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Autore: Prof    12/12/2010    3 recensioni
Il foglio di papiro era fitto fitto di paroline scritte così in piccolo che Britannia faticava non poco a capire dove iniziasse una e dove finisse l'altra. Continuò a fissarlo, quel pezzo di papiro giallognolo e rovinato, saggiandone con la punta delle dita la consistenza rugosa; sentiva su di sé l'aspettativa dell'Impero, e sperava che a furia di scrutare quelle paroline qualcosa, come per magia, gli entrasse in testa.
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Actio Legis
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Impero Romano, Inghilterra (qui chiamato Britannia)
Genere: fluff
Rating: verde
Avvertimenti: oneshot, slice of life
Disclaimer: di Hidekazu Himaruya
Note: Ambientata non si sa bene quando, ci sarebbero così tante note da dare di carattere storico che finirei per renderle più lunghe della fanfic stessa. Vi basti sapere che il Diritto Romano non si estese in Gran Bretagna nel medesimo modo in cui si è esteso nel resto del continente.
Actio Legis significa “azione di legge”; Aulo Agerio e Numerio Negidio sono dei nomi fittizi usati nelle formule giuridiche romane; corrispondono ai nostri “Tizio” e “Caio”.
Riassunto: Il foglio di papiro era fitto fitto di paroline scritte così in piccolo che Britannia faticava non poco a capire dove iniziasse una e dove finisse l'altra. Continuò a fissarlo, quel pezzo di papiro giallognolo e rovinato, saggiandone con la punta delle dita la consistenza rugosa; sentiva su di sé l'aspettativa dell'Impero, e sperava che a furia di scrutare quelle paroline qualcosa, come per magia, gli entrasse in testa.





Actio Legis



Roma inclinò la testa all'indietro, poggiando le mani lungo i fianchi; raramente aveva visto una quercia così alta. Spostò il peso del corpo da un piede all'altro, saltellando leggermente di lato nel vano tentativo di intravedere qualcosa tra le fronde scure dell'albero.
Dopo una manciata di minuti di ricerca infruttuosa si grattò la testa, perplesso, rimanendo sempre con il naso all'insù. Era sicuro che fosse lì da qualche parte...
Portò allora le mani a coppa intorno alla bocca, prendendo un'ampia boccata d'aria.
“Britannia! Lo so che sei là sopra!” urlò, cercando al contempo di tenere un tono il più possibile affabile.
Non arrivò nessuna risposta, ma il frusciare improvviso e frenetico di qualche fronda più in là diede a Roma la certezza di star cercando nel posto giusto. Fece qualche passo di lato lungo la circonferenza del tronco, guidato dal rumore di poc'anzi, tenendo bene la testa rivolta verso l'alto. Questo gli bastò per vedere un lembo di mantello marrone scuro a lui familiare; e i mantelli non crescevano sugli alberi.
Soddisfatto e ottenute tutte le prove che gli servivano, Roma abbassò lo sguardo sull'ampio tronco che gli stava di fronte, strofinandosi le mani divertito.
“Bene. - fece un passo in avanti, fino a fare arrivare il naso a meno di un palmo dal naso. - Se non scendi tu, vorrà dire che salirò io.”


*

L'ennesima e breve fuga della piccola provincia finì con un ruzzolone spettacolare dell'Impero giù dall'enorme quercia, accompagnato dallo stesso Britannia.
Roma tornò al piccolo villaggio dove si era provvisoriamente stanziato con, da un lato, sottobraccio un recalcitrante, imbronciato e sbuffante Britannia; dall'altro, con la mano libera che massaggiava poco disgnitosamente il proprio deretano, facendogli produrerre una sfilza di "ohiohi" sommessi e teatralmente ridicoli.
Giunto nella piccola catapecchia dove risiedeva, sempre portando Britannia come un sacco di patate, prese celere una borsa dalla stoffa chiara e consumata, contenente una piccola miniera di papiri accuratamente arrotolati.
Quando la provincia vide cosa aveva preso Roma, istintivamente alzò lo sguardo rassegnato verso il viso dell'uomo, stringendo stretto stretto le labbra in una muta preghiera.
Roma soffocò una risata, nel vedere la disperazione del piccolo, lo liberò dalla presa mettendolo su due piedi e si caricò con un gesto fluido la borsa su una spalla, producendo un lieve tintinnare metallico. Si piegò sulle ginocchia, raggiungendo così l'altezza dello sguardo del bimbo, che comunque continuava a mostrare testardo quell'espressione da piccolo ribelle indisciplinato.
Roma allora allargò ancora di più il sorriso, cercando di essere il più convincente possibile. Poggiò sgraziato la mano sul capo del bimbo, strofinandogli i capelli in una vigorosa carezza che voleva essere rassicurante.
Britannia strinse gli occhi, indurendo ancora di più il muso e irrigidendosi tutto.

