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Autore: bluemary    13/12/2010    17 recensioni
Nemmeno nella gravity room aveva più un briciolo d'intimità, perché quel piccolo demonietto che aveva per figlia aveva imparato fin troppo bene che, se si metteva a frignare davanti al suo personale santa sanctorum, entro cinque minuti sarebbe arrivata Bulma a consolarla e a rimproverare il suo atteggiamento indifferente nei confronti della secondogenita, punendolo con una severità che variava a seconda del suo umore e che poteva prevedere una cena con la famiglia di Kakaroth, un intero pomeriggio a fare da baby-sitter a Trunks e al moccioso del suo arcinemico o, nei casi estremi, una settimana di assoluta castità.
Storia scritta per il Xmas Tree Party di Fanworld
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bra, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un grazie ad Archangel Reliel per la consulenza^^



Il Principe dei Saiyan e la Tana delle Faffalle

“Allora, Vegeta, non sei contento di essere uscito con la tua famiglia, invece di rimanere chiuso come al solito nella gravity room?” chiese suadente la terrestre, con appena un velo di ironia che dimostrava come fosse perfettamente conscia dei suoi pensieri non proprio pacifici.
Lui le scoccò uno sguardo carico di muto rimprovero, chiedendosi silenziosamente come si fosse fatto fregare in questo modo.
Ricordava solo quel genio del male in gonnella, che in un momento di debolezza aveva accettato come compagna, entrare in camera con addosso qualcosa di tanto trasparente e impalpabile che gli sembrava assurdo classificarlo come vestito, poi mormorargli sensualmente qualcosa all'orecchio, mentre si strusciava contro il suo corpo, a cui lui doveva aver risposto con un grugnito, e, non appena avevano raggiunto il letto, mostrargli per quale ragione avesse scelto di rimanere sulla Terra.
Beh, a essere onesti con se stessi una delle ragioni.
E adesso si ritrovava in aperta campagna, non solo con la propria famiglia al completo, ma anche con la petulante moglie del rivale e con il minore dei suoi mocciosi.
L'aria truce con cui si guardava attorno s'incattivì ulteriormente, mentre i familiari impulsi omicidi che avevano guidato gran parte della sua esistenza lottavano per tornare allo scoperto.
In quel momento odiava la primavera, odiava i prati sconfinati, odiava più del solito anche il suddetto rivale, che rimanendo nell'aldilà aveva potuto evitare senza problemi una simile tortura.
“Papà!”gorgheggiò la piccola Bra, tendendo contenta le manine grassocce chiuse a pugno verso di lui.
Il saiyan roteò gli occhi e si esibì in uno dei suoi proverbiali sbuffi irritati; adesso non poteva nemmeno odiare in pace Kakaroth e le varie congiunture astrali, non ultima la sua perfida compagna, che lo avevano costretto a partecipare a quello stupido picnic primaverile.
“Faffalla!” commentò ancora la bambina, mostrandogli una farfalla un po' malconcia, che, dopo essersi alzata in volo in un impeto di ottimismo per la riacquistata libertà, si andò a schiantare contro il palmo della sua mano tesa.
Con un sospiro infastidito, Vegeta ritrasse il braccio per massaggiarsi le tempie, chiedendosi quanti giorni ci volessero ancora perché lei si stancasse di quel passatempo. Forse a causa dei loro colori sgargianti, da quando era cominciata la primavera Bra aveva dimostrato una vera e propria fissazione per le farfalle; con dei riflessi apprezzabili per una bambina della sua età, catturava qualunque esemplare osasse capitare alla portata delle sue manine, ma, siccome Bulma gli aveva categoricamente proibito di provare anche solo a pensare la parola allenamento nei pressi della figlia, lui aveva perso ogni tipo di interesse per questa sua capacità.
Per sua sfortuna la piccola era convinta che lui condividesse la sua stessa passione, così prendere le farfalle e poi caracollare nella sua direzione per mostrargliele, fiera e compiaciuta, sembrava essere diventato all'improvviso lo scopo fondamentale della sua vita. Vegeta non poteva fare un passo senza ritrovarsela tra i piedi: compariva mentre era intento a meditare sanguinose vendette per quando il rivale sarebbe tornato sulla Terra, lo disturbava quando stava mangiando, lo interrompeva perfino nel bel mezzo di un passionale approccio con la donna, usando il suo 'faffalle' come un grido di battaglia che, a giudicare dall'espressione corrucciata dei suoi lineamenti, avrebbe anche potuto significare 'non voglio un altro fratellino'.
Nemmeno nella gravity room aveva più un briciolo d'intimità, perché quel piccolo demonietto che aveva per figlia aveva imparato fin troppo bene che, se si metteva a frignare davanti al suo personale santa sanctorum, entro cinque minuti sarebbe arrivata Bulma a consolarla e a rimproverare il suo atteggiamento indifferente nei confronti della secondogenita, punendolo con una severità che variava a seconda del suo umore e che poteva prevedere una cena con la famiglia di Kakaroth, un intero pomeriggio a fare da baby-sitter a Trunks e al moccioso del suo arcinemico o, nei casi estremi, una settimana di assoluta castità.
Per nulla demoralizzata dal suo evidente rifiuto di collaborare, Bra si aggrappò a guisa di piovra alla manica della sua camicia. Camicia che, tanto per puntualizzare, la sua gentile compagna lo aveva costretto a indossare dopo mezzora di minacce reciproche.
“Vieni, papà!” urlò, indicando poi entusiasta un punto alla sua destra “La tana delle faffalle!”
Con i lineamenti atteggiati a un'aria di palese malumore, lui si liberò della sua stretta, non senza una muta maledizione nel notare che il tessuto dell'odiata camicia era rimasto fastidiosamente intatto.
“Ho da fare, mostrala a tua madre.”
“Papà...” cominciò a lamentarsi lei, con una nota che tendeva fastidiosamente al piagnucolio.
Contrasse la mascella, pronto a resistere stoicamente al pianto che sapeva sarebbe arrivato entro pochi secondi. Durante i primi mesi della vita di Bra, aveva imparato che nessuna tortura di cui fosse venuto a conoscenza negli anni trascorsi sotto il dominio di Freezer poteva essere paragonabile al pianto di un neonato o di un moccioso; ora capiva per quale motivo il suo popolo fosse stato tanto propenso a disfarsi di gran parte dei neonati, spedendoli su pianeti lontani con la scusa che il loro basso livello combattivo non li rendeva degni di venire allevati dalla propria gente.
“Vegeta, cosa ti costa farla felice per una volta?” gli chiese Bulma, interrompendo sul nascere i primi singhiozzi della figlia.
“Non ho tempo per simili sciocchezze!”
“Invece secondo me ti conviene vedere cosa vuole mostrarti, prima che a Trunks venga la stessa idea e cerchi di coinvolgerti anche lui nel suo passatempo.”
Diviso a metà tra noia e fastidio, il suo sguardo saettò sul primogenito, che giocava poco lontano con il moccioso di Kakaroth e qualcosa di non ben definibile.
Sgranò gli occhi, non appena riconobbe il qualcosa, la bocca improvvisamente secca e il cuore che aveva cominciato ad accelerare il battito in maniera esponenziale.
“Quelli... quelli sono...?” esclamò, incapace di finire la frase per il troppo orrore.
“Vermi.” assentì Bulma, con un angelico sorriso “E a giudicare da quello che ho sentito poco fa, Goten e Trunks sono intenzionati a mostrarci gli esemplari che hanno appena catturato.”
Vegeta non ebbe bisogno di sentire altro.
Con la maggior dignità di cui fosse capace, prese per mano la figlia e si lasciò guidare nella 'tana delle faffalle'.
Non le disse che difficilmente una porzione soleggiata di prato circondata da cespugli e con i fiori coperti da decine di farfalle diverse poteva essere considerata una tana: con la coda dell'occhio aveva visto Trunks alzarsi e correre tutto contento verso la madre con qualcosa in mano, e ora la sua principale preoccupazione risiedeva nell'accettare qualunque scusa potesse mantenerlo lontano da lui.
Estasiata dal suo improvviso interesse per le proprie attività, la bambina pretese di essere presa in braccio, mentre gli elencava le sue preferite tra le 'faffalle'.
Vegeta ascoltava con un orecchio sì e uno no, intimamente combattuto tra l'umiliazione, il rancore per la compagna, che lo aveva condannato a tutto questo, e la sensazione non del tutto spiacevole della figlia che aveva appena appoggiato la guancia sulla sua spalla.
Non era esattamente dignitoso, per il principe dei saiyan, intrattenersi in questo modo, e mai avrebbe permesso ad anima viva di raccontare gli eventi di quel giorno, ma con Bra che gli sorrideva folle di gioia, e quel tappeto multicolore di ali che ondeggiava al ritmo del vento, doveva ammettere che se proprio doveva perdere un pomeriggio di allenamento allora tanto valeva trascorrerlo in questo modo.
Lasciò vagare lo sguardo sulle farfalle, paragonandole mentalmente agli orrori striscianti con cui Trunks sembrava divertirsi tanto, nella dimostrazione che il suo pessimo gusto non si era fermato all'amicizia con il figlio del suo nemico.
Tutto sommato le farfalle erano insetti carini.

   
 
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