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Autore: Luine    21/12/2010    5 recensioni
Ramoso, dimmi, hai davvero intenzione di farlo?» Sirius, stravaccato su una poltrona della Sala Comune, abbassò la rivista di Quidditch che stava sfogliando e inarcò un sopracciglio, guardando l'amico che si stava protendendo verso l'alto, cercando di appendere quel grosso ramo di vischio sopra al buco del ritratto.
Scritta per il Xmas Tree Party di Fanworld.it
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Potter, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'Xmas Tree Party'
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«Ramoso, dimmi, hai davvero intenzione di farlo?» Sirius, stravaccato su una poltrona della Sala Comune, abbassò la rivista di Quidditch che stava sfogliando e inarcò un sopracciglio, guardando l'amico che si stava protendendo verso l'alto, cercando di appendere quel grosso ramo di vischio sopra al buco del ritratto.
«Certo che ce l'ho!» replicò James.
«E allora perché non usi la magia?»
James si irrigidì in quella posa, incredulo, o forse stupefatto dalla logica ferrea di quella domanda. Già, perché? Si schiarì la voce, afferrò la bacchetta e costrinse il rametto a sistemarsi da solo al di sopra del buco del ritratto; quando ebbe finito, nascose la bacchetta in tasca e si pulì le mani l'una con l'altra, esibendo un'espressione soddisfatta.
«Adesso, non appena la Evans passerà, sarà costretta a darmi un bacio. È incredibile che abbiamo deciso di rimanere tutti e due a Hogwarts per le vacanze di Natale, non trovi?»
Sirius non perse l'aria scettica. Sarebbe stata una bella coincidenza, se solo James non si fosse segnato sulla lista degli studenti che rimanevano a scuola per le vacanze subito dopo aver estorto informazioni alla migliore amica di Lily Evans sui programmi di quest'ultima.
«Se lo dici tu sarà vero, amico.»
Scuotendo la testa, Sirius riprese la sua rivista, deciso a rimanere del tutto indifferente di fronte all'ennesima disfatta dei fantasiosi piani del suo migliore amico. Lo promise a se stesso, ma sapeva benissimo che non sarebbe riuscito nell'impresa: sarebbe toccato a lui consolare Ramoso, dargli di nuovo coraggio nelle sue capacità fino al prossimo due di picche. Ultimamente, poi, succedeva sempre più spesso, soprattutto perché, per farsi bello agli occhi della Evans, James le studiava veramente tutte e solo raramente non finiva nei guai.
Sirius scosse ancora una volta la testa, chiedendosi perché si preoccupava tanto. A volte, sentiva che la vicinanza di Lunastorta gli faceva davvero male.
«Che c'è, Ramoso?» fece quella domanda perentoria perché sapeva –
sentiva – che il suo migliore amico lo stava fissando dall'altro lato del tavolo con un'aria da cucciolo bastonato, più consona ad un cane che non ad un cervo. Ironico, davvero ironico, si ritrovò a pensare. Non abbassò comunque la sua rivista.
«Che ne diresti di andare a chiamarla?»
Sirius voltò pagina. «Chi?»
«La Evans!»
«Ho l'aria del fattorino?»
«No, ma hai l'aria del mio migliore amico!»
Sirius abbassò la rivista fin sotto gli occhi, nascondendo il resto del viso. «Perché devo farlo io? Chiama Codaliscia e mandaci lui, sono sicuro che quel giovanotto sarà molto più disponibile di me.»
«No, se ci mandassi Codaliscia, come minimo se la canterebbe e addio bacio!»
Sirius sospirò e stavolta si ritrovò costretto a gettare la rivista sul tavolo che li divideva. «E tu sei proprio sicuro che te lo darà? Senza offesa, amico mio, ma...» ghignò. «non è che i tuoi precedenti tentativi siano andati a buon fine!»
Anche James sogghignò. Era proprio lanciato, come ogni volta che si trattava di un piano di conquista della Evans. Sirius sentiva di poter scrivere un libro, in proposito.
«Felpato carissimo, certe volte tu sei proprio scettico.»
«E mi biasimi?»
«No, per niente! Hai ragione, anzi, ma stavolta le cose cambieranno!»
Sirius sospirò. Inutile, ormai Ramoso era proprio andato. Afferrò la sua rivista di Quidditch e si alzò dalla poltrona.
«E ora dove vai?» gli domandò James, sorpreso. «Non rimani a vedere la mia grande vittoria?»
«Torno presto, tranquillo.» lo rassicurò, ma il suo tono di voce fece comprendere a James che non era vero e che avrebbe trovato un altro modo per passare il pomeriggio.
