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Autore: Gillywater    27/12/2010    18 recensioni
La storia tra Sana e Akito è finita da tre lunghi anni. Lei ora sta con Naozumi e lui, come sempre, cerca di fare chiarezza nel caos che ha in mente. Ma cosa potrebbero mai combinare, quei due, senza l'aiuto provvidenziale degli amici?
"Fuka non era propriamente annoiata, solo che quella storia era stata costretta a sentirla per anni. Anni. Non confidenze sussurrate nei bagni della scuola, che si perdevano in uno sbuffo di fumo, mentre la sigaretta stretta tra le dita si consumava. Anni. Ore continue della sua vita che lei e Tsuyoshi, soprattutto, avevano passato a scervellarsi per capire quali contorti ragionamenti si nascondessero dietro le menti malate di Akito e Sana. E nessuno dei due, quasi servisse qualcosa sottolinearlo, riusciva a capire perché si erano lasciati e perché attendessero tanto tempo a rimettersi insieme."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Regalo di Natale in ritardo per Kim e tutte le mie lettrici adorate.
Una nevicata di auguri ritardatari e la speranza di un felicissimo anno nuovo.
Gil.


SHE IS
 
Epilogo : Truly, madly, deeply
 

Oh can you see it baby?
You don't have to close your eyes
'Cause it's standing right here
before you
All that you need with surely come
 
                   Truly Madly Deeply – Savage Garden
 
- Io non credo proprio di essere pronta ad avere questo bambino-
Un urlo disumano rimbombò per le pareti dell’ospedale, trapassò gli spessi muri di cemento armato e si espanse a macchia d’olio per le strade.
Di lì a qualche secondo tutta la città di Tokio seppe, nell’ordine, che Sana Kurata voleva maledire Akito Hayama, non solo per averla deflorata anni addietro quando erano entrambi due puppattoli con il latte alla bocca, ma anche per averla contaminata con una fedele riproduzione della sua persona; che Sana Kurata dubitava della serietà della sua ginecologa; che Sana Kurata non avrebbe mai acconsentito affinché il suo bambino (maschio o femmina, ma soprattutto maschio, che fosse) venisse al mondo.
- Sana, devi essere coraggiosa. Ce l’abbiamo fatta tutte! –
Sana spostò lo sguardo furioso su Fuka e parve volerla incenerire con gli occhi – per una volta la scena tra loro era al contrario.
- Hai mai fatto uscire qualcosa di grosso come un cocomero attraverso un buco largo come un limone, Matsui? – (*)
Fuka sussultò e scosse il capo energicamente. Alzò le mani, come avrebbe fatto un assassino che cerca di dimostrare al poliziotto di essere disarmato.
Nella fattispecie, Sana era il poliziotto e Fuka l’assassino. Doveva difendersi.
- Beh, no! – proferì e allo sguardo lampeggiante di Sana aggiunse – Però anche Aya ha partorito ed è sopravvissuta. Anche mia madre. Insomma, guarda quanti siamo in giro –
Quel genere di discorso, Sana ricordava di averlo già avuto qualche mese prima con sua madre, subito dopo aver scoperto di essere incinta.
 
*
 
- Mamma. Mamma sono incinta –
La signora Kurata ebbe un sussulto tale da far sembrare l’esplosione di una bomba atomica solo un lieve tremore.
- Mamma, ho paura. Non riuscirò mai a mettere al mondo un figlio. È impossibile, non sopravvivrò -  concluse, con aria melodrammatica, sprofondando tra i cuscini scarlatti del divano di casa.
Giusto qualche settimana prima, Misako era stata travolta da uno schizzo ed aveva deciso di rivoluzionare tutto l’arredamento domestico.
La signora Shimura,  nascosta in corridoio, dietro la porta di quercia, ascoltava la conversazione con un bicchiere di vetro, indecisa sul da farsi.
- Vedi Sana, non ti devi preoccupare di questo – spiegò la signora Kurata con un tono estremamente calmo  e consolatorio – Diventare madre è l’esperienza più bella per una donna – sembrò pensarci su e poi aggiunse – Non che io abbia una personale esperienza nel campo, ma ho visto partorire un sacco di donne quando mi aggiravo tra gli ospedali, nel tentativo disperato di trovare un bambino da rubare –
Lo sguardo allucinato di Sana cadde nel vuoto. La madre stava sorseggiando con una calma pazzesca il suo tè e lungi da lei era il sollevare lo sguardo sulla figlia sconvolta.
La signora Shimura non avrebbe mai immaginato che Misako fosse dedita a certe inclinazioni. Rubare un bambino? Era da folli. In quell’esatto momento, Sana formulò una domanda che le fece capire come non si potesse mai porre limite al peggio.
- Non si può comprarne uno? Bisogna per forza metterlo al mondo? –
Misako scoppiò a ridere e appoggiò la tazza sul tavolo perché troppo scossa dai sussulti – Non essere sciocca, cara – disse – La compravendita di bambini è illegale : credi che non mi sia mai informata al riguardo? –
La signora Shimura roteò gli occhi al cielo.
- Comunque sia – riprese la donna – devi stare assolutamente tranquilla, Sana. A parte le contrazioni, il sangue, il leggero dolore e le fitte post-parto, mettere al mondo un figlio è la cosa più bella del mondo – ripeté per la seconda volta, non accorgendosi ovviamente del fatto che Sana fosse entrata in trance, che fosse impallidita e che avesse cominciato a dondolarsi avanti e indietro come un alcolizzata che si presenta per la prima volta in comunità.
- Oh cara – proseguì sorridendo, mentre Maro lo scoiattolo si lanciava in una pantomima che vedeva una novella mamma cullare il proprio bambino – Sono così felice per te –
Misako si lanciò verso Sana e l’abbracciò forte, nascondendole così un paio di lacrime che rilucevano agli angoli dei suoi occhi.
In quel momento la signora Shimura non riuscì a trattenersi, entrò nella stanza e buttò le braccia al collo di Sana, cominciando a piangere come una matta.
- Ma signora Shimuracercò di dire Sana, ma quando le due donne cominciarono a frignare molto rumorosamente, la sua voce venne totalmente coperta.
In quel momento, Rei fece capolino dalla porta.
– Che cosa succede? – domandò con aria stralunata
La signora Kurata non si voltò nