Fanfic su attori > Tom Sturridge
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Autore: Love_in_London_night    15/12/2010    10 recensioni
Lei cercava la faccia che più la faceva sentire a casa, specialmente quel giorno.
Lui aveva scelto di ritrovare una faccia familiare in un modo alternativo.
Lei aveva scelto le caramelle perchè i pop corn facevano troppo rumore quando venivano masticati, disturbavano.
Lui, beh, aveva scelto i pop corn.
Una distanza colmata. Due chiacchere. Perchè in fondo, le stava simpatico, e le piaceva guardare i film in compagnia. Peccato per quei pop corn!
Ed era solo l'inizio...
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ragazze ciao! Scusate il ritardo, ma il lavoro, il natale e il compleanno di una mia amica mi stanno "succhiando" tutto il tempo libero, e faccio fatica a scrivere!
Ci vediamo giù per le ultime comunicazioni, ok? un bacio


Capitolo 7

Each tale has a different ending

Da quando si erano ritrovati, mai un bacio era sfuggito alle loro bocche, e mai una voglia era rimasta insoddisfatta.
Dopo aver comprato il cellulare nuovo, si erano diretti a casa per mangiare un boccone, ma la cena era diventata fredda, ed era rimasta intatta.
I loro corpi si erano fusi, chiamandosi in grida senza eco. Si erano assaggiati, mischiati, assaporati ed appartenuti.
Si erano svelati per quello che erano, con la voglia di farlo davvero.
Avevano capito di essere compatibili sotto ogni punto di vista, nel loro modo un po’ strano di viversi a vicenda.
E anche quel giorno uggioso di fine febbraio, erano distesi a letto, coperti da un piumino caldo che scaldava i loro corpi nudi ma ancora bollenti.
Le guance di Daphne erano rosse, e gli occhi brillavano appena da sotto le palpebre.
Tom era perso in questi particolari, che sapeva costituivano la sua beatitudine.
Piano lei si ridestò dal torpore, aprendo gli occhi.
Lui non perse tempo, e le posò una carezza sul viso, scostando i capelli che le erano cascati davanti agli occhi.
Si aprì in un sorriso che poteva sciogliere un ghiacciaio, e avvicinò il volto a quello del moro.
- Lo sai che tra poco devo alzarmi perché devo tenere Aidan, vero?
Tom fece una smorfia contrariata, ma sapeva che con quel lavoro si pagava da vivere – Me lo ricordavo… ma speravo che tu te ne fossi dimenticata! – la mano si posò sul fianco di lei – È fortunato quel bambino… soprattutto perché non posso essere geloso di lui!
- Per forza, ha quattro anni! – protestò scuotendo la sua chioma rossa.
- Meglio per lui, se no mi toccherebbe sfidarlo – e ridacchiò.
Daphne fece per alzarsi, ma Tom l’afferrò per un polso, con una delicatezza che riservava solo a lei.
La fece ridistendere su un fianco e la supplicò – Solo un bacio, per favore…
Lei non disse nulla e non si mosse, prese solo ad accarezzargli il volto con entrambe le mani.
Tom agguantò l’altro polso con la mano libera, e la guardò disperato. Questo la fece sciogliere, e stringendo un po’ di più il viso, si avvicinò.
Passò il suo naso sui contorni della bocca di lui, annusandone l’odore che sapeva di lei. Le piaceva lasciare quell’impronta, lo faceva sentire suo.
Piano con la morbidezza delle sue labbra si accostò a quelle di lui, che approfittarono della vicinanza per intrappolarle in un bacio lento e profondo.
Daphne rispose, catturata da quella dolcezza e quella passione, che caratterizzavano tanto Tom. Per approfondire quel contatto si avvicinò meglio con il busto, e il moro non si fece scappare l’occasione.
Una mano liberò il polso, e andò al fianco, carezzandolo con l’indice, mentre le gambe si intrecciavano a quelle di lei.
Era sempre una sofferenza staccarsi dalla sua ragazza, e cercava in tutti i modi di ritardare il più possibile quel momento.
Ma lei lo conosceva bene, e sapeva di dover rispettare un impegno importante. D’altra parte, era il suo lavoro.
Si separò di colpo, e giocando sull’effetto sorpresa si alzò per recuperare la propria biancheria intima, abbandonata sul pavimento.
Tom si alzò di scatto, e si mise a sedere sul letto scontento. Con le braccia incrociate al petto, la guardava cercare i propri vestiti. Ammirava affascinato i giochi di luce che si ricreavano sulla linea della sua schiena, e si impose di rimanere nel letto, al posto di alzarsi per seguirla e soddisfare la sua nuova voglia.
Quando Daphne uscì dal bagno rivestita e pettinata, si ritrovò a supplicarla di nuovo.
Lo faceva apposta, sapeva bene che davanti a quel tipo di richieste avrebbe sempre ceduto.
- L’ultimo – e unì le mani in segno di preghiera, corrugando le sopracciglia e facendo sporgere il labbro inferiore.
La rossa non se lo fece ripetere due volte, si avvicinò e impresse le sue labbra su quelle del ragazzo, che tentò di tirarla su di sé.
Lei si scansò e gli sorrise da lontano – Diavolo tentatore…
Ridacchiò in risposta, e colpito da un’illuminazione improvvisa, raccattò i boxer e la seguì fino alla porta di casa – Dopo, torna qui e fermati a dormire.
A Daphne si scaldò il cuore – È da due mesi che ci provo in tutti i modi, finalmente ti sei svegliato e l’hai capita!
Iniziò a scendere le scale, saltellando – A dopo!
E se ne andò prima di vedere il volto soddisfatto di Tom, marchiato da quel sorriso che sapeva di lei, solo di lei.
 
Erano in giro per cercare un regalo adatto per la mamma di Tom. Anche se non erano riusciti a dirsi ciò che realmente provavano, era diventato normale per loro fare certe cose, e quindi l’attore decise di presentarla in casa.
Daphne era nervosa, aveva paura del giudizio dei genitori del suo ragazzo, e in più non ne capiva il senso.
Non le aveva detto ancora quelle due parole, ma la presentava in famiglia. Insomma, era un bel passo, e non sapeva come interpretarlo.
Doveva scegliere un presente perfetto, indirizzato soprattutto alla madre di Tom, ma che potesse essere apprezzato anche dal padre.
Quindi le risultava più o meno così: un disastro annunciato.
E Tom certo non contribuiva a darle una mano e a distenderle i nervi: si divertiva a prenderla in giro e a commentare le sue bizzarre scelte. A lei questo atteggiamento irritava parecchio, ma cercava di non darlo a vedere, se no sarebbe sbottata.
Dopo un’estenuante ricerca, scelse una lampada che il suo ragazzo si era degnato di consigliarle, dicendole che piaceva da parecchio ad entrambi i genitori.
Si, come presente era davvero strambo, ma almeno era certa di andare sul sicuro.
Daphne 1 – famiglia Sturridge 0.
Per ora.
Decise di distendere i sensi con un po’ di sano shopping, e costrinse Tom a seguirla in un centro commerciale, doveva trovare il vestito perfetto per stendere definitivamente i genitori del suo nuovo amore.
Tom intanto pensava a tutt’altro, sembrava stesse calcolando qualcosa di preciso, e anche di molto lontano. Per Daphne non era proprio presente, e la innervosiva ancora di più. Stava per esplodere.
- Mi consigli qualche vestito, per favore? – gli chiese esasperata.
- Ehm… si. Si si! – e le sorrise furbo.
Entrò nel camerino con capi per un armadio vuoto, avrebbe fatto la cernita provandoli tutti.
Si armò della poca pazienza rimastale e infilò il primo.
Dopo sette vestiti era ancora in alto mare. A lei piacevano tutti – ovviamente – e quando chiedeva un parere a Tom, si limitava ad annuire o storcere la bocca. A volte si lasciava sfuggire un si o un no.
Daphne stava per scoppiare.
L’ottavo vestito la colpì dritta al cuore, a tradimento.
Non era un vestito, ma il vestito.
Quello che ogni ragazza voleva per sé. Quello che avrebbe voluto indossare ogni giorno.
A fare la spesa al supermercato, a portare fuori il cane (ne avrebbe comprato uno solo per portarlo a spasso), su qualche red carpet o in palestra.
Era divino, e se lo vedeva benissimo addosso.
Praticamente era un miracolo disegnato su tela.
Uscì dal camerino quasi emozionata – Beh, allora che dici?
Tom alzò la testa con un sorriso mozzafiato, ma anche un po’ stanco.
Era maledettamente insolente – Mh.
E dopo un po’ aggiunse – Si.
Era divertito. Guardava la sua ragazza e la vedeva in profondità.
Stava strepitosamente, non c’era altro modo per definirla. Quell’abito sembrava fatto apposta per abbinarsi ai suoi capelli e alla sua pelle. A quel sorriso così dolce ed innocente.
Ma non poteva dirglielo, non poteva cedere. Doveva portarla al punto di non ritorno.
Aveva aspettato quel momento, sapendo di potersi sbilanciare, voleva farlo da tutto il giorno, ma lei ora era pronta per dire la verità, forse. Ancora un po’, e lo sarebbe stata sicuro.
Anche lui aveva bisogno di certezze.
Daphne si fece sotto al suo naso, un bel po’ più in alto di lei. Era livida.
Lei si sentiva una favola, e lui diceva ‘mh’?
Lei stranamente si piaceva, e lui diceva solo ‘si’?
Non era umanamente possibile.
E poi, poteva negare fino alla morte, ma aveva visto il suo sguardo: gli piaceva, e lei lo sapeva. Ora gliel’avrebbe fatto ammettere.
- Vuoi dire che sono solo carina con quest’abito? – e si alzò in punta di piedi, mostrando un po’ di più il suo seno, troppo piccolo per poter essere messo in risalto davvero da quella posizione.
- Beh, si – ridacchiò Tom in risposta. Aveva alzato le spalle per accompagnare le sue parole.
- Bugiardo – sibilò tra i denti.
- Permalosa.
- Chi, io? Ti sbagli. Sei tu che porti all’esasperazione! – davvero non aveva capito che quella era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso?
- Sei una bugiarda anche tu!
- E tu sei… uno stronzo!
Tom sorrise.
- Io ti amo…
- E ti amo anche io! – sbottò arrabbiata.
Poi si accorse di quello che lui le aveva detto, e di quello che lei stessa aveva risposto. Si bloccò di colpo, con gli occhi spalancati e la mano sulla bocca, sconvolta.
La faccia era talmente rossa da far impallidire anche i capelli.
Posò la mano libera sul cuore, nella paura di vederlo scappare fuori dal petto a causa della velocità con cui batteva.
Tom era decisamente più disteso. Si abbassò un poco, per allineare il viso con quello di Daphne – Scusa se ti ho fatto arrabbiare, ma era da un po’ che volevo dirtelo, e sapevo che tu ti saresti chiusa a riccio. L’unico modo per farti parlare è quello di farti arrabbiare per farti sfogare a ruota libera…
E le accarezzò il naso con il suo.
Gli diede un pugno sul petto, e lo guardò con gli occhi lucidi. Lui incassò il colpo in silenzio, spaventato.
- Tu! Sei il peggiore di tutti i bastardi.
Respirò profondamente e poi si accoccolò al petto di Tom, abbracciandolo all’altezza della vita.
- Potresti ridirlo?
- Scusa, non volevo far…
- No, non quello. L’altro pezzo
Tom ghignò sui suoi capelli rossi – Ti amo.
Daphne alzò il viso e catturò le labbra del suo ragazzo, allungandosi sulle punte e poggiando le braccia dietro il suo collo.
Aveva capito che la felicità poteva spezzarti l’anima – come a lei in quel momento – e rimetterla insieme alla velocità della luce, più e più volte ancora.
Si staccò a malincuore, e disse – Comprerò questo vestito.
Difatti, oltre ad essere perfetto per l’occasione e a starle bene, aveva improvvisamente acquistato un valore affettivo.
- Devi proprio. Ti sta d’incanto!
Entrò nel camerino saltellando, e lo lasciò lì da solo, nel mezzo del mondo che piano stavano iniziando a costruire insieme.
 
Il pranzo a casa dei genitori di Tom era un ricordo lontano, nonché ormai una visita mensile per passare il tempo insieme.
Tra Daphne e Phoebe c’era stato fin da subito un feeling particolare, ed il moro ne fu ben lieto: sua madre era di gusti davvero difficili.
Tra i due ragazzi le cose andavano bene. Certo, a volte litigavano, ma poi facevano pace nei modi più disparati.
Facendo l’amore, parlando, scherzando e anche andando a vedere le partite dell’Arsenal allo stadio con la neve.
Dopo aver reso chiari i propri sentimenti, si erano sentiti entrambi più leggeri e distesi. Anche il loro dialogo ne aveva guadagnato.
Quella sera sarebbero andati in un locale per sentire suonare Sam di ritorno da una tournée mondiale, e prima di uscire Daphne voleva cucinare qualcosa.
- Tom! Ma come fai ad essere ancora vivo?
- Perché? – chiese lui davvero incuriosito.
- Perché? Ma perché nel tuo frigorifero non c’è nulla, anzi – e aprì qualche altro sportello – In casa tua non c’è nulla!
- Daph, lo sai che esistono le consegne a domicilio? – e rise.
- Certo, ma costano! – e sorrise, non riusciva ad arrabbiarsi con lui per così poco.
- Bene, usciamo. Ma paghi tu la cena! – precisò subito – Mangeremo qualcosa sulla strada per il locale, ok?
- Certo! Anche se non mi è chiaro il motivo per cui dovrei pagarti la cena.
- Punto uno: è colpa tua se usciamo, perché non hai fatto la spesa. Punto due: perché sono la tua ragazza, e tu sei un gentleman. Punto tre: mi ami alla follia, e per te questo non è uno sforzo – snocciolò velocemente le ragioni di quella decisione – O sbaglio?
La strinse da dietro e la guidò fuori di casa, baciandole la guancia – Giustissimo capo, il tuo ragionamento non fa una piega.
E si incamminarono verso la fermata della metropolitana.
Arrivarono vicino a Picadilly, e con il loro take away da consumare passeggiando preso al Noodle Corner, passarono in rassegna le vetrine di alcuni negozi.
Sfilarono davanti a Tiffany, e Daphne si fermò imbambolandosi.
- Daph, amore mio, andiamo!
- Oh Tom, ho appena visto il mio anello di fidanzamento! – e lo guardò con occhi sognanti.
A lui sprofondò il cuore nello stomaco – E con chi?
Gli arrivò una gomitata nello stomaco che quasi gli fece vomitare gli spaghetti al curry.
- Con te, stordito! – e tornò alla vetrina – Guarda quel bel solitario, semplice e brillante. Carino, no?
- Carino? Caro rabbioso direi! E poi chi ti ha detto che io voglio sposarti? – stava mettendo le mani avanti. Amava Daphne, ma non era ancora il momento di pensare a queste cose, era troppo presto.
- Stai calmo – e alzò gli occhi al cielo – Sto parlando di un futuro moooolto lontano. Sempre che io non ti lasci prima, ovvio!
- E perché tu dovresti lasciare me, e non viceversa?
- Perché tu sei troppo innamorato.
- Senti chi parla! – disse lui alzando il tono di un’ottava.
- Dai, andiamo prima che tu ti metta a correre nella direzione opposta alla mia – e lo trascinò verso il locale, al riparo dal freddo.
Ma Daphne non poteva immaginare cosa aveva scaturito il suo innocuo pensiero in Tom.
