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Autore: CaskaLangley    14/12/2010    10 recensioni
"Edward era così, la cosa più strana con cui avesse mai avuto a che fare, e anche la più semplice da amare."
[Diamo il via al flagello delle storie natalizie!]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphons Heiderich, Edward Elric
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BIANCO SPORCO

Il grammofono incespicava, il suono spesso diventava un brusio confuso prima di riprendere la sua forma rotonda, in qualche modo avvenente. Era una di quelle cose che gli avevano lasciato i suoi, una delle poche, e se anche avesse avuto soldi abbastanza non se la sarebbe sentita di buttarlo, sostituendolo con uno nuovo. Gli piaceva pensare che il tempo avesse dato un’anima a quell’oggetto, e che ora la musica che ne usciva fosse più simile a una voce umana che a un’incisione, ma probabilmente era solo una cosa che si raccontava per non romperlo con un martello. Il suono, dopo un lungo salto, finalmente ripartì. Un pezzo morbido di jazz tornò a riempire sensuale la stanza, insieme al crepitio della legna nel camino e alla luce tremolante della fiamma, arancione nel cuore e più delicata man mano che si espandeva. Anche quest’atmosfera perfetta, comunque, non serviva a niente.
Alfons si appoggiò svogliato contro il tavolo, a braccia conserte, sbuffando. Anche quello stupido vischio, che ora stava appeso arrogante sopra le porte, gli era costato soldi che poteva risparmiare. Era arrabbiato con lui, ma soprattutto con se stesso, per aver pensato che fosse una buona idea.
Delle storie che Edward raccontava non sapeva quali fossero reali (né se lo fosse almeno una, in verità), ma quando diceva che nel suo mondo non esisteva il Natale sembrava convinto. Era quasi impazzito quando gli aveva spiegato perché le luci brillavano nelle vetrine, e si fermava ad osservare gli alberi decorati appannandole, con entrambe le mani sul vetro come un ragazzino. “Piacerebbe tantissimo ad Al” diceva, ma sembrava che piacesse soprattutto a lui, almeno a giudicare dalla faccia con cui aveva appreso che le decorazioni erano care, e forse avrebbero dovuto farne a meno. “Certo, certo” diceva, ma continuava a fermarsi davanti ad ogni Presepe chiedendogli di rispiegargli chi era chi. Non sembrava avere ben chiara la differenza tra la loro religione e una favola, ma nemmeno Alfons ce l’aveva, quindi non era grave. Ad ogni modo, per farlo felice aveva preso l’abitudine di portare a casa palline e festoni, alcuni dismessi dal negozio della signora Glacier, altri comprati per pochi soldi dalle donne che li facevano a mano e li rivendevano per strada. Erano così riusciti ad avere un mezzo albero rachitico e con qualche sintomo di malattia, ma a Edward non sembrava importare, e non gli seccava neanche che mancasse la stella in cima.
Poi, Alfons aveva comprato il vischio.
Ci sarebbero un’infinità di scuse e modi per girarci attorno, ma la verità era semplice e patetica: sperava di baciare Edward. Non sapeva neanche di volerlo –cavolo, se l’aveva sorpreso!- finché non si era immaginato la scena, senza dare alla mente il permesso di farlo. Forse era perché le sue guance erano sempre rosse, in quei giorni, o perché aveva gli occhi così brillanti…era sempre più facile trovarsi sul punto di prendergli il viso tra le mani, anche solo per guardarlo. Ma una cosa del genere sarebbe stata strana, esatto? Edward si sarebbe spaventato…o forse no, chissà, era così imprevedibile…forse era Alfons quello più spaventato, per questo serviva il vischio. Avrebbe potuto buttarla sul ridere, quando Edward si fosse tirato indietro aggrottando la fronte, e avrebbe consolato anche se stesso: non era stato rifiutato da qualcuno (un ragazzo) che gli piaceva, era stato solo uno scherzo, una stupida tradizione.
Quattro giorni dopo, però, non era ancora successo niente. Si era presentata una sola buona occasione, appena appeso il vischio, Edward s’era messo sotto a fissarlo e c’era anche lui, che di colpo era diventato di sale, e quando gli aveva chiesto “e questo?” Alfons non era riuscito a dire nient’altro che “…niente, così…”.
Niente, così. Romanticissimo.
Alfons sbuffò e si avvicinò alla finestra, aspettando di veder sbucare Edward. Non era abituato al freddo, di solito rientrava imbacuccato e con la bocca piena d’imprecazioni che non uscivano solo perché –così diceva- aveva la lingua congelata. Alfons aveva in mente un modo per scaldargliela, ma se ci pensava arrossiva abbastanza da far appannare il vetro, quindi dirglielo era fuori discussione. Sospirò, ficcandosi le mani in tasca.
