non so cosa farei se solo dovessi perderti e allora ho capito, ho capito che sono innamorato di te e non posso farci niente. Mi dispiace, Frankie-
Frank, in piedi accanto alla scrivania, sospira. –Wow-
Gerard lo guarda a malapena. Non ha il coraggio di guardarlo negli occhi e scoprire la sua reazione a quella notizia, ha paura che tutto finisca, ha paura che Frank se ne vada e lo lasci irrimediabilmente e tristemente solo.
-Gee- Frank gli si avvicina e gli solleva il viso con due dita. –Gee, guardami-
Gerard alza lentamente gli occhi e la paura gli attanaglia lo stomaco in una morsa glaciale.
-Io ti amo-
-Scusa, Frank, lo so che… cosa?-
Frank sorride alla sua espressione confusa, sorride e gli si illuminano gli occhi, sorride e gli salta addosso, abbracciandolo forte.
-Ti amo, idiota- sussurra contro il suo orecchio. –Siamo stati due coglioni a non capirlo prima-
Gerard ci mette qualche secondo a capire cosa sta succedendo, poi finalmente realizza e anche sul suo volto si apre un gran sorriso mentre una lacrima solitaria gli scende lungo la guancia.
Frank si sposta per guardarlo in volto e sente il cuore saltare un battito. Il suo pseudo odio verso Dean era solo gelosia, pura e semplice gelosia che gli rodeva le viscere.
Gerard gli prende il viso tra le mani e in un impeto di gioia unisce le labbra alle sue, la lingua che gliele sfiora dolcemente, e il cervello di Frank va definitivamente in tilt.
È tempo di fuochi d’artificio.

***

Dean, Sam e Castiel sono già seduti attorno a quei tavolini bassi nella hall di quell’hotel degli orrori. Davanti a loro ci sono tazze di caffè, una bottiglia di whisky, vari fogli e un vecchio diario polveroso.
Bob e Ray sono i primi a raggiungerli; li salutano con un cenno del capo e si siedono in silenzio. Michael e Brian arrivano poco dopo con delle facce che definire sbattute è fargli un complimento.
Mikey si siede accanto a Dean biascicando un “ciao”. Ha cerchi scuri sotto gli occhi, segno di quanto abbia dormito poco e male in quei giorni trascorsi in hotel; la pelle del viso e leggermente tirata, è visibilmente stanco e per di più sembra nervoso.
-Ehi, Mikes, tutto a posto?- chiede Dean dopo qualche istante di assoluto silenzio. Quel ragazzo comincia a preoccuparlo.
Mikey alza gli occhi dal tavolino e li punta su di lui. –Sì, certo-
Brian, d’improvviso, sbuffa.
-E tu che hai?- gli chiede Dean voltandosi a guardarlo.
-Niente-
-Mi sembra giusto- sputa Mikey con tono acido. Dean torna a guardare lui e può chiaramente vedere gli occhi brillare dietro le lenti.
-Che cazzo, Mikes!- Brian alza la voce e sbatte un pugno sul bracciolo della poltrona. –Ti chiedo che hai e mi tratti di merda. Mi preoccupo per te e mi tratti di merda. Stasera sei fottutamente insopportabile, si può sapere che cazzo ti prende?!-
Sam e Dean si scambiano un’occhiata eloquente mentre Bob e Ray si limitano a osservare attentamente la scena.
-Un cazzo di niente- risponde Michael sgarbatamente. –E lasciami in pace-
Brian sbuffa di nuovo e si volta da un’altra parte, qualsiasi altra parte, per non guardarlo.
-Ahem, ragazzi- si intromette Sam. –Magari dovreste parlarne, anziché stare qui a-
-Tu non ti intromettere-
-Bene, parlano anche in sincro- ridacchia Bob sottovoce e Ray sorride.
Cas li guarda con la testa un po’ piegata. Non capisce cosa stia succedendo. Non capisce perché ci sia tanta elettricità nell’aria, non capisce perché quei due ragazzi si trattino a quel modo. Potrebbe essere la loro ultima notte di vita, potrebbero non riuscire a fermare l’ascesa del dio, potrebbero morire. Dovrebbero parlare, risolvere i loro problemi. Potrebbe essere la loro ultima occasione.
-Ciao, scusate il ritardo. Gerard non voleva saperne di svegliarsi- saluta Frank trascinandosi dietro un Gerard che cammina a occhi chiusi. Il cantante, dal canto suo, dedica a tutti un sonoro sbadiglio e quando vede le tazze sul tavolino ne prende una, incurante di chi sia. Beve una lunga sorsata di caffè e sorride, contento, sotto lo sguardo divertito di Sam.
Gerard si siede accanto a suo fratello insieme a Frank, gli dedica un’occhiata assonnata e quando vede l’espressione sul suo viso sembra svegliarsi di botto. Si volta a guardare Brian con uno sguardo vagamente omicida quindi torna a concentrarsi su Michael, dandogli un colpetto sul braccio.
-Omicidio, Mikes. È la soluzione a ogni problema- sussurra, e Mikey quasi sorride.
-Omicidio, fratellone-
Intanto, di fronte a loro, Bob e Ray parlano a bassa voce.
-Ho vinto io-
-Non è vero, Gerard non ha sbottato o fatto un casino. Mikey, invece, potrebbe farlo da un momento all’altro-
-Ma Gerard ha detto a Frank che lo ama-
-E tu come lo sai?- Bob lo guarda con gli occhi spalancati.
-L’ho sentito- Ray alza le spalle. –Quando eravamo circondati dai fantasmi. E guardali in faccia, scommetto che hanno già fatto sesso. Quindi ho vinto-
-Ah, al diavolo-
Bob estrae cinquanta dollari dal portafoglio e li porge a Ray, che li mette nel suo con uno sguardo felice e un sorrisetto.

