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Autore: Lady Antares Degona Lienan    09/12/2010    21 recensioni
I due lati della medaglia, gli aveva detto il Drago: non avrebbe mai potuto pensare che sarebbero state le facce di una medaglia fallata.
Merlin è buono. Merlin è giusto. Però Merlin è anche un vigliacco.
“A volte penso che dovrei essere io, a uccidervi.”
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Riflessioni post-terza stagione]
Genere: Dark, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
- Questa storia fa parte della serie 'Come what come may.'
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 The possibility of Zero

 

 

 

 


Se mai si fosse chiesto quanto perniciose potessero essere delle profezie la risposta lo colse solo in quel momento di dolorosa quiete, il naso accarezzato dalla brezza notturna e il suo signore affianco. Quando la rivelazione lo colpì era notte. Una notte senza luna eppure stranamente luminosa: quasi a simboleggiare una scoperta che dentro di lui pulsava, nuova, sorda e meschina.

Una notte senza luna, ma non priva di luce: così che vedere la verità non gli sarebbe stato impossibile, ma egli non avrebbe potuto alzare gli occhi al cielo in cerca di conforto.

I due lati della medaglia, gli aveva detto il Drago: non avrebbe mai potuto pensare che sarebbero state le facce di una medaglia fallata. Nella sua ingenuità aveva visto il sole rivolvere intorno a loro come faceva con la Terra e aveva creduto che per lui ci sarebbero stati momenti di oscurità, sì, ma anche di gloria.

Si era sbagliato.

I due lati della medaglia: a volte gli pare addirittura di non farne parte, di essere un piccolo insetto costretto a risalire su quei volti fusi e contrastare un movimento che lo lasciava sempre nell’ombra.

Si riscoprì ammantato d’una gloria tutta particolare, che più si confaceva a quei martiri di cui sentiva parlare dai racconti lontani: la gloria degli umili, di coloro che nulla desideravano se non l’altrui bene. Tuttavia lui non era un uomo virtuoso; avrebbe voluto essere consolato, compreso, ammirato. Desiderava da troppo tempo che un bagliore di comprensione accendesse gli occhi di Arthur, il suo signore, il suo scopo e ultima meta: sognava quel momento da mesi, se lo rigirava compiaciuto nella mente di notte. Anche adesso sentì il sorriso stirargli brevemente i muscoli del viso. Scosse il capo, contrito.

I due volti della medaglia, ricordava. Nessuno l’aveva avvisato, però, di quanto sarebbe stato terribile essere parte d’un unico elemento e contemporaneamente lacerato in due. Non aveva compreso quanto fossero unite quelle facce, ché nella sua mente erano perfettamente, nettamente distinte. C’era tuttavia una terribile soluzione di continuità tra un lato e l’altro, e Merlin questo non l’aveva capito se non quando Arthur aveva rischiato di morire per la prima volta.

“Una settimana fa, nella caverna, ti ho dato del saggio.” La sua voce, come sempre, era divina e sacrilega allo stesso tempo, una preghiera seguita da un’infamia, due istanti distinti che improvvisamente collidono. La comprensione e l’ignoranza, insieme. Nello stesso istante in cui rimuginava su questi pensieri aveva perso il momento per rispondere, così la voce del principe lo apostrofò un’altra volta.

“Mi chiedo quanto vero ci fosse – ci sia – in quella mia frase.”

È destino che la sua metà l’interroghi su questioni che lui non può svelargli: ha pensato, anche, di confessargli la verità una volta per tutte, ma ha subito abbandonato l’idea. Distrarrebbe Arthur dai suoi obiettivi e forse – forse – lo sconvolgerebbe troppo: lo porterebbe verso conclusioni affrettate e mal considerate. Forse porterebbe alla sua cacciata da Camelot, ma nemmeno lui ci crede troppo.

Due facce della medaglia: e non s’era mai visto un monile spezzato in due. Ma d’altra parte, nessuno gli aveva mai suggerito che a lui sarebbe toccata la metà vigliacca.

Si poggiò più comodamente sui bastioni di fredda pietra e godette della brezza. Al suo fianco, Arthur si mosse, spazientito.

“Merlin?” Lo stava incalzando per avere una risposta.

“A volte penso che dovrei essere io, a uccidervi.”

“Merlin…” Serpeggiò nella sua voce un sottile rimprovero, quasi a ricordargli quella linea che non avrebbe mai dovuto essere oltrepassata.

Due facce della medaglia: e lui si era guadagnato quella vigliacca e indegna.

Scrollò il capo nel riacquistare improvvisamente tutta la sua lucidità. “Così da non esser costretto a rincorrervi per ogni dove.”

