- Piacere,
Helen Adams
Helen
Adams era una ragazza piccolina e un poco robusta. Aveva lunghi capelli biondi
mossi e due grandi occhi verdi.
In
quel momento si trovava nella stazione di King’s Cross, al binario nove e tre
quarti, pronta per lasciare Londra e partire alla volta della sua nuova scuola:
Hogwarts.
Helen
abbracciò il padre e baciò affettuosamente la madre, mentre il suo topo Moby si
dibatteva nella tasca. Lo prese tra le mani e gli accarezzò la testolina pelosa,
per farlo calmare: i rumori forti non gli piacevano.
«Helen,
ritira quel coso…» la pregò la madre.
La ragazza ridacchiò, rimettendo Moby nel taschino. Povero topo incompreso,
sapeva essere anche tenero quando lo voleva.
«Mi
scriverai, vero?» piagnucolò una bimba piccola e bionda, aggrappata alla sua
gamba.
«Tutti
i giorni, Diana. Lo prometto.» disse Helen, accarezzandola e scompigliandole i
capelli affettuosamente.
«Fatti
guardare.» mormorò il padre, commosso, facendo un passo indietro per ammirare la
figlia maggiore. «Sei bellissima.»
La
ragazza sorrise, girando su se stessa con una piroetta.
«La
mia bambina è diventata grande!» esclamò la madre, gettandole le braccia al
collo.
«Mamma!
Non vado in guerra!» borbottò Helen, cercando di sottrarsi dall’abbraccio
stritolante.
L’Espresso
per Hogwarts sbuffò fumo bianco e maleodorante, invitando tutti i ritardatari a
salire in carrozza al più presto. Helen non se lo fece ripetere due volte e,
dopo aver salutato ancora con la mano i genitori e la sorellina, saltò subito
sul primo vagone che si trovava davanti. Il baule malconcio (era appartenuto a
suo padre) che si portava dietro sballottò al primo movimento del treno,
rischiando di aprirsi e rovesciare tutto il contenuto. Afferrò la maniglia in
ottone e se lo trascinò dietro.
Trovò,
curiosamente, uno scompartimento vuoto e vi si lanciò dentro. Sollevò il baule a
fatica e lo appoggiò sulla rete di sicurezza del treno. Si sedette ed estrasse
Moby dalla tasca, appoggiandoselo sulle gambe. Il calore di quell’animaletto le
infondeva uno strano senso di calma e pace.
Aveva
comprato Moby una settimana prima quando, passando davanti al Serraglio Stregato
per le compere di inizio anno scolastico, aveva visto quel minuscolo topolino
bianco e non era riuscita a resistere al suo dolce musetto o agli occhietti
piccoli e acquosi. Quando era tornata a casa l’aveva mostrato alla madre e in
tutta risposta lei era quasi svenuta. Suo padre diceva sempre che i Babbani non
sopportavano la vista di alcuni animali che ai Maghi è permesso tenere: i topi,
ad esempio, erano il terrore di molte donne babbane.
Trascorse
più di un’ora prima che la porta dello scompartimento si aprisse per la seconda
volta: entrarono una ragazza e un ragazzo che sembravano abbastanza spaesati e
si accomodarono timidamente, sistemando i propri bauli.
«Anche
voi del primo anno, vero?» domandò Helen, cercando di rompere la silenziosa
situazione di imbarazzo che era venuta a crearsi. Aveva notato che come lei, a
differenza degli altri studenti più grandi, i due che aveva davanti non
portavano una cravatta colorata né uno stemma sulla propria divisa che indicava
la Casa di appartenenza.
«Già.»
le rispose il ragazzo. Aveva una vocina acuta e ancora da bambino che intenerì
molto Helen.
«Piacere,
sono Helen Adams.» sorrise, porgendo la mano prima al ragazzo e poi alla
ragazza.
«Io
sono Lancelot Wallace.» rispose, stringendole la mano. «Ma chiamami Lance, ti
prego.» disse. Aveva un forte accento scozzese e gli occhi grigi come il cielo
coperto.
«Lance.»
asserì Helen, divertita. Aveva capito che il ragazzo non era particolarmente
entusiasta del suo nome. Rivolse poi lo sguardo verso la
ragazza.
