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Autore: Sanya    18/12/2010    0 recensioni
Alice Cullen non riesce a ricordare nulla del suo passato. Vede solo uno spesso muro nero, quando ci pensa. Ma vi siete mai chiesti cosa c'era esattamente nel suo passato? Quali sono state le decisioni che l'hanno portata a finire in manicomio e ad essere trasformata in una vampira?
E poi, siamo davvero sicuri che il suo creatore rappresentasse per lei solo uno sconosciuto?
Capitoli in via di revisione. Work in Progress
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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Ehm...Salve, gente!
Ehehehe chi non muore si rivede, si dice in questi casi!
Già non parlatemi del tempo che non aggiorno -.-" Sono millenni che non aggiorno!!
Ma adesso sono tornata!!!! ehehe, vi toccherà sopportarmi ancora per un po'!xD
Ok, ora passiamo al capitolo....Visto che la situazione non è già abbastanza complicata, aggiungiamo una nuova entrata!!
Ora scappo e vi lascio al capitolo! Prometto che aggiornerò più regolarmente!!!
Hope you enjoy ^.^


CAPITOLO 15

-Su, su. Forza! Muoviamoci!- sbraitò ancora una volta la signora Claire.
Bussai leggero sulla porta di acero. –Alice, sei pronta?- domandai cauto. –La zia Claire si sta innervosendo-.
-Ho quasi finito. Dammi solo un minuto-. Un fruscio leggero di tessuti ovattò la sua voce. Dei sospiri indecisi riempirono l’aria della stanza. Sentii i suoi passi, leggeri ma decisi, arrivare verso la porta.
Quando la aprì, mai avrei pensato di notare un cambiamento così repentino in Alice. Rimasi con la bocca aperta per qualche minuto vedendola indossare quel vestito così bello. Era color celeste, la gonna cadeva drappeggiata sulle cosce e un fiocco bianco latte le legava i fianchi dolcemente.
-Ti piace?- mi domandò, volteggiando su sè stessa. L’orlo del vestito ondeggiò, arricciandosi alle estremità.
-Sì- annuii. –È il vestito più bello che abbia mai visto-.
Sorrise, mostrando una schiera di denti piccoli e bianchi. –Grazie, Byron-.
Le sorrisi anch’io, totalmente ammaliato da quella creatura così diversa da me. Eravamo così diversi, eppure uniti da un filo invisibile che nemmeno io sapevo ben definire. Probabilmente era il suo segreto che ci rendeva più complici, ma per me era diverso: continuavo a essere rapito da quell’essere umano, dai suoi comportamenti. Come avevo fatto in passato, mi preoccupavo ogni secondo che stesse bene, che lo scialle che portava addosso la mantenesse abbastanza al caldo, che le scarpine non le facessero male.
Da quando avevo scoperto che, dopo la malattia, Alice non sarebbe più stata come prima, quest’attaccamento nei suoi confronti era diventato notevolmente più forte: non potevo permettere che il segreto che entrambi nascondevano con cura, in un angolo della nostra memoria, venisse a galla, scatenando le conseguenze più inimmaginabili. Sapevamo perfettamente entrambi quale sarebbe stato il suo destino, se non fossimo riusciti nel nostro intento: le poche volte che avevamo tentato di vagliare tutte le possibilità, arrivando inevitabilmente a ciò, io sussultavo, lei sbiancava e i suoi occhi si riempivano di un terrore insopportabile. No, non potevamo permetterlo. Dovevamo continuare a fingere che tutto andasse bene ed io dovevo accompagnare Alice attraverso quel viaggio nell’esistenza normale che avrebbe dovuto vivere.
In questo senso, l’arrivo della zia Claire aveva contribuito a liberarle la mente. Ora i momenti in cui la vedevo preoccupata e tesa verso il mondo era praticamente scomparsi, il che mi rendeva estremamente felice. L’idea che forse poteva davvero continuare a vivere in modo normale, mi dava la forza per continuare ad aiutarla.
Feste, balli, inviti per prendere un the, erano queste le attività che occupavano le giornate di Alice e Cynthia, da quando la zia Claire aveva preso in mano le redini della famiglia. E da quando frequentava tutto quello che Christopher considerava “frivolezze”, non l’avevo mai vista più felice.
Le sistemai le spalline, cadute asimmetriche dopo il suo volteggio scombinato.
-Allora?- esordì ancora zia Claire, parandosi al nostro fianco.
-Sì- annuì Alice. –Sono pronta-.
-Bene. Scendi nell’atrio, troverai Cynthia ad aspettarti- esclamò lei.
Alice annuì e si diresse con passo deciso giù dalle scale.
Rimanemmo così io e la vecchia zia. Lei mi fissò, lanciandomi uno sguardo puro di disprezzo. Sapevo che non le andavo proprio a genio. Come lo avevo scoperto? Diciamo che avere un udito supersensibile non aiuta. Tante volte l’avevo sentita parlare con Margaret, opponendosi fermamente alla mia presenza che sarebbe potuta risultare non adeguata ad occhi estranei. Ma Margaret non voleva sentire ragioni: avevo aiutato la famiglia e ormai era come se ci facessi parte.
Notai che i suoi occhi divennero due fessure infuocate. Tossicchiai per finta, aspettando che mi dicesse qualcosa.
-Ascolti, signor Byron- iniziò, mantenendo un tono di voce basso e apparentemente tranquillo. –Sappiamo benissimo entrambi che il nostro rapporto non è dei migliori ed è per questo che le chiedo di rimanere estraneo ai miei progetti per le due ragazze-. Sapevo benissimo cosa intendeva: non era la prima volta che uscivano per essere parte di queste nuove attività e non era nemmeno la prima volta che Margaret mi pregava di accompagnare le sue figlie, di controllare e di fare da supervisore alla situazione. Ovviamente, io accettavo di buon grado: a essere sincero, non piaceva nemmeno a me questa nuova vita che Alice aveva cominciato a seguire.
-So perfettamente quello che devo fare, signora Claire- risposi inacidito.
-Bene- sospirò lei. –Allora mi lasci fare in pace quello che mi sono prefissata-.
Scendemmo le scale, io dietro di lei. Sull’uscio vidi la signora e il signor Brandon fare le solite raccomandazioni alle ragazze. Nei loro occhi si poteva leggere tutta l’ansietà che quella situazione trasmetteva loro: avrebbero perso di lì a poco le loro figlie, la cosa più preziosa che possedevano.
-Mi raccomando, Cynthia- esclamò la signora Margaret, sistemando il capellino color confetto che la primogenita portava sul capo. –Stai attenta a tua sorella e comportati educatamente, anche tu Alice- aggiunse passando alla piccola Alice.
-Sì, mamma- entrambe risposero con un sorriso.
-D’accordo, d’accordo, basta smancerie- decretò la zia Claire, trascinando le due ragazze fuori dalla porta di casa. Sospirai affranto, sicuro che starebbe stato un pomeriggio lungo.
Margaret mi lanciò uno sguardo impensierito. –Non si preoccupi, signora Margaret. Farò del mio meglio-. Vidi il suo viso rilassarsi un poco.
Uscii dalla casa ritrovandomi davanti a un’auto abbastanza costosa per l’epoca, la stessa con la quale ogni volta ci recavamo nel luogo stabilito dall’invito. –Avanti, signor Byron, vuole decidersi a salire? Non ho intenzione di arrivare in ritardo- sbuffò la signora Claire.
Mi sedetti accanto a Alice, sul sedile posteriore. Rimasi tutto il tempo del viaggio a fissare quelle pupille scure, tentando di analizzare ciò che stava pensando. Lei se ne accorse e rimase a sorreggere il mio sguardo per eterni, lunghissimi minuti. E fu come se l’onice nella quale erano intagliati i suoi occhi si sciolse, mostrando tutto ciò che nascondeva in fondo a quell’anima pura ma fragile. Fu come essere travolti da una massa d’acqua che viaggiava alla velocità della luce. L’intensità con la quale mi tuffai nelle emozioni di Alice fu travolgente, diventare parte di quel fiume di vita fu il viaggio più stupendo che potessi mai fare. Purtroppo però quel contatto terminò troppo presto. Mi ritrovai sbalzato nel mondo reale senza nessun preavviso. Lo sguardo di Alice rimbalzava sulle sue ginocchia, il mio invece rimase vagante qualche secondo prima di rendersi pienamente conto che quel momento era finito.
Rimasi a fissare il paesaggio che veloce ci volava accanto.
 
