Anime & Manga > Milly, un giorno dopo l'altro
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Autore: Melanto    10/12/2010    2 recensioni
[Sequel di "The last chance under the mistletoe" || Anime verse] - E fu lì, nel vederla avvolta nel bianco che si fondeva alla pelle e carezzava i capelli, che si rese conto d’esser innamorato davvero. In quella maniera cui è impossibile liberarsi o tornare indietro; un po’ com’era Edward: perdutamente perso per Milly.
Era innamorato della bambina custodita dietro al sorriso di donna e della donna forte, che proteggeva la bambina che era stata. Nel bianco, Vivian era una meravigliosa regina.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta per l’Xmas Tree Party di Fanworld.
Prompt utilizzato: Inverno, neve

Seconda storia per un nuovo prompt! *_*
Questa fic è il diretto seguito di “The last chance under the mistletoe”. XD non potevo lasciarli così, quei due!
Vediamo se Philip ce la farà a rubarle il famoso bacio sotto al vischio! ;P

Nel bianco


 

«Ah! Che meraviglia!»
Milly girava per l’enorme salone delle feste di Casa Marble messo a disposizione della San Patrick Academy. Da un paio d’anni, l’Accademia aveva preso ad organizzare la tradizionale Festa di Natale nelle più importanti case dell’aristocrazia inglese che, generosamente, s’offrivano di ospitare la serata danzante.
Quell’anno, Milly aveva ottenuto il permesso di averla nella sua adorata Casa Marble.
Il Visconte era rimasto un po’ perplesso alla richiesta della figlia più piccola, ma vedendola così entusiasta e presa, spalleggiata anche da Sarah, era stato praticamente impossibile dirle di no.
Ora, Milly continuava a piroettare per l’enorme salone come se stesse ballando meraviglioso valzer e in quel veloce ruotare tutti i colori e le sagome si fondevano in uno solo con migliaia di sfumature. I morbidi ricci biondi ballavano assieme a lei, che non smetteva di sorridere, affascinata e rapita, brillante.
Fili d’oro e d’argento si intrecciavano alle sommità delle altissime vetrate che affacciavano sul retro della villa. I rametti di vischio erano un po’ dappertutto, scendevano dalle pareti e dagli addobbi con eleganti fiocchi. I candelabri, avvolti da nastri rossi, erano posizionati strategicamente per poter illuminare la sala, una volta che le luci del lampadario principale sarebbero state spente. Nell’angolo, accanto a dove la piccola orchestra avrebbe suonato, c’era l’albero di Natale. Jill e Mark ci avevano messo tre giorni per addobbarlo tutto e Milly non si era risparmiata nemmeno per un attimo assieme a Robert e Brenda, mentre Tom aveva scelto il vischio e l’abete migliori, creando poi, assieme alla più piccola di casa Russell, dei bellissimi addobbi floreali. Quest’ultimi facevano da centrotavola, colorando di verde e spargendo un meraviglioso odore assieme alle leccornie preparate dalla cuoca. Era tutto perfetto.
«Vuoi fermarti un attimo?» Lara la richiamò all’ordine, portandosi le mani ai fianchi e gonfiando le guance.
Milly si bloccò di colpo, ma la stanza continuò a girare e girare senza sosta e lei si ritrovò a terra tra le risate delle sue amiche fidate.
«Oooh… gira tutto, gira…»
Lara si portò una mano al viso, scuotendo il capo.
«Milly non cambierà mai.» disse invece Dorothy, avvicinandola per aiutarla ad alzarsi. La giovane Lady si accodò alle loro risa, mentre Lara faceva notare che, ormai, mancava davvero pochissimo affinché arrivassero i primi ospiti e cioè il Preside, i signori del Consiglio Studentesco e il loro allenatore di Equitazione.
«Ma secondo voi, Jim si metterà il frac?» domandò Dorothy, mentre si avviavano tutte e tre al piano superiore per prepararsi a loro volta.
«Secondo me inventerà una scusa qualsiasi per presentarsi tutto in disordine come al solito, del tipo: ‘ho perso il rasoio’ o ‘non ricordavo più dove avevo messo il cravattino’!» Lara si portò una mano alla bocca, sghignazzando alacremente, mentre Milly, invece, sgranava gli occhioni nocciola.
«Ma dai?! Anche io voglio vederlo in frac, secondo me deve essere molto affascinante!»
«Sì, se cambia parrucchiere.»
«Lara! Smettila!» Dorothy le mollò una gomitata. Le loro risate si attutirono quando la porta della camera della giovane padrona di casa si richiuse alle loro spalle.
Era il momento di diventare delle vere Lady.