«Abigail
Williams.» le strinse la mano, a disagio. «E scusami se ti guardo come se avessi
una cacca di Doxy sul viso, ma non sopporto gli spazi chiusi.» sorrise,
mostrando una fila di denti bianchi.
«Oh,
non preoccuparti! Anzi, se preferisci possiamo tenere aperta la porta.» ed
indicò la porta scorrevole dello scompartimento.
«No,
stai tranquilla, mi basterà guardare fuori dalla finestra.»
rise.
«Ehm,
cacca di Doxy?» domandò Lance, guardando Abigail, come se non avesse mai sentito
un’espressione del genere in tutta la sua vita.
Abigail
sbuffò, seccata. «Sì, Lance, cacca di Doxy. Il Doxy è un disgustoso animale che
assomiglia a, uhm, una fata pelosa con tante braccia e gambe e una fila di denti
velenosi.» delucidò, con il tono di chi stava insegnando qualcosa ad un bambino
di cinque anni.
Helen
rise. «Babbano?»
«È
mio cugino.» chiarì la ragazza, facendo una smorfia annoiata. «Sua madre, ovvero
mia zia e sorella di mio padre, odia la magia e si è sposata con un
babbano.»
«O
semplicemente era gelosa del fatto che tuo padre fosse un Mago e lei una Maganò…
avreste dovuto vedere che faccia ha fatto quando ha scoperto che anche io ero un
Mago!» esclamò pomposo, scompigliandosi i corti capelli
neri.
Abigail
rise. «Posso immaginare! In famiglia siamo rimasti tutti un po’
stupiti…»
Helen
si unì alla ragazza, già più sollevata per il viaggio: temeva di doverlo
trascorrere tutto da sola con…
«Moby!»
gridò, non sentendo più peso premergli sulle gambe.
«Moby?»
ripetè Abigail poco dopo, con sguardo interrogativo.
«Topo!»
urlò Lancelot nello stesso istante, saltando in piedi sul sedile del treno e
abbracciando Abigail, terrorizzato, mentre il piccolo topolino bianco squittiva
poco sotto di lui.
«Fermo,
Lance! È solo un topolino! È il mio Moby!» Helen si alzò in piedi, scattando per
prendere l’animaletto. Affondò la testa sotto il sedile e afferrò con la mano il
povero Moby, che si contorceva in preda al panico.
«Moby?
Moby è il tuo topo? Tu hai un topo?»
replicò disgustato, guardando con orrore l’esserino bianco nelle mani di
Helen.
«È
carino.» commentò Abigail, tendendo l’indice ad accarezzare il musetto
spaventato del topino. «Ciao, piccolo Moby.» sorrise, parlando con un tono da
bambina.
«Che
schifo!» continuò Lance, non riuscendo a staccare gli occhi da Moby che sembrava
essersi calmato appena.
«Sai,
potrebbe dire la stessa cosa di te.» dichiarò Helen, mettendo il piccolo
fagottino bianco nella tasca della giacca. Moby si rigirò nella tasca, trovando
presto la posizione che più lo aggradava e accoccolandosi contro la stoffa
morbida.
Abigail
scoppiò a ridere, scuotendo la lunga chioma di capelli corvini. «Lascialo
perdere: Lance è tutto-fobico.»
«Non
è vero!» sbottò il ragazzo, incrociando le braccia al petto con espressione
offesa. «Ho solo una leggera paura degli insetti!» ringhiò, accavallando una
gamba sull’altra e voltando lo sguardo stizzito.
«Certo,
tutti sanno che i topi sono delle api senza ali…» ironizzò la cugina,
divertendosi come una bambina a prenderlo in giro.
Helen
a stento trattenne le risa vedendo come Lance era arrossito al sentire quelle
parole. Gli occhi grigi scintillarono.
«E
comunque parli proprio tu, signorina non-sopporto-gli-spazi-chiusi!» puntò il
dito irrisorio verso Abigail mentre sul suo viso si dipingeva un ghigno
malefico.
«Va
bene, va bene…» replicò la ragazza accondiscendente, salvo poi rivolgersi a
Helen tutta un sorriso. «In realtà ha anche altre fobie stranissime, ma
preferisce non darlo a vedere.»
«Smettila!»
sbottò Lance, mentre le due ragazze riprendevano a ridere.
