Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Josephine_    12/12/2010    9 recensioni
Lo odiava quando faceva così. Lo odiava e basta. Perché la faceva stare male, la faceva sentire brutta, la faceva sentire un nulla. Ma nonostante ciò, ogni volta sopportava le offese, le frecciatine, le provocazioni. Oggi era Mongolfiera, ieri era stata Balena Arenata, molto probabilmente domani sarebbe stata Dirigibile.
Le uova si erano bruciate, così dovette buttarle direttamente nel cestino. Buttò anche la padella. Non l’avrebbe lavata. E non l’avrebbe fatta lavare ad uno degli elfi domestici.
- Mongolfiera. – la apostrofò lui.
- Che vuoi? – chiese lei, stizzita. Lo avrebbe ammazzato, se solo ne avesse avuta la forza.
- C’è un pezzo di guscio per terra. –
Vaffanculo, avrebbe voluto dirgli. Invece prese un bel respiro, si mise una mano sul pancione e si chinò a raccogliere quel minuscolo frammento d’uovo. Quando il suo volto riemerse da sotto il tavolo era ancora più rosso di prima, il fiato corto.
Non voleva più stare lì, non ce la faceva. Non quando suo marito era la persona più fredda e stronza del pianeta.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

MONGOLFIERA.

La cucina era vuota, come sempre. Pulita, immacolata, bianca.

Mobili bianchi, tavolo di legno bianco, sedie bianche, penisola bianca. In tutto quel bianco niveo, quasi surreale, spiccavano i fornelli grigi, e, china sopra quelli, Hermione Granger, la padrona di casa. La stanza era illuminata dalla tenue luce solare che, oltrepassate le nuvole, entrava dalla grande finestra e si disperdeva nell’ambiente.

Quel giorno l’aria era afosa, il cielo nuvoloso. Una tipica giornata estiva nella placida campagna inglese.

Hermione aveva caldo. E aveva fame. Era andata lì con l’intenzione di cucinarsi qualcosa… già, ma cosa? Aveva praticamente già divorato tutti i tipi di biscotti contenuti nella credenza, i cioccolatini che Harry le aveva comprato il giorno prima e pure gli yogurt dietetici di suo marito. E lei sapeva che lui avrebbe potuto ucciderla per quello.

Uova. Ecco cosa ci vuole. L’illuminazione le arrivò all’improvviso, e si stava dirigendo verso il frigorifero con passo malfermo e la fronte imperlata di sudore, quando sentì un rumore di passi venire dalla stanza accanto.

Beccata. Perfetto. Fai finta di niente.

I passi si fecero sempre più vicini, ed Hermione sperò con tutto il cuore che non stessero venendo nella sua direzione, che si fermassero e cambiassero strada. Ma ovviamente ciò non accadde.

I passi si fermarono, sì, a tre metri da lei. Hermione non alzò lo sguardo, non voltò la testa, non disse niente. Lasciò che il pesante silenzio fosse interrotto solo dal rompersi delle uova sul bordo della padella. E poi suo marito parlò:

- Cosa stai facendo? – chiese, il tono severo come sempre.

- Cucino. – rispose semplicemente lei, dopo aver soppesato le parole per qualche secondo.

- Appunto. – disse lui, monocorde. – Non devi. – aggiunse poi.

- Ma ho fame. – replicò lei, stizzita.

- Che novità. Hai già ripulito il frigorifero, gli scaffali, la credenza… e hai pure preso i miei yogurt dietetici. I miei yogurt dietetici. – lo disse due volte, per rimarcare il concetto.

- Bhè, ho fame. – Quella era la sua unica scusa. Ma almeno era vera.

- Sei grassa. – disse infine lui.

Lei si voltò di scatto, le guance arrossate dalla vergogna, ma non disse niente. Lasciò che il suo sguardo corresse verso lo specchio sopra il lavabo, e si vide. I capelli castani gonfi e disordinati, il volto struccato e rosso –dalla vergogna, dal caldo, dalla fatica-, il collo magro e le braccia minute. E infine il suo enorme pancione. Sette mesi di gravidanza, ma ne dimostrava nove. Era grassa.