*
La coda dell’occhio di Philip era puntata sul profilo di Vivian e non riusciva a separarsene. Non poteva, fisicamente, guardare altro oltre lei.
Ogni tanto fingeva di interessarsi al panorama che scorreva fuori dal finestrino, ma lo sguardo tornava diligentemente sulla giovane dopo qualche secondo.
Quella sera era così bella da non sembrare nemmeno una creatura terrena.
L’ovale del viso era velato da un accenno studiato di trucco e le labbra colorate di rosso ciliegia. Era lucido al bagliore dei lampioni sotto cui passava la vettura.
I lunghi capelli neri erano stati tirati indietro in uno chignon elegante e severo, su cui era stata applicata una decorazione di fili rossi e bianchi intrecciati a formare un fiore. Quando l’aveva vista uscire di casa, stretta nel lungo cappotto bianco con solo lo strascico rosso dell’abito che spuntava a coprirle i piedi, era rimasto qualche minuto in totale silenzio e con la faccia meno intelligente che potesse fare. Cosa rara, visto che lui parlava sempre e aveva un savoirfaire che non lo tradiva mai, ma in quel momento, il savoirfaire di cui sopra aveva deciso di andare in vacanza lasciandolo con la bocca leggermente aperta. Era dovuta intervenire addirittura la stessa Vivian per tirarlo fuori dalla catatonia.
«La smetti di guardarmi così? Sembri un maniaco!»
Sempre delicata e gentile, ma aveva sortito l’effetto desiderato e lui s’era ripreso. Aveva rivolto un saluto ai sorridenti genitori della giovane che, lo si era capito dalle loro espressioni, erano felicissimi che andasse alla Festa di Natale con lui. E si erano rintanati dentro l’auto della famiglia Anderson che li avrebbe accompagnati a Casa Marble.
Da quando erano partiti non si erano detti ancora una parola.
Vivian sembrava più interessata alla strada, il viso girato verso il finestrino e le mani, compostamente raccolte in grembo, erano coperte da guanti bianchi. Mentre lui… lui restava lì, a fissarla di nascosto e a pensare che fosse bellissima.
«Lo stai facendo di nuovo»
Quella frase arrivò improvvisa e lui si riscosse, fingendo di stare pensando ad altro.
«Eh? Cosa?»
«Mi stai ancora guardando.»
Philip si interrogò sulla sua vista di falco o se non avesse qualche specchietto posizionato in modo tale da scoprirlo. Lei si volse, la luminosità soffusa dell’esterno non permetteva di vedere chiaramente il colore della sua pelle.
«Sei molesto.» disse, ma stava sorridendo.
Lui si rilassò un po’, inarcando un sopracciglio. «Dedico sempre tutte le mie attenzioni alla dama cui faccio da cavaliere.» poi si volse a fissare l’esterno, per nascondere il leggero imbarazzo. «Inoltre… sei veramente bella stasera.»
Vivian arrossì, girandosi anche lei. Gli orecchini di perla tintinnarono nel gesto un po’ brusco. «Grazie.» disse ed anche se il tono era stato mantenuto molto formale, sul viso le si dipinse un’espressione felice.
Quando varcarono i cancelli di Casa Marble, luminosa come una piccola stella, iniziavano a scendere i primi fiocchi di neve. Nei giorni precedenti aveva nevicato copiosamente, coprendo ogni cosa con un manto morbido e freddo.
L’autista fece per scendere, quando Philip lo fermò.
«Lascia, Joshua. Faccio io.»
Voleva essere cavaliere fino in fondo, così scese dalla lunga e lucida berlina nera per andare ad aprire la portiera della sua accompagnatrice.
«Prego.» si esibì in un elegante inchino, porgendole la mano per aiutarla e a Vivian sfuggì una risatina sottile. Il maggiordomo Robert li stava aspettando sull’uscio, con espressione sorridente e cordiale. Si fece da parte, invitandoli ad entrare.
«Benarrivati. Entrate pure, gli invitati sono tutti nel salone centrale.»
Una cameriera più giovane, ma dallo stesso sorriso piacevole ed educato, si avvicinò per prendere i loro cappotti. Fu in quel momento che Philip assunse nuovamente la stessa espressione che aveva avuto davanti casa di Vivian. Il savoirfaire di nuovo dileguato, assieme alle sue parole.
Lei gli stava mostrando come il tempo stesse passando, come l’adolescenza stesse per tramontare dietro gli ultimi anni, rivelandogli la farfalla che si liberava del guscio di crisalide, la ragazza che diveniva donna. E nel nero dei suoi capelli ed il rosso del suo abito, la pelle di Vivian era bianca come la neve che ricopriva Londra.
Gli occhi di Philip la carezzarono adagio seguendo la linea scoperta del collo e lungo le spalle, arrossendo visibilmente quando indugiò sulla promessa del seno tremendamente invitante, e poi scivolò via sui fianchi stretti dalla seta che si apriva morbida fino a nasconderle la punta delle scarpe.
«Sei di nuovo molesto.»
La voce di Vivian lo fece arrossire marcatamente, questa volta, e non riuscì a nasconderlo o, semplicemente, non volle.
A lei venne da ridere, ma quando gli occhi di Philip tornarono a fermarsi nei suoi, le goti chiare assunsero una forte sfumatura vermiglia.
«Sì, forse sì…» ma non riusciva davvero a fare altrimenti. Immaginò gli sguardi di tutti posarsi su di lei una volta varcata la soglia del salone e se ne sentì geloso; lui, che geloso non era stato mai. L’avrebbe tenuta sempre stretta al suo braccio e a chiunque avesse anche solo provato a chiederle un ballo avrebbe rivolto le sue iridi azzurre che sapevano mostrare la violenza delle onde di burrasca, quando volevano, divorandolo senza pietà.
Philip si riscosse.
«Perdonami.» disse, porgendole cavallerescamente la mano. «Vogliamo andare?»
Appena Vivian poggiò le dita nel suo palmo, le sentì che venivano strette con decisione e sicurezza, una presa che sembrava quasi dire: ‘Non le lascerò andare fino alla fine della serata’.
Philip si stava rivelando diverso da ciò che solitamente mostrava di sé. In quel momento, mentre stavano camminando verso il salone, scrutando il suo profilo puntato fermamente in avanti, Vivian vi scorse la stessa determinazione di quando affrontava una gara. Era solo quella l’unica occasione in cui non vi era traccia di alcuna ironia o continua voglia di scherzare e prendere in giro le persone che aveva intorno. Lo aveva sempre trovato affascinante in quelle situazioni, in quella serietà che sembrava essere indistruttibile. Ora, che i capelli erano stati domati e tirati indietro ed il frac aveva sostituito la più casual divisa scolastica, le sembrò ancora più bello. Ed il destino era strano, a modo suo, perché non aveva mai pensato che il suo ultimo ballo lo avrebbe passato proprio con Philip. Ingenuamente, fino a poco tempo prima si era vista ancora persa dietro all’amore impossibile per Edward. Non credeva che, di quest’ultimo, avrebbe solo serbato un bel ricordo senza rancore o rammarico. Mentre la mano che stava stringendo in quel preciso istante… aveva tutt’altro significato. Lo sentiva in ogni lembo di pelle e nello strano desiderio di non volersene separare. Quella sera sapeva che non avrebbe ballato con nessun altro.
Presa da quella corrente piacevole, Vivian si lasciò guidare fino alle porte aperte del salone, da cui la musica e l’animato chiacchierio divenivano sempre più forti. D’improvviso, come se l’avessero deciso insieme si fermarono a pochi passi dall’ingresso, per poter rubare un attimo ancora lontano dagli sguardi altrui.
«E’ la nostra ultima Festa di Natale.» Vivian diede corpo a quel pensiero comune, le rispettive iridi azzurre fuse; acque di fiume sfociate nel mare. Sulle labbra di Philip, la stessa piega un po’ malinconica di lei.
«Sarà il migliore.»
Ed avanzarono.
