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Autore: _Nishitzu_    10/12/2010    1 recensioni
Una favola antica, che narra di qualcuno che non potrà mai più ottenere il perdono per i suoi peccati...Qualcuno che pur di salvare se stesso ha condannato la persona che più amava al mondo...Qualcuno che è stato privato di ciò che amava e della possibilità di scegliere.
Questa storia non si ricorda più, non si conosce più la sua trama.
Scritta per un concorso scolastico, il prodotto non dovrebbe superare le tre facciate solo fronte, ma a me è venuta così.
leggete e recensite, grazie ^^
Genere: Drammatico, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In terre lontane, persa fra le pieghe del mantello del tempo, sepolta con antiche tribù, giace un antica leggenda di cui più nessuno rammenta la trama

In terre lontane, persa fra le pieghe del mantello del tempo, sepolta con antiche tribù, giace un antica leggenda di cui più nessuno rammenta la trama.

Essa narra di uno spirito senza pace, che dimora in una landa desolata, confinato in un sontuoso ma abbandonato castello, dove passa le sue giornate sfilando per le stanze vuote e impolverate, senza mai trovare consolazione.

Quella che vado a raccontarvi è la sua storia, la triste storia di colei che divenne egoista, di colei che venne privata dell'amore, di colei la cui esistenza venne prima negata e poi rifiutata...

Tanto tempo fa, in un reame di cui più nessuno ricorda il nome, viveva una principessa di nome Ankara, la quale passava felicemente le sue giornate tra i tè con le amiche e i pomeriggi passati con la sorella e il fratello maggiori.

Ella non aveva nulla che la rendesse infelice, poiché aveva tutto quello che poteva desiderare: una bella casa, tanti amici, un'affettuosa famiglia e un ragazzo che la amava alla follia; per di più Ankara era anche una ragazza dolcissima e bellissima e tutti le volevano bene.

Accadde però, che proprio a causa della sua bellezza, il re suo padre divenne geloso, e non le permise più di uscire di casa.

La giovane non riuscì a capire il motivo della scelta del padre, e quando provò a domandare, l'uomo si adirò e la cacciò con male parole.

Ankara pianse, ma poiché non voleva deludere o dare dispiacere al proprio genitore, si rassegnò a starsene rinchiusa nelle sue stanze, dove le sue amiche e il ragazzo che amava potevano comunque andarla a trovare.

Successe però, che un giorno, una guardia della scorta del principe suo fidanzato tentò di rapirla, per poterla usare come arma di ricatto contro il sovrano, al quale avrebbe chiesto denaro e potere; il piano fallì, ma la paranoia del re salì a livelli inimmaginabili, e questo si ripercosse sulla povera ragazza e sul suo fidanzato, che accusato di alto tradimento, fu giustiziato.

Ankara era disperata; la sua vita, da piacevole com'era, diventò un inferno: fu segregata a palazzo, non le fu più permesso di intrattenere rapporti con nessuno e persino sua sorella e suo fratello potevano vederla di rado.

Rinchiusa nella sua torre, intanto, Ankara appassiva.

Più passava il tempo e più lei perdeva interesse per il prossimo, che l'aveva così duramente delusa, e la per la vita, che ora le sembrava così buia e squallida.

Pian piano, la principessa iniziò a pensare solo a se stessa, poiché pensava che nel mondo, chi faceva da se faceva molto meglio, perché nessuno guardava in faccia gli altri, ci si passava uno sopra all'altro, schiacciandosi per ottenere fama, denaro e potere.

Dopo due anni, il sovrano permise alla figlia di uscire dalla sua prigione, dato che aveva scelto per lei un nuovo sposo; ma nel tempo che era passato, la sua bella figliola era cambiata.

Ankara era diventata quasi irriconoscibile: sempre bellissima, con i suoi capelli d'oro e gli occhi come il cielo d'estate, ma senza più alcun sentimento.

Dentro di lei qualcosa si era spezzato, e non si sarebbe mai più aggiustato.

Il suo dolore occupava ogni suo pensiero, e si proiettava sugli altri: dispetti, botte, punizioni corporali ai servi, insulti pesanti e scherzi violenti agli amici ed ai parenti; sembrava che fosse solo lei a soffrire e voleva che tutti fossero infelici.

La gente che prima l'amava iniziò lentamente a detestarla e poi ad odiarla.

Questo però ad Ankara non importava, non più.

Raggomitolata dentro se stessa, non si fidava più nemmeno dei suoi familiari più stretti, e quasi uccise il fratello maggiore, sabotando la sua partita di caccia, quando lui le presentò la sua futura cognata con cui era felicissimo; ma non era solo questo, nella vita della principessa mancava la luce, mancava il sentimento.

La situazione andò avanti per un po', finché non successe che, ad una festa, la ragazza conobbe Caleb, il secondogenito del re del reame vicino.

Caleb era tutto quello che lei desiderava: alto, dai capelli neri come l'ala di un corvo e dagli occhi verdi come le ombrose e fresche foreste delle montagne, assomigliava davvero molto a colui che lei aveva perduto.

Il principe era stato gentilissimo con lei, e l'aveva trattata con dolcezza nonostante il suo comportamento menefreghista e acido; inoltre, egli possedeva anche una mente brillante ed era davvero piacevole parlare con lui di argomenti che Ankara non aveva mai toccato con nessuno.

Una delle passioni della nostra principessa era la lettura, ad esempio, ed in particolare la poesia; nessuno però nel suo regno era abbastanza istruito da poterla commentare, e perciò la giovane aveva sempre fatto la voglia di qualcuno con cui parlare.

Fatto sta, che fu facilissimo per lei cadere vittima del fascino di Caleb, e senza accorgersene si innamorò di lui.

La bella principessa si illudeva che Caleb l'avrebbe sicuramente amata, ma ahimè non fu così, giacché il rampollo non solo aveva già una fidanzata, ma era anche molto innamorato di lei, e rifiutò le lusinghe di Ankara con grazia e gentilezza, ma con fermezza.

La ragazza non poteva crederci.

Non avrebbe accettato un rifiuto, si disse, e il suo amore divenne ossessivo e malato.

Voleva che Caleb stesse con lei e con lei soltanto, e non era capace di accettare il fatto che lui potesse non amarla, così si convinse di doverlo liberare dall'altra strega ammaliatrice e cercò tutte le maniere per farlo suo.

Per mesi mangiò, bevve e dormì a stento, solo lo stretto necessario a sopravvivere, per potersi spremere le meningi in ogni attimo utile; ordì piani, congiure, inganni...ma tutti avevano sempre qualche punto debole: la mancanza di occasioni, di denaro, di mezzi.

Frustrata, Ankara non si arrese in ogni caso, ed un giorno arrivò la soluzione quasi dal nulla: un mago si presentò a palazzo affermando di voler vedere la principessa più giovane, e quando ella accettò di vederlo, l'incantatore le disse che era anche veggente e che sapeva che prima o poi lei l'avrebbe fatto chiamare.

La ragazza rimase stupita, ma non si fidò subito, così mise alla prova quel presunto mago e gli chiese che cosa avesse in mente.

L'incantatore, che aveva previsto la domanda, le illustrò un piano ben architettato: lui con le sue arti avrebbe condotto Caleb da lei, cancellandogli la memoria, e lei non avrebbe dovuto fare altro che rinchiuderlo in una stanza da cui non potesse fuggire e somministrargli, mescolata al vino, una droga che avrebbe mantenuto il suo stato di amnesia.

La principessa ammise che il piano era buono, ma si chiese come avrebbero fatto con i parenti del principe.

Il mago le assicurò che ci avrebbe pensato lui; finché lei avesse continuato a tenere pulita la memoria del ragazzo l'illusione avrebbe retto, ma se lei si fosse per qualche caso dimenticata, sarebbe andato tutto in fumo.

Ankara accettò; non vedeva l'ora di tenersi il suo prezioso tesoro tutto per sé.

Il mago pretese un altissimo compenso, ma la principessa non badò a spese.

Non le importava se quei soldi servissero al reame per tirare avanti durante la carestia imminente, e non le importava se senza quei soldi molte persone avrebbero rischiato di morire di fame; scialacquò fino all'ultimo centesimo per la sua felicità...o meglio, per il suo temporaneo sollievo dal dolore che ancora la tormentava.

In capo a due giorni una lussuosissima stanza fu preparata di fianco a quella di Ankara: pareti colorate, mobili di pregio, tappeti ovunque, un grande letto morbido e un tavolo, uno scrittoio, e una grande libreria colma di tomi, e ancora passatempi e quadri, tendaggi di velluto e altro ancora, tuttavia furono murate le finestre e ad un piede del letto fu fissata una catena d'oro e argento forgiata dai migliori mastri gioiellieri.

L'incantatore, quando vide che tutto era pronto, mantenne la sua parte dell'accordo, ed ecco che in un battito di ciglia Caleb fu nella stanza, confuso e spaesato.