*

-Bene, quindi in quel vostro diario non si parla di Giano- dice Frank con aria afflitta. –Siamo nella merda- -Tu sì che sei ottimista- dice Gerard.
-Ragazzi, per favore. Dobbiamo restare concentrati- Sam li guarda tutti e loro annuiscono. –Bene. Quindi, il proprietario dell’hotel ha ucciso una persona all’anno come tributo al dio e questi tributi lo faranno risorgere. Dobbiamo solo capire come impedirlo-
-Aspetta, i fantasmi non hanno detto che domani toccherà a uno di noi?- chiede Gerard, perplesso. –E se… e se gli mancasse un solo omicidio per farlo risorgere? Pensateci. Quei fantasmi saranno stati, a occhio e croce, un centinaio-
-Novantanove- dice Castiel. –Cento uomini, cento volte sangue. Avrebbe senso-
-Quindi domani dovrebbero uccidere uno di noi, che sarebbe il centesimo sacrificio?- chiede Dean e l’Angelo annuisce. –Bene, basta restare uniti e impedire che ci ammazzi-
-Temo che non sia così semplice, Dean- continua Cas attirando gli sguardi degli altri su di sé. –In alcuni rituali non è importante che la vittima sacrificale muoia, serve solo il suo sangue. Almeno, per quanto riguarda l’ultima vittima-
-Quindi basterebbe una sola goccia del nostro sangue per scatenare questo casino? Cioè, potremmo anche tagliarci con un coltello, o cadere e sanguinare, o bucarci un piede su un chiodo arrugginito per terra e funzionerebbe lo stesso?-
-Poi dici a me che non sono ottimista- dice Frank in risposta a Gerard.
-No, Frank, ma è vero!-
-Che non sono ottimista o che tu sei mezzo pazzo?-
-Che potremmo tagliarci accidentalmente e scatenare il putiferio- Gerard lo guarda male.
-Il ragazzo ha ragione- Castiel guarda i Winchester con aria grave. –Basterebbe una sola goccia del vostro sangue e il dio risorgerebbe-
-Bene. Siamo nella merda- dice Dean passandosi una mano tra i capelli mentre Sam continua a sfogliare quel vecchio diario.
-Okay, se risorge che facciamo?- chiede Brian. Sam e Dean si scambiano un’occhiata.
-In teoria, un paletto di frassino conficcato nel cuore dovrebbe bastare-
-E dove lo troviamo qui il frassino?-
-In teoria?-
-Ho bisogno di caffeina- dice Michael alzandosi all’improvviso e allontanandosi. Brian lo segue con lo sguardo. Si alza in piedi con l’intento di seguirlo e parlargli, per capire che cazzo gli prenda, per capire quel comportamento così strano, perché non lo ha mai visto così in vita sua. Mikey è turbato da qualcosa, quello può capirlo, ma non sa da cosa, e non sa come fare ad aiutarlo, e tutto quello lo fa sentire schifosamente inutile.
-Vado io, se non ti dispiace-
Sam sorprende tutti. Si alza in piedi e si allontana, raggiungendo Michael davanti alla macchinetta del caffè e aspettando un paio di secondi in silenzio.
-Ehi, ragazzino, tutto bene?- chiede poi gentilmente. Mikey sospira e si volta verso di lui mentre la macchinetta alle sue spalle lavora per fornirgli la sua dose.
-Sì, sono solo stanco-
-Sicuro?- Sam inarca un sopracciglio e Mikey, improvvisamente, arrossisce.
-Sì, certo-
-E perché ho come la sensazione che c’entri un certo manager?- sorride Sam. –Non voglio costringerti a dirmi qualcosa, ma sappi che si vede lontano un miglio-
Mikey fa un verso sconsolato e si copre gli occhi con le mani. –Sono uno stupido-
-Ma no che non lo sei- Sam gli scosta le mani dal viso e gli sorride. –Gli hai parlato?-
-Ma che scherzi? No!- balbetta Michael arrossendo ancora di più. –No, cioè… non sono nemmeno sicuro di… sì, be’, ecco. E cosa dovrei dirgli poi? No, non rispondere-
-Secondo me dovresti parlargli- continua Sam, adesso serio. –Michael, non so cosa succederà domani. Ti giuro che Dean e io ce la metteremo tutta per farvi uscire sani e salvi da questa situazione, te lo giuro, ma c’è sempre la possibilità che la cosa sia troppo grande persino per noi. È vero, abbiamo ucciso altre divinità in passato, ma in buona parte è stata fortuna. Un dio non è un fantasma o un mostro qualsiasi. Noi faremo tutto il possibile, ma potrebbe non bastare. Parlagli, potresti non averne più la possibilità-
-Se volevi buttarmi a terra sappi che ci sei riuscito alla grande- biascica Mikey tenendo gli occhi bassi.
-Non voglio buttarti a terra, solo farti capire la gravità della situazione. Riflettici- Sam gli scompiglia i capelli e se ne va, lasciandolo solo.
Mikey sa che ha ragione. Sa che quella potrebbe essere la loro ultima notte, sa che potrebbero non riuscire a fermare o uccidere il dio, lo sa. Sa che potrebbe non avere più l’opportunità di parlare con Brian, sa che questa cosa gli rimarrebbe sulla coscienza e lo ucciderebbe –se non dovesse morire prima.
Ma è difficile, e lui non crede proprio di farcela.
Parlargli per farsi ridere in faccia? No, grazie.
Il caffè è pronto e Mikey se ne serve una tazza, prendendo poi la caraffa per portarla agli altri. Cerca di cacciare via i pensieri che gli affollano la testa, ma quelli sono tanti e pure testardi, non lo molleranno tanto facilmente.
Quando ritorna incontra lo sguardo di Brian e non capisce che cosa gli stia passando per la testa. Sembra deluso, stanco, magari spaventato o incazzato.

***

Quando il sole sorge li trova tutti addormentati malamente sui divani.
Gerard e Frank, mano nella mano, dormono beati apparentemente incuranti della posizione scomoda e del divano ancora più scomodo.
Ray ha la testa poggiata sulla spalla di Bob, mentre la testa di Bob è poggiata sulla sua. Un braccio del batterista cinge le spalle dell’altro con fare protettivo, la mano dolcemente poggiata sul suo petto.
Sam e Dean si sono addormentati uno addosso all’altro in un groviglio di gambe e braccia impossibile da riconoscere, le gambe di Dean sul corpo di Sam e la testa di Sam sull’addome di Dean.
Mikey è rannicchiato su sé stesso in posizione fetale, accoccolato malamente su quella poltrona troppo scomoda e gli occhiali storti sul naso.
Brian ha la testa appoggiata alla mano, ed è sicuramente l’unico sveglio dato che l’Angelo non è nei paraggi.
Sta guardando Mikey.
Lo guarda da tutta la notte, da quando tutti si sono addormentati e lui non è riuscito a chiudere occhio. Lo guarda e cerca di capire, dannazione, cosa diamine stia succedendo, perché il suo ‘lil Way sia diventato così scontroso. Lui, che ha sempre un sorriso per tutti.
-Mi stai facendo perdere il sonno, ‘lil Way- mormora sottovoce nonostante nessuno possa sentirlo. Quindi si alza, piano, senza fare rumore, e si avvicina alla causa della sua insonnia.
Il viso di Mikey è dolce mentre dorme, le labbra leggermente schiuse, fa venir voglia di abbracciarlo. È indifeso, e vulnerabile, e Brian vorrebbe solo proteggerlo da ogni cosa. Da quello schifo di situazione in cui si trovano, da quello schifo di mondo che potrebbe ferirlo in ogni momento, da tutto e da tutti, perché Michael non merita di soffrire.
Brian si toglie la giacca e con delicatezza gliela poggia addosso, coprendolo almeno in parte dal freddo e dall’umidità che, oltre ai fantasmi, infestano quel luogo. Quindi prende la caraffa vuota dal tavolino e va a farsi un caffè, incurante del freddo sulle braccia.
Mikey socchiude gli occhi e vede qualcuno allontanarsi, poi sente un profumo familiare circondarlo e fa vagare lo sguardo sul suo corpo rannicchiato fino a trovare una giacca che conosce molto bene. Si riaddormenta in pochi secondi con un mezzo sorriso sul volto.