In
quell’istante qualcuno bussò alla porta del loro scompartimento. Helen si alzò e
fece scorrere la porta, rivelando una ragazza minuta, dai folti capelli ricci e
con la divisa di Gryffindor. Sembrava essere molto
preoccupata.
«Mi
dispiace disturbarvi» ansimava, probabilmente doveva aver corso da uno
scompartimento all’altro. «Non è che avete visto Harry Potter e un ragazzo alto
dai capelli rossi? Sono miei amici, ma non li ho visti al binario nove e tre
quarti e sono piuttosto preoccupata…»
Abigail
si portò una mano alla bocca, scioccata. «Tu sei amica di Harry Potter?» disse,
strabiliata.
La
ragazza annuì con vigore e arrossì. «Sì, mi chiamo Hermione Granger e sono del
secondo anno.» si presentò frettolosamente. Sembrava avesse gran premura di
trovare i suoi amici.
«Ma
io so chi sei!» esclamò Abigail, alzandosi in piedi con tanta foga che fece
trasalire Lance. «Mio fratello David mi ha raccontato di te! L’anno scorso
frequentava l’ultimo anno a Ravenclaw. Mi ha detto che sei stata la migliore di
quelli del primo anno agli esami finali!»
Hermione
si imbarazzò ancora, ma dava l’idea di essere molto compiaciuta. Si congedò dopo
pochi secondi affermando che doveva trovare i suoi amici e chiuse la porta dello
scompartimento. Da quel momento non entrò più nessuno se non la signora del
carrello dei dolci.
L’Espresso
per Hogwarts filava veloce sulle rotaie e il tempo trascorreva inesorabile, ma i
tre ragazzi quasi non se ne accorsero. Ridevano, scherzavano e, dopo che la
signora del carrello dei dolci fu passata, giocavano a rubarsi le Cioccorane,
finendo con lo scambiarsi le figurine e traumatizzare il povero Lance che non
sapeva che le Gelatine Tuttigusti+1 potessero anche avere il gusto del cerume o
delle caccole (e, purtroppo per lui, lo scoprì proprio quel
giorno).
«In
che Casa vorreste essere smistati?» domandò Helen, porgendo una scatole di
Gelatine Tuttigusti+1 a Lance e ridendo alla vista della sua
reazione.
«Io
non lo so…» rispose Abigail per prima, leggendo il retro di una figurina delle
Cioccorane. «La mia famiglia è andata principalmente a Ravenclaw, quindi
immagino che sarò smistata lì. »
«Io
spero in Gryffindor, anche se non ci andrò sicuramente. Lo zio dice che sarei un
Ravenclaw perfetto, ma forse solo perché anche lui era un Ravenclaw…» spiegò
Lance, sorridendo. Non sembrava affatto preoccupato dalla Casa in cui sarebbe
finito. «E tu, Helen?»
La
ragazza rise, fiera. «Io sarò una Hufflepuff, come mio padre e suo padre prima
di lui.»
La
risata di Lance si aggiunse alla sua e in seguito quella di Abigail. La ragazza,
tuttavia, non rideva dalla gioia, ma dall’imbarazzo: i suoi genitori le avevano
raccontato più volte di come fosse mediocre la Casa degli
Hufflepuff.
Il
discorso sulle Casa terminò con ilarità; ma Abigail dovette sforzarsi a non
commentare nelle due ore che precedettero l’arrivo ad
Hogwarts.
Quando
il treno si arrestò era giunto ad una stazione lugubre e buia, illuminata a
tratti da due o tre lampioni che si alternavano ad alcune panchine in
legno
«Primo
anno! Primo anno da questa parte!» tuonò un vocione potente, proveniente da un
uomo altissimo e nerboruto. Un crocchio di ragazzi in divisa nera priva di
stemmi si radunò davanti all’omone che in quel momento stava salutando la
ragazzina dai capelli ricci e disordinati con la cravatta rossa e oro. Era
Hermione.
«Come
mai noi non andiamo con loro?» sussurrò Lance, tremante, indicando i ragazzi che
si stavano dirigendo verso il castello. «Ehi, io voglio andare con loro. Non
voglio restare con questo qui!» si aggrappò al braccio della
cugina.
«E
smettila! Mi metti in imbarazzo!» replicò Abigail, cercando di staccare Lance
dal suo braccio e guardandosi intorno per controllare che nessuno la stesse
osservando incuriosito.
