Alba segreta.
Non aspettatevi
chissà cosa.
È solo un modo per
augurarvi Buone Feste.
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Era il giorno di Natale: le sei
del mattino.
La grande casa ancora dormiva e
nessuno, a parte la servitù, si sarebbe alzato prima delle dieci, magari le undici;
non il generale, che almeno quel giorno, avrebbe dimenticato i suoi doveri
militari e neppure madame Jarhayes, che avrebbe dormito fino a tardi, e appena
sveglia, si sarebbe fatta portare la colazione in camera.
Figlie, consorti e nipoti
sarebbero arrivati verso mezzogiorno per festeggiare la Natività; era previsto
un pranzo ricco e abbondante nella grande sala del palazzo riccamente addobbata
per l’occasione, con la tovaglia di batista bianca ricamata, le posate dell’
argenteria, piatti di candida porcellana finissima e bicchieri di prezioso
cristallo.
La neve cadeva fitta e leggera;
silenziosa, si posava a terra a ricoprire siepi, arbusti e le chiome dei pini e
dei piccoli cipressi che sfilavano come una lunga teoria costeggiando i viali
del parco della magione.
Aveva nevicato per gran parte
della notte e dalla finestra della sua camera, Oscar osservava tranquilla il
paesaggio del giardino della sua casa ricoperto da una coltre bianca; tutto era
ovattato e silenzioso, pervaso da una quiete che infondeva uno strano senso di
pace nel cuore della ragazza.
Anche gli uccelli dormivano
ancora, nessun cinguettio attraversava l’aria bianca di quell’ alba natalizia.
Era quello, il momento che lei
preferiva.
Nessun rumore in quell’attimo
perfetto, solo silenzio.
Un silenzio denso che arrivava
dritto all’anima, fatto di parole sussurrate, di confidenze espresse con gli
sguardi e il pensiero, di bei ricordi dimenticati che tornavano. Era come se
nel mondo non ci fosse nessuno, come se tutto e tutti fossero spariti,
inghiottiti dal grembo della terra che l’inverno addormentava.
L’unico suono che Oscar riusciva
a udire, era il battito lento e ritmato del suo cuore, che pareva andare a
tempo con la voce della natura attorno. Oscar tante volte si era chiesta se non
fosse quella, la strana magia di quel particolare giorno, perché in nessun
altro momento dell’anno lei riusciva a sentirsi così.
C’era solo un’altra persona con
cui lei avrebbe condiviso quel silenzio intimo, pieno di tutti i segreti del
cuore, quella pace meravigliosa che calava su ogni cosa...
Andrè.
Senza ulteriori indugi, decise
di raggiungerlo.
Si staccò dalla finestra per
allontanarsi in direzione della porta della sua stanza.
Si mise sulle spalle la prima
giacca che trovò abbandonata su una poltrona e uscì sul corridoio che portava
verso le scale. Gli ambienti erano freddi; nelle stanze i camini erano ancora
spenti, anche se conservavano le braci ormai annerite della sera precedente. Il
palazzo era ancora completamente avvolto nel sonno, quasi paresse disabitato.
Mentre scendeva le scale che
portavano al piano inferiore della casa, era quasi sicura di trovarlo sveglio.
Lui l’aspettava tutte le volte;
era così tutti gli anni, un appuntamento irrinunciabile per entrambi.
Si concedevano quell’ unico
momento per stare un po’ da soli e augurarsi Buon Natale, retaggio di un’
antica abitudine fanciullesca, che forse tra qualche anno avrebbero dovuto
abbandonare, ma Oscar preferiva non pensarci, e godersela per quanto le fosse
stato possibile.
Arrivò davanti alla stanza
dell’amico ed entrò come faceva ogni volta, senza bussare; prima faceva
capolino con la testa, lasciando vagare lo sguardo lungo le pareti spoglie, sul
povero arredamento, fino a raggiungere il letto e assicurarsi che Andrè fosse
sveglio e possibilmente vestito. Poi spalancava la porta ed entrava per
richiuderla subito alle sue spalle.
E anche quella mattina di
Natale, il giovane amico e attendente era seduto sul letto, dove l’aspettava
come tutte le mattine di tutti i Natali del passato, trascorsi in quella casa
da quando vi era giunto da bambino. L’accoglieva con un sorriso e il solito
augurio che lei ricambiava sempre nello stesso identico modo.
