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Autore: ChelseaH    15/12/2010    7 recensioni
Jesse St.James si guardò intorno cercando di distinguere il suo volto fra le decine che lo circondavano, non poteva essersi sbagliato, anche lì, a quasi seicento chilometri di distanza da quella che un tempo era stata casa e quasi sei anni dopo l’ultima volta che l’aveva vista, era sicuro oltre ogni dire che quella fosse la sua voce. [St.Berry]
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jessie St. James, Rachel Berry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: Glee e i suoi personaggi appartengono alla FOX, Ryan Murphy e agli aventi diritto.


Questa storia è stata scritta per il calendario dell'Avvento di Fanworld.it. Ci tengo tantissimo a ringraziare nuovamente lo staff di Fanworld per avermi dato l'opportunità di partecipare a questa bellissima iniziativa!


I love her, but only on my own.


Jesse St.James si bloccò di colpo nel sentire una voce tremendamente familiare provenire da un punto imprecisato intorno a lui. Mancavano pochi giorni a Natale e la via era piena di gente che entrava e usciva dai negozi alla frenetica ricerca degli ultimi regali, le vetrine erano addobbate a festa e una miriade di lucine di tutti i colori decoravano gli edifici e le strade, tanto da rendere quasi superflua l’illuminazione garantita dai lampioni.

Si guardò intorno cercando di distinguere il suo volto fra le decine che lo circondavano, non poteva essersi sbagliato, anche lì, a quasi seicento chilometri di distanza da quella che un tempo era stata casa e quasi sei anni dopo l’ultima volta che l’aveva vista, era sicuro oltre ogni dire che quella fosse la sua voce.

“Non posso prendertelo io, o Babbo Natale si arrabbia.”

Jesse si girò di scatto e la vide, tutta impegnata a tentare di trascinare via un bambino di al massimo tre anni dalla vetrina di un negozio di giocattoli.

Era avvolta in una lungo cappotto rosso e aveva una sciarpa verde intorno al collo, sembrava quasi un piccolo folletto di Babbo Natale, spuntato apposta per prendere nota della lista dei desideri del bambino che ora stava prendendo in braccio ridendo.

Rachel Berry.

Non pensava che l’avrebbe mai rivista, non nel caos del centro di New York, città nella quale si era trasferito alla fine del liceo per tentare la fortuna. Eppure ora che la vedeva a pochi passi da lui gli sembrava così ovvio, così scontato, così normale che anche lei si trovasse proprio lì. Del resto avevano sempre coltivato lo stesso sogno, l’obbiettivo finale era per entrambi qualcosa che potevano realizzare solo a Broadway, ed ora eccoli di nuovo insieme sotto lo stesso cielo, a pochi metri di distanza, lei del tutto inconsapevole di avercelo a pochi passi.

Ma andava bene anche così, pensò Jesse sorridendo all’immagine della ragazza con il bambino.

Lui era sempre stato a pochi passi da lei e lei non se ne era mai resa conto, nemmeno quando stavano insieme. Aveva sempre pensato che lui l’avesse semplicemente usata nel tentativo di fare spionaggio fra Glee club, che non avesse mai nutrito il minimo vero interesse per lei e non avrebbe potuto essere più lontana dalla realtà di così.

In un tempo che ora gli sembrava così remoto, aveva perfino ponderato l’idea di lasciare sul serio i Vocal Adrenaline e una vittoria garantita, pur di poterle stare vicino. Ma lei aveva occhi solo per Finn Hudson, anche quando credeva di provare sentimenti forti per lui.

Era stato più facile farle credere che fosse stata tutta una messinscena piuttosto che dirle che in fondo stava iniziando ad amarla sul serio.

Era stato più semplice tirarle un uovo addosso invece di esternarle tutto il suo dispiacere, e di scusarsi con lei per averle fatto ritrovare una madre che non aveva mai avuto intenzione di riallacciare seriamente i rapporti con lei.

Era stato più comodo far finta di non accorgersi della delusione sul suo volto per i risultati delle regionali, anziché andare da lei e offrirle una spalla su cui piangere.

Quel giorno la vide lasciare l’auditorium stringendo la mano di Finn.

Quel giorno fu l’ultima volta che la vide.

Fino ad ora.


***


Nevicava su New York, nevicava sui cartelloni pubblicitari che presto o tardi avrebbero sfoggiato i manifesti di Spring Awakening, il musical nel quale Jesse era riuscito a ottenere la parte maschile principale. Sarebbero dovuti andare in scena per Natale, ma all’ultimo momento la protagonista aveva dato forfait lasciando la produzione nella confusione più totale e il periodo natalizio, che avrebbe dovuto segnare il suo debutto ufficiale sui palchi di Broadway, lo vedeva invece seduto in un piccolo teatro, qualche fila dietro al regista e ai produttori, ad assistere annoiato ai provini per riassegnare la parte.

“La ringrazio, entri pure la prossima.” disse il regista con tono stanco, congedando una ragazza e facendo cenno a uno dei suoi aiutanti di far salire sul palco quella seguente.

