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Autore: ValeWolf    05/12/2005    9 recensioni
Ron/Hermione al 100%. I nostri due testardoni dovranno prima capire i propri sentimenti, poi ammetterli a loro stessi, e alla fine dovranno anche fare lo sforzo di confessarseli... Ecco le evoluzioni del loro rapporto in un ipotetico sesto anno del trio.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: George, e, Fred, Weasley, Ginny, Weasley, Harry, Potter | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO I

Premetto che non so come andrà a finire esattamente, ma un paio di chap li ho in mente, quindi fatemi sapere se vorreste che la continui. Vi avviso che se non la finirò prima dell'uscita del sesto libro probabilmente resterà incompiuta, dato che non saprei andare avanti sapendo come vanno le cose nell'originale. Se però avrà successo vedrò di concluderla… Buona lettura.

 

Capitolo I

Solo Un Po' Brilli

 

“Cause I'm in too deep, and I'm trying to keep,
Up above in my head, instead of going under.
Cause I'm in too deep, and I'm trying to keep,
Up above in my head, instead of going under.
Instead of going under.”

(sum 41 – In too deep)

 

Si sentivano solo loro tre. Ridevano spensierati per una battuta che uno dei due ragazzi aveva appena fatto, ma che in realtà nessuno ricordava già più. Nemmeno la ragazza sapeva perché stava ridendo, eppure lo faceva, eccome se rideva, e stranamente, per la prima volta in vita sua, il fatto di non capire il perché, non faceva che divertirla di più. Non aveva pensieri. Anzi, uno lo aveva: pensava di non essersi mai sentita meglio in vita sua. Quel rigido controllo che si imponeva era… Ma perché non l’aveva capito prima? Perché la sua vita fino a quel momento era sempre stata dominata da una sorta di contegno che l’aveva privata di quella sensazione di libertà che invece provava ora?

Camminavano uno affianco all’altro: verso l’interno, sulla sinistra, c’era il ragazzo alto che aveva fatto la battuta; al centro barcollava un ragazzo piuttosto minuto che aveva l’aspetto di chi stesse crescendo tanto in poco tempo, ma che restava comunque molto magro; la ragazza era sulla destra, verso il margine della banchina. Camminava più velocemente, portandosi a un paio di passi innanzi agli altri due. Quando avanzava troppo, si fermava per aspettare gli amici, dondolando sul posto in modo buffo. Probabilmente proprio questo suo ciondolare era stato l’oggetto del commento del rosso, che ancora non smetteva di ridere.

Per niente indispettita, lei aveva ripreso a camminare ridendo e fregandosene delle prese in giro, anzi divertita come una matta da esse. Aveva infine trovato molto interessante il testare il proprio stato di lucidità avanzando in linea retta.

Ron si girò e la vide cercare di camminare diritta sulla striscia gialla che segnava il limite da non superare. Immancabilmente però lei sbandava da una parte o dall’altra, avvicinandosi ora a Harry, ora al ciglio. Il ragazzo spostò lo sguardo divertito su Harry, che era ancora in preda a risate gutturali. Vedendo Ron, cercò di trattenersi col solo risultato di gonfiare le guance in modo ridicolo e sbuffare fuori l’aria con una sonora pernacchia non prevista, sputacchiando un po’ addosso all’amico. Quest’ultimo, indeciso se arrabbiarsi o schifarsi, prese a ridere ancora più forte, asciugandosi gli occhi per metà dalla saliva e per metà dalle lacrime che gli uscivano per le troppe risate. Iniziava ad avvertire un dolorino alla bocca dello stomaco, là dove i muscoli si contraevano nel ridere. Era un dolore piacevole, che la sua mente era disposta a provare anche per tutta la vita, ma che il suo corpo rifiutava di sopportare per troppo tempo. Boccheggiò e si impose di prendere aria… ma non doveva essere una cosa involontaria? Perché doveva dare lui l’ordine ai suoi polmoni di respirare?

Si era proprio rincitrullito, pensò. E a seguire vi fu un’altra risata. Questa volta Harry lo guardò incuriosito, ma poco dopo fu contagiato dall’allegria dell’amico. Ripresero a ridere, mentre la minuta ragazza alla loro destra percorreva ancora la striscia di demarcazione. Si sentì un fischio ovattato in lontananza. Una donna tutta imbacuccata in una pelliccia, sebbene fosse l’inizio di settembre e facesse ancora relativamente caldo, li guardò sprezzante. Harry le fece una smorfia, e quella alzò il mento, altezzosa, andandosene scandalizzata. Ron le gridò dietro qualcosa che riguardava il mondo della magia e che non avrebbe dovuto dire in presenza di Babbani, ma nessuno se ne curò. La gente che passava semplicemente pensò che erano un po’ fuori di testa e non vi badò più di tanto. Harry però aveva ripreso a ridere per il commento di Ron, qualcosa che riguardava un molliccio che ha per caso incontrato Neville, e poi una cosa sulle Pallottole Puzzole ed il naso di quella donna, anche se non ricordava più come due cose fossero connesse. Hermione, presa com’era dal suo test, non aveva visto la donna e ora si era girata verso i suoi due amici, curiosa. Non guardando più la linea, procedeva ancora più a zig zag.