Il calore delle luci, degli addobbi natalizi, delle persone presenti li avvolsero come un abbraccio in cui si immersero mostrando il loro sorriso più solare. Gli sguardi si puntarono su di loro, sulla loro eleganza e su come fossero, senza alcun dubbio, una bellissima coppia.
Il primo ad andargli incontro fu proprio Edward. Era lì probabilmente da prima che la festa cominciasse, e Philip, nonostante la forte amicizia che nutriva verso di lui, sentì la gelosia serrare la corda attorno alle sue viscere. Era lo scoglio più grande, superato lui, il resto non l’avrebbe mai potuto impensierire.
Istintivamente, strinse le dita di Vivian un po’ di più e lei se ne accorse.
«Philip!» chiamò il Conte di Brighton, con entusiasmo, e poi fece un’espressione davvero colpita. «…e, accidenti, Vivian! Sei… sei…»
La giovane sollevò altezzosamente il mento, esibendo un sorriso divertito. La mano inguantata venne alzata affinché lui potesse farle un elegante baciamano, ma non si sognò nemmeno per un attimo di lasciare quella di Philip.
«Per una volta sono riuscita a lasciarti senza parole.» disse, prendendolo in giro. «Quale onore.»
Rise anche Edward, mentre Philip si concedeva finalmente di respirare.
«Sei veramente uno schianto, stasera. Phil, occhi aperti: potrebbero provare a soffiartela da sotto al naso!»
L’altro sorrise con aria di sfida. «Se vogliono tornare a casa con qualcosa di rotto, devono solo provarci.»
«Piantatela di fare i galletti.» rise la giovane, quando scorse Phyllis e Mathilda, poco lontano, gesticolare animatamente affinché le raggiungesse.
Per un attimo fu tentata di trascinare Philip con sé o di ignorarle pur di non lasciare la sua mano, ma alla fine si dette della sciocca: erano tutti e due lì, non sarebbe scomparso appena avesse girato un attimo gli occhi.
«Perdonatemi un momento.» s’allontanò di qualche passo, ma gli occhi del suo accompagnatore si legarono ai suoi con un filo di apprensione che lei dovette come rassicurare. «Torno subito.» specificò infatti, prima di lasciare la sua mano. Il rosso dell’abito, che la rendeva una rosa scarlatta, ondeggiò ad ogni movimento fino a che non raggiunse le due amiche di sempre.
Gli occhi di Philip la scortarono lungo tutto il breve tragitto.
«E così, alla fine sei venuto allo scoperto anche tu.»
La voce di Edward tornò ad attirarsi la sua attenzione. Sorrideva con una punta di complicità. Ambedue avevano sofferto per degli amori che sembrano non destinati a venir corrisposti, ma lo stesso destino aveva cambiato le carte in tavola quando meno avevano creduto.
Anche lui sorrise. «E’ il nostro ultimo anno, non potevo lasciarmelo sfuggire.»
«Hai fatto bene, ma non farti mettere sotto da Vivian. Lei è una tosta.»
«Eccome se lo so, per questo mi piace. Ma tu? Dov’è la tua piccola Lady?» lo punzecchiò come solitamente avveniva tra loro.
Edward rivolse un’occhiata alla lunga scalinata che portava ai piani superiori. Un sorriso finalmente sereno gli distese le labbra.
«E’ ancora nascosta nella sua camera.»
«Dovresti andare a prenderla, non credi sia ora che la padrona di casa si faccia vedere?»
Il Conte di Brighton affondò una mano nei ricci morbidi, esibendo un sorriso imbarazzato. «Hai ragione, dovrei proprio. Se vuoi scusarmi.» e con passo svelto abbandonò il salone per scomparire lungo la scalinata. Anche se, nel suo intimo, era stato geloso dell’interesse che Vivian aveva nutrito per lui – poteva finalmente parlare al passato – era felice che le cose, anche per il giovane Conte, fossero andate nel giusto verso. Se lo meritava, aveva perseverato senza arrendersi, anche quando tutto sembrava contro. Un po’ come lui. Doveva essere il Karma, come sentiva dire spesso.
Con un sorriso si volse a cercare la sua dama e quando notò che Mary Wibberley le si stava facendo dappresso, rabbrividì e pensò alle scintille che sarebbero volate.