A lui era chiaro il ruolo di Daphne nella sua vita: era fondamentale. E già dal loro primo incontro, in quell’ormai lontano ottobre, aveva capito di volerla di fianco a lui fino alla fine dei suoi giorni, se lei gliel’avesse permesso.
Si ricordava benissimo la sensazione di calore e di sicurezza che già da Starbucks l’aveva invaso dolcemente.
Il discorso di lei non gli sembrava più così astruso come prima.
E già una volta si era fermato a fissare vetrine colme di anelli, individuandone uno perfetto per lei, con un taglio particolare che ricordava quello di una caramella. Quel filo conduttore invisibile che li aveva tenuti legati.
Forse, inconsciamente, ci pensava anche lui.
Aveva passato la notte in bianco, con quel pensiero fisso.
Aveva visto Daphne in abito bianco, e si era emozionato. Non solo: gli era apparsa una figura diversa, come se fosse davvero un sogno. Aveva gli occhi chiari e i capelli rossastri, e non era alta più di un metro. Correva tra l’erba e quasi gli volava in braccio.
L’aveva vista pure un po’ più grande, il primo giorno di scuola, e anche adolescente, quando avrebbe nascosto a lui e Daphne l’interesse per i ragazzi. Quelli di cui si sarebbe innamorata, e quelli che le avrebbero spezzato il cuore.
Il solo pensierò lo tormentò.
Aveva visto sua figlia come poteva essere, ed era bellissima.
La voleva.
Si addormentò per poche ore, con un’espressione beata.
Il giorno successivo era ritornato davanti a quella gioielleria e l’aveva comprato.
No, non voleva chiederglielo subito, ma preferiva avere un promemoria riguardo a quello che si aspettava dalla sua vita in futuro.
Voleva averlo accanto a sé, nel cassetto del comodino, per ricordarsi il motivo per cui si svegliava ogni giorno.
E poi aveva preso la palla al balzo: magari dopo cinque anni, non l’avrebbe più trovato. E sapeva che quello era l’anello di Daphne.
E se anche non avesse sposato Daphne, avrebbe già avuto un anello di fidanzamento per la sua futura moglie. Quest’ultimo pensiero però, non gli dava forza.
Si, quella scatolina in tasca gli dava sicurezza.
Era come aver ipotecato il suo futuro, era davvero soddisfatto.
Estrasse il cellulare di tasca e lo lasciò squillare.
- Pronto? – rispose lei sottovoce, uscendo dall’aula.
- Daph, ti amo…
Lei sorrise – Ti amo tanto anche io!
- Ci vediamo dopo, vado sul set – e chiuse la telefonata, rendendosi conto di essere in ritardo.
Si, un giorno l’avrebbe resa partecipe dei piani riguardanti il suo futuro.
Sorrise alla folla di sconosciuti che gli passavano accanto.
Non vedeva l’ora.

FINE

______________
Eccoci qui, anche questa mini storia è finita.
Ah ah! Ma non è del tutto vero!
Perchè intorno a martedì prossimo, posterò sotto l'altra mia ff conclusa "HATE EVERY BEAUTIFUL DAY" un capitolo extra, che sarà cross over e comprenderà anche il finalissimo finale di questa, spero che vogliate leggerla!
Ci sentiamo presto, un bacione e TANTI AUGURI in  anticipo!

 

   
 
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