Before you read: Dunque è un incrocio tra movieverse
e bookverse, avevo in mente i personaggi del film, ma, essendo ambientata in un
film che non è ancora uscito (e l’uscita era molto più lontana quando l’ho
scritta! XD) mi sono basata parecchio sul libro.
Sì, si danno del voi (sono dei re!), sì, ad un certo punto passano al tu e sì,
ha un senso XD
Oh, già! Scritta per il prompt ‘Cicatrice’
del Bingo_Italia su LJ.
Edmund la
nota per la prima volta quella notte. Sono entrambi sul pavimento, dato che una
delle amache si è rotta, ed è tardi, ma non troppo tardi, per essere ancora
sveglio, Eustachio è ancora sul ponte a litigare con qualcuno, o forse a guardare
le stelle (“A chi non piacciono le stelle?” aveva riso Caspian, e Lucy aveva
ovviamente concordato con lui. Ad Edmund, però, le stelle facevano poco
effetto, ed era rimasto in silenzio).
Forse è per via della luce della candela, o del fatto che sono più vicini del
solito pur avendo più posto a disposizione, ma sullo zigomo destro Caspian ha una cicatrice che, Edmund ne è certo, la prima volta che si erano incontrati non aveva.
Non che fosse una gran cosa, o una preoccupazione, davvero. Era solo…
Solleva la mano dal pavimento e, all’unisono con il tremare un po’ più convulso
della luce della candela, sfiora la cicatrice. Di solito è coperta dei capelli
scuri del Re, ora invece è libera di gettare la sua ombra minuta sulla gota di
Caspian.
Edmund non è sicuro del perché la cosa lo affascini tanto, non sembra neanche
che fosse una ferita profonda, o dalle origini drammatiche. No, non è
preoccupazione quella. Sa bene che Caspian non ha bisogno di avere lui attorno
per difendersi.
Le dita pallide ora tremano più lontane, ma gli occhi non la lasciano ancora.
E’ il segno che sono passati tre anni, è il segno che la prossima volta ne
potrebbero passare mille. E’ il segno che potrebbe non esserci una prossima
volta, e questi tre anni mancati potrebbero essere soltanto un assaggio di
quello che si sarebbe perso. E non si tratta solo di Narnia, si tratta anche e
soprattutto delle persone che la popolano. Caspian per primo.
Non pensava di poter tornare in tempo, quando lo aveva salutato. In tempo, prima che Caspian diventasse
solo quel re telmarino che aveva salvato Narnia millenni prima. E ci sarebbe
stata una prossima volta ancora?
“A cosa state pensando?” La voce di Caspian è bassa e roca di sonno e di mare,
ma Edmund trasalisce comunque. I suoi occhi scuri si sollevano di quel poco che
basta per guardare l’altro negli occhi e abbozzare un sorriso che sembri
sincero.
“A niente,” niente di importante,
comunque.
Gli occhi di Caspian indugiano, prima di lanciare un’occhiata alla mano ancora
a mezz’aria di Edmund e tornare sul suo viso. Ovviamente sa che non era niente, ma altrettanto ovviamente non lo
chiede di nuovo.
Non sarebbe diventato qualcosa al
secondo tentativo, non con Edmund.
Quindi striscia un pochino sul pavimento, finché è ancora più vicino di prima.
Edmund soffoca una risatina e Caspian lo guarda con la sua migliore espressione
innocente.
“Fa freddo.”
Il più giovane, o il più vecchio, se si volessero addizionare gli anni di un
paio di vite, appoggia il mento sulla spalla di Caspian e sogghigna quando
quello sbuffa piano e se lo avvicina di più. Smette di sogghignare quando si
ritrova la cicatrice al un soffio dal naso e i capelli di Caspian gli fanno il
solletico.
E’ la prova che il corpo che al momento gli stava facendo da cuscino non era
affatto suo. Era da restituire a Narnia.
La accarezza col naso, cercando di non darle importanza. Sente Caspian
sorridere.
“Vi darebbe noia se vi
dicessi, invece, a cosa sto pensando io?”
Edmund arriccia il naso, tirando indietro la testa leggermente. Non gli piace
parlare, se non può guardare le espressioni di chi parla. Non che con Caspian
ci fosse bisogno di accertarsi della buona fede delle sue parole, ma era
comunque qualcosa di bello da guardare.
“Dipende dall’argomento.”
Caspian gli fa un sorrisino furbo che lo farebbe ridere, se fosse dell’umore
adatto. Caspian non è esattamente la persona più furba che Edmund conosca. E’ più
sul lato dell’intelligente, ma sempre tremendamente ingenuo.
Per un istante, uno appena, si chiede se non sia cambiato anche questo,
dall’ultima volta.
“Ricordi.” Edmund si irrigidisce un po’ al suo fianco, “Stavo pensando a quella
volta che Briscola ha indetto un torneo di scacchi e mi ha obbligato ad
allenarmi ogni sera per un mese per farmi partecipare.”
Edmund non vorrebbe, ma si ritrova a sorridere, “Suppongo che non sia andata
molto bene.”
“Affatto,” gli occhi di Caspian brillano divertiti, “Ma Briscola ha finto di
essere molto orgoglioso di me, ovviamente.”
“Ai miei tempi facevano di tutto per perdere contro Peter e vincere contro di
me.”
“Suppongo che non sia andata molto bene neppure in quel caso.”