«Capitano!» Phyllis sembrava quasi più eccitata di lei. «Non ci avevi detto che saresti venuta con Philip!»
Mathilda si portò una mano al viso, emettendo un profondo sospiro. «Vi stavano guardando tutti, sembrate la coppia perfetta.»
Vivian arrossì. Non che le dispiacesse, ma doveva pur mantenere il piglio autoritario; non era più una ragazzina, ormai.
«Non esagerate.»
«Ma è vero!» Phyllis si sistemò gli occhiali. «Ho sentito più di una persona che lo diceva. E poi… non ricordavo che Philip fosse così affascinante.»
«Cosa non sono in grado di fare un frac e due occhi azzurri.»
La voce di Mary risultò stridente e fastidiosa, tanto che Vivian non fece nulla per nascondere l’astio nell’occhiataccia che le lanciò. La viziata figlia della Baronessa, ancora iscritta alla San Patrick Academy, era aggrappata al braccio di un giovane dalla faccia espressiva quanto un muro di mattoni.
«Peccato non aiutino anche con le buone maniere, non mi sembra che il Capitano del Club maschile di Equitazione ne abbia molte, sempre a correr dietro a qualche sottana. Attenta, Vivian-cara, non vorrei che tu fossi solo un numero in più da aggiungere alla sua lista.»
Il primo istinto fu di infilzarla con quell’orribile piuma di pavone che le spuntava dall’acconciatura, ma la giovane si trattenne. Non per altro, ma l’idea di rovinarsi il vestito preso alla boutique non le piaceva affatto. Così, l’affrontò usando la sua stessa moneta, in fondo, la lingua tagliente non le era mai mancata.
«Oh, non preoccuparti, a dire il vero non mi dispiace essere su questa famosa lista, visto che vi sono annoverate le ragazze più belle dell’aristocrazia londinese.» ironicamente le strizzò l’occhio. «Vanità femminile, credo, qualcosa che tu conosci molto bene. Ma se non sbaglio il tuo nome non c’è. Chissà come mai.»
Le due allieve del Club fecero un enorme sforzo per non ridere, mentre il viso di Mary diveniva dello stesso, verde colore dell’abito che stava indossando.
Con stizza girò il viso di lato, allontanandosi con passo collerico e trascinando il manichino vivente con sé.
«Sayonara, serpe.» ridacchiò Vivian, appena l’altra fu abbastanza distante, imitata dalle sue amiche.
L’attimo dopo, sentì una mano cingerle il fianco con troppa confidenza, ma in quel tocco riconobbe una decisione a lei familiare e non protestò, però arrossì.
«Vivian 1 – Mary 0?» ipotizzò la voce di Philip e Phyllis mise una mano accanto alla bocca, come a volergli rivelare un segreto.
«Che ti sei perso. Il Capitano le ha fatto abbassare la cresta.»
Lui le scoccò un’occhiata divertita e le strizzò l’occhio. «Non poteva essere altrimenti. Ho visto come schiumava rabbia e a breve ne schiumerà ancora di più.»
«E perché?» domandò Vivian, poi si guardò intorno. «Dov’è finito il Prode Cavaliere?»
«E’ andato a prendere la Bella Principessina.»
Tutto le fu improvvisamente più chiaro e non trattenne un’altra risatina perfida.
Oh, sì. Non sarebbe stata per nulla una serata memorabile per Mary.