«Stai andando a chiamare la Evans?» domandò, speranzoso, quando ormai l'amico aveva un piede fuori dalla Sala Comune.
«Neanche per idea!»
Sirius lasciò la Sala Comune. James, sospirando, rimase in attesa e in completa solitudine.
Aspettò per due ore, cercando ogni modo possibile per scacciare la noia: facendo solitari, rovistando in cerca di qualcosa da leggere in giro, anche di persone con cui non aveva scambiato che un saluto o una mezza parola. Non disdegnò neanche lo studio. Ma della Evans nessuna traccia. James cominciava a pensare che fosse stato Sirius stesso ad andare da lei per rivelarle i suoi piani e chiederle di nascondersi.
E poi perché avrebbe dovuto? No, Sirius era suo amico e non lo avrebbe mai tradito. Inoltre, non c'era motivo per preoccuparsi: Lily Evans non poteva nascondersi in eterno. Prima o poi sarebbe tornata, per dormire, per prendere un libro o solo per cambiarsi i calzini e allora lui sarebbe stato lì, in agguato, pronto per ricevere quel bacio natalizio da lei e solo da lei.
E finalmente i suoi sforzi furono ripagati. Il buco del ritratto si aprì e lei arrivò. Era sola, cosa che la rese una preda ancora più facile. Forse Sirius aveva avuto un'idea migliore che andarla a chiamare: le aveva tolto di torno chiunque le facesse da contorno per farla andare in Sala Comune da sola. Sirius era un genio.
«Mia bellissima Evans!» gridò, balzando in piedi. Lily si fermò proprio sotto il vischio. Non poteva andare meglio e sembrava non essersi accorta di niente. Lui si avvicinò con le braccia protese verso di lei e sfoggiò un sorriso soddisfatto a trentadue denti. Era meglio che nei sogni: lei non provò a raggelarlo con un'occhiata, né gli chiese cosa voleva. Se ne stava ferma ad aspettarlo, come se sapesse cosa stava per succedere e volesse ricevere quel tanto atteso bacio.
Era un po' strano, ma James non se ne curò più di tanto: era quello che voleva, no?
Si fermò ad un passo da lei. «Guarda sopra di te.»
Lily lo fece. Continuò a tacere, però, e non fece neanche una piega; riportò lo sguardo su di lui e James notò che aveva un che di strano, qualcosa che, in Lily Evans, non avrebbe dovuto esserci o che, almeno, di solito non c'era, quando si trattava di lui: un lampo di divertimento.
C'era decisamente qualcosa che non quadrava.
«Stai bene, Evans?» poi capì. «Certo... è normale, sei emozionata, lo capisco, lo sono sempre anche io. Dammi un bacio e potrai andartene! Te lo prometto. Non schiaffeggiarmi, però, va bene?»
Lily Evans tacque; gli prese il viso tra le mani che tremavano, e sarebbe stato un buon segno se la sua faccia non si fosse fatta rossa come i suoi capelli, le sue guance non si fossero gonfiate e la sua espressione non fosse cambiata, divenendo ilare. L'attimo dopo, abbaiò una risata mascolina, simile ad un latrato, e lo spinse via con una forza che riuscì a stupirlo e a mandarlo a gambe all'aria, mentre lei, con quella sua risata canina, si piegava in due, in modo molto poco femminile, e cominciava a battere un piede per terra.
«Oddio, oddio, Ramoso, sei uno spasso!» ululò la voce di Sirius.
«Felpato!» gridò James, balzando di nuovo in piedi. «Sei... sei stato tu!»
«Scusa, amico, non ho potuto resistere!» Sirius, nel corpo della Evans, barcollò in preda alle risate, non riuscì a reggersi in piedi e fu solo grazie al muro che riuscì ad evitare a James la vista delle mutande che aveva dovuto trasfigurare in mutandine da ragazza, impresa che gli aveva richiesto più tempo di quel che aveva previsto in un primo momento. «Non ce l'ho fatta... volevo darti un bacio sulla guancia, ma... no, è stato davvero troppo! Ma anche così... oddio, che spasso!»
James estrasse la bacchetta. Era furibondo: era stato umiliato dal suo migliore amico che, adesso, stava ridendo come un ossesso della sua figuraccia. Avvampando, decise che Sirius doveva pagarla.
«Descendo!»
