Ho
sempre odiato il Natale.
Non so per quale motivo, ma così, improvvisamente, da un
anno all’altro,
ho iniziato a non sopportare più tutto questo. Non sopporto
la città piena di
luci, non sopporto la gente che gira per strada con un sorriso ebete
stampato
in faccia, non sopporto i sorrisi forzati e gli auguri fatti
perché è così che
va fatto.
Forse mi è capitato
perché sono cresciuto. Diventando grande ti rendi
conto di quanto tutto questo spirito natalizio sia in realtà
falso, che la
gente usi questa festa come incentivo al consumismo.
Per di più non sono religioso, non credo che il giorno di
Natale si
debba festeggiare la nascita del bambin Gesù.
Sono geloso, invidioso delle altre persone. Invidio la gente che
può
trascorrere il Natale con la persona che ama, che può
mostrarsi felice col
proprio compagno affianco.
Vorrei che fosse qui con me.
E invece lui è a Malibu con la sua famiglia, giustamente.
Non
chiedo tanto, no? Mi accontenterei di una sua telefonata ora, mi
accontenterei di sentire la sua voce, anche se a chilometri di distanza.
La verità è che voglio che lui mi auguri Buon
Natale, che mi abbracci e
stringa tra le braccia, trasmettendomi il suo calore.
Perché per me Natale significa calore, significa avere
vicino la
persona che ami, molto più di altre serate.
Driiin
Chi è che chiama? Spero tanto non sia qualcuno che voglia
augurarmi
Buon Natale perché giuro che gli sbatto il telefono in
faccia!
Mi alzo dal divano e vado a rispondere.
“Ciao…”
Ma mi vedo? Sono un bambino che piange per niente.
Cosa?
Oddio e se c’è lui?
No, non è possibile, non può aver abbandonato la
sua famiglia per
venire da me!
Non faccio in tempo a finire di parlare che mi attacca il telefono in
faccia.
Ma fuori non c’è nessuno. O meglio, non
c’è lui.
Robert non c’è.
È un biglietto. Dentro, scritto con una calligrafia che
conosco bene, c’è
scritto.
C’è una carrozza che mi aspetta.
Il vetturino mi guarda dall’alto e mi sorride.
“Immagino che lei sia il signor Law. Prego, salga.”
In quel punto preciso gli avevo detto che tenevo tanto a lui.
Ovviamente aveva frainteso, o aveva fatto finta.
Stiamo chiacchierando tranquillamente, seduti su un divano, vestiti da
Holmes e Watson. Non so quando sia stata scattata questa fotografia,
non l’avevo
mai vista prima; ma abbiamo gli occhi che brillano, entrambi.
Resto imbambolato a fissare la foto, poi, con un po’ di
fatica, porto
lo sguardo sul biglietto.
Ora vai a Baker Street.
C’è bisogno che
ti dica il numero?
“Il museo, signore?”
“Sì, il museo.”
Lo stringo addosso a me, inspirando l’odore,
l’odore di Robert, che da
esso proviene. Mi è sempre piaciuto questo maglione.
Apro anche il biglietto che era posato sul pacco.
Prima dicevo che non devi odiare
il Natale… non sai mai cosa Babbo Natale potrà
portarti per regalo!
Ora, l’ultima tappa: il London
Eye.
Ma è chiuso la vigilia di Natale!
Salgo e do l’indirizzo al vetturino, perso nei miei pensieri.
Una parte di me, una parte che sto cercando di reprimere, spera che lui
sia sotto il London Eye ad attendermi; ma sto cercando di reprimere
questa
idea, perché so che non ci sarà. L’idea
che Robert abbia potuto andar via da
Malibu, da Susan, da Indio solo per passare la Vigilia con me non ha
senso. Mi piacerebbe
tantissimo, davvero, ma… non credo che l’abbia
fatto.
Scendo, seguito, questa volta, dal vetturino.
Mi si avvicina con passo felpato, tirando fuori dalla tasca un pezzo di
stoffa nera.
“Hei, cosa ha intenzione di fare?”
Ma con uno scatto, riesce a bendarmi gli occhi.
“Mi scusi signore, ma ho avuto indicazioni ben precise di
bendarla. Mi dia
la mano ora, e si lasci guidare.”
Gli tendo la mano, titubante.
Cominciamo a camminare, sempre più avanti, fino a che mi fa
salire un
gradino abbastanza alto. Molla la presa, mi lascia andare, e io
barcollo, senza
equilibrio.
Ciò che si presenta davanti ai miei occhi, me li fa
spalancare dalla sorpresa.
Sono in una cabina, e davanti a me c’è un tavolo
coperto da una tovaglia
bianca, una candela accesa al centro tavola e una bottiglia di
champagne; un
vassoio di quelli con le ruote, grandi, che usano i camerieri. Sopra ci
sono
dei piatti, coperti però da coperchi. Degli addobbi natalizi
coprono infine la
ringhiera.
È uno spettacolo meraviglioso.
Robert.
Lui mi stringe a sé, cominciando ad accarezzarmi i capelli e
a darmi piccoli
baci lungo la tempia. Nascondo il viso nell’incavo del suo
collo, nel posto che
sembra quasi appartenermi, che considero totalmente mio.
Inspiro il suo odore, lo stesso che sento sul maglione, lo stesso che
vorrei sempre sulla mia pelle.
Vorrei chiedergli cosa diamine ci fa qui, perché ha deciso
di regalarmi
tutto questo, ma resto in silenzio; ci sarà tempo dopo,
più tardi. Ora voglio
solo concentrarmi sulle sue parole.
Mi scosto da lui per guardarlo in volto e vedo che ha gli occhi lucidi.
Gli sorrido, predendo il suo volto tra le mani, e lo bacio.
Questa one shot è dedicata al mio Holmes personale, a Roberta… sappi che ho aggiunto
l’ultima
parte della foto appena adesso, quando mi ha scritto!! =) Ti voglio
bene cara!
Non ti abbattere… =)