“Buon Natale, Oscar…”
“Buon Natale a te, Andrè…” Poi
correva a scaldarsi davanti al piccolo caminetto, che Andrè, con la solita
premura, le faceva trovare già acceso.
“Ti ricordi sempre… grazie.”
Diceva fregandosi le mani fredde davanti al fuoco scoppiettante.
La stanza di Andrè non era
grande per cui era subito calda, le piaceva molto la sensazione di tepore che
le dava. Oscar si sentiva come in un nido accogliente, mentre contemplava le
fiamme che danzavano, disegnando bagliori di luce calda sui muri.
“Certo, Oscar. Hai visto quanta
neve è caduta? È già tutto bianco…”
“Sì, è meraviglioso questo paesaggio,
sembra che tutto sia più pulito…”
“Certo, senza la neve,
quest’atmosfera non ci sarebbe…” Commentò Andrè, rimirando lo stesso paesaggio
che stava catturando Oscar.
“Non sarebbe Natale, senza la
neve… mi piacerebbe assai meno…”
Lo sguardo della ragazza era
perso oltre i vetri, nel candore abbagliante che avvolgeva ogni cosa e la
nascondeva. Andrè ridacchiava.
“Sai, a volte mi meraviglio di
come ti suggestioni la neve… Eri così anche da bambina… Ma hai ragione; c’è una
calma che ti mette in pace col mondo…”
“Sì, è vero… Da bambina mi
piaceva correrci dentro…”
“Mi ricordo… Ti piaceva anche
fare la guerra con le palle di neve.”
“Anche a te piaceva…”
“Sì, perché vincevo io, qualche
volta…”
Oscar si era spostata dal
camino.
Dopo essersi abituata al calore
dell’ambiente, Oscar si era tolta la giacca e si era seduta accanto all’amico,
sul letto sfatto.
Lui era seduto un po’ scomposto,
con una gamba piegata su cui aveva appoggiato il gomito.
L’aveva guardato direttamente, e
lui aveva sostenuto il suo sguardo celeste con una strana dolcezza mista a
forza, che non era insolita in lui; era quasi sorprendente come in quella
particolare giornata, i suoi occhi risultassero più verdi di quanto già non
fossero. Era una carezza segreta sul cuore, quello sguardo, un regalo che lei
rubava solo quel giorno. Il più bel regalo che lei sentisse di ricevere.
Eppure, non lo ringraziava mai. Forse
non sarebbe stata capace di ammetterlo con se stessa, ma non avrebbe rinunciato
a quello sguardo per nulla al mondo.
“Le carrozze faranno fatica a
muoversi; mi toccherà spalare la neve davanti al vialetto più tardi, prima che
arrivino le tue sorelle.”
“Già, fatti aiutare da Marcel e
Pierre… Noi, se dovremo muoverci, lo faremo a cavallo; sembra che non abbia
nessuna intenzione di smettere, per adesso…”
“Vuoi andare a Versailles, oggi?
Con questo tempo io non mi muoverei; me ne starei tranquillo a bermi un bella
tazza di cioccolato caldo. Non sei d’accordo?” C’era sorpresa nella sua voce.
“La cioccolata è una bella
tentazione, ma sono pur sempre il Capitano della Guardia Reale, no?” Rispose
Oscar con ovvietà.
Sia mai che la fanciulla, quel
giorno di festa, venisse meno ai suoi doveri di soldato.
“È vero, prima il dovere e dopo il piacere… anche a Natale. Non può accadere, che la nostra Oscar inverta questa tendenza.”
Il tono era ironico, ma quasi
rassegnato.
“Andrè, sei sempre il solito;
non posso fare come voglio. Ho dei doveri, lo sai.”
Subito dopo, Andrè mutò
atteggiamento, tornando piuttosto allegro.
“Allora, mio Capitano, questo è il
tuo secondo Natale, al servizio della Delfina: che cosa ti aspetti di trovare
sotto l’albero quest’anno? E non valgono le promozioni di grado.”
Oscar rise con lui.
“Lo sai che non mi interessano
le promozioni…”
“Ma ci sarà qualcosa che
vorresti, avanti! E me puoi dirlo; non lo dirò a nessuno.” La incalzò Andrè con
ironia ed entusiasmo.