*

-Dean. Dean, sveglia- sussurra Sam cercando di spostare le gambe del fratello e alzarsi, ma quelle sembrano di ferro.
-Dean. Dean…-
-Sono sveglio, Sammy- sbadiglia l’altro.
-Shush, fai piano. Stanno dormendo-
-Buon giorno anche a te, rompicoglioni- biascica Dean prima di sollevarsi a sedere e stropicciarsi gli occhi.
-Dovremmo parlare con la cameriera-
-Non perdi tempo, eh- Dean lo guarda male.
-Dean, è importante- continua Sam prima di venire interrotto da un bacio.
-Non rompere prima che io mi sia svegliato completamente, chiaro? Mai- biascica Dean sulle sue labbra. Lo bacia di nuovo, piano, e torna a stiracchiarsi in santa pace.
Sam sospira ma non nasconde un sorriso.

*

-Siete svegli-
-E tu che ci fai già in piedi? È appena l’alba- chiede Dean e Brian fa spallucce.
-Non riuscivo a dormire-
Sam maschera un sorriso augurandogli il buon giorno e si serve una tazza di caffè.
-Dovremmo svegliare gli altri- dice Dean sorseggiando quella brodaglia calda che si spaccia per caffè. Seriamente, quell’hotel dovrebbe comprare del caffè quantomeno decente.
-Brian, vai tu?- chiede Sam innocentemente. Il manager sembra esitare per un istante, ma si allontana in fretta.
-Sai qualcosa che io non so?-
-Oh, Dean, io so migliaia di cose che tu non sai. Sei una capra in genere-
-Sarò anche una capra, ma almeno sono quello bello-
-Stronzo-
-Puttana-

*

-Chi? Cosa?- Gerard si alza di scatto, improvvisamente sveglio e all’erta. Frank lo tira giù per un braccio e gli si accoccola contro con una presa ferrea.
-Ragazzi, in piedi. Abbiamo da fare-
-Tipo continuare a pensare a soluzioni che non esistono?- mormora Frank, attaccato a Gerard e senza l’intenzione di lasciarlo andare. –Può aspettare altri cinque minuti-
-Frank, Brian ha ragione!- strilla Gerard, uno strillo così fastidioso e perforante che i poveri timpani di Frank non reggono. Nemmeno il suo cervello regge, e decide di suicidarsi. Bye bye Frankie.
-Che ore sono?- biascica Ray coprendosi gli occhi con una mano. Bob, accanto a lui, si stira le membra intorpidite.
-Le sette-
Michael si alza in quel momento, rotea il collo che gli fa un male cane nella speranza di alleviare un po’ il fastidio ma non funziona.
-Grazie- mormora poi quando si avvicina a Brian e gli restituisce la giacca.
-Figurati-
Seguono alcuni secondi di imbarazzante silenzio mentre le altre quattro pettegole del gruppo non si fanno gli affari loro e guardano la scena come se si trattasse di un film estremamente interessante.
-Caffè- dice quindi Michael prima di voltarsi e scappare in direzione della macchinetta.

*

Nemmeno un’ora dopo si ritrovano di nuovo tutti nella hall, dopo una bella doccia e un cambio d’abito. Castiel è scomparso, andato chissà dove in cerca di notizie a quanto dicono Sam e Dean.
-Quindi- esordisce Dean. –Sam, Michael, Ray e Frank in perlustrazione. Cercate dovunque. Cercate di scoprire qualsiasi cosa, anche la più piccola, che possa esserci utile-
Sam annuisce.
-E voi che farete?- chiede Frank.
-Cercheremo la cameriera. Voglio parlarle per capire se sa qualcosa di questa storia, se sospetta qualcosa o ne è completamente all’oscuro. Poi continueremo a cercare-
-Ci rivediamo in biblioteca tra due ore- dice Sam prima di scambiare un cenno con suo fratello e dirigersi, seguito dagli altri, da un’altra parte dell’hotel.
Frank scocca un sonoro bacio sulle labbra a Gerard facendolo arrossire come nemmeno una quindicenne prima di trotterellare dietro a Sam e gli altri, che hanno le gambe più lunghe delle sue –non che sia difficile avere le gambe più lunghe delle sue, ma tant’è.
-Bene. E ora vediamo che succede- dice Dean suonando una volta il campanello alla reception. Passa qualche secondo di silenzio. Suona altre due volte. E poi ancora, e ancora, fino a che il trillo fastidioso sembra aver raggiunto il suo scopo.
-Avete bisogno di qualcosa?- chiede la ragazza quietamente, i capelli biondo pallido raccolti in uno chignon triste.
-Ah, in realtà sì- dice Dean regalandole uno dei suoi migliori sorrisi. –Ci chiedevamo a che punto fosse la riparazione delle nostre auto-
-Ti sei fatta male alla mano?- chiede poi osservando la benda alla mano sinistra della ragazza. Lei annuisce lievemente, poi, come se niente fosse, controlla qualcosa su un registro.
–Mi è scivolato il coltello in cucina- dice. -Mi dispiace, le auto non sono ancora pronte. John è stato molto impegnato-
-Sì, ma vedi, noi avremmo davvero fretta di ripartire- continua Dean, accattivante, guadagnandosi un’occhiataccia da Brian. –Si è almeno capito quale sia il danno? È piuttosto strano che entrambe le auto si siano rotte così all’improvviso-
Dean si trattiene dal dire che aveva controllato personalmente l’Impala solo alcuni giorni prima di partire e scruta il volto scialbo della ragazza in cerca di un qualsiasi segno rivelatore. Ma lei scuote pigramente la testa.
-No, mi dispiace, John non mi ha detto nulla-
-Ma le ha controllate?- chiede Brian, e Dean gli pesta un piede.
-Sì- risponde Joan dedicandogli un sorriso stanco. –Ha già fatto un primo controllo, ma a quanto pare non è riuscito a trovare il guasto o me ne avrebbe parlato-
-Sembra esperto, questo signor John- continua Dean. –Capita spesso che qualche auto si rompa in questa zona desolata? Magari è successo anche ad altri vostri clienti-
-Qualche volta, sì- Joan copre con la mano uno sbadiglio. –C’è altro che posso fare per voi?-
-Solo toglierci qualche curiosità- sorride Dean mentre gli altri si chiedono dove voglia andare a parare con tutti quei discorsi. –Abbiamo dato un’occhiata all’hotel, sembra antico. Quanti anni avrà, più o meno? Una cinquantina?-
-È stato costruito i primi anni del Novecento- risponde la ragazza sfogliando svogliatamente il registro davanti a lei. –È parecchio antico-
-I primi del Novecento, wow!- Dean si volta verso gli altri con un sorriso ammirato. –Chissà quante persone si sono fermate qui! Senti, il mio amico, qui, è un appassionato di storie dell’orrore- Dean indica Gerard, che lo guarda stranito.
-Magari potresti raccontargli qualche chicca riguardo all’hotel- continua il cacciatore. –Come hai detto tu è molto antico, ci saranno sicuramente storie di fantasmi che lo riguardano-
La bionda si stringe nella giacca e fa spallucce.
-Forse qualcuna, ma non saprei dirle, davvero- dice. –C’è altro?-
Dean le dedica un altro sorriso. –No, Joan, grazie. Sei davvero una ragazza adorabile-
Lei si esibisce in un sorriso timido, ringrazia, si scusa e torna al lavoro sparendo in direzione delle cucine.
-Bene, non sa un bel niente- sbotta Brian sbuffando. –Siamo punto e a capo-
-Brian, se devi dire cose ovvie è meglio che tu taccia- sibila Gerard, e il manager lo guarda shockato.
-Che cazzo vi prende, a voi Way?!-
-Oh, sta’ zitto-
-Calmi, calmi- interviene Dean. –La ragazza non sa nulla. Dobbiamo continuare a cercare. Troviamo gli altri, innanzitutto-