Ankara si prese subito cura di lui, porgendogli in boccale di vino a cui era già stata mescolata la prima dose della droga "smemorina"; e dopo che il giovane si fu rinfrancato, la ragazza gli raccontò che era stato attaccato e che un sicario cercava di ucciderlo per far scoppiare una guerra, e così il re suo padre si era offerto di tenerlo al sicuro in quella stanza per un po'.

Caleb parve credere a quella giovane così bella e gentile, e si lasciò anche convincere a dormire per riprendere le forze.

La mattina seguente fu sempre quella giovane così incantevole a servirgli la colazione, accompagnata da un bicchiere di vino saporito, che il principe bevve con avidità fino all'ultima goccia.

Ankara era soddisfatta, tutto procedeva secondo il suo piano, e con lentezza la serenità e la gioia prendevano spazio nel suo cuore.

Durante il pomeriggio i due ragazzi parlarono a lungo delle loro passioni, e condivisero passatempi come una partita a scacchi o la lettura di un libro di fiabe.

Infine alla sera cenarono assieme.

Dopo cena Caleb chiese ad Ankara se potesse uscire un momento per vedere la luna, ma la giovane, dopo essersi rabbuiata, gli rispose brusca che gli era assolutamente vietato uscire.

Il ragazzo ci rimase male, ma siccome credeva a quanto gli era stato raccontato, non si fece molte domande.

I giorni passarono così, con Ankara e Caleb che passavano tanto tempo assieme, e veloci si tramutarono in settimane e poi in mesi.

Tutto andava liscio, tranne le volte in cui Caleb chiedeva alla sua compagna di uscire, allora la ragazza diventava nervosa ed intrattabile a volte anche per giorni interi.

All'inizio il principe non ci fece caso, ma poi un po' perché gli mancava il mondo esterno ed un po' perché si sentiva come se avesse dimenticato qualcosa di importante, cominciò a farsi delle domande ed a diventare sempre più silenzioso e pensieroso.

Quella che all'inizio gli era sembrata una stanza meravigliosa all'improvviso si trasformò in una prigione dove lui si sentiva soffocare, e tutto il bello dei giorni precedenti stemperò nella tristezza.

Ankara si accorse che Caleb non era più quello di prima, e capì anche che quella segregazione cominciava a consumarlo proprio com'era successo a lei tempo prima, ma nonostante questo non lo lasciò andare, anzi, raddoppiò le misure di sicurezza per paura che fuggisse.

Lui sarebbe stato solo suo, anche a costo di distruggerlo.

Una sera, vuoi per disgrazia o per disattenzione, Ankara si dimenticò di mescolare la droga della memoria al vino, e così, quando Caleb andò a dormire, la precedente dose esaurì il suo effetto e lentamente il principe recuperò i suoi ricordi.

Si ricordò della sua bella promessa che lo aspettava a casa, di suo padre, di sua madre e del fratello malato che aveva lasciato, ed la tristezza si fece più intensa, molto più intensa.

Il mattino seguente Caleb provò a dire ad Ankara che aveva recuperato i ricordi, ma lei, inorridita, gli urlò che non l'avrebbe mai lasciato scappare e che lui sarebbe stato suo per sempre, poi se ne andò , sparendo oltre la porta.

Il giovane rampollo non la vide per giorni, e come compagnia non gli rimase altro che la sua nostalgia di casa.

Provò a scappare, credetemi, ma non è facile spezzare delle catene di oro e argento e non è uno scherzo eludere un manipolo di sei guardie che si ricambiano ogni sei ore, per di più quella stanza era priva di finestre o di passaggi, ed era ben isolata da tutto il resto.

Caleb fece innumerevoli tentativi, ma dopo l'ennesimo andato in fumo si arrese e guardò in faccia la verità: non poteva più andarsene.

Altri giorni passarono senza che la principessa si facesse vedere e la disperazione del giovane cresceva, tanto che alla fine decise che preferiva morire piuttosto che vivere così per sempre.

Un errore fatale che aveva fatto Ankara era stata quella di non togliere il pugnale al suo "tesoro", e così fu proprio questa la sua rovina: oramai deciso, Caleb si affidò alla corta lama che portava sempre con sé, e in un ultimo gesto estremo, si pugnalò.

Che sia stato il destino? Chissà...il fatto è che proprio quel pomeriggio Ankara decise di fare visita al suo amato principe per vedere come stava, e quello che trovò nella stanza la lasciò impietrita: Caleb giaceva riverso sul pavimento, circondato da una pozza del proprio sangue che andava allargandosi.