Hermione guardò poi suo marito. Il mento troppo affilato, il naso lungo e dritto, i capelli fini di un biondo platino, gli occhi grigi, il fisico asciutto e le movenze composte e glaciali. Era perfetto. Dannatamente perfetto in ogni suo gesto.

-         Non sono grassa. – disse infine Hermione.

-         Sei una mongolfiera. – specificò l’altro, sedendosi senza far rumore su una delle sedie bianche.

-         Sono incinta. – disse semplicemente lei. Magari lui si sarebbe stancato di sfotterla così, se solo lei avesse tenuto duro un altro po’.

-         Come preferisci. – accompagnò queste parole con un gesto annoiato della mano, per poi rivolgere il suo sguardo al giornale di quel giorno.

Qualche attimo di silenzio –si sentiva solo il cuocere lento delle uova.

-         Granger, hai visto? – disse poi, indicandole una foto in seconda pagina.

-         Cosa, Malfoy? – era stanca. Non aveva voglia di assecondarlo ancora nei suoi stupidi giochetti cattivi e perversi.

-         “Astoria Greengras, rivelazione dell’ultimo ballo di beneficenza.” – lesse ad alta voce.

-         Sì, l’ho vista. –

-         Bel vestito, non trovi? – chiese Malfoy con nonchalance, ma il suo ghigno lo tradì.

-         Molto. – avrebbe voluto averlo anche lei, quel vestito. L’aveva visto in una vetrina nel centro di Londra, ma non avevano la sua taglia. Già allora era una mongolfiera.

-         Ieri è venuta nel mio ufficio. Aveva una minigonna nera, la camicetta bianca aperta fino a metà. – proseguì Draco, e ogni parola era una pugnalata nella schiena di Hermione.

-         E il reggiseno? – chiese lei con freddezza.

-         Non ce l’aveva. – ghignò l’uomo, rivolgendole uno sguardo cattivo.

Lo odiava quando faceva così. Lo odiava e basta. Perché la faceva stare male, la faceva sentire brutta, la faceva sentire un nulla. Ma nonostante ciò, ogni volta sopportava le offese, le frecciatine, le provocazioni. Oggi era Mongolfiera, ieri era stata Balena Arenata, molto probabilmente domani sarebbe stata Dirigibile.

Le uova si erano bruciate, così dovette buttarle direttamente nel cestino. Buttò anche la padella. Non l’avrebbe lavata. E non l’avrebbe fatta lavare ad uno degli elfi domestici.

-         Mongolfiera. – la apostrofò lui.

-         Che vuoi? – chiese lei, stizzita. Lo avrebbe ammazzato, se solo ne avesse avuta la forza.

-         C’è un  pezzo di guscio per terra. –

Vaffanculo, avrebbe voluto dirgli. Invece prese un bel respiro, si mise una mano sul pancione e si chinò a raccogliere quel minuscolo frammento d’uovo. Quando il suo volto riemerse da sotto il tavolo era ancora più rosso di prima, il fiato corto.

Non voleva più stare lì, non ce la faceva. Non quando suo marito era la persona più fredda e stronza del pianeta.

Hermione raccolse la sua poca dignità e fece per uscire, ma un dolore lancinante allo stomaco la costrinse a fermarsi poco prima di raggiungere la porta. Un calcio. Si appoggiò al bancone e aspettò che il male passasse, e intanto guardò Draco di sottecchi. Non la guardava. Era troppo preso dalla foto di Astoria-sono-una-puttana-Greengrass. Magari era la sua amante. Anzi, di sicuro lo era. Lei era bella, era magra, era bionda ed era sempre perfetta, proprio come lui. Una coppia di stronzi perfetta. E lei era solo una mongolfiera, la mongolfiera che di lì a tre mesi avrebbe partorito suo figlio, ma pur sempre una mongolfiera. E un Malfoy non può certo stare con una Mongolfiera Mezzosangue, pensò Hermione con amarezza.

Il dolore era passato, così lei si decise a lasciare la cucina, dove l’atmosfera la stava soffocando e dove non avrebbe potuto dare il via alle lacrime.