*

-Ah, siete qui! Noi a cercarvi ovunque, e voi a prendere un po’ d’aria in giardino!-
-Dean, credo di aver trovato tutti i cadaveri-
-Tutti?- Dean guarda Sam, il viso serio e gli occhi fissi al giardino di fronte a loro.
-Abbiamo cercato ovunque- spiega Ray.
-Persino negli sgabuzzini- continua Frank. –O possibili nascondigli, stanze segrete, ma niente. Poi Mikey ha avuto un’idea-
-E bravo Way- sorride Dean.
-Dean, sono qui- mormora Sam indicando il terreno dove cresce, poco curata, l’erba verde. –Tutti qui sotto, è l’unica soluzione. È perfetto, pensaci. Hai centinaia di cadaveri, dove li nascondi?-
-Li seppellisci in giardino- mormora Dean. –Cosa facciamo?-
-In che senso cosa facciamo?- chiede Gerard vagamente allarmato interpretando il pensiero dei suoi amici.
-Non possiamo lasciarli lì- spiega Sam. –Non possiamo lasciare che i loro spiriti vaghino per sempre sulla terra, intrappolati, senza trovare la pace-
-Cioè, vuoi dire che…?- chiede Brian e Dean annuisce.
-Li tiriamo fuori da lì e bruciamo i resti-
-Quelli che riusciremo a trovare, almeno- dice Sam con aria grave. –Sono stati seppelliti qui da cento anni a oggi. Non saranno tutti interi, molti saranno ormai polvere-
-Vado a prendere le pale e il resto-

*

Scavare in giardino è stato tremendo. È faticoso, mica come fanno vedere nei film. Ci vuole forza, forza di braccia per conficcare la pala nel terreno e tirar via un pezzo di terra. Ci vuole forza per farlo ancora, e ancora, e ancora.
Sam e Dean ci sono abituati, lo fanno come se fosse la cosa più naturale del mondo. Non sembra quasi che si sforzino.
Anche Brian e Bob non se la sono cavata troppo male, loro hanno i muscoli ad aiutarli. Agli altri, invece, è andata un po’ peggio.
Gerard pensava, fino a quel momento, che scavare fosse la cosa più odiosa del mondo. Poi ha visto le ossa dei cadaveri, e si è ricreduto.
Saranno state migliaia di ossa, in tutto il giardino. Miliardi di brandelli di vestiti, migliaia di ossa, centinaia di teschi e il resto, quello che non hanno trovato, è ormai polvere a concimare il terreno.
La cosa ancora più brutta, però, è stato quando hanno dovuto radunare le ossa in un’unica fossa. Avevano già visto i Winchester farlo, ma il corpo era uno solo e non ha fatto impressione come quello.
Migliaia di ossa riunite in una fossa profonda.
Dean e Sam le hanno cosparse abbondantemente di sale e benzina, in silenzio, e sempre nel silenzio più assoluto hanno tirato fuori gli accendini dalle tasche.
A quel punto sono apparsi i fantasmi.
Stavano semplicemente lì, fermi, a guardare la scena. Non volevano far loro del male o altro, aspettavano solo di essere liberati da quella maledizione, di sgusciare via da quel limbo nel quale erano caduti contro la loro volontà.
Qualcuno ha perfino sorriso, o ringraziato, mentre il suo corpo incorporeo prendeva fuoco davanti ai loro occhi e il suo spirito andava finalmente nel posto in cui avrebbe dovuto essere da tanti, tanti anni.
È stato un po’ come un funerale, un grande funerale di massa.
Nessuno aveva avuto il coraggio di parlare, soprattutto Sam e Dean, e quando avevano finito i due fratelli avevano ricoperto la buca ed erano tornati dentro, nella hall. Si erano seduti vicini, avevano preso la loro fidata bottiglia di whisky e avevano bevuto due bei bicchieri pieni offrendone silenziosamente anche a tutti gli altri, che avevano accettato di buon grado.
-Pensi ancora che tutto questo sia figo?- chiede Dean, dopo molto tempo, rompendo quel silenzio denso. Gerard scuote la testa.
-Non avevo davvero capito cosa faceste-
-Ecco, hai visto il lato brutto dell’essere cacciatore- sorride Dean cercando di alleggerire quel senso di tristezza che opprime tutti loro. –Questo insieme al rischio di venire ammazzato un giorno sì e l’altro anche-
-Deve essere pesante vivere così, giorno dopo giorno- dice piano Brian.
-Non vi stanca?- chiede Ray, sinceramente curioso.
-Se non stai attento rischia di distruggerti, da dentro- dice Sam dopo qualche istante di riflessione. –Ma se cresci in questo modo non c’è altra vita che sia buona per te. Puoi tentare, magari, puoi provare ad allontanarti, a smettere di cacciare, a farti una vita normale. Ma ormai sai, conosci ogni cosa, e la vita non è più la stessa-
-Sembra terribile- dice Bob scuotendo la testa. Dean in risposta sorride.
-Nah, non più di tanto. Ha anche i suoi lati positivi. Esercizio fisico ogni giorno, adrenalina a mille, il brivido della caccia. Per non parlare delle ragazze-
Sam e Brian gli scoccano uno sguardo vagamente ostile mentre Mikey e Frank ridacchiano divertiti. -E ora al lavoro, si sta facendo tardi-
-Ma è ora di pranzo!- si lamenta Frank. –Io ho fame!-
Dean rotea teatralmente gli occhi e sospira. –Bene, vi concedo un pranzo veloce e poi al lavoro-
-Perché, tu non mangi?-
-Magari più tardi-
Sam guarda suo fratello. Deve essere davvero preoccupato per saltare un pasto.
Sinceramente, non può dargli torto.

***

-Dove cazzo è finito quell’Angelo?- sbraita Dean. –Cas! Brutto figlio di puttana, vieni subito qui!-
-Dean, calmati-
-Calmati un cazzo, Sam- continua il maggiore fissando gli occhi al soffitto. –Cas, porta qui il tuo angelico culo o giuro che ti prendo a calci-
È ormai sera, e dell’Angelo non c’è traccia.
Quella giornata è stata infruttuosa e tutti sentono la paura che li attanaglia, bloccando loro il respiro.
Non hanno trovato niente, niente, dannazione, niente di niente. E il tempo sta scadendo. Hanno cercato ovunque. Hanno passato altre ore in biblioteca, hanno setacciato l’hotel non riuscendo a trovare nemmeno più la cameriera; hanno guardato in ogni stanza, stanzino, armadio, buco, senza trovare nulla.
Il proprietario non si è fatto vedere.
Dean ha ripetuto, per tutto il santo giorno, che se solo l’avesse visto l’avrebbe sgozzato con le sue mani –cosa che, ovviamente, non avrebbe mai fatto. Lo avrebbe fatto parlare, quello era sicuro.
-Dean, fare così servirà solo a farci innervosire di più- continua Sam avvicinandolo e cercando di calmarlo. Non possono dare di matto, non servirà a nulla. E non possono, perché se loro si abbattessero così vorrebbe dire che sono davvero spacciati.
-Sam, dimmi un’altra volta di calmarmi e ti castro con un cucchiaino-
-Ora posso dire che siamo ufficialmente nella merda?- dice Frank guadagnandosi occhiatacce da tutti i presenti. –Scusate, ma è vero!-
-Sì, Frank, grazie, non abbiamo bisogno di sentirlo ripetere ogni due per tre- dice Mikey, nervoso.
Quella storia sta davvero diventando insopportabile. Loro volevano solo andare a registrare il cd, dannazione! Non si aspettavano niente di tutto questo, niente cose soprannaturali e inspiegabili, niente cose che non dovrebbero esistere. Niente fantasmi, niente divinità, niente di niente.
Se solo ne usciranno vivi Mikey avrà chiuso con tutte le storie di fantasmi e i film dell’orrore.
Anche Brian è nervoso. Si mangia le unghie già troppo corte, fuma una sigaretta dopo l’altra imitato da Gerard.
Sente qualcosa dentro, qualcosa che striscia viscido e freddo, che gli attanaglia lo stomaco in una morsa fredda: paura. Terrore, fottutissimo terrore.