Continuava a piovere, la neve ai bordi delle strade si accumulava per poi sciogliersi in un fango denso e fastidioso. Più un là nei vicoli, però, dove la neve non veniva calpestata spesso, ma non era neanche candida come sui tetti, c’era un tappeto bianco sporco che si collocava in mezzo, difficile da scorgere. Ad Alfons piaceva guardarlo, quel bianco che non si mischiava alla sporcizia della città, ma che non faceva pensare nemmeno alla purezza irraggiungibile delle nuvole. Era affascinante e familiare, semplice nel suo mistero.
Anche Edward era così, la cosa più strana con cui avesse mai avuto a che fare e anche la più semplice da amare.
Arrivò pochi minuti dopo, con un libro sotto il cappotto e il viso nascosto nella sciarpa. La pelle delle guance e del mento era arrossata, sicuramente caldissima, mentre le mani si muovevano a stento perché aveva dimenticato i guanti. Mentre si svestiva con fatica, lamentandosi, Alfons voleva prenderle tra le sue e scaldarle col fiato, vicinissime alla bocca, ma rimase fermo dov’era, a guardare il vischio proprio sopra di lui, senza il coraggio di avvicinarsi.
“Ehy” gli disse “Hai fatto tardi.”
“Per forza, non volevo uscire dalla biblioteca, con sto freddo!” soffiò sulle mani, sfregandole, e buttò il cappotto sul divano lì vicino “Lo comunico ufficialmente, il mio amore per la neve è già finito.”
Alfons sorrise, pensando che in un certo senso il suo era appena cominciato.
“Ho fatto un po’ di tè, se vuoi.”
“Oh, sì!” sembrava che non ci fosse mai stata idea migliore “Un tè sarebbe fantastico.” Non andò a prenderlo, però, s’inginocchiò invece davanti al camino per scaldarsi le mani. Alla luce della fiamma i suoi occhi risplendevano, e anche da lì Alfons vedeva piccole perle di pioggia tra le sue ciglia, sopra uno zigomo, ai lati del viso. Gli sembrò uno spettacolo raro, perché presto sarebbero evaporate. Sospirò mestamente, costringendosi a distogliere lo sguardo, e versò il tè. Quando ebbe le due tazze piene, però, anziché raggiungerlo si fece coraggio e si appoggiò allo stipite della porta aperta tra due stanze, sotto il secondo vischio. Si schiarì la voce, tremando abbastanza da disegnare cerchi concentrici sulla superficie del tè.
“Edward, il tè è pronto.”
“Grazie, lascialo pure lì.”
Alfons si sentì offeso, triste in modo molto stupido.
“Si fredda…” ritentò, ancora più scoraggiato dall’idea che se anche fosse andato lì che cos’avrebbe fatto, l’avrebbe baciato? No di certo, l’avrebbe guardato e basta, perdendo anche quel poco coraggio nel suo sguardo di chi sembrava non aver mai esitato. Decise di lasciar stare, il vischio era stata un’idea stupida. Baciarlo era stata un’idea ancora più stupida.
Si piegò sulle gambe, davanti al camino, e gli diede la tazza. Lui la prese con due mani e gli fece un sorriso da monello: “Scusa.”
Alfons sorrise, spostando lo sguardo sul ceppo che scoppiettava.
“Lascia stare, a volte sei davvero pigro. Sarà una malattia?”
“E’ che sono gelato, senti!” e detto questo gli prese la mano. Un gesto così spontaneo, Alfons si sentì quasi in colpa, scioccamente felice. Trasalì, ma non per il freddo.
“…cavolo” disse.
“Mh” rispose Edward, che bevve un sorso di tè guardando in basso. Il suo profilo, che Alfons sbirciava di nascosto, era quasi dimesso. Non l’aveva mai visto così, e per un secondo la sorpresa fu tale da non fargli rendere conto che non gli aveva lasciato la mano. Era fresca, piccola e forte dentro la sua, le dita che non si muovevano trasmettendogli una certa tensione. Alfons, imbarazzato, le strinse un po’ senza guardarlo. Edward allora appoggiò il tè e con l’altra mano gli tirò la manica, come un bambino.
“Ti devo dire una cosa…” borbottò continuando a tirarlo, e aspettandosi una specie di segreto Alfons si appoggiò al pavimento e lo lasciò avvicinarsi.
Poi Edward lo baciò.