“Beh, Peter vinceva, ma io non perdevo,” il sorriso di Caspian di allarga.
Quella storia la conosce perfettamente, Lucy adora raccontare di come Peter
fosse indignato quando, dopo essere stato platealmente sconfitto da Edmund in
quattro mosse, gli avevano detto che se aveva vinto tutte quelle partite era
solo perché gli altri partecipanti non volevano contrariarlo.
“Oppure quando Ripicì ha fatto amicizia con Amelia! Non dirgli che te l’ho
detto, credo che nessuno se lo aspettasse meno di Ripicì stesso, ma-“
“Amelia?” lo interrompe Edmund con la fronte corrugata. Non ricordava nessuno
che si chiamasse Amelia, ma forse non l’aveva conosciuta.
“Non so se la ricordate, era la gatta arancione che tenevano i soldati di mio
zio, sta sempre in giro per le torri. Si è affezionata ai topini.”
“Oh,” dice soltanto Edmund, perché non si ricorda della gatta, ma gli sarebbe
piaciuto vedere Ripicì che si agitava nel sentir menzionare quella insolita
amicizia.
“Sono stati tre anni tranquilli, a parte un paio di situazioni spiacevoli,”
Caspian intercetta lo sguardo d’improvviso allarmato di Edmund, ma scuote la testa
per tranquillizzarlo, “Non dovete preoccuparvi, sono state risolte velocemente
e con il minimo danno. Erano ancora gli inizi, era un regno ancora instabile.
Qualcuno non voleva un telmarino, e qualcun altro non voleva un amico di Narnia,
come re.”
Edmund annuisce lentamente, riappoggiando la testa sul pavimento, “E’
comprensibile, è stato un grande cambiamento, e da entrambe le parti l’odio era
ben radicato. Siete stato abile a sistemare la cosa in soli tre anni.”
L’altro annuisce poco convinto, poi alza il braccio che non è intrappolato
sotto il corpo di Edmund e indica la cicatrice che tanto aveva fatto riflettere
Edmund con l’indice, senza toccarla, “Questa è la prova che non tutto è ancora
perfetto.”
“Non sembra grave,” inizia Edmund, ma Caspian lo precede.
“E non lo è. Non lo è neanche per il regno, credetemi. Non sarei mai partito
altrimenti. Era un… fraintendimento, diciamo,” fa spallucce fissando la candela
che si fa piccola, dall’altra parte della stanza, ma Edmund sa che è una cosa
che lo turba, “Era solo uno dei vecchi amministratori di Miraz, ma ora è al
sicuro. Peccato che fosse uno di quelli che apprezzavo.”
Edmund si solleva appoggiando il gomito a lato del viso di Caspian, con l’altra
mano lo costringe a guardarlo, “Caspian, non sarà mai tutto perfetto, lo sapete.”
“Non è molto consolante se mi è permesso essere sincero,” risponde inclinando
la testa nella stessa direzione di quella di Edmund, che arriccia il naso,
quasi se stesse per ammettere controvoglia che Caspian ha ragione.
“Ma è la verità. Non andrà mai tutto bene, credetemi, ci sono passato.”
“Mi sarebbe piaciuto vedervi nelle vesti del re delle storie, per una vita
intera.”
A Edmund quasi viene da ridere, perché è ridicolo quanto avrebbe voglia di
dirgli la stessa cosa.
Per una vita intera.
Caspian non è sorpreso quando Edmund china in avanti la testa e nasconde il
viso tra i suoi capelli e nel suo collo. E’, sì, un contatto inaspettato, ma
non inappropriato. Erano stati così vicini in precedenza, anche se nessuno dei
due sarebbe in grado di richiamare alla mente un’occasione specifica da ‘quella volta che’. Però è una cosa che
hanno fatto spesso, perché non è affatto nuova.
Si perde sulla sua spalla, il sospiro di Edmund, e per un attimo è lui stesso a
tremare con la luce della candela che va spegnendosi.
“Poi- poi c’è quella risata buffa che fai quando Lucy dice qualcosa di
divertente, come se non volessi ridere per farle un dispetto.”
Sembra che Edmund non stia respirando, tanto è immobile. Ed è tanto vicino che
non ne ha neanche bisogno.
“O quei movimenti veloci delle dita, quando stai pensando a qualcosa di
complicato. Strano che non rimangano incastrate ogni volta.”
Edmund ridacchia sommessamente, “Solo perché tu non riesci a sciogliere un nodo
senza che Drinian ti sorvegli non significa il resto del mondo sia incapace
quanto te.”
“E poi c’è il modo in cui mi prendi in giro. Impagabile davvero. Se ti sentisse
il resto del mondo diventerei lo
zimbello del regno.”
Edmund alza il capo, ridendo, e con un bacio sulla guancia gli fa un’offerta di
pace che Caspian accetta con un ghigno.
Il bacio era finito direttamente sulla cicatrice, ma Edmund non ci aveva fatto
caso. O forse, invece, lo aveva notato e non gli aveva dato peso, perché
Caspian lo stava tirando vicino per un bacio che con il passato e con il futuro
non aveva nulla a che spartire, né
tantomeno con il mondo a cui appartenevano. Era una di quelle poche cose che
Edmund non avrebbe restituito a Narnia.
“E poi c’è il modo in cui mi baci.”
Al massimo l’avrebbe restituito a Caspian.