*

-Buonasera, gentili ospiti-
Si voltano tutti, velocemente, verso la provenienza di quella voce e si trovano davanti a un uomo alto e magro, avanti con l’età, vestito di tutto punto e con anche un foulard di seta nel taschino della giacca.
-Tu, brutto figlio di puttana- biascica Dean muovendo un passo verso di lui.
E così, quello è John. Il proprietario. Sembra quasi un vecchietto come tanti altri, i capelli bianchi pettinati alla perfezione all’indietro, se non fosse per quell’espressione, e quella luce nei suoi occhi.
È inquietante. Gli occhi sono neri come la notte più buia e animati da una scintilla sinistra.
-Ah, lei deve essere uno dei Winchester- dice con voce untuosa e melliflua, da far venire i brividi. –Ho molto sentito parlare di lei… Sam? O Dean? Siete molto conosciuti, lo sa? Una leggenda tra i cacciatori, un nome molto temuto tra i mostri-
-Allora sai già quello di cui siamo capaci, stronzo- continua Dean, livido di rabbia. John sorride.
-Oh, lo so bene- dice quasi dolcemente. –Ma temo che in questo caso le vostre abilità di cacciatori non vi saranno d’aiuto-
Dean avanza di un altro passo e Sam è subito al suo fianco, una mano poggiata sul suo braccio per ammonirlo.
-Ti sta provocando- sussurra al suo orecchio. –Non cedere-
-Ah, lei deve essere l’altro fratello- continua John con un altro sorriso viscido. –Lieto di conoscerla, giovane Winchester. È davvero curioso che siate finiti qui insieme a questi altri giovani ragazzi, due cacciatori come voi. Sarà straziante vedere i vostri amici morire, uno a uno, e non poter fare niente per fermarlo-
-Io lo ammazzo- sputa Dean, la mascella serrata. La presa di Sam sul suo braccio si fa più forte, lo blocca.
-Dean, non fare il suo gioco-
-No, lo ammazzo e basta-
-Scommetto che vi sarete posti delle domande- John si accomoda elegantemente su una poltrona e li guarda dritto negli occhi facendoli rabbrividire. –Come mai nessuno, in cento anni, ha mai scoperto niente? Sapete, non siete i primi cacciatori capitati qui per caso. E mi duole dirlo ma farete la loro stessa fine-
-Senti, lasciali andare- Sam sostiene quello sguardo raccapricciante e indica con un cenno del capo i ragazzi alle sue spalle. –Loro e la ragazza. Non ti servono-
John ride.
-Oh, ma non potrei- dice. –Loro, forse. Anche se non lo farò. Ma Joan… non potrei mai, fa parte di questo albergo-
-È solo una ragazza innocente, brutto stronzo- si infervora Dean.
Ed è allora che Gerard lo vede.
-Occazzo- dice, il colore che abbandona le sue guance lasciando il posto a un pallore quasi spettrale. Frank gli stringe la mano, gli altri lo guardano. Persino Dean e Sam si voltano brevemente a guardarlo, a turno, per non perdere di vista il proprietario seduto comodamente di fronte a loro.
-Gerard, che succede?- chiede Sam.
-La mano-
-Quale mano?-
-La sua mano!-
Sam lo guarda come se fosse pazzo e lo stesso fa anche Dean. Il suo sguardo, però, ricade subito sul proprietario e capisce.
-Sam, la sua mano- dice al fratello. Sam si sofferma a guardare John con più attenzione e trova una benda alla sua mano sinistra.
-Dean, cosa?- chiede, confuso.
-È la stessa ferita che aveva anche Joan, la cameriera- spiega piano.
-Vedo che cominciate a capire- sorride John.
John. Joan.
-Siete la stessa persona- Sam non ci capisce più niente. –Perché?-
-Perché no?-
-Giano- dice Gerard, attirando nuovamente l’attenzione su di sé. –Il dio dalla doppia faccia-
Certo, era ovvio.
Giano bifronte aveva bisogno di un corpo dalla doppia faccia per la sua ascesa. Era così semplice, perché diamine non ci avevano pensato prima?
-Oh, posso quasi sentire gli ingranaggi dei vostri stupidi cervellini cigolare- cinguetta il proprietario dell’albergo con un sorriso divertito.
Frank si trattiene a stento dal saltargli addosso e dargli un pugno.
Bob si avvicina a Ray, giusto un altro po’, giusto quel tanto che basta per fargli sentire il profumo del suo shampoo. Giusto perché forse, forse, non potrà più farlo.
Brian è attonito. Quella storia è davvero, davvero inquietante. Non bastava il primo fantasma, no. Non bastavano quel centinaio di fantasmi, assolutamente, ci voleva anche il proprietario che è la cameriera. O la cameriera che è il proprietario. O comunque due persone in un corpo solo. Che cazzo succedeva al mondo?
-Bene, direi che è ora di cominciare- continua John alzandosi lentamente in piedi e congiungendo le mani.
-Iniziare cosa?- chiede Mikey con una leggera nota isterica nella voce. Brian si volta a guardarlo e riesce a leggere la paura nei suoi occhi, la sua aria spaventata lo intenerisce persino in un momento come quello.
-Il rituale, è ovvio-
-E tu pensi davvero che noi te lo lasciamo fare?- chiede Dean sprezzante.
-Oh, ma non potete opporvi. È già tutto pronto- sorride John indicando la sala in cui si trovano.
Dean e Sam si guardano intorno e non capiscono. Non c’è niente in quella stanza che faccia pensare a un rituale, niente simboli magici, niente erbe o armi rituali.
John fa un gesto con la mano e improvvisamente la luce si spegne mentre delle candele accese si materializzano dal nulla e illuminano la stanza di una penombra spettrale. Poi comincia a parlare.
Gerard non capisce cosa stia dicendo. Non è inglese, non è sicuramente inglese. Sembra piuttosto un insieme di sibili e suoni rochi, come se fosse una lingua così antica da venire dimenticata col trascorrere dei secoli.
-Cazzo-
Dean estrae una pistola dalla giacca e la punta contro l’uomo, che incurante di tutto continua a mormorare la sua litania.
John si volta e fissa i suoi occhi scuri su Dean, poi sorride e con un semplice gesto della mano la pistola vola via per finire con un tonfo sordo sul tappeto.
-State indietro- mormora Sam agli altri che, spaventati, arretrano di un paio di passi.
Gerard stringe forte la mano di Frank e lo guarda intensamente negli occhi. Non c’è bisogno di dire nulla, Frank ha capito. E anche Gerard capisce quello che Frank gli sta, silenziosamente, dicendo.
Ray guarda Bob con un’espressione spaventata e non dice niente mentre il biondo si sporge a baciarlo, fregandosene della presenza di altre persone nella stanza.
-Mikey…-
Michael si volta verso Brian ma il manager non dice niente, si limita a guardarlo con quei suoi profondi occhi azzurri e tace. Non sa cosa dire.
-Brutto stronzo!-
L’urlo di Dean riporta l’attenzione di tutti su quello che sta accadendo.
Sam è volato attraverso la stanza ed è finito contro la parete, proprio addosso alla piccola libreria in legno che si rompe sotto il suo peso. Dean va per gettarsi attorno a John ma quello lo ferma con un altro gesto della mano e fa fare anche a lui un bel volo.
E tutto accade in pochi istanti.
I sei ragazzi mandano al diavolo i buoni propositi e si spostano, correndo, all’altro lato della stanza fermandosi davanti ai due cacciatori stesi per terra.
Sam è accasciato al suolo, inerte, la testa piegata di lato. Dean è accanto a lui e sta cercando di farlo rinvenire, ha bisogno del suo aiuto, ha bisogno che Sam non lo molli così, che resti con lui.
Brian aiuta Dean a rimettersi in piedi mentre Ray e Gerard si inginocchiano accanto a Sam e gli tastano il polso. Fortuna che è solo svenuto.
John si volta improvvisamente verso di loro e dal nulla appare un coltello.
È diretto verso Brian e Dean.
Il manager chiude gli occhi, solo per un istante, e aspetta di sentire il freddo taglio della lama squarciargli la carne.
Il coltello è ancora in aria, la fende veloce. Dean cerca qualcosa con cui farsi scudo, si guarda intorno, non riesce a trovare niente che sia abbastanza grande, abbastanza resistente, abbastanza tutto.
E poi un urlo.
Michael si accascia a terra, reggendosi l’addome con una mano. Dean urla, Brian urla, Gerard comincia a piangere e a inveire contro la coglionaggine di suo fratello.
Il sangue di Mikey scorre, lento, in un unico rivolo sul pavimento e striscia, ancora caldo, fino a incontrare il tappeto.
Sono fottuti.
-Sam, cazzo, svegliati!- urla Dean, nel panico.
Una luce si sprigiona dal pavimento e il tappeto al centro della stanza prende fuoco, disintegrandosi davanti ai loro occhi e mostrando un cerchio e una serie di simboli disegnati per terra. Si apre un buco, si allarga piano e diventa una voragine incandescente guidata dalla litania di John, che adesso alza le braccia al cielo e sorride.
Brian si inginocchia accanto a Mikey e gli prende la testa tra le mani, gli occhiali storti sul naso e gli occhi socchiusi.
-Mikey. Mikes! Ascoltami, ti prego, ascoltami-
Mikey lo guarda attraverso le ciglia scure e le lenti graduate, un pallore cadaverico che comincia a farsi strada sul suo volto mentre con la mano regge ancora il pugnale conficcato nel suo addome.
-Mikes, non mollare, non mollare- dice Brian velocemente, il panico che gli attanaglia le viscere in una morsa fredda. Gli tremano le mani, sta sudando freddo e sente una stretta al petto, all’altezza del cuore, mozzargli con forza il respiro.
-Non lasciarmi, ‘lil Way, resta con me- Brian non si accorge di alcune lacrime che hanno cominciato a cadere sul suo viso.
Michael tenta un sorriso ma gli riesce solo una smorfia di dolore.
-Dovevo per forza schiattare perché ti accorgessi di me?- mormora lentamente, il fiato corto, mentre ogni parola gli procura una fitta di dolore.
-Non dire stronzate, tu non morirai- Brian quasi ringhia. –Non puoi morire, sono perso senza di te-
-Brian, io-
-Shush, non parlare. Risparmia il fiato, sistemeremo tutto, poi potrai dirmi tutto quello che vuoi-
Sam aveva ragione, pensa Mikey con un sorriso triste. Avrebbe dovuto parlare con Brian quando aveva ancora l’opportunità di farlo, avrebbe dovuto dirgli tutto, ogni cosa, perché avrebbe potuto essere la sua ultima occasione. Perché era stata la sua ultima occasione.
Perché sta perdendo troppo sangue, perché sente freddo, perché sente quasi la vita scivolare via dalle sue labbra, e Brian non saprà mai.
Non saprà mai quanto lui adori le sue labbra, o i suoi occhi così blu da far impallidire persino l’oceano; non saprà mai quanto Mikey adori il modo in cui riesce a gestire ogni situazione, calmandoli e tranquillizzandoli; non saprà mai quanto lui adori il suo sorriso, quel sorriso luminoso e magnetico e sensuale che riserva ai fortunati che hanno l’onore di far parte delle sue conquiste.
Brian non saprà mai, e Michael si sente male al solo pensarlo, quanto la sua sola vicinanza possa fargli battere il cuore all’impazzata e la sua voce fargli rischiare un infarto a ogni parola.
-Mikey, ti prego, guardami. Guardami, cazzo-
Mikey fa uno sforzo immane per tenere gli occhi aperti e fa come Brian gli ha chiesto.
Lo vede piangere.
-Michael James Way, azzardati anche solo a pensare di non farcela e giuro che ti strozzo a mani nude- dice il manager con un tono quasi incazzato. –Tu non puoi lasciarmi. Morirei senza di te-
-Anche io ti amo, idiota. Solo che non sei mai riuscito a vederlo- Mikey sorride mentre il dolore lo strazia e le palpebre si fanno pesanti.
Ray, accanto a Gerard, è sotto shock. Non riesce a muoversi, a parlare, forse nemmeno a respirare. Guarda Bob mentre le lacrime gli rigano il viso pensando che no, non può essere vero, non è possibile che Mikey sia stato ferito, che stia-
Frank stringe Gerard tra le braccia, lo culla in silenzio mentre l’altro piange senza vergogna, il corpo scosso dai singhiozzi. È un incubo, deve esserlo, quando si sveglierà Mikey sarà ancora lì e lui glielo racconterà e ne rideranno insieme davanti a una tazza di caffè.
Dean continua a sparare con la pistola ma i proiettili si fermano a mezz’aria e ricadono, inesplosi, sul tappeto. Sam apre lentamente gli occhi e ci mette un paio di secondi a realizzare cosa stia davvero succedendo.
-Figlio di puttana!- urla impugnando il fucile.
Quindi accade qualcosa di completamente inaspettato.
Bob, semplicemente, non ce la fa più.
Lui è quello calmo, quello riflessivo, quello silenzioso, ma la situazione è davvero insostenibile. Gerard piange, distrutto, abbracciato a Frank.
Ray è terrorizzato e sotto shock, lo guarda con la bocca spalancata e sembra incapace di proferire parola.
Brian si dondola, disperato, con il corpo svenuto di Mikey tra le braccia. Con il corpo ferito e sanguinante di Mikey tra le braccia.
Sam e Dean sono feriti, e i proiettili sono inutili, e tutto quello è semplicemente troppo. Quindi, Bob esplode.
Sente l’odio crescere dentro di sé, la rabbia colorargli di rosso il viso, sente ogni singola pulsazione nel suo corpo, ogni singolo battito del cuore come se fosse amplificato cento, mille volte.
E allora corre.
Arriva alle spalle di John in silenzio. Gli tira un calcio ben piazzato alla schiena mentre quello cade in ginocchio, sorpreso, di certo non si aspettava che qualcuno fosse così stupido da tentare di prenderlo a mani nude in un momento come quello.
Ma Bob lo fa. Gli tira un altro calcio ben piazzato sul viso e lo fa scivolare dentro quel buco che puzza di zolfo e fuma come un vulcano.
C’è un’esplosione di luce.