“Sì, qualcosa c’è; vorrei
passare più tempo con mia madre…”
Oscar buttò lì la frase come
fosse un sasso, quasi sputandola e abbassando il capo, quasi a voler nascondere
una strana debolezza. E Andrè capì subito che la risposta era sincera e
corrispondeva a una mancanza reale nella vita della sua Oscar. Restò un attimo
in silenzio, turbato davanti a quella risposta così improvvisa, una confessione
che Oscar non avrebbe mai fatto a nessun altro all’infuori di lui.
“Ti manca dunque così tanto?”
domandò con una lieve preoccupazione, guardandola di sottecchi.
“Solo a volte…” Minimizzò
alzando le spalle, ma Andrè conosceva il suo modo di fare.
Sapeva quanto sapesse nascondere
la sua sofferenza. Ma lui era lì quella mattina, per farla sorridere.
“Tua madre è al servizio della
Delfina… in fondo, hai molte occasioni per vederla…”
“È vero… è inutile angustiarsi.
– Oscar sollevò la testa, ritrovando un po’ dello spirito giusto. – E tu? Che
regalo vorresti ricevere, Andrè? E non vale l’ aumento di salario…”
“Umh, davvero? Peccato, perché
era proprio quello che speravo… beh, mi basterebbe evitare le mestolate future
di mia nonna; sai, Oscar, con gli anni pare aumenti sempre la dose… e anche il
mestolo… ora usa quello più pesante… Guarda che livido mi ha fatto sul braccio!
- aggiunse, alzandosi una manica della camicia - Ma come fa ancora a essere
tanto forte?!”
Questa volta Oscar rise di vero
gusto. E Andrè fu felice di vederla così.
“Ahah, ah!! Tua nonna è il vero
generale di questa casa, Andrè!”
“Sì, è vero. Tiene testa anche a
tuo padre.”
Andarono avanti a ridere e
scherzare, a ricordare i Natali trascorsi con le marachelle dei nipoti
pestiferi e le sfuriate della governante ai medesimi, a restare in silenzio,
vicini sul letto a guardare la neve che scendeva e pareva aumentare col passare
dei minuti. Il fuoco nel camino rendeva l’atmosfera serena e intima.
“Senti Oscar…”
A quel punto, Andrè scese
velocemente dal letto per dirigersi verso l’angolo della sua stanza dove c’era
una vecchia cassapanca, forse anche un po’ tarlata e deciso, l’aprì per tirar
fuori una piccola scatola di legno.
“Io lo avrei un regalo per te…”
disse enigmatico.
A quel punto anche Oscar
abbandonò il letto e fu in piedi di fronte a lui.
“Un regalo? – La ragazza era
davvero sorpresa e non riusciva a nasconderlo; né lei, né Andrè avevano
l’abitudine di farsi dei regali a Natale – Non avrai speso i tuoi soldi per me,
vero Andrè?”
“No, tutt’altro. Non ho speso
nemmeno uno spicciolo…”
Dicendo quella frase, Andrè aprì
la scatolina e ne estrasse un ciondolo di cuoio, con attaccata una piccola
conchiglia di forma conica, trovata molti anni prima, su una spiaggia della
Normandia. Era un regalo che lui le aveva fatto da bambino a cui lei teneva
moltissimo; Oscar credeva di averlo perso. Lo aveva cercato per settimane, in
ogni angolo della casa senza trovarlo e alla fine aveva dovuto arrendersi
dispiaciuta, convinta di averlo smarrito chissà dove, e quando.
Ora Andrè lo reggeva tra le dita
davanti ai suoi occhi azzurri, spalancati per lo stupore.
“Il mio ciondolo!! Credevo di
averlo perso… oh, Andrè, ma dove lo hai trovato?”
Oscar era entusiasta come una
bambina che aveva trovato un tesoro. Aveva afferrato l’oggetto tra le mani e lo
rimirava quasi incredula.
Era assurdamente felice e si
vedeva dal sorriso.
“Era nelle scuderie, in mezzo
alla paglia; è stato per puro caso se l’ho trovato… ci ho messo sopra un piede.
