Happy Bubbles
qual è la tua felicità?
E' tutta una questione relativa, non c'è niente di
scritto nero su bianco.
La felicità, s'intende.
Che cos'è la felicità?
Il sole dopo una nevicata? La pioggia dopo la
siccità? La vita dopo la guerra?
O una semplice parola, dopo un silenzio straziante?
Un saluto, un sorriso?
Una barzelletta, forse.
Corinne guardò fuori dalla finestra, mentre dal
salotto rumori di piatti gettati in terra s'alternavano a urla.
Fuori pioveva che Dio la mandava, il grigio aleggiava in ogni
angolo delle strade, nelle lattine abbandonate a terra, nelle pagine di
giornali perse da passanti sbadati, e qualche ombrello sfrecciava per le strade, alla
ricerca di un riparo più asciutto.
Cos'era la felicità per lei? Un giorno di calma,
probabilmente.
Un piatto integro, o forse un padre più fedele.
Ma come biasimarlo, dopotutto? Lui, la su
felicità, l'aveva trovata altrove.
Non lei, non la madre, non la loro casa, il loro piccolo
riparo personale, ma un'altra.
Un'altra casa racchiudeva la sua felicità,
un'altra donna lo teneva fra le sue braccia, come in una bolla tutta loro.
Una bolla felice, che la madre non era riuscita neanche
lontanamente ad imitare.
Come biasimare anche lei, però?
Lei, che come una roccia si era rialzata dopo quella dura
tempesta; lei, che nonostante tutto, aveva resistito allo scoppio della loro
piccola bollicina felice, quando Alicia le aveva lasciate.
Lei, che aveva trovato una nuova bolla, oppure un'opaca
ombra di questa, nella depressione.
Ma come poterla abbandonare, dopo Alicia?
E Alicia.
Alicia, che era la bolla felice di Corinne; Alicia, che
era una stella nella notte, o semplicemente una sorella in una famiglia
dispersa.
Alicia, che amava ridere più d'ogni altra cosa,
che voleva imparare, voleva cambiare il mondo; voleva darle qualcosa per cui
valesse la pena vivere, voleva insegnarle a sopravvivere
in quella giungla troppo massacrante.
Alicia, che era amica di tutti, anche delle persone
peggiori.
Alicia, che sembrava tanto forte, ma che non era
sopravvissuta a una stupida pastiglia.
Alicia li aveva abbandonati di punto in bianco, la notte
di un mercoledì, in cui la luna era particolarmente nascosta dalle
nuvole, distruggendo definitivamente tutto il piccolo mondo di Corinne.
La ragazza prese la felpa posata in
mattinata sul letto e se la infilò velocemente, mentre dall'altra parte
dell'abitazione le urla andavano crescendo, distruggendo il silenzio di un
tranquillo sabato pomeriggio.
Aprì la finestra del primo piano e saltò
giù, atterrando nel mezzo di una pozzanghera, a piedi uniti, come le
aveva insegnato la sorella; tirò su il cappuccio e si diresse verso il
supermercato del quartiere, dove Elijah lavorava.
Elijah era diventato la sua nuova bolla di speranza.
Speranza, forse, perchè nella felicità lei
non ci credeva più, neanche nel sole dopo una tempesta, neanche nella
pace dopo una guerra.
Quando entrò, lo trovò a girovagare per il reparto bambini, con una bambola di pezza in mano.
- Non credi di essere un po' cresciuto per quella?- disse
lei, comparendogli alle spalle.
Lui si voltò, sorridendole con quegli
occhi color caramello.
- Mi hai beccato, spero che manterrai il segreto,
però. Lo sai che la mia reputazione deve restare immacolata-
La sua voce era come la cioccolata calda con qualche
goccia di liquore in una tazza color del cielo, sorseggiata davanti alla
finestra nel bel mezzo di una nevicata.
- Tenterò di restarti fedele- disse lei,
prendendogli la bambola dalle mani e osservandola minuziosamente - Ne avevo una
simile, sai? Mel'aveva regalata Alicia per Natale, un po' di anni fa-
- Ah, sì, questa è di mia cugina, l'ha
dimenticata qui ieri mentre scorrazzava di qua e di là-
- E ora ti avrà mandato alla sua ricerca-
- Ovviamente-
Lei gli restituì la bambina di pezza e si
spostò i capelli appiccicati alla fronte con una mano - Vieni a farti un
giro?-
- Non posso, oggi il capo mi ha affibbiato il turno
pieno-
- E dov'è finito il tuo lato trasgressivo?-
Lui alzò un sopracciglio, squadrandola - E da
quando siamo così tentati da una passeggiata sotto il diluvio?-
Lei scrollò le spalle, abbandonandosi su una scala
in metallo lì accanto.
- Problemi?- intuì lui.
Era impressionante quanto la capisse, nonostante si
conoscessero da sì e no due mesi.
- Come al solito. Chi non ne ha?-
- Dipende quali-
- Be' effettivamente sono messa maluccio: una sorella
morta, una madre tradita e un padre traditore. Non è che sono troppo
pulita, per far parte della stessa famiglia?-
Lui riportò al posto un bambolotto caduto dal
primo scaffale - Non significa che tu non possa sentirti felice-
- Come potrei sentirmi felice, Elijah?-
- Pensando che comunque vada, tu non cambierai-
- Certo che cambierò,
tutti cambiano-
- No, ti sbagli. La gente, col tempo, si dimostra per
come è realmente, non cambia. Nessuno può cambiare-
- Mio padre lo ha fatto, mia madre lo ha fatto, Alicia lo ha fatto-
- Si sono fatti trasportare dai sentimenti, dalle
persone. E' nella loro indole farsi trasportare, sono nati così, non
sono cambiati. Lo avrebbero fatto, prima o poi. Ma tu...-
si fermò, voltandosi a guardarla- tu sei diversa, Corinne-
- Io sono uguale a loro-
- Non per me-
Lei si alzò, andando a curiosare fra le barbie
ultramoderne.