“Salve, mi chiamo Rachel Berry e-” una voce decisa accompagnò la nuova arrivata catturando subito l’attenzione di Jesse.

E vorrei cantare On My Own dall’intramontabile musical di Broadway, Les Miserables.

Jesse sillabò fra sé e sé mentre lei continuava a parlare.

Erano passati sei anni e ancora sapeva prevedere ogni singola parola che sarebbe uscita dalle sue labbra. Gli venne al pelle d’oca quando iniziò a cantare, l’ultima volta che l’aveva sentita era stato alle selezioni regionali del Glee club, quando l’aveva vista interpretare Faithfully dei Journey in coppia con Finn, guardandolo dritto negli occhi mentre faceva sue le parole della canzone, mentre gliela dedicava senza nemmeno rendersene conto, e aveva capito che non c’era più speranza per lui, che non ce n’era mai stata.

Ripensò a pochi giorni prima, a quando l’aveva osservata da così vicino senza essere notato, a quando l’aveva vista abbracciare quel bambino con una strana luce negli occhi.

Era un piccolo Finn Hudson?

Era così che era finita? Terminato il liceo si erano sposati e trasferiti a New York per permetterle di inseguire il suo sogno, e nel mentre erano riusciti anche a sfornare quella piccola meraviglia che aveva dipinta sul volto la stessa identica espressione della madre?

Il regista, evidentemente entusiasta, le chiese di cantare anche un pezzettino di Mama who bore me, uno dei pezzi di Spring Awakening che le sarebbero toccati se avesse avuto la parte.

Poi la congedò e il resto dei provini furono mera formalità, più una forma di educazione e rispetto nei confronti di chi si era presentato con un preavviso così breve e non si meritava di tornare a casa senza avere in mano almeno l’illusione di averci provato.

Rachel non si era accorta di nulla.

Mentre si presentava, mentre cantava, mentre parlava col regista... non aveva mai spinto lo sguardo oltre la fila dei suoi esaminatori, non si era presa la briga di scrutare in volto quell’attore che sarebbe diventato il suo compagno di palco principale e che un tempo era stato il suo ragazzo.

Si alzò e se ne andò, non passando nemmeno dai camerini per ritirare la propria giacca.


***


Le presentazioni avrebbero dovuto essere un momento imbarazzante, ma lo furono solo per lui. Rachel gli sorrise annunciando all’aiuto regista che si conoscevano dai tempi del liceo, poi si calò in modalità professionale e interagì con lui solo nella misura in cui il suo personaggio lo doveva fare.

Era il ventitre dicembre, mancavano due giorni soltanto a Natale e loro stavano tentando di rimettere in piedi lo spettacolo per poter debuttare entro le prime due settimane dell’anno nuovo. Fuori la neve cadeva copiosa su New York e sui manifesti che venivano appesi in giro per pubblicizzare Spring Awakening. Dentro la neve cadeva copiosa su di lui, coprendo la parte del suo cuore che dopo tutti quegli anni ancora riusciva a battere così forte per Rachel Berry.

Avrebbe voluto avvicinarsi a lei durante una delle pause, avrebbe voluto chiederle chi fosse il padre di quel bambino, come si fosse ritrovata a New York, cosa avesse fatto dall’ultima volta in cui si erano visti fino al giorno in cui l’aveva trovata vestita da elfo, intenta a spiegare a un bambino che i regali gli sarebbero arrivati per mano di Babbo Natale.

Quando uscì dal teatro aveva smesso di nevicare e la patina bianca che ricopriva i marciapiedi e le strade attutiva ogni suono, così come quella che ricopriva quella parte del suo cuore ne attutiva i battiti facendogli sembrare che quel suono provenisse da qualche pianeta lontano piuttosto che da qualcosa dentro di lui.

“Jesse.” Rachel lo trovò lì fermo, in contemplazione del manto di neve che li circondava.

“Ce l’hai fatta alla fine.” le disse, dimenticandosi improvvisamente di tutte le domande che avrebbe voluto farle se solo si fossero ritrovati da soli.

“Anche tu.” gli sorrise lei.

Erano passati tanti anni, ma il suo sorriso aveva ancora la stessa sfumatura di dolcezza mista a compiacimento che l’aveva sempre contraddistinta.

“Non hai... non hai spedito colei che ti ha preceduto in qualche casa del fumo promettendole gloria e denaro, vero?” Jesse rise senza riuscire a trattenersi, al ricordo delle vicende che avevano portato una promessa canora della McKinley ad approdare ai Vocal Adrenaline. Aveva riso così anche quando gli era stato raccontato anni prima, era una cosa così... così da Rachel. E già gli mancava anche se erano solo tre mesi che non la vedeva.

“Io... no, certo che no!” esclamò offesa per l’accusa ma reprimendo a stento un sorriso divertito.

“Ti vedo bene.” si decise a dirle.

“Anch’io.” replicò lei.