Il salotto era più fresco, più grande e, soprattutto, più vuoto. Sul divano c’era ancora il libro che stava leggendo la sera prima, quando si era addormentata lì, accanto a Draco. E a lei, nel dormiveglia, era quasi sembrato che lui le avesse messo una mano sul pancione.

Hermione si lasciò cadere pesantemente sul divano, poi stese le gambe e le appoggiò sopra il tavolino di legno. Draco odiava quando lo faceva. Ma a lei facevano male le gambe, e poi adorava provocarlo in quel modo.

Il dolore al ventre la colpì di nuovo, più forte e più a lungo di prima, e lei lanciò un gemito di dolore, stringendo uno dei tanti cuscini verdi in piuma d’oca.

Forse avrebbe dovuto chiamare Draco, ma lui le avrebbe detto qualcosa come “Così impari a mangiare così tanto” oppure “Sai solo lamentarti” e a quel punto Hermione non sarebbe più riuscita a trattenere le lacrime.

Chiuse gli occhi, concentrandosi su qualcosa di piacevole, immaginando di trovarsi sdraiata su una sdraio in giardino, con il sole a illuminarle il volto e il vento a scompigliarle i capelli. Ah, relax. .

-         Hermione. – aprì gli occhi, qualcuno la stava chiamando. Draco.

-         Che vuoi? – chiese lei, la voce rotta ma non per questo meno dura.

-         Stai bene? – le chiese lui passandole una mano tra i capelli disordinati.

Sì, tutto bene Malfoy, tutto alla grande. Puoi tornartene al tuo stupido giornale e alla tua stupida Astoria Greengrass, so badare a me stessa. E toglimi la mano dai capelli. Stronzo. Avrebbe voluto dirgli così, sputargli addosso tutto il suo odio, invece scosse semplicemente la testa, la mano ancora artigliata al cuscino.

Non sapeva cosa avrebbe fatto Draco. Forse avrebbe detto “E’ tutta colpa tua” oppure “Hai visto cosa succede a non darmi retta?” o, magari, se fosse stato gentile e comprensivo, l’avrebbe lasciata lì a marcire nell’angoscia per andare a chiamare un dottore.

Invece Draco mise la mano sopra la sua, prendendo il posto di quel cuscino verde ormai completamente spiegazzato.

Hermione lo guardò. Era chino alla sua altezza, impassibile come sempre. Però si vedeva che i suoi occhi non dicevano più “Mongolfiera”. E questo la consolò un po’.

- Chiamo il dottore. –disse Draco con una nota di preoccupazione nella voce.

E’ preoccupato?!

-         Non è niente, sta solo scalciando. –

-         Sicura? – chiese lui.

-         Resta con me. – e con queste brevi parole, Hermione Granger mandò a farsi benedire il suo orgoglio.

Draco si sedette accanto a lei.

Le fece accomodare la testa sul suo petto, le fece stendere le gambe sul divano e la abbracciò. Lei inizialmente era nervosa era impacciata, ma poi lasciò che le braccia di Draco la avvolgessero e la calmassero. Il male andò via via scemando, mentre la stanchezza si impossessò di lei.

-         Va meglio? – chiese lui dopo un po’.

-         Sì, si è calmato. – disse Hermione. Forse avrebbe dovuto aggiungere un grazie, ma non lo fece. Non se lo meritava. Dopotutto era pur sempre uno stronzo che aveva un’amante e che la chiamava Mongolfiera.

-         Vuoi mangiare qualcosa? –

Le aveva appena chiesto se voleva mangiare dopo averle detto solo un quarto d’ora prima che era grassa. Una risata amara le uscì dalla bocca.

-         No, non voglio niente. Sono grassa. – disse lei, freddamente, senza però scostarsi dall’abbraccio di lui.

Non ricevette risposta. Forse Draco nemmeno l’aveva sentita, forse neanche la stava ascoltando. Magari stava pensando ad Astoria.

-         Sei una Mongolfiera. – aggiunse lui, e Hermione dedusse che stesse ghignando.

Lei sospirò, sconsolata. Lei era una Mongolfiera. Astoria era un’auto sportiva nuova fiammante.