Harry era troppo preso a ridere per fare altro che non fosse mettere un piede davanti all’altro. Ron lo guardò con poca concentrazione. Aveva ricominciato a girargli la testa. Fu un fischio, stavolta più vicino, molto più vicino, che lo fece risvegliare completamente e sgranare gli occhi. Girò di scatto la testa all’indietro. Le ossa del collo gli scricchiolarono sonoramente, ma lui non se ne badò. Velocissimo, riportò lo sguardo su Hermione: eccola là, stava barcollando e… era terribilmente vicino al ciglio della piattaforma. Tagliò la strada a Harry, scostandolo senza troppi complimenti con una brusca manata e facendolo cadere con le chiappe per terra. Ignaro, quello riprese a ridere, anche se un po’ offeso. Non poteva farne a meno.

Ma Ron non sentiva più niente intorno a lui, nemmeno l’altoparlante della stazione, che avvisava i gentili passanti di non superare la linea gialla di demarcazione. Ora la testa gli vorticava paurosamente, ma non era per lo stesso motivo di prima. Hermione l’aveva superata quella linea, e, per merlino, stava per superare anche il margine. Si buttò in avanti e le prese le braccia tra le sue mani. Lei lo guardò disorientata. Si scambiarono un breve sguardo intensissimo, che a entrambi sembrò durare una vita e che esprimeva tutto ciò che provavano in quel momento: Hermione aveva le pupille dilatate dallo spavento e dalla confusione, Ron uno sguardo di pura angoscia e qualcos’altro di indecifrabile, come di rimpianto per non aver fatto qualcosa. Poi quell’attimo si spezzò e Ron sollevò di peso per le spalle l’amica, ancora incapace di reagire. Girò su sé stesso, portando la ragazza lontano dai binari e rivolgendo la schiena ad essi. Strizzò forte gli occhi mentre il treno passò dietro di lui, sferragliando così vicino che lo spostamento d’aria gli sollevò completamente la maglietta bianca leggera che indossava e gli fece cadere a terra la bacchetta che teneva nella tasca posteriore dei calzoni. Barcollò, un po’ per l’alcol che aveva in corpo, un po’ per la ventata, ma soprattutto per lo spavento. Aveva ancora gli occhi serrati quando si accorse che si stava sbilanciando all’indietro. Poi sentì una mano nella sua e venne riportato con fatica in avanti. Riacquistò l’equilibrio, ma non riaprì gli occhi. Il cuore gli batteva all’impazzata, eppure poco prima sembrava essersi fermato completamente. Ora gli rimbombava nelle orecchie. Aveva ancora la sua mano nella propria.

«Ron…». Un nome, appena sussurrato, quasi con timore. Eppure lui l’aveva sentito benissimo nel trambusto della stazione. La sua bacchetta vibrava, ancora  a terra, per la scossa causata dal passaggio del treno. Poi il convoglio rallentò e si fermò del tutto. «Ron?», ripeté Hermione. Lui aprì gli occhi, piano. «Stai bene?», gli chiese lei, non appena vide il suo sguardo. Lui la guardò, spiazzato e confuso. Aprì la bocca per parlare, ma fu interrotto dal controllore del treno, che era sceso e sembrava furibondo. Aveva iniziato a sbraitare contro i due ragazzi.

«Ma dico, siete impazziti?!?», urlò, «Vi è dato di volta il cervello per caso??»

Hermione cercò di rispondere, ma non seppe cosa dire. E questa volta la nuova sensazione di essere senza parole non le piaceva affatto. Ora capiva benissimo perché fino ad allora si era sempre controllata. Lei e Ron avevano appena rischiato la pelle, e Ron l’aveva rischiata per lei! La consapevolezza di ciò che aveva appena pensato si abbatté su di lei, e si buttò tra le braccia del ragazzo che aveva di fronte. Lui barcollò ancora, ma la sostenne, imbarazzato e con le orecchie rosse e bollenti.