***

Ahia. La testa fa un male cane, è come se dieci camion ci stessero passando sopra contemporaneamente. Apre lentamente un occhio, con circospezione, e sbircia un po’.
-Mikey, sei sveglio!-
Suo fratello gli si catapulta addosso e lo stringe forte, e poi ahia, cazzo, fa male.
-Ahi! Gerard, lasciami, non respiro!- mormora massaggiandosi l’addome, il punto da cui è partita la fitta tremenda di dolore che lo ha attraversato fino a dargli come una scossa al cervello.
-Che è successo?-
-In parole povere Bob ci ha salvato il culo- dice Dean annuendo con un ghigno.
-Eh?-
-Ha preso John a calci e lo ha buttato dentro alla voragine nel pavimento, quella da dove avrebbe dovuto risorgere Giano. Morto il corpo dalla doppia faccia, la resurrezione è stata bloccata. Giano non avrebbe avuto un corpo da indossare per il ballo- sorride Sam.
Bob arrossisce lievemente, Ray abbarbicato al suo braccio senza alcuna intenzione di mollarlo. Gerard sta abbracciando Frank in un impeto di felicità, i Winchester sorridono, e Brian-
-Ora devi riposare. Ti abbiamo curato la ferita, si rimarginerà presto. Per fortuna non era troppo profonda, non ha danneggiato nessun organo-
Mikey si guarda il corpo fasciato dalle bende mentre i ragazzi escono, in silenzio, dalla stanza.
-Mi hai quasi fatto morire di paura, lo sai?-
Mikey alza gli occhi e con sua immensa sorpresa trova Brian di fronte a lui. Il manager lo fissa, serio, e si siede sul letto accanto a lui.
-Prova a rifarlo e ti ammazzo io- dice a bassa voce, fissandolo negli occhi.
-Brian, io-
-Da quanto?- lo interrompe il manager, e Michael abbassa gli occhi. –Mikes, da quanto?-
-Abbastanza-
-Abbastanza quanto?-
Mikey sospira. –Da, circa, quando ci siamo conosciuti?-
Non osa alzare gli occhi. Semplicemente non ce la fa. Ricorda le lacrime di Brian, la sua disperazione, ricorda ogni emozione che è passata nei suoi occhi in quei momenti che lui credeva sarebbero stati gli ultimi.
Sa che Brian prova qualcosa per lui, più di qualcosa. Sa che anche Brian lo ricambia con la stessa intensità, ma il solo fatto di essere sempre stato innamorato di lui e non avergli mai detto nulla lo fa morire di vergogna. Vorrebbe una pala. Vorrebbe scavarsi una buca e non uscirne più.
-E perché non mi hai detto niente?-
Di nuovo, Mikey sospira. –Perché non avresti capito-
Segue un silenzio imbarazzato e pesante, e Mikey non osa quasi respirare.
-Guardami-
-No-
-Ho detto guardami- Brian gli prende il mento tra due dita e lo costringe ad alzare gli occhi. Mikey vuole solo morire.
-Sarò anche tardo, ma l’importante è che ci sono arrivato- dice, un guizzo divertito negli occhi blu. –Sei l’unico. L’unico che voglio e che vorrò. E se solo dovesse succederti qualcosa morirei. Non potrei vivere senza di te, ‘lil Way-
Mikey pensa che quelle parole valgano più di tutti i “ti amo” della terra, dell’universo.
Brian si avvicina, elimina definitivamente la distanza tra di loro e lo bacia piano.
Tardo è tardo, pensa Michael. Ma bacia da dio.