Un bacio casto, incredibilmente dolce. Quasi non fece tempo a rendersene conto che era già finito. Sulle labbra restava un vago sapore di ghiaccio. Alfons era talmente attonito da non riuscire neanche a distogliere lo sguardo. Edward invece lo fece eccome, immediatamente, rosso d’imbarazzo e con un broncio infantile.
“Ho pensato tutto il giorno a come farlo” disse in fretta, mangiandosi le parole “Ma siccome sono impaziente l’ho fatto e basta.” Lanciava brevi occhiate agitate ad Alfons, che continuava a non parlare. “Se non…intendo, se…se ti ha dato fastidio non…” ora stava alzando la voce e gli lasciò andare la mano, portandola in fretta sulle ginocchia “…beh, sono affari tuoi, perché a me andava di farlo, e se non ti va bene non so cosa ci posso…”
Questa volta fu Alfons a baciarlo. Fermò le sue labbra mentre ancora si muovevano e le ultime parole si sciolsero nella bocca di entrambi. Non respirarono, quasi, rimasero distanti come a verificare se poteva funzionare. Si scambiarono brevi baci silenziosi, all’inizio, sempre più vicini uno all’altro, sempre un po’ più lunghi. Le labbra di Edward, screpolate per il freddo, furono le prime a schiudersi. Alfons prese coraggio e le leccò dolcemente, stupendosi di sentirle reagire, tendersi verso di lui come a offrirsi, e già dopo la prima volta anche la lingua di Edward, timidamente, fece capolino per giocare. Fu una manciata d’attimi, da lì. Prima le lingue si cercavano incerte, allontanandosi ad ogni contatto che non sapevano se fosse giusto, poi successe qualcosa, forse capirono entrambi che stava già succedendo, non si poteva tornare indietro con una risata, o forse fu semplicemente naturale, le cose fluirono e basta; Alfons seppe solo che Edward si alzò sulle ginocchia e lui aprì le gambe per fargli posto, sedendosi, perché non aveva nessuna fretta di andarsene, e quando lo ebbe così vicino e lo sentì sospirare fu pervaso da un brivido che si poteva definire solo eccitazione. Era eccitato da quello che stava accadendo, dal freddo fuori di casa così in contrasto con quel calore, dalla musica ruvida che ancora si ripeteva e dal fuoco che scoppiettava, ma soprattutto da Edward, da tutto ciò che si manifestava dentro e fuori il suo corpo e che lo coinvolgeva a un livello istintivo difficile da controllare. Doveva restare calmo, lo sapeva, ma ugualmente gli accarezzò il viso con una mano, portandogli i capelli umidi dietro l’orecchio, arricciandoli tra le dita, ed ebbe un fremito sentendolo trattenere il fiato. Poi Edward lo morse, prima delicatamente, poi con più forza. Era tutt’altro che sgradevole. Alfons lo morse a sua volta e poi si leccarono ancora, sorrisero con emozione davanti a quelle scoperte, all’evidenza che erano le benvenute anche per l’altro, che non dovevano smettere. Era difficile da definire, ad Alfons sembrava, a tratti, che stessero facendo la più innocente delle cose, e un attimo dopo i pensieri si scioglievano colando come lava che si concentrava tra i fianchi e sussurrava sdraiati. Voleva sentire Edward su di lui, sotto di lui, attorno a lui. Se fosse stato un desiderio a senso unico sarebbe stato così semplice somatizzarlo, trattenerlo dentro sé, ma Edward si muoveva in modo così morbido, bastava il frusciare delle camicie per farlo impazzire, e non era niente in confronto a quello che succedeva quando lasciava andare quei piccoli versi languidi d’approvazione, che lo invitavano a continuare. Ad Alfons sembrò di non capire più niente quando Edward, con le mani che tremando tradivano una certa impazienza, gli tolse la camicia dai pantaloni. Fremette, quando lo toccò, e lui si ritrasse, separando le loro bocche per un tempo che adesso sembrava grave e infinito.
“Scusami” disse “Forse sono troppo impaziente.”
Alfons lo capiva perfettamente e questo lo spaventava. Si accorse di avere il fiatone.
“No, non…” si schiarì la voce “…non c’è problema.”
Rimasero in silenzio per un attimo, guardandosi, entrambi cercando di capire se fosse il momento di parlare o potessero baciarsi ancora un po’. Fu Alfons a non reggere la tensione e a sorridere imbarazzato, abbassando lo sguardo.
“Scusami tu, anzi, era…per me era la prima volta, e quindi…”
“Sì, beh…” Edward era ancora più rosso, adesso “…per me non proprio, insomma…ho baciato Al, e anche Winry…” questo sembrò imbarazzarlo di più, era chiaro perché la sua voce si fece rotta e nervosa “Per gioco, però, eravamo piccoli, non pensare male! Era un po’…diverso.” Si leccò le labbra. “…molto diverso.”