Taque per alcuni istanti. “E salvarvi, in ogni dove. E pregarvi di non commettere sciocchezze, e spronarvi a farle, quando necessario.”

Lui, preghiera ed eresia. Aveva le mani così serrate sul muro che le dita, intorno alle unghie, erano divenute gialle. “Così da non dover correre per il castello cercando di abbattere… di abbattere degli ammennicoli.”

Arthur era livido: i denti serrati e il mento ben alto a sfidare il panorama che appariva a tratti, emergendo dall’oscurità. “Non hai mai distrutto la campana, Merlin.”

Il servo rise. “No, la campana no.”, ma quello era un segreto che lui e Lancelot si sarebbero portati nella tomba.

I due volti della medaglia: ed era naturale che essi rimanessero in silenzio, a conservare i propri trucchi sotto al mantello, oltre la casacca.

“Desidero rinchiudervi in quella stanza da tempo, come puntualmente il vostro venerabile padre cerca di fare, ma…” Chiuse la bocca, la riaprì.

“… ma morirei, nel sapervi recluso.”

Le due facce della medaglia: nessuno gli ha parlato di profezia, perché dunque non parlare di maledizione? Sta pensando troppo, parlando ancora di più.

“Adesso basta.” Taglio cortò Arthur, interrompendo il discorso. “Basta, Merlin.”

“Voi avete bisogno d’aria. Siete un animale, non sapete coniugare il pensiero se non associandolo ad un’azione, una cosa non esiste se contemporaneamente non è davanti ai vostri occhi…” Ecco perché per smettere di essere un vigliacco lui avrebbe dovuto tendere una mano davanti al suo principe e accenderla di quel fuoco che era il suo eterno tormento. “… ma quando vi si palesa di fronte non sapete analizzarla a mente fredda.”

Rabbrividì approfittando del silenzio umiliato del principe. “Ecco perché siete un asino, sire.” Poi faticosamente aggiunse: “Nella stessa maniera in cui io, invece, sono un drago.”

Un essere misterioso pieno di magia, pensò. Anch’esso, necessità e veleno. Bisogno e rinuncia.

Arthur era così paonazzo da non capire nulla, nemmeno quella timida verità che gli si era affacciata davanti al viso. “Merlin, tu non sei altro che un cane.”

“E neanche troppo fedele”, aggiunse subito dopo.

Merlin chiuse gli occhi.

Le due metà della medaglia: e lui non aspettava altro che qualcuno l’indossasse, per rinchiuderlo contro la stoffa del petto e lasciarlo per sempre dietro la scena, a dormire. Desiderava solo che Arthur diventasse un re, non importa quanto buono, per poter scappare ed essere libero.

Libero da quel bisogno che afferra le più nascoste pieghe del suo animo e lo trascina verso di lui: verso una faccia della medaglia che altri non è che una bestia.

Ma lui la ama. E non può. Davvero, semplicemente, dolorosamente, lui non può.

“Perdonatemi.” S’inchinò. “E’ il vino dei festeggiamenti.”

Sperò solo che bastasse come scusa: aveva smesso di festeggiare quando aveva saputo che Uther era ancora vivo e Morgana, invece, scomparsa.

Mentre il vento soffia, Merlin non desidera altro che buttarsi giù dai bastioni: pensa che tanto il balzo l’ha già fatto, ed è stato salvare Uther dalla furia di Arthur tempo prima.

Cadere sarà come volare sulla groppa del Drago?, si chiede. In cuor suo conosce già la risposta: quel cuore troppo pieno di un amore creato solo dalla magia d’una maledizione, e lui sa anche questo.

“Domani pulirai la mia stanza e lustrerai la mia armatura fino a che non potrò usarla come specchio.”

Due facce della stessa medaglia: lui può solo sperare che venga fusa al più presto.

 

 

 

 

 

 





Ho pensato ad un Merlin più infantile di quanto non venga dipinto nel telefilm: però forse, anche un poco più umano. Se sono andata OOC, comunque, fatemelo sapere, metterò immediatamente l’avviso tra le note.

Nel finale, Merlin non pensa veramente a buttarsi di sotto: il suo è un moto di esasperazione dettato dalla consapevolezza che quel legame che lo lega al principe è qualcosa di più rispetto alla semplice… fiducia, via.

Ho anche pensato che però questo legame potrebbe non venire dalle due persone quanto, più meschinamente, dalla profezia. Io personalmente sarei depressa, poi ditemi voi.

Io sono verbosa già di mio, qui penso di aver dato il meglio di me… perdonatemi. I tempi verbali sono alla rinfusa, lo so, ma li ho sparsi io così, volontariamente. Penso creino più disagio in chi legge, personalmente è una cosa che mi affascina.

Il terzo di Behave arriva, tranquilli.

Ross

   
 
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