Il vischio cadde sopra la testa di Sirius che, per la sorpresa, smise immediatamente di ridere. Si squadrarono per un istante. «E dai, era solo uno scherzo! Non c'è bisogno di prendersela così tanto!» provò, ma James era pronto a scagliargli un altro incantesimo che, probabilmente, gli avrebbe anche fatto male. «Va bene, ma questo non è divertente! Confundo.»
«Protego!»
«Expelliarmus!»
«Protego!»
«Non sai dire altro?»
«Stupeficium!» lo dissero assieme ed entrambi gli incantesimi andarono a segno. I due crollarono a terra, Schiantati, e lì rimasero, finché Remus, ormai verso sera, molto dopo la cena, non li ritrovò così, uno con una divisa da femmina che gli andava pure stretta e che si era strappata in diversi punti, e l'altro con la bacchetta tra le mani e l'aria arrabbiata anche nel sonno.
«Che è successo?»
Lily Evans, che era entrata subito dopo di lui, guardò i due a terra e si posò una mano sulla bocca, evidentemente preoccupata. Remus si grattò i capelli dietro la nuca, anche se avrebbe voluto strapparseli.
Quella di lei era davvero un'ottima domanda, ma non gli andava di indagare, non quando i suoi occhi avevano puntato il vischio e il suo intuito cominciava a dirgli qualcosa che volle relegare in un angolo della mente, cancellarlo. «Dovrei risvegliarli, secondo te?»
«Se fosse per me, li lascerei così.» dichiarò Lily, solenne.
Remus, però, inarcò un sopracciglio e lei capì.
«Forse... va bene.» si arrese. «Ma vorrei tanti che mi spiegassi perché sei amico di questi due cretini.»
«Magari un'altra volta, ti va?»
Lily, inarcate le sopracciglia, anche se incuriosita dalla reticenza di Remus, puntò la bacchetta su James Potter e lo risvegliò, senza esitazione. Remus, allora, pensò a Sirius; non voleva neanche sapere perché avesse la divisa femminile addosso, né dove l'avesse presa. Sperava solo che a Lily Evans non venisse in mente di fare quella domanda, una volta che i due ragazzi si fossero ripresi, ma, grazie a Merlino, non le venne in mente o, forse, non volle indagare esattamente come lui. Rimase in disparte, però, mentre lui si occupava dei suoi amici.
«Stai bene, James?» chiese.
Il ragazzo si passò una mano dietro i capelli perennemente spettinati. «Ohi, sì...» borbottò, mentre i suoi occhi si spostarono da Lunastorta a Felpato, ma poi si soffermarono sulla Evans e, inspiegabilmente, si arrabbiò tanto che tutto l'intontimento derivante dall'incantesimo gli passò all'istante e lo fece scattare in piedi.
«Sentite un po', ma mi avete preso per scemo?» gridò. «No, cari miei, avete chiuso con me. Chiu-so! E tu!» puntò il dito su Lily e la fissò con un astio particolare, come se non stesse guardando nemmeno lei. Come se fosse stato sotto incantesimo o lo fosse stata lei. «Da te, Peter, non me lo sarei mai aspettato! Mica ci casco due volte, nello stesso giochino!»
Prima che Lily avesse il tempo di replicare, James era già scomparso su per le scale che portavano ai dormitori.
Lei sbatté le palpebre, realmente perplessa. «Ha battuto la testa? Perché mi ha chiamato Peter? Intendeva Peter Minus?» guardò Remus che, invece, teneva lo sguardo basso su un Sirius pronto a riprendere a ridere. Remus non avrebbe saputo rispondere, ma immaginava che, presto o tardi l'avrebbe scoperto ed era sicuro che le cose non gli sarebbero piaciute.


Lily Evans non poteva di certo collegare la rabbia e le parole sconclusionate di James Potter o anche il solo ramoscello di vischio che aveva trovato in Sala Comune a quando, quel pomeriggio, Sirius Black era andato, per sbaglio, a sbatterle contro e le aveva tirato i capelli per evitare che tutti e due finissero in fondo alle scale; e Horace Lumacorno non avrebbe mai potuto sospettare che uno dei suoi alunni migliori fosse andato da lui per chiedergli una Pozione Polisucco, non per studio, ma per tirare uno scherzetto niente male al suo migliore amico. E Remus Lupin non avrebbe mai potuto immaginare che quegli abiti strappati da donna non erano altro che gli abiti di Sirius trasfigurati per essere uguali a quelli della Evans.
Nessuno avrebbe mai saputo che Sirius Black aveva architettato quel piano, oltre che per divertirsi, per evitare al suo migliore amico l'ennesimo rifiuto da parte dell'unica ragazza di cui era tanto innamorato.

  
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