«’rmio’…», disse, rauco. Gli era venuto mal di gola. Inspirò profondamente. Riprovò a parlare. «Herm…». Le mise una mano sulla testa, cauto.

«Allora?», asserì il controllore. Ron girò la testa di scatto, Hermione si tirò indietro sobbalzando. Si erano completamente scordati della presenza dell’uomo, ma questa volta non era a causa della sbronza. Ron si schiarì la voce.

«Ci scusi», lo interruppe l’amica, «ci eravamo distratti».

«Sì, certo!», fece brusco l’uomo, sentendo odore di vino. Fece finta di nulla, ma scossa la testa. «Be ’, state più attenti la prossima volta», concluse, lanciando loro un’occhiata allusiva. Hermione abbassò lo sguardo, e Ron ringraziò il cielo per questo: era diventato scarlatto. Il controllore risalì sul treno, urlandogli dietro un ultimo «E levatevi di lì!» e scomparendo nel vagone.

Si guardarono zittiti per un attimo, poi il silenzio fu interrotto da una sonora risata. Si girarono entrambi verso la fonte del suono, e si stupirono non poco di vedere Harry rialzarsi facendo leva sul baule che aveva accanto. Anche Hermione arrossì.

«Dovreste vedervi, sembrate due culi di babbuino rossi!», asserì ridendo.

Ron lo guardò cupo, poi la sua espressione mutò. Aggrottò le sopracciglia, perplesso. «Che ci facevi lì per terra?», chiese, sulla faccia dipinta la più genuina curiosità.

«Boh!», rispose Harry. I tre si guardarono un attimo, dubbiosi. Poi scoppiarono di nuovo a ridere, e Harry ricadde a terra. Si rialzò, spazzandosi via la polvere dal retro dei jeans. Sghignazzarono ancora: dopo quei momenti di lucidità, tutto l’alcol che avevano in corpo riprese a fare effetto. Si riavviarono, trascinandosi dietro quell’unico baule di cui Harry si era servito per rialzarsi.

Si accorsero di aver superato la colonna tramite la quale si raggiungeva il binario 9 e ¾. Senza preoccuparsene più di tanto tornarono indietro e si apprestavano ad oltrepassare il muro, quando sentirono una voce alle spalle.

«Hermione!». Era Ginny. Le due ragazze, che non si vedevano dal giugno scorso, si salutarono calorosamente. L’ultima nata dei Weasley salutò sbrigativamente gli altri due ragazzi, che aveva visto la mattina del giorno prima alla Tana. Harry vi aveva soggiornato per quasi tutto agosto: ormai, da quando il suo sangue scorreva in Voldemort, non aveva più molto senso tornare dai Dursley, ma Silente aveva insistito affinché passasse almeno un mesetto a casa dei suoi zii. Harry sospettava che ci fosse sotto qualcosa, ma in fondo non voleva creare troppo disturbo alla famiglia di Ron e non aveva protestato. Non più di tanto, almeno.

Ginny avvertì l’odore che aleggiava attorno ai tre ragazzi. «Vi siede dati alla pazza gioia dai gemelli, vedo», disse, non senza una punta di amarezza. Fred e George avevano proposto di passare l’ultimo giorno, e soprattutto l’ultima notte di vacanza a Diagon Alley, dove avevano comprato baracca e burattini, ovvero un piccolo appartamento ed un grandioso negozio di scherzi che avrebbero inaugurato di lì a un mese. Harry e Ron avevano accettato subito, e nemmeno Molly era riuscita ad impedire loro di andare, ma per la più piccola dei suoi figli non c’era stato niente da fare. La signora Weasley si era imposta, non volendo che anche la sua bambina venisse traviata da quegli irresponsabili ed insensati che erano i gemelli, ma non sapeva che ormai Ginny era la loro complice più fedele. Assomigliava senza dubbio ai due fratelli ed aveva l’importantissimo compito di presiedere alle vendite dei loro articoli all’interno di Hogwarts senza farsi beccare da Hermione. Ron non rappresentava un problema: anche se era prefetto, non avrebbe mai osato mettersi contro ai gemelli, un po’ per paura, ma anche perché in fondo amava i loro scherzi e non riusciva ad immaginarsene il castello privo.