Helen
mosse un passo indietro per evitare una gomitata assassina di Abigail, che
continuava la lotta contro il cugino, e sentì qualcuno gemere alle sue
spalle.
«Ahi!»
si lamentò una vocina. Helen si voltò per scusarsi.
«Nessun
problema!» la tranquillizzò il ragazzino a cui aveva accidentalmente pestato un
piede. Era magro e mingherlino, con i capelli biondo cenere e occhi giganti che
saettavano da una parte all’altra. Al collo portava una grande macchina
fotografica.
«Ciao!
Mi chiamo Colin Creevey! Sai già in che Casa verrai smistata? Io non vedo l’ora
di scoprirlo!» attaccò Colin, stordendo Helen con le sue chiacchiere. Intanto il
crocchio aveva iniziato a muoversi verso il lago. Ormai tutti avevano capito che
i misteriosi lamenti provenivano da Lance, che era pallidissimo e sempre più
terrorizzato.
Helen
sorrise. «Mi chiamo Helen Adams e spero di finire a Hufflepuff.»
Vide
che il Gigante – Hagrid, se non andava errata – stava togliendo gli ormeggi ad
alcune barche, facendovi salire gli studenti a quattro o cinque per
volta.
Si
unì ad Abigail, Lance e Colin salendo su una delle ultime scialuppe rimaste.
Quando la barca fu libera dagli ormeggi prese a scivolare sullo specchio d’acqua
nero, che rifletteva le stelle del cielo. Era una serata luminosa e piuttosto
fresca: una gita sul lago non sembrava una cattiva idea.
Helen
si sporse dalla barca, facendo attenzione a non cadere (non era esattamente una
piuma) e osservò la splendida rocca davanti a sé. Colin cominciò a scattare una
fotografia dopo l’altra.
La
rocca era scura e quasi tetra a prima vista, ma ogni finestra era illuminata e
dava a Hogwarts l’aspetto di un antico castello fiabesco andato in rovina, dove
feste e balli erano stati all’ordine del giorno.
«Guardate!
Guardate!» gridò Colin, sporgendosi dallo stesso lato di Helen e riprendendo a
fare fotografie, provocando un forte scossone alla barca che fu salvata dal
rovesciamento soltanto grazie al pronto intervento della ragazza, che riuscì a
spostarsi dalla parte opposta riequilibrando il peso.
«Ma
chi è quello?» le chiese Abigail, leggermente scossa, mentre assisteva Lance con
l’inalatore per l’asma provocatogli dal terrore di cadere nella fredda e
profonda acqua del lago.
«Colin.
È simpatico, mi fa ridere!» ghignò Helen, osservando la reazione della ragazza
alla parola «simpatico».
«Ehi,
voi là in fondo! Non vi consiglio di far traballare la barca e fare foto con il
flash: disturberete la Piovra Gigante!» urlò loro Hagrid, che si trovava a una
decina di metri di distanza.
«P-Piovra
Gigante?» balbettò Lance, riattaccandosi quasi subito all’inalatore per evitare
di svenire. «Io non voglio avere a che fare con nessuna Piovra Gigante, okay?»
disse con la voce che tremava dal panico.
«Lance,
sei proprio una femminuccia…» sbuffò Abigail, scuotendo la testa in segno di
negazione, arrendendosi all’evidenza di avere un cugino fifone come un
coniglio.
«Beh,
se posso dire la mia, il pensiero che una Piovra Gigante stia nuotando sotto di
noi e noi non possiamo vederla mi fa un po’ paura…» rivelò Helen timidamente,
rintanandosi in un angolino della barca con le ginocchia strette al
petto.
«Anche
tu, Helen? Ma che razza di fifoni siete?» rise Abigail, prima di strillare
spaventata alla vista di un tentacolo grosso come un’automobile uscire
dall’acqua.
Helen,
Lance e Colin furono presi da un attacco di risate, vedendo la loro amica
spavalda bianca come un lenzuolo.
«La
pagherete.» disse, tentando di restare seria. La risata di Helen era grassa e
aperta, fin troppo contagiosa.
Non
ci volle molto prima che le barche raggiungessero la riva opposta. Una per volta
si sistemarono e ormeggiarono da sole, senza bisogno dell’aiuto
manuale.
Abigail
rimase sbalordita. «Sono di sicuro Incantate. Bellissimo!» commentò con occhi
che brillavano dalla meraviglia: il mago che le aveva Incantate doveva essere
tremendamente abile. Voleva essere
capace anche lei a praticare magie a livello così avanzato; doveva assolutamente
imparare.
«Gail?
Ti muovi?» la chiamò Lance pochi metri più avanti. Il gruppetto di studenti
aveva ricominciato a muoversi, capeggiato da Hagrid. La ragazza pensò che un
uomo della stazza del Guardiacaccia (così si era presentato) non poteva che
essere un incrocio con un Gigante: si chiese se non fosse pericoloso. Suo padre
le raccontava sempre che quando l’Oscuro Signore era stato grande e potente,
anche i Giganti si erano inchinati di fronte a lui.
Entrarono
attraverso un enorme portone di legno che, a giudicare dagli innumerevoli
clangori metallici delle serrature che sentiva, doveva essere molto protetto.
Deglutì, sperando di non sentirsi chiusa in trappola una volta
entrata.
Il
portone si aprì con uno scatto, scoprendo un uomo arcigno e minaccioso che stava
guardando tutti gli studenti in cagnesco.
«Sei
in ritardo, Hagrid. Quei mostriciattoli si stanno lamentando dalla fame!
Sapessero cosa pativo io quand’avevo la loro età…» sbottò l’uomo, sputacchiando
saliva qua e là.
Lance
si nascose dietro Abigail, sperando che il vecchiaccio non avesse germi che
potessero infettarlo.
«Lo
so, Filch. Ogni giorno per te era una sofferenza. Abbiamo assistito ad un
piccolo spettacolino offertoci dalla Piovra… se vuoi te la prendi con lei.»
disse Hagrid, sorpassandolo velocemente, seguito da tutti gli studenti che
avevano cominciato a guardare il signor Filch sottecchi.
Colin
estrasse la macchina fotografica e scattò una foto a Filch, che in tutta
risposta prese ad insultarlo con epiteti di dubbio gusto, allontanandosi dal
crocchio con un gatto spelacchiato al seguito.
Si
fermarono di fronte ad un altro portone, non colossale quanto il primo, e
vennero raggiunti da una professoressa molto alta e algida, con un paio occhiali
calati sul naso e un volto pieno di piccole rughe.
«Un
caloroso benvenuto a tutti. Io sono la professoressa McGonagall, insegnante di
Trasfigurazione e direttrice della Casa di Gryffindor.» una ragazza dai capelli
rossi scambiò un’occhiata con una sua vicina e ridacchiò.
La
professoressa McGonagall tossicchiò, richiamando la ragazza all’attenzione.
«Alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts esistono quattro Case:
Gryffindor, Hufflepuff, Ravenclaw e Slytherin. Voi tutti verrete Smistati in una
di queste a breve. Tengo a precisarvi che ogni malefatta o trasgressione delle
regole potrebbe costarvi punti cari alla vostra Casa per vincere l’ambita Coppa
delle Case alla fine dell’anno scolastico; invece, ogni vostra buona azione o
dimostrazione di studio verrà premiata con punti.
«Ora
vi prego di seguirmi nella Sala Grande per la Cerimonia dello Smistamento. Spero
che molti di voi possano riempire il tavolo della mia Casa.» completò,
sorridendo.
Devo essere
impazzita.
Bene, eccomi
qui. La mia prima fan fiction nel fandom di Harry Potter. *incrocia le
dita*
Come dice il
titolo, questa storia ripercorrerà tutta “La Camera dei Segreti” dal punto di
vista di questo gruppetto di ragazzi (Hufflepuff? Gryffindor? Chi lo
sa!).
In questi
ragazzi ho riversato tutto il mio cuore e la mia anima. Ciascuno di loro è una
piccola parte di me e spero possiate apprezzarli tanto quanto io ho apprezzato
scriverli.
La fan fiction
si collega a quella di eleanor89 “Cedric’s friends and the Goblet of Fire”
(compariranno molti suoi personaggi originali) ma non vuole copiarla, anzi,
entrambe le fic sono state scritte di comune accordo.
Le recensioni
sono gradite, soprattutto se trovate qualcosa che non
quadra!
Ci si legge al
prossimo capitolo!
Akami