“Vedrai che questa volta andrà meglio.”
Provò a rassicurarlo Roma continuando a far scintillare il suo sorriso, mentre con la mano faceva distruzione della, seppur minima, disciplina di capelli della Provincia.
Britannia gonfiò le guance, diventando tutto rosso, e lo fulminò con lo sguardo più truce che aveva nel repertorio.


*


Il foglio di papiro era fitto fitto di paroline scritte così in piccolo che Britannia faticava non poco a capire dove iniziasse una e dove finisse l'altra. Continuò a fissarlo, quel pezzo di papiro giallognolo e rovinato, saggiandone con la punta delle dita la consistenza rugosa; sentiva su di sé l'aspettativa dell'Impero, e sperava che a furia di scrutare quelle paroline qualcosa, come per magia, gli entrasse in testa.
All'ennesimo inciampo nella lettura cominciarono a pizzicargli gli occhi. Strinse le labbra, imbronciandosi se è possibile ancora di più.
Non poté fare a meno di esternare tutto il suo astio per la materia con un breve, rancoroso, sbuffo.
“Qualcosa non va, Britannia?”
La Provincia alzò di scatto la testa verso l'Impero, gli occhi confusi e un pochino annacquati.
C'era tutto che non andava, in quel maledetto foglio pieno di stupide parole che non volevano farsi capire. Perché Roma non riusciva ad accettare che quelle cose erano... troppo difficili per uno piccolo come lui? Abbassò di nuovo gli occhi, guardando il foglio stretto tra le mani senza davvero metterlo a fuoco. Tirò su con il naso.
Percepì Roma alzarsi dalla roccia ove era seduto, e nemmeno pochi istanti dopo già gli era accucciato di fronte, le braccia poggiate sulle gambe e le mani lasciate penzolare nel vuoto.
“Britannia? C'è qualcosa che non capisci?”
Il bambino piegò ancora di più la testa verso il basso, cercando di nascondere sia la faccia sia il tremolio che la presenza di Roma gli stava provocando. Serrò ancora di più le labbra, non volendo permettersi di far scappare anche il più piccolo sospiro. Lui sapeva essere forte, dopotutto; glielo dicevano sempre giù al villaggio.
Intanto l'Impero, perplesso, aveva preso a sua volta uno dei tanti papiri giallognoli e lo stava facendo scorrere veloce avanti e indietro tra le sue mani, leggendone con rapidità il contenuto.
“Eppure, - pensò ad alta voce – questa parte Gallia e Italia l'hanno imparata quasi subito...”
Una grossa goccia cadde sul papiro che stringeva fra le mani Britannia, seguita da altre compagne più minute.
Roma interruppe la sua cascata di pensieri, osservando con una certa preoccupazione i segni bagnati lasciati sul foglio, e le parole sotto ormai illeggibili; da quel poco che poteva vedere, il viso di Britannia era tutto rosso. Roma si appuntò a mente che la prossima volta doveva star attento a pensare a bocca chiusa.
Cercando di limitare i danni, tirò il sorriso migliore che in quel momento gli poteva venire, che risultò qualcosa tra lo sghembo e il rassicurante, e poggiò di nuovo la mano pesante sulla testa del piccolo, in una rozza carezza.
Britannia alzò il faccino; tutto rosso, il naso che colava, le lacrime che cadevano copiose dagli occhi, nonostante gli sforzi di trattenerle.
All'Impero si gelò il sangue nelle vene, tanto che avrebbe desiderato, in quell'istante, trovarsi faccia a faccia con un inferocito Germania, che con un piangente Britannia.
“...n-niente.” Sussurrò il bambino, mentre la determinazione per trattenere i singhiozzi si faceva sempre più labile.
Per una volta, le parole morirono in gola a Roma; cominciò a sudare freddo, l'Impero, sentendo ormai incedere l'inevitabile.
“Non ci capisco... niente!”
E Britannia scoppiò in un pianto disperato e senza freni.


*


Roma tornò alla catapecchia sull'iniziare della sera. In braccio Britannia, saldamente ancorato al collo e con il faccino nascosto contro la spalla, per nulla intenzionato a lasciare il rifugio che l'Impero gli offriva.
Ci era voluto un pomeriggio intero per farlo calmare, per fargli capire che no, non era arrabbiato con lui, che no, non era più stupido degli altri bambini, che no, non l'avrebbe lasciato solo perché non riusciva ad imparare il Diritto Romano.
Il corpicino di Britannia fu scosso da un altro singhiozzo mal trattenuto e Roma lo strinse un po' di più contro il proprio petto. Poggiò la mano libera sulla schiena del piccolo, cominciando a farla scorrere su e giù piano piano, con gesti lenti e delicati.
Britannia sospirò contro la sua spalla.
Proprio non c'era verso di fargli piacere Aulo Agerio e Numerio Negidio.
   
 
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