Ginny era rimasta alla Tana, meditando di prendersi la vendetta sulla madre. Hermione, dal canto suo, li aveva raggiunti a casa dei gemelli solo nel pomeriggio, poiché era appena tornata dalle vacanza con i suoi. Durante il giorno avevano visitato il negozio, non ancora ultimato, ed avevano aiutato i gemelli in alcuni preparativi. Alla sera avevano… festeggiato, ci si può ben immaginare come, date le condizioni dei tre. Fred e George, abituati a feste in stile Weasley – i veri Weasley, avevano aggiunto, escludendo dalla definizione Percy e lanciando un’occhiataccia a Ron, sperando che ben presto si sarebbe dato una svegliata –, li avevano definiti tre “mocciosi che non reggono l’alcol”, ma in realtà anche loro erano un po’ allegri. La festa di addio vacanze era andata un po’ fuori misura, visto che persino Hermione si era lasciata andare – non dopo insistenti sollecitazioni di tutti.

«Non fatevi vedere così da mamma!», avvertì Ginny, preoccupata. Molly Weasley si stava avvicinando, trasportando a fatica un carrello carico di bauli e gabbie di animali, tutte appartenenti a Harry, Ron e Ginny. Il baule di Hermione era quello che si era trascinato dietro Harry, non prima di averlo alleggerito con l’aiuto di Fred – loro non potevano ancora fare magie al di fuori di Hogwarts. Ginny sfoderò la bacchetta velocemente con l’intenzione di fare qualcosa per quell’odore.

«Ferma che fai?», la interruppe Harry, mettendosi a ridere sommessamente. Lei lo guardò male.

«Come, che faccio? Ucciderebbe prima voi, poi i gemelli se vi vedesse così!», indicò con la punta della bacchetta la macchia violacea sulla maglietta di Ron.

«Ti espelleranno!», spiegò Ron, mettendosi a ridere anche lui. Hermione, con grande sorpresa di Ginny, li seguì a ruota.

«Oddio!», fece la ragazza, disperata. «È peggio di quanto sembri!»

Qualcuno però le venne in aiuto. George stava correndo verso di loro con la gabbietta di Grattastinchi in mano. Fred si era fermato a distrarre la madre.

«Hai dimenticato questo», disse sbrigativo il ragazzo, porgendo il gatto alla proprietaria, che ricominciò a ridere. Grattastinchi le soffiò, come a ricordarle che non era da lei. Ginny alzò gli occhi al cielo, concordando col gatto. Era Hermione quella che risolveva questioni come quella, di solito. Lei non sapeva che fare. Il fratello più grande la soccorse. Con un rapido incantesimo tolse il puzzo, e diede ai ragazzi delle capsule colorate. I tre le presero in mano non troppo convinti.

«Forza, sbrigatevi!», li esortò.

«Mmh», fece Ron. In quel momento sembrava quasi sobrio. «Che sono, Fred?»

«George», corresse Ginny, lanciando uno sguardo preoccupato alla madre. Fred non l’avrebbe tenuta lontana ancora per molto.

«Ah», disse semplicemente Ron.

«Cosa sono?», ripeté Harry.

«Pastiglie Dopo-Sbornia. Forza, sbrigatevi!»

Dopo un attimo di esitazione ingoiarono le pillole. George sorrise soddisfatto, poi trascinò Ginny da parte, sussurrandole qualcosa. Ron si lasciò cadere sul baule di Hermione, aspettando la madre. La pastiglia stava facendo effetto, perché ora non vedeva più di tanto doppio.Si accorse di essersi seduto, ma di non sentire la bacchetta nella tasca dei calzoni. Ricordò lo spostamento d’aria che c’era stato quando il treno gli era passato vicino, e scattò in piedi.

«Miseriaccia!»

«Tutto bene?», chiese Harry. Anche lui si stava riprendendo.

Ron non rispose. Corse nel punto dove si erano fermati qualche minuto prima e raccolse qualcosa da terra. Tornò sconsolato dagli altri, mostrando loro la bacchetta. Qualcuno doveva esserci passato sopra col carrello, perché era scheggiata verso la punta. La rimise in fretta nella tasca, questa volta in quella davanti. Non voleva che sua madre la vedesse.

Poco dopo la signora Weasley li raggiunse. Harry sbarrò gli occhi notando la chiazza di vino che spiccava ancora sulla maglia bianca di Ron. Attirò l’attenzione dell’amico e gliela indicò con un cenno del capo. Ron la coprì con una grossa mano, sussurrandogli un ringraziamento. Non vedeva l’ora di tornare ad Hogwarts e poter usale l’incantesimo gratta-e-netta tutte le volte che voleva. Si promise di non rifiutarsi più di usarlo, lasciando il compito di pulire agli elfi domestici con grande disappunto di Ron.

Molly li salutò senza accorgersi di niente. «Allora, Hermione, come sono andate le vacanze?», chiese ingenuamente. La ragazza se la cavò piuttosto bene nel risponderle.

«E tu adesso me lo dici?», sbraitò Ginny, rivolta al fratello.