-Alice, va tutto bene?- domandai avvicinandomi al lungo tavolo della sala.
-Sì- annuì lei. –Va tutto alla perfezione-.
La musica terminò con un arpeggio di violino. Le coppie si dispersero ai lati della stanza, aspettando che la piccola orchestra iniziasse una nuova melodia.
-Ti stai divertendo?- domandai, sistemando la gonna dell’abito.
I suoi occhi si illuminarono. –Sì, mi piace un sacco qui-.
Le sorrisi dolcemente. –In questo caso, le andrebbe di ballare con me, signorina Brandon?- scherzai, porgendole la mano e facendo un finto inchino. Lei iniziò a ridacchiare, bloccandosi però improvvisamente. Mi voltai per capire il motivo per cui la mia stella non potesse più ridere. Zia Claire, ovviamente. E stavolta non era sola.
-Alice, cara, ti volevo presentare una persona- esclamò, ponendo una mano sulla spalla a un tizio dai capelli rosso scuro. Questo sorrise sornione, fissando la piccola Alice negli occhi. -Si chiama Maurice Bradley ed era molto impaziente di fare la tua conoscenza- aggiunse.
Quel Maurice allungò un braccio verso il petto di Alice. –Molto piacere- disse. –È davvero un onore fare la sua conoscenza, signorina Brandon. Sua zia mi ha parlato molto bene di lei-.
Strinsi i pugni quando Alice sfiorò la mano di Maurice con le sue dita fragili. –Piacere- mormorò.
I due rimasero a fissarsi qualche secondo: Maurice con un sguardo sicuro e fiero, Alice più titubante e assorta. Conoscevo perfettamente quello sguardo insicuro: stava contemplando ciò che aveva visto con quello che si ritrovava davanti agli occhi e, visto la tensione che le attraversava il corpo, le due immagini dovevano combaciare.
-Perfetto- esclamò la signora Claire un'altra volta. –Perché non andate a ballare ora? Questa danza non è la tua preferita, Alice?-.
Spinse i due verso il centro della sala, dove Maurice prese per i fianchi Alice iniziando a farla piroettare. Rimasi immobile a fissare il vuoto. Sentii la signora Claire ridacchiare mentre si allontanava da me. Strinsi i pugni e digrignai i denti.
Per quanto quel tizio potesse essere perfetto, avevo la sensazione che non avrebbe portato nulla di buono alla precaria vita di Alice. Anzi, non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione.
  



   
 
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