*

-Bene, ragazzi, direi che adesso possiamo finalmente ripartire- dice Brian, un braccio stretto attorno alla vita di Michael che ha il viso rosso come un peperone.
Gerard e Frank ridacchiano.
-Potremmo rimanere in contatto- dice poi il cantante rivolto ai due fratelli.
-Già. Fate uno squillo se passate da Newark- sorride Ray. –Potremmo andare a bere una birra-
-Senza fantasmi- aggiunge Bob, serio, scatenando l’ilarità generale.
-Ecco, vi ho scritto i nostri numeri- sorride Gerard porgendo a Sam un foglietto pieno di una calligrafia chiara e ordinata.
-Grazie. Ci faremo vivi se mai dovessimo passare da quelle parti- dice Sam ripiegando il foglio e infilandolo nella tasca della giacca.
-Chiamateci, in caso di emergenza- continua Dean. –In caso notaste qualcosa di strano-
-Io non voglio più notare niente di strano in tutta la mia vita che non sia un Way che si disintossica dal caffè- dice Frank con uno sguardo mortalmente serio.
Dean ride.
-Sei simpatico, ragazzino-
-Già. Scusa se ti ho odiato a morte-
-Fa niente. Ci sono abituato- dice Dean con un’alzata di spalle. Sam ride e gli dà una pacca sulla spalla.
-Dobbiamo andare-
-Già. Abbiamo quella cosuccia dei poltergeist da sistemare-
I ragazzi della band si esibiscono in una smorfia.
-Grazie- sorride Micheal stringendo loro le mani.
-Figurati-
-Cas!- esclama Gerard facendo sobbalzare tutti. Sam e Dean si voltano con uno sguardo truce.
-Dove cazzo eri finito, eh?!-
-Ho avuto dei problemi con alcuni demoni- risponde l’Angelo tranquillamente. –Avevano scoperto che stavo raccogliendo informazioni per aiutarvi e non hanno gradito-
-Stai bene?- chiede Sam, un po’ preoccupato.
-Sì-
-Senti, Cas- si intromette Gerard raggiungendolo e guardandolo con occhi lucidi di gioia. –Io vorrei davvero davvero poter parlare con te. Sai, quei discorsi su Dio che avevamo cominciato. Magari, quando hai tempo, potresti passare a trovarmi-
Dean e Sam ridono. Cas è sfuggente come un’anguilla, è difficile persino che ascolti loro, figurarsi!
-Certo. Mi farebbe piacere- risponde invece l’Angelo con un sorriso, e i Winchester si ritrovano quasi con le mascelle a terra. Ma che bastardo.
-Direi che è ora di andare-
-Senti, Dean, volevo chiederti una cosa- dice Bob all’improvviso.
-Spara-
-La macchina… è un’Impala del ‘67? Come diavolo hai fatto a trovarla?- chiede il batterista stupito e ammirato. Dean e Sam sorridono.
-Diciamo che ho dato un consiglio a mio padre quando la comprò-
-Sì, ma quando l’hai comprata? Dove posso trovarne una?-
-È stato nel 1967- risponde Dean ridendo poi all’espressione sul viso del biondo, e sul viso di tutti gli altri.
-E come diavolo hai fatto?-
-È una lunga storia- spiega Dean. –Diciamo che c’era bisogno di me nel passato e Cas mi ha dato uno strappo fino a lì-
-Hai viaggiato nel tempo?!-
-‘Cazzo dici?!-
-Non è possibile!-
-Ve lo racconterò un’altra volta. Ora dobbiamo davvero andare, o non arriveremo mai in tempo nel Missouri- si congeda Dean stringendo loro le mani. –Alla prossima-
-Ci contiamo- sorride Ray.
-Ciao ragazzi- saluta Sam. –Mi dispiace che abbiate dovuto assistere a questo casino-
-Non è colpa tua- dice Michael. –Anzi, senza di voi saremmo già morti da un pezzo-
Sam sorride. –Già. Cas, vieni con noi?-
-Un viaggio di più di otto ore sullo scomodo sedile di una macchina? Certo- risponde l’Angelo regalando un sorriso a manager e band.
-Tanto sparisci quando vuoi- biascica Dean. Sam saluta ancora gli altri e lo raggiunge, dandogli una pacca sul sedere.
-Oh, ma quanto brontoli-
-Zitto tu-
-Coglione-
-Puttana-
Cas li segue in silenzio con un sorrisetto divertito sul volto. Quei ragazzi sono gli esseri umani più strani e atipici che abbia mai incontrato.
-Bene, tutti nel van- esorta Brian. –Ripartiamo. Avete un cd da registrare!-
Caricano i bagagli dietro, Frank tiene Pansy con sé e la sistema nello spazio tra un sedile e l’altro mentre Gerard riprende a canticchiare.
-Welcome to the hotel Bella Muerte-
Frank tira fuori Pansy dalla custodia. La imbraccia, l’accarezza anche, e comincia a strimpellare qualche nota mentre la voce di Gerard lo guida.
Bob si mette alla guida, Ray al suo fianco che gli poggia la testa sulla spalla.
-Finalmente è finita- mormora il riccio mentre l’altro gira le chiavi e mette in moto. Annuisce. Già, finalmente è finita. È ora di tornare alla vita normale.
Brian prende posto accanto a Mikey, gli passa un braccio attorno alla vita e lo sente accoccolarsi contro di lui. Non c’è sensazione più bella del calore del corpo di Michael contro il suo, realizza con un sorriso.
Lo bacia all’improvviso, accarezzandogli le labbra con la lingua, e Mikey mugugna contento.
È stata un’avventura al confine tra l’inimmaginabile e il soprannaturale, tra fantasmi incazzati e intrappolati, divinità pronte a tornare sulla terra, uomini e donne in uno stesso corpo.
Sono stati quattro giorni allucinanti, tra battute, provocazioni, amori finalmente scoperti, scenate di gelosia e liti belle e buone.
È stato tutto assurdo, qualcosa che nessuno di loro dimenticherà mai.
-…something else in mind. Check in to the hotel Bella Muerte- canticchia Gerard, accompagnato dal suono di Pansy mentre il sole risplende alto nel cielo chiaro e il van percorre quella strada solitaria, guidandoli verso un altro, meraviglioso, chimico giorno delle loro incasinate vite.

*Fine*



Sapete che i commenti sono sempre graditi, vero? E poi, dai, è la nostra prima collaborazione, non volete dire nulla? Spronarci a continuare o lanciarci i pomodori perché facciamo schifo?
Noi vi aspettiamo qui, e intanto speriamo che questa storia vi sia piaciuta e vi abbia fatto ridere almeno un po’ perché noi, a plottarla e scriverla, ci siamo rotolate xD
Love, B&Will
  
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance / Vai alla pagina dell'autore: Bb_e_Will