La ragazza, sgomenta, corse da lui e lo sollevò tra le braccia.

-Perché?...- domandò disperata -Perché l'hai fatto amore mio?...- piangeva a dirotto -Sono forse una persona così orribile da preferire la morte a me?- e proprio in quel momento, con le sue ultime forze lui le rispose -Si, lo sei...davvero è preferibile la morte ad un destino come questo!-.

Ankara rimase impietrita da quelle parole, e in attimo si rese conto del colossale errore che aveva fatto, ma era troppo tardi.

Il suo grande amore si spense così, stretto nel suo abbraccio che lui tanto odiava, e con i suoi ultimi respiri la maledisse, la maledisse in tutte le lingue ed in tutti i modi che conosceva.

Quando morì, l'ultima parte di Ankara che ancora provava qualcosa morì con lui.

Il tempo si fermò, o almeno così sembro alla giovane, che rimase immobile a fissare il volto bianco di Caleb all'infinito; non riusciva a muoversi, annichilita, annientata dal dolore ancora una volta.

Alla fine, pensando solo al proprio dolore ed alla propria felicità, aveva finito col distruggersi con le sue stesse mani.

Tramontò il sole, e con la notte venne la morte, che viaggiava insieme alla luna.

La trista mietitrice andava a prendersi l'anima di quello sfortunato principe, e quando giunse, trovò insieme a lui anche la sua principessa, che imbrattata del suo sangue come in un macabro quadro, la guardò giungere come se non aspettasse altro.

-Finalmente siete giunta, Signora delle Tenebre Eterne...- esordì con voce atona la ragazza, continuando a fissare il volto immobile del corpo che aveva in grembo -vi stavano aspettando...- la morte rise -Mi stavate? Voi?...Non essere ridicola mortale, io voglio solo l'anima del ragazzo!- e detto ciò la figura avvolta dal lungo mantello si preparò a calare la sua falce d'argento.

-Aspettate!- urlò Ankara, sollevando il volto verso quello immerso nelle tenebre del cappuccio della morte -Vi scongiuro Vergine Dolorosa...vi darò qualsiasi cosa vogliate in cambio, anche me stessa!- ma la morte le rispose con tono divertito -Non puoi darmi nulla mortale...sei già stata maledetta e la tua anima non mi appartiene più...- e di nuovo fece per calare la falce; ma la giovane fanciulla non si arrese, e la bloccò ancora una volta -Rendete eterna la mia maledizione allora! Insomma ci sarà qualcosa...- la trista mietitrice cominciava a spazientirsi -La tua maledizione è già eterna...e non c'è nulla chiaro? Ora lasciami finire il mio lavoro...- e per la terza volta la morte preparò il suo colpo.

Ankara però non aveva più nulla da perdere, e così la fermò per la terza volta -Morte, Colei che Da' sollievo alle anime meste, ascoltami ti prego, io ti offro tutta la mia esistenza dannata! Prendimi e usami come più ti piace! Sarò il tuo vassallo!- quelle parole finalmente riuscirono ad incuriosire la morte, la quale ribatté, dopo una lunga riflessione -E sia, farò ciò che mi chiedi, ma in cambio ti voglio mia per l'eternità, senza possibilità di redenzione o di perdono...nessuno scioglierà il tuo sigillo e vagherai per la terra senza pace, come me prima di te! Accetti?- la principessa annuì, e il patto fu suggellato.

L'aspetto di Ankara mutò: i suoi capelli divennero neri come l'ombra più scura, i suoi occhi pozzi di nulla infinito e la sua pelle divenne bianca come il gesso; sul suo capo comparve una corona di spine e sulla sua spalla il sigillo del suo contratto.

In un ultimo atto di pentimento, la ragazza rinunciò a trovare un giorno la pace, il perdono, la redenzione dai suoi peccati magari, ed offrì tutta la sua esistenza maledetta alla Signora delle Tenebre Eterne, per permettere al suo amato Caleb di essere felice.

Così fu, e mentre Caleb tornò a casa, sposò la sua fidanzata, ebbe figli e visse una vita felice, Ankara seguì la Morte nel suo continuo peregrinare, camminando su questa terra senza sosta, dilaniata dal peso del ricordo della sua colpa. Si dice che ella sia continuamente affiancata da specchi che riflettono solo la sua anima nera e che avanzi su questo mondo senza potervi mai sfuggire.

 

  
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