-         Io sono una Mongolfiera. Astoria Greengrass cos’è? – chiese sfacciatamente, dando forma ai suoi pensieri. Magari era un jet privato. Forse uno yacht.

-         Che c’entra Astoria? – chiese invece lui. Era leggermente accigliato.

Non sapeva cosa rispondere. Effettivamente, cosa c’entrava Astoria?

-         Er… hem, parli sempre di lei. – non gli disse “penso sia la tua amante”, no, sarebbe stata troppo patetica.

-         Un paio di mutandine brasiliane, suppongo. – disse scrollando le spalle.

Lei stette in silenzio, fissando un punto indeterminato sopra la libreria.

Fece per alzarsi, ma Draco la trattene.

-         Granger, certe volte sei proprio stupida. –

-         Lasciami andare. – sussurrò lei di risposta, scansandosi dal suo abbraccio.

-         No. Cosa ti prende? –

-         Lo dovresti sapere. – e detto questo Hermione disse “ciaociao” alla poca dignità che non aveva ancora perso e si mise a piangere. - Merlino, quanto ti odio. – disse solo, per poi voltarsi e dargli le spalle.

Draco le si parò davanti, ma Hermione prese la bacchetta e gliela puntò al petto.

– Voglio andare via. – disse tra le lacrime.

-         Non ti sopporto quando piangi e hai di queste crisi ormonali, sembri stupida. E debole. E poi diventi tutta appiccicosa, la voce ti sale di due ottave e non ti si può stare accanto. – disse Draco freddamente, per nulla intimorito dallo sguardo assassino di lei.

Hermione smise di piangere e stette zitta. Non era colpa sua se lui preferiva tradirla piuttosto che lasciarla.

-         Non credo sarei capace di tradirti. – Proseguì Draco, guardandola negli occhi e leggendole nel pensiero.

-         Ne sei proprio sicuro? – chiese acidamente, indecisa se credergli oppure no.

-         Certo. Sei talmente pignola, testarda e so-tutto-io che, se anche ci provassi, riusciresti a cogliermi in flagrante. Sei assillante, mi stai sempre attorno e non mi lasci mai un minuto libero. Non riuscirei mai a tradirti, mi manca proprio il tempo materiale. –

Hermione lo guardò dritto negli occhi, e lui ghignò.

-         Nel caso non te lo ricordassi, noi viviamo insieme. E’ ovvio che ti sto attorno. –

-         Sai, speravo che con questa storia della gravidanza ti saresti fermata un po’. Invece sei anche più pedante di prima. E continui a mangiare i miei yogurt dietetici. –

-         Sì, lo so, sono una Mongolfiera. – ribatté lei scocciata.

-         Una grossa Mongolfiera affetta da crisi ormonali. Non fai altro che… – Draco si interruppe vedendo l’espressione sofferente sul viso della ragazza.

-         Neanche il bimbo ti sopporta a quanto pare. – affermò Hermione toccandosi il ventre.

-         Mongolfiera, che ne è della tua taglia 40? – ghignò.

Hermione ammutolì e abbassò lo sguardo per qualche istante, e quando lo risollevò trovò Draco a pochi centimetri dal suo viso.

-         E adesso che vuoi? – chiese, e il ragazzo per tutta risposta  incollò le labbra a quelle di lei non lasciandole modo per protestare. La baciò a lungo e intensamente, e lei lo odiò perché era così che lui si faceva sempre perdonare, era così che l’aveva sempre vinta. La baciava e pensava che fosse tutto apposto, e poi se ne andava senza dire una parola o lanciandole una delle sue solite frecciatine. Quando si staccarono, Hermione era tutta rossa, e Draco ghignava, sopra di lei. Merlino, quanto lo odiava. 

-         Granger. – la chiamò lui, la voce bassa e strascicata come sempre.

-         Mmm? – mugugnò Hermione preparandosi al peggio. 

-         Io amo le Mongolfiere. -

N.d.A.

Eccomi tornata dopo tanto tanto -troppo- tempo. E' una fanfiction semplice, che avevo cominciato a scrivere un mesetto fa e che ho deciso di pubblicare solo  ora. Spero vi piaccia :) Critiche e recensioni -soprattutto quelle- sono bene accette :D

  
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Josephine_