- Qual è la tua felicità, Elijah?-
Lui ci pensò un attimo - Vederti sorridere-
- Allora sei estremamente infelice, bello-
Lui ridacchiò - Non è vero. Tu sorridi,
senza accorgertene, sorridi sempre. Anche ora, non te ne stai
accorgendo, ma stai sorridendo-
Lei si porto le mani alla bocca, tastando le labbra
vagamente tese in un sorriso.
- Ecco, vedi? E' bello vederti sorridere-
- Sei tutto scemo, fattelo dire-
Lui scosse la testa, dirigendosi verso il
reparto surgelati; il supermercato era desolatamente vuoto, e lei lo
seguì senza troppi ripensamenti.
- E la tua, Corinne?-
- Cosa?-
- Qual è la tua felicità?-
Lei soppesò l'idea di rispondergli " io non
sono felice", ma gli occhi di lui facevano ben intendere che non sarebbe
stata una risposta accettata.
- I supermercati?- tentò, infine.
Lui rise - Questa è bella-
- Ehi, che hai contro i supermercati- chiese lei,
dandogli una gomitata.
- Cambia felicità, ti prego, la tua fa proprio
pena-
- Non ti dico che la tua è altrettanto penosa
solamente perchè mi riguarda-
Lui prese una sogliola stritolata nella plastica e gliela
sventolò davanti - Tanto vale dire che la tua felicità è
un pesce-
- La tua affermazione è insensata-
- Sei una stupida orgogliosa, lo sai?- ma i suoi occhi
ridevano, mentre pronunciava quelle parole.
- Guarda che i pesci sono un anello essenziale nella
catena alimentare-
Elijah, senza dar troppa importanza all'
affermazione, le prese il viso tra le mani, avvicinando cautamente il
suo a quello della ragazza.
Quando le sue labbra trovarono quelle rosee e sottili di
Corinne, il pavimento sotto i loro piedi scomparve improvvisamente, mentre una
bolla andava chiudendosi sopra le loro teste.
- Ti va bene questa come felicità?- le chiese in
un sussurro.
- Potrebbe essere accettabile- rispose lei.
- Se vuoi facciamo il bis, così ci pensi un altro
po'-
Corinne entrò in casa con le scarpe fradice e
sporche di fango; trovò la madre sul divano a contemplare la televisione
che trasmetteva una vecchia soap opera degli anni 80.
La donna, con i capelli ricci e neri come i suoi, si
voltò a guardarla, con una tristezza leggera dipinta negli occhi color
fieno.
- Se n'è andato- disse infine, mentre la figlia
sprofondava accanto a lei sul divano.
- Ormai era come se se ne fosse
andato da mesi-
- Mi dispiace, Corinne-
- E' giusto così, mamma. Non siamo più la
sua felicità-
- E a noi? Alla nostra felicità chi ci pensa?-
- Ci penseremo insieme-
La donna le posò un bacio sulla fonte, come quando
la sua Corinne era una piccola bambina ingenua e spensierata.
- Sei stata al supermercato?-
- Sì-
- E ci ritornerai?-
- Credo proprio di sì-
La madre le accarezzò il capo, passando le dita
tra i boccoli neri della ragazza.
- Mi manca. Alicia, intendo, mi manca orribilmente-
- Anche a me-
- Ce la faremo- disse, poi, mentre due nello schermo si
schiaffeggiavano. Ma sembrava più una domanda, una richiesta d'aiuto,
che un'affermazione.
- Un passo alla volta, e non sentiremo più neanche
tanto il vuoto di papà-
- Sii sempre felice, Corinne-
cominciò poi la donna, come se l'avesse letta nel pensiero - non portare
mai rancore, non servirebbe a niente. Sii orgogliosa di te stessa, sii
testarda, non abbatterti, non distruggerti e non permettere che qualcun'altro
lo faccia al posto tuo-
La figlia non rispose, mentre la madre prendeva un gran
respiro - Ama, ma non permettere che l'amore ti cambi-
- Nessuno cambia, mamma, semplicemente ci facciamo
trascinare-
- Allora non permettere che qualcuno ti trascini, tesoro.
Tu puoi cambiare il mondo, nessuno può impedirtelo-
- Sei felice, mamma?- chiese improvvisamente Corinne.
- Un giorno potrei esserlo-
- E ora?-
- Ora mi accontento di leggere la felicità nei
tuoi occhi, ogni volta che torni dal supermercato, con quel sorriso un po'
ebete stampato in faccia-
Corinne ridacchiò, affondando il viso tra le
braccia della madre.
Lei era felice, in un certo senso, come una bambina a cui
veniva rivelato che Biancaneve, in realtà, sopravviveva.
Lei era felice come un soldato che dopo una bomba si
rendeva conto di essere ancora vivo.
Lei era felice come un marinaio che al termine della
tempesta riusciva a salvarsi su una zattera nuova e sconosciuta, mentre la sua
bella nave andava a fondo.
La sua zattera era bella, color del cioccolato caldo e
liquore, con qualche sfumatura color del caramello, nel mezzo di un mare
azzurro come il cielo.