Rimasero per un istante fermi a fissarsi, poi lei lo salutò con un cenno della mano e sparì nella marea di gente che affollava come sempre il marciapiede.

Non le aveva augurato buon Natale, ma lo realizzò solo molte ore dopo.


***


Jesse passò il giorno di Natale da solo nel suo piccolo appartamento, chiedendosi cosa stessero facendo Rachel e suo figlio o con chi fossero. Non avrebbe mai trovato il coraggio di chiederle chi fosse il padre, il timore di sentirsi rispondere “Finn Hudson” era troppo. Era stato battuto su tutta la linea da un quarterback tanto grande e tanto grosso quanto scemo, e la ferita bruciava ancora. Bruciava perché sentiva di valere di più, bruciava perché era forte in lui la consapevolezza che Rachel non sapeva e non avrebbe mai saputo che in fondo l’aveva amata.

Che in fondo la amava ancora.

Jesse St.James non si era mai concesso del tempo da dedicare seriamente alle ragazze, era troppo impegnato a perseguire il suo sogno per pensare di potersi legare seriamente a una di loro, eppure era rimasto folgorato dall’unica di cui non avrebbe dovuto, da quella che aveva abbordato per ragioni che nulla avevano a che fare con l’interesse personale.

E così passò il giorno di Natale e passò anche quello seguente e improvvisamente si ritrovò di nuovo a teatro, a provare con Rachel sulle note di un musical che li avrebbe uniti almeno professionalmente per molte settimane a venire. I giorni si alternavano e lei continuava a mantenere le distanze, mentre la neve continuava a cadere copiosa su New York e su loro due, ogni volta che uscivano dal teatro.

Nevicava anche l’ultimo giorno dell’anno, quando per puro caso si ritrovarono di nuovo insieme la fuori. Jesse stava per aprire bocca per augurarle buon anno, quando una vocina cristallina lo interruppe sul nascere urlando “Mamma, mamma!”, e un bambino – quel bambino – si fiondò fra le braccia della ragazza.

“Wow.” riuscì solo a dire, imbarazzato.

E l’imbarazzo era cosa rara per Jesse St.James.

“Lui è Ben.” gli disse prendendo in braccio con orgoglio il bambino, mentre una donna – probabilmente la baby sitter – si avvicinava a sua volta e salutava Rachel.

“Ben.” ripeté Jesse come se fosse un concetto difficile da assimilare.

Rachel strinse ancora più forte a sé il bambino e lui non riuscì più a trattenersi.

“Finn è il padre?” le chiese.

“Puck è il padre.” rise lei, come se fosse una cosa talmente assurda che lei per prima faticava a credere.

“Puck come Noah Puckerman?” le chiese incredulo.

“Già... la vita è strana a volte.” commentò lei prima di salutarlo e avviarsi verso un’auto parcheggiata dall’altro lato della strada, insieme alla baby sitter.

Puck, il terzo vertice del triangolo del progetto cattiva reputazione di Rachel, quello stesso progetto che aveva segnato l’inizio del loro allontanamento.

Il terzo vertice aveva vinto, quello stesso terzo vertice che non era mai nemmeno stato realmente in gara. Com’era possibile?

Lui era rimasto attaccato al ricordo di Rachel Berry per anni mentre Rachel Berry era andata oltre non solo a lui, ma perfino a quel Finn che pareva essere tutto il suo mondo.

Perché lui non era riuscito a passare oltre?

Perché il suo cuore non riusciva a smettere di battere all’impazzata fin dalla prima sera che l’aveva rivista fuori da quella vetrina?

L’avventura di Spring Awakening era solo all’inizio e probabilmente gli sarebbe toccato assistere a tantissime altre scenette familiari prima della fine. Magari con un quadretto di famiglia più completo, che includeva anche Puck ammesso che fossero ancora una coppia.

C’erano tante cose che avrebbe voluto sapere, c’erano tante cose che non avrebbe mai voluto sapere, c’erano tante cose che avrebbe finito col sapere suo malgrado durante quella lavorazione. Di certo c’era che l’amava ancora, ma avrebbe continuato a farlo nel silenzio e nell’anonimato, com’era sempre stato.

Lei non l’avrebbe mai saputo, oggi come allora.



NOTE.

  • Questa oneshot non tiene conto di nulla di ciò che succede dopo la puntata 2x01.
  • Spring Awakening è il musical di Broadway che ha segnato l’inizio della grandissima amicizia che lega Jonathan Groff e Lea Michele, rispettavamente Jesse St.James e Rachel Berry nel telefilm. Mi è sembrato carino scegliere proprio questo musical creando una sorta di parallelismo con la realtà esterna al telefilm.
  • Salve, mi chiamo Rachel Berry e vorrei cantare On My Own dall’intramontabile musical di Broadway, Les Miserables, è ciò che Rachel dice nella 1x01 quando si presenta all’audizione per il Glee club.
  • Il titolo della shot – I love her, but only on my own – è ripreso da un verso di On my own, canzone tratta dal musical Les Miserables e che Rachel canta sempre nella 1x01.




   
 
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