«Ti sto solo dicendo di tenerli un po’ d’occhio per le ore successive!», si difese George.

«No, tu mi stai dicendo che saranno più ciuchi di prima per tutto il giorno, e che io dovrò essere responsabile per loro!»

«Abbassa la voce!», disse George.

«Abbassa la voce? Abbassa la voce??», sbraitò lei in tutta risposta.

«Non capisco perché ti agiti tanto», s’intromise Fred, che aveva raggiunto i due. «In fondo non ti sarà difficile controllarli. Sarete sul treno, no?»

«Sul treno?», chiese Ginny, sarcastica. «Massì, certo, che stupida! Saremo sul treno… e poi io posso sempre sdoppiarmi, nessun problema, proprio nessunissimo problema!»

«Sdoppiarti?», chiese George. «Non ti capisco…»

«Già, quei tre sono inseparabili», continuò Fred, «non avrai bisogno di…»

«Farti in quattro», concluse George.

«In quattro no, George, ma in due si!», asserì la sorella.

«Vuoi dire che Hermione e…»

«No, Fred, voglio dire che Ron e Hermione sono prefetti!», interruppe lei, intuendo cosa stesse per dire il fratello. «E io non posso seguirli alla riunione», concluse, sconfortata.

Fred e George finalmente capirono, ma non comparve preoccupazione sul loro viso, come invece si era aspettata Ginny.

«Oh, beh», fece Fred sbrigativamente, «poco male».

Ginny rimase basita.

«Il massimo che possono fare, se beccano Ron ubriaco, è toglierli il distintivo da prefetto», sul viso di George comparve un ghigno soddisfatto.

«Esattamente», disse Fred. «Non possono togliere punti a Grifondoro, perché tecnicamente non ha bevuto mentre era a scuola…»

George annuì. Ginny aprì la bocca per parlare: non gli impostava se Ron avrebbe perso il posto di prefetto, ma per Hermione sarebbe stata una vera e propria rovina. Poi però cambiò idea. Loro non avrebbero capito, e se anche l’avessero compreso, se ne sarebbero fregato. In fondo per loro non era mai contato nulla, anzi, era quasi un disonore diventare prefetto, e lei in realtà la pensava più o meno così. Ma per Hermione era una cosa di vitale importanza, faceva parte della sua natura, mentre per Ron… oddio, per Ron era un modo per distinguersi, per farsi valere, per essere all’altezza degli altri fratelli Weasley. Beh, come aveva detto Fred, “poco male”: se avessero perso la carica, sarebbe stato un motivo per Hermione di cambiare un po’, mentre lei stessa avrebbe aiutato Ron a farsi valere, nel suo stile, però, o se preferite nello stile dei gemelli.

Richiuse la bocca e scosse la testa. «Speriamo in bene», disse. Gli altri due annuirono. Poi fece la fatidica domanda: «Avete dato loro qualcos’altro?», chiese, rassegnata. Era appena venuta a sapere che Fred e George non solo li avevano fatti ubriacare, ma avevano anche fatto un incantesimo all’alcol di modo che l’effetto durasse di più.

Incredibilmente i gemelli scossero la testa. «Solo le Pastiglie che hanno appena ingoiato, dovrebbero diminuire per un po’ l’euforia», ribadì Fred.

«A proposito», disse George, vedendo Hermione ricominciare a ciondolare, «credo che l’effetto stia svanendo».

Ginny si girò, salutò i fratelli con un gesto della mano e raggiunse i tre ragazzi alla velocità della luce.

Fred e George la videro salutare sbrigativamente la madre con la scusa che si fosse fatto tardi, anche se mancavano ancora una decina di minuti alla chiusura del binario. Molly abbracciò tutti ad uno ad uno, poi li lasciò andare, commossa. Ginny trascinò i tre ragazzi, che avevano cominciato a deridere la signora Weasley, verso il muro. Poi sparirono, diretti a Hogwarts.

«Ci mancherà tutto questo, non è vero?», disse Fred.

George annuì. «Credi che avremmo dovuto dirgli che erano solo Caramelle Tutti-i-Gusti+1?», chiese, dopo un attimo di pausa.

Fred scosse la testa. «No. Assolutamente non era il caso. E poi, ha funzionato, no?»

George sorrise in risposta, guardando la madre che, ignara, si avvicinava per salutarli.

Fine I Capitolo

 

Spero davvero di non aver fatto casino con l’html, è la prima volta che lo uso e sinceramente non ci capisco molto. Incrocio le dita… voi intanto, sempre che siate riusciti a leggere, commentate…

  
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