*

Appena mise piede nel corridoio che portava alle camere, Edward venne quasi travolto da due ridenti Lara e Dorothy che si fermarono ad un passo dal finirgli addosso.
«Ehi! Quanta fretta!» rise lui e le giovani ridacchiarono, nascondendo le labbra dietro alle mani.
«Se cerchi Milly è ancora in camera!» confessò Lara, rivolgendogli uno sguardo ironico. «Dille di sbrigarsi, si è fatto tardi! Siamo sempre le ultime!»
Il Conte scosse il capo, divertito. «Sì, ci penso io. Vi raggiungiamo subito.» e le superò, mentre le ragazze si scambiarono un’occhiata emozionata e complice. Loro avevano già una mezza idea sulla faccia che Edward avrebbe fatto non appena si fosse ritrovato Milly davanti, ma la tennero per sé, continuando a sorridere e scomparendo verso le scale.
Edward avanzò lungo l’andito con passo sicuro. Conosceva la sua camera da quando erano piccoli, quindi sapeva dove andare, e una volta arrivato di fronte alla porta si fermò. Inspirò a fondo, dandosi una rapida sistemata alla giacca del frac e al farfallino, prima di sollevare le nocche per bussare. Ma non fece nemmeno in tempo a toccare il legno che l’uscio si aprì all’improvviso ed una marea di riccioli biondi lo investì.
«Ragazze arrivo! Sono pronta! Aspettatemi!»
E quando si trovò di fronte lo sguardo sorpreso di Edward, i cui occhi erano pieni di lei, arrossì, assumendo una postura più composta e abbassando lo sguardo.
«Oh! Scusa!»
Gli parve stupenda. Così bella che non seppe che dire, sulle prime, e rimase ad osservare quella nuvola di biondi capelli che le ricadeva libera sulle spalle coperte dal tessuto trasparente dell’abito, di un tenue color pesca.
Milly sembrò a disagio nel sentirsi così osservata da lui, senza che dicesse nulla. Intrecciò le dita avvolte in corti guanti trasparenti come il tessuto che copriva le spalle, ma bronzo come i piccoli decori che scendevano lungo il vestito.
«Sto male?» domandò ad un tratto, temendo la sua risposta, ma il ragazzo scosse il capo lentamente, lasciando che finalmente un sorriso distendesse le sue labbra.
Fece un profondo inchino e le porse la mano.
«Vorrai scherzare? Sei una meraviglia.»
Lei si sentì un po’ sollevata e in imbarazzo al contempo. Edward sapeva sempre come farla arrossire. Lasciò che gli stringesse le dita e se le portasse alle labbra, baciandone il dorso e la punta. Gli occhi intrappolati nei suoi, che era così minuta e graziosa da sembrare una bambola delicata e preziosa.
«Vogliamo andare, mia principessa?» domandò, strizzandole l’occhio con complicità e lei annuì prontamente e con vigore.
«Manchiamo solo noi?» Milly lo ipotizzò con un sorriso un po’ imbarazzato. Come sempre ci aveva messo un’infinità a prepararsi, ma la colpa era anche Dorothy e Lara che le erano state intorno per tutto il tempo, curandola affinché risultasse perfetta. Chiuse la porta della camera alle sue spalle e prese ad avanzare nel largo corridoio assieme al suo cavaliere, che non trattenne una risata.
«A quanto pare sì.»
Lei sospirò, non c’era verso di esser puntuali per una volta, ma ormai non era più importante, ciò che contava era che gli invitati si divertissero e fossero tutti felici, per quella sera, come augurio di felicità futura.
Quando raggiunsero la sommità della scalinata, il cuore le batté forte nel vedere il salone di Casa Marble così pieno e vivo. E tutti quegli sguardi che si puntarono d’improvviso su di lei la intimorirono un po’, tanto che strinse le dita di Edward per cercare il suo sostegno. Quest’ultimo non glielo negò, non l’avrebbe mai fatto, ma si avvicinò al suo orecchio.
«Andiamo.» sussurrò ed iniziarono a scendere le scale tra gli applausi degli invitati che si complimentarono con lei per la bellissima festa, l’organizzazione e l’accoglienza.
Mescolati agli altri, Vivian sorrise con piacere nel riconoscere quanto quei due stessero bene insieme e fu felice per loro, ma il sorriso le divenne trionfante, quando scorse Mary morire di rabbia per quelle attenzioni e quegli sguardi ammirati, sinceri, che lei non avrebbe mai avuto. La sua risatina, venata d’una nota perfida, attirò lo sguardo di Philip.
«Hai visto qualcosa di divertente?»
«Oh, sì. Non c’è nulla di più divertente di Mary, stasera. Che le sia di lezione, anche se sappiamo tutti che non imparerà mai.»
Rise anche il rampollo della famiglia Anderson, pensando che mai parole sarebbero state più vere.
«Capitano! Philip!»
La voce squillante di Milly li raggiunse raggiante ed entusiasta come al solito. I due la videro portarsi le mani al viso, ammirata.
«Vivian, sei stupenda!»
Quella sincerità disarmante fece arrossire l’interpellata, che girò lo sguardo con evidente imbarazzo.
«Ti ringrazio…»
Philip intervenne in suo soccorso, mettendo in mostra il suo savoirfaire. «Ma anche tu sei uno splendore, Lady Milly.»
Lei rise, agitando una mano. «Philip! Non dirmi così, altrimenti divento tutta rossa!»
E quella sua spontaneità li fece ridere divertiti, mentre la voce del Preside invitava tutti ad occupare la pista perché la serata danzante stava per iniziare.
Edward, cavallerescamente, invitò Milly che accettò con un piccolo inchino, allontanandosi poi sottobraccio.
«E allora, milady
Vivian si volse ad incontrare lo sguardo di Philip, che l’osservava sorridente.
«Me lo concedete questo ballo?»
Lei ricambiò il suo sorriso, accennando educatamente col capo.
«Con piacere, milord
E non sarebbe stato l’unico che avrebbero ballato insieme, ma questo non glielo disse.