Alfons, non sapendo che fare, avvicinò la mano alla sua. Edward mosse le dita come le zampe di un ragnetto e gliela prese.
“Quindi come…come la mettiamo?” chiese “Intendo, cosa…cosa siamo, adesso?”
“Coinquilini” rispose Alfons, sentendosi un po’ stupido.
“E colleghi.”
“Anche amici.”
“Certo, anche amici.”
“E ci…” non riuscendo a dirlo, indicò entrambi con un dito.
“Ci baciamo” rispose Edward, quasi rassicurandolo.
“Potremmo essere amici che si baciano” propose, e si agitò “Sempre se--” Lui non lo lasciò finire, ci aveva già pensato e si stava leccando di nuovo le labbra.
“Mi piace” decise. Si guardarono di nuovo, come per verificare che non ci fosse nient’altro da aggiungere, poi Edward chiuse gli occhi. Sapendo che sarebbe andata per le lunghe, Alfons si mise comodo e tornò a chinarsi su di lui, portando via il freddo che era rimasto.
Aveva pensato che sarebbe stato sporco, imbarazzante, che fosse sbagliato, ma non era vero. Anche nel desiderio che si sentiva crescere in gola, che faticava ad esprimere e ancora di più a comprendere, c’era una semplicità disarmante, una calma ancora più difficile da gestire razionalmente, alla quale poteva soltanto cedere. La fiamma gialla e rossa del camino si rifletteva sul viso di Edward, come a rivelare il pieno della sua natura passionale, calda e pericolosa come l’inferno, ma che era tutt’uno con qualcos’altro, un bianco candido e immacolato. C’era qualcosa d’infantile, in quello che facevano, ma anche primordiale. Di certo era la sensazione più pura che avesse mai provato.

Soltanto un attimo, lo sapevano, Edward doveva cambiarsi i vestiti anche se ormai erano asciutti e Alfons voleva riscaldare il tè, ma al momento di separarsi si erano sorrisi e avevano ripreso a darsi brevi baci divertiti, sulla soglia tra le due stanze. Edward aveva un sorriso furbetto così soddisfatto mentre si porgeva come un frutto dolce e maturo, aggrappandosi alla sua camicia che si divertiva a tirare e spostare, ridendo dei brividi che gli dava. Anche i loro baci erano più ardenti, adesso, e nella confusione di quello strusciarsi e accarezzarsi e cercarsi Alfons si accorse che erano sotto il vischio, e sorrise.
“Cosa c’è?” domandò Edward, le labbra rosa di baci.
“Il vischio” rispose indicandolo, e nonostante quel che era successo si sentì in imbarazzo, ammettendolo “E’ tradizione baciarsi, se ci stai sotto con qualcuno. L’avevo…beh, lo sai. L’avevo preso apposta.”
Edward fece “mmmh” e sorrise deliziato, prendendosi un bacio breve e malizioso, morbidissimo.
“Ecco perché mi parlavi da qui, credevo cercassi di starmi lontano. Ero davvero preoccupato.”
Alfons rise e lo strinse, i fianchi erano stretti ma forti sotto le sue mani. Era la prima volta che lo toccava così intimamente con sicurezza, senza tremare, ma ugualmente sussultò quando sentì le dita tiepide di Edward sulla pelle nuda della sua schiena, sotto la camicia. Non ebbe bisogno di parlare, il suo sorriso speculativo era abbastanza. Va bene, ammise, forse questa cosa non era proprio pura, decisamente non era bianca. Ma era fantastica e andava benissimo.

 

*

Note incoerenti dell'autrice
'nghe, volevo portarla alla Mika che mi ha ospitata nutrita e addobbata di pelo di coniglio assassino zompettante notturno durante la mia trasferta a Bologna, ma poi non ho fatto in tempo a finirla ;__; E' sciocchissima, ma ho una Maritombola da fillare, io è__é Quindi aspettatevi una serie di cose molto molto stupide. E poi loro sono sempre puccini ;_;
Tra l'altro, facciamo finta di non vedere tutte le cose sul Natale del tipo che non ho veramente idea di quali dannate tradizioni ci fossero a quel tempo, ok XD? Dubito fortemente il vischio, ma non importa. Diamo anche per assunto che Heide sia cattolico. Seriamente, ha già troppe sfighe per essere persino ebreo, penso che potrei bruciarmi in piazza XD
E buh, buone festicciole anticipate :D <3

  
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