Sapevo che lo cercavi e visto che mancava una settimana a Natale… Ho pensato
che sarebbe stato un bel regalo.”
A quelle parole, Oscar, con un impeto
inatteso del cuore che le sussultò in petto, aprì le braccia di slancio e
strinse il suo amico Andrè in un abbraccio impulsivo che lei per prima, non si
sarebbe aspettata di compiere, e Andrè di ricambiare. Lui se la sentì
improvvisamente addosso e per un attimo restò con le braccia sospese a
mezz’aria, e solo dopo qualche secondo d’incertezza, queste si richiusero
attorno all’esile corpo dell’amica che lui amava come se stesso.
“Ehi, Oscar…” La chiamò e la
voce gli uscì quasi in un tremito che non riuscì a nascondere, tanta era
l’emozione.
Non seppe dire quanti secondi
passarono, non credette nemmeno di udire il bisbiglio delle parole di lei,
sussurrato al suo orecchio.
“Grazie Andrè… di vero cuore.
Sei un grande amico; il migliore che potrei avere…”
C’era troppa commozione in
quelle semplici parole e dicevano più di quello che volessero dire.
Erano da poco passate le sette e
la grande casa si era svegliata quasi del tutto; si sentiva la servitù già
indaffarata con i preparativi per accogliere gli ospiti che sarebbero arrivati
per pranzo.
Oscar e Andrè si erano sciolti
dal loro abbraccio inatteso; erano fermi uno di fronte all’altra, silenziosi,
forse troppo emozionati per parlare, forse troppo turbati per capire davvero
quello che era successo. Chissà se quella sarebbe stata l’alba segreta di un
sentimento in boccio.
La neve fuori nel parco della
villa continuava a cadere leggera, tanto che la luce del mattino pareva più
chiara e illuminava la stanza e i loro corpi stagliati di fronte alla finestra
appena celata dalle tende.
Fu un rumore brusco, come lo
schianto di un vetro infranto fuori dalla porta a ridestarli, forse a
spaventarli.
Ma la lucidità di entrambi,
pareva non volesse tornare.
Quando Oscar tentò di parlare,
la voce le uscì in uno strano balbettio.
“An… Andrè, è meglio… è meglio
che vada. Tua nonna a breve, verrà a reclamarti per qualche incombenza…”
Poi sorrise prima di proseguire.
“Vorrei risparmiarti le
mestolate, almeno a Natale…”
Allora, anche Andrè sorrise, ma
senza parlare e rimase fermo ad osservarla mentre si allontanava.
Oscar indicò la porta,
avvicinandosi a quella con passi un po’ incerti.
Posò la mano sulla maniglia e
l’aprì, ma prima di varcare la soglia per uscire dalla stanza del suo
attendente, si girò di nuovo verso di lui.
“Buon Natale, Andrè… e grazie,
per il tuo regalo.”
Uscì e chiuse l’uscio, senza
attendere il saluto del suo amico.
Andrè restò lì dov’era, a
fissare la porta chiusa, mentre sentiva i passi fattisi più decisi dell’amica,
che si allontanava lungo il corridoio; li confondeva con i battiti sconnessi e
furiosi del suo cuore che ancora non si era placato nel suo petto. Poi
lentamente, si sedette sul suo letto, dove lei era stata poco prima. Tentava di
mettere ordine nei pensieri che correvano veloci nella sua testa, ma sentiva
che non poteva riuscirci.
Era grande la gioia che sentiva,
la più grande gioia ed emozione che avesse mai provato.
Oscar lo aveva abbracciato con
un impeto così intenso, in un modo così spontaneo e generoso che mai si sarebbe
aspettato nulla di simile da lei. Ma era accaduto.
- Buon Natale, Oscar…
- Il mio regalo non è nulla in
confronto a quello che mi hai donato tu…
- Il tuo abbraccio…
- Primo e forse, unico…
- Il regalo più
bello e prezioso che tu potessi farmi…
- Mai Natale che verrà, sarà
migliore di questo.
Fine.
È una storiellina
con poche pretese, nata così.
L’ho scritta in un
paio di giorni, per me un record, visto i miei tempi biblici.
Era solo un modo
per augurare a tutte voi fan di Lady Oscar, Buon Natale e Buon Anno.
Spero che vi sia
piaciuta.