*

Le luci del grande lampadario di cristallo vennero spente nel momento in cui si aprirono le danze.
Gli invitati riempirono la pista, volteggiando alle note del valzer, e qualcuno ridacchiò nel vedere il Preside invitare galantemente la Contessa Montgomery, ma nessuno fiatò quando s’accorsero che non era affatto male come ballerino, nonostante la sua figura rotonda. Dal canto suo, Jim sembrava non volerne proprio sapere di buttarsi nella mischia, refrattario com’era all’etichetta; i più maligni sospettarono che non sapesse ballare.
Isolati da qualsiasi parola, invece, Vivian e Philip si muovevano sulla pista come se non ci fosse stato nessun altro attorno a loro.
«Come sono belli.» sospirò Milly, mentre Edward la faceva volteggiare in una elegante piroetta. «Non sapevo che a Philip piacesse il Capitano.»
Il Conte di Brighton immaginò che la sua fantasia si fosse già perduta in sogni romantici e, dal sorriso che aveva, capì d’esser nel giusto.
«E noi non siamo altrettanto belli?»
La ragazza gli rivolse i suoi occhioni con perplessità. Il sorriso caldo di Edward la fece arrossire e lei tentò di nasconderlo nell’ondeggiare dei folti capelli biondi.
«Certo che sì.»
Di fronte al suo imbarazzo, Edward la fece volteggiare con rinnovato trasporto, strappandole una leggera risata e, anche se al chiuso, all’interno della villa e con fuori l’oscurità della sera e il gelo della neve, gli sembrò di stringere quel meraviglioso raggio di sole che lo aveva incantato fin dalla prima volta che l’aveva visto.
Pochi istanti dopo, la musica terminò ed i ballerini applaudirono i propri partner e l’orchestra, che attaccò con un’altra melodia.
Nuove coppie presero posto al centro della pista, mentre le altre si avvicinarono ai tavoli imbanditi, assaggiando gli ottimi stuzzichini preparati dalla cuoca o sorseggiando del punch leggero.
Milly ed Edward avevano raggiunto le inseparabili amiche della giovane Russell e subito Dorothy le prese una mano, continuando a guardarsi attorno.
«La festa si direbbe un vero successone, si stanno divertendo tutti!»
Accanto a lei, Lara si portò le mani ai fianchi con evidente soddisfazione. «Tutti tranne Mary, direi.»
Milly sgranò gli occhi, dispiaciuta. «Mary? E perché?»
«Beh, è da quando sei scesa dalla scalinata che ha quella faccia ingrugnata. È ancora più brutta del solito.» ridacchiò, divertita.
Milly scorse la giovane con i capelli rossi seduta in un angolo a stritolare un fazzolettino tra i denti.
«Oh! Forse dovrei andare a parlarle…»
«Ma sei scema?!» Lara la tirò per un braccio guardandola con tanto d’occhi. «Lasciala rotolare nella sua acredine! Male non le farà.»
«Ma mi dispiace vederla così, in fondo, Mary non è cattiva…»
«Nooooo, figurarsi.» risposero in coro le due amiche, mentre Edward sospirava.
«Rassegnatevi, ragazze. Con lei c’è poco da fare.»
Milly mosse lo sguardo tra di loro, inclinando leggermente il capo. «In che senso?» certe cose non riusciva proprio a capirle. Poi, qualcos’altro attirò la sua attenzione e corse all’ampia vetrata, le mani poggiate sulle lastre trasparenti e l’espressione genuinamente felice. «Edward! Guarda come nevica! Non è bellissimo?»
Fuori, i fiocchi cadevano copiosi e lenti. Anche loro sembravano danzare mentre si posavano al suolo, delicati.
Il Conte di Brighton le si fermò accanto osservando assieme il paesaggio notturno.
«E’ un Natale stupendo…»
Milly lo disse con quell’aria un po’ trasognante che lui conosceva fin da bambino e che gli caricò il sorriso d’amore e dolcezza.
«Sì, forse lo è davvero più speciale degli altri.» convenne, mentre lei si voltava ad osservare il suo sguardo intenso, ricambiando il suo sorriso. Poi, s’accorse che non erano i soli ad essere rimasti incantati dalla magia della neve e la sua espressione si fece ancora più raggiante.
«Vedere la felicità in chi mi circonda…» disse infine, tornando ad osservare il lento valzer dei fiocchi. Nella sua mente scorsero, come un vecchio film, le immagini di tutto quello che negli anni era accaduto e, alcune volte, ancora non ci credeva d’esser di nuovo a Casa Marble. La sua casa. «…è il più bel regalo per me.»
E quando Edward le posò un delicato bacio tra i capelli, socchiuse gli occhi.
Per una volta era davvero tutto come avrebbe sempre dovuto essere.

*

Quando la musica si era interrotta, Philip si era profuso in un elegante inchino per omaggiare la sua ballerina e Vivian aveva sorriso. Si era poi mosso per accompagnarla ad un tavolo a prendere da bere, quando le dita di lei l’avevano trattenuto. Il suo sguardo perduto alle vetrate del balcone.
Vivian aveva iniziato a camminare, trascinandolo con sé e lui non si era opposto, ma aveva sorriso nel vederla così rapita.
Solo ora, quando furono prossimi alla vetrata, la giovane lasciò la sua mano, osservando l’esterno con un sorriso estasiato.
«Credo che senza la neve il Natale non sarebbe mai lo stesso.»
Philip piegò le labbra con ironia. «Ne ha fatta così tanta quest’anno, che mi domando come tu non te ne sia ancora stufata.»
«Potrebbe nevicare anche tutto l’anno, non credo me ne stancherei.» Vivian aprì il balcone di uno spiraglio. Il dolce odore di neve filtrò all’interno. «Mi ricorda di quando ero piccola. La governante mi faceva indossare degli abiti pesantissimi prima di uscire.» non vista, scivolò all’esterno, tenendo sollevata l’ampia gonna affinché non si bagnasse troppo.
«Vivian!» Philip non riuscì a trattenerla e rimase fermo sull’uscio, ad osservarla avanzare col viso rivolto al cielo. I fiocchi le adornarono il capo e puntellarono le spalle come fossero batuffoli d’ovatta. «Rischi di infreddolirti, rientra.»
«Invece, tu dovresti uscire.» la giovane gli rivolse un sorriso aperto e felice; il guanto bianco sollevato al cielo per lasciare alla neve il piacere di posarsi nel palmo. «Quando nevica, non fa poi così freddo.»
E fu lì, nel vederla avvolta nel bianco che si fondeva alla pelle e carezzava i capelli, che si rese conto d’esser innamorato davvero. In quella maniera cui è impossibile liberarsi o tornare indietro; un po’ com’era Edward: perdutamente perso per Milly.
Era innamorato della bambina custodita dietro al sorriso di donna e della donna forte, che proteggeva la bambina che era stata. Nel bianco, Vivian era una meravigliosa regina.
«Forza, vieni dentro.» Philip allungò una mano verso di lei che la raggiunse, prendendola nella propria. Svelta tornò a farsi avvolgere dal calore del salone, chiudendo la neve dietro di sé. Un leggero brivido le cavalcò la pelle al cambio di temperatura, mentre Philip le toglieva qualche fiocco dalle spalle e lei lasciava andare la gonna; l’orlo leggermente bagnato.
«Hai visto? Hai preso freddo…» fece notare il giovane toccandole la pelle, ma lei rise.
«Sono stata fuori solo pochi momenti, non essere esagerare.»
Lui sbuffò. «Che testarda.»
Rimasero ad osservare quello scenario fiabesco ancora per un po’. La mano di Philip nuovamente attorno alla vita di Vivian, per tenerla più stretta a sé, e in quell’attimo in cui ogni cosa sembrava perfetta, lui sperò che il tempo si fermasse, che quel Natale rimanesse per sempre, che la neve non si sciogliesse mai.
Non fu accontentato.
«Hai già deciso cosa farai dopo il college?»
Quella domanda lo gelò sul posto, come se non avesse mai voluto che gli venisse posta, soprattutto da lei: la risposta avrebbe finito col rovinare ogni cosa. Ma Philip non poteva sapere da quanto Vivian avesse voluto rivolgergliela, ma aveva sempre lasciato che le occasioni per introdurre l’argomento passassero oltre. Ora, che le cose tra loro stavano cambiando, aspettare ancora sarebbe stato solo peggio. Anche perché, Vivian la risposta la conosceva già.
Philip inspirò a fondo e lei colse una strana preoccupazione. «Andrò ad Harvard. Mio padre dice che laurearsi lì è una tradizione di famiglia.»
«Sì, mi ricordo. Come tuo nonno.» la scelta non era cambiata, nonostante in cuor suo l’avesse sperato.
«E tu? Che farai?»
Vivian seguitò ad osservare il cadere della neve. «Cambridge. Resto in Inghilterra.»
Philip tentò di sdrammatizzare. «Beh, anche Harvard è a Cambridge, è come se andassimo alla stessa Università.»
Sorrise anche lei pur senza voltarsi. «Peccato ci sia un oceano di mezzo.»
Il giovane la strinse di più, come se sentisse che avesse potuto perderla all’improvviso. La magia di quella sera destinata a rimanere tale e trasformarsi in ricordo; gli risultò insopportabile. Poi, la rabbia nei suoi occhi sembrò acquietarsi quando sentì le dita di Vivian poggiarsi sulla mano con cui l’avvolgeva, carezzarla e intrecciarsi alle sue, di dita.
Le sopracciglia di Philip si aggrottarono mentre lo sguardo si fermava sul suo profilo, carpendo un’espressione crucciata al pari della sua. Sentì l’irrefrenabile impulso di dire qualcosa, di rassicurarla.
«Si tratta solo di pochi anni e poi-»
«E poi?»
Finalmente, Vivian gli concesse i suoi occhi. Brillavano al bagliore delle candele, attendevano che lui finisse quella frase, quasi con ansia. Il desiderio di sentirsi dire qualcosa, in particolare. E quello sguardo, quell’attesa, quella speranza gli fecero battere il cuore più forte.
«E poi… tornerò in Inghilterra.»
Lei sorrise, l’aspettativa nei suoi occhi leggermente smorzata. Fece per girarsi di nuovo verso il vetro, quando le dita di Philip corsero al suo viso, le sfiorarono il mento, convincendola delicatamente a regalargli ancora il suo sguardo. Il suo tocco era caldo e gentile.
«Mi aspetterai?»
Di nuovo, più viva, come la fiamma ardente in un camino, l’attesa nelle sue iridi si sciolse in ciò che a lui parve essere gioia, luminosa come una stella, come la luce che si rifletteva sulla neve. La strinse di più, ancora di più, tanto che Vivian gli poggiò una mano sul petto e lui poteva sentire la stoffa rossa urtargli contro le gambe, il calore del suo corpo così vicino da attraversare i vestiti.
Lei sorrise e gli sembrò che ogni cosa scomparisse attorno a loro, come era stato mentre ballavano, sospesi nella melodia di violini.
«Tu l’hai fatto per tutti questi anni. Adesso tocca a me.»
Così, Vivian, la sua bellissima Vivian, gli aveva detto ancora una volta sì e quando le sollevò il mento, avvicinandosi al suo viso, fu un altro sì che ricevette ma senza parole; bastò il tocco con le sue labbra, rosse come una ciliegia, morbide come velluto.
E nel bianco del vischio occhieggiante sopra di loro, non visto, nel bianco della neve oltre il vetro, nel bianco della sua pelle ebbe la certezza d’averla per sempre. Sua.

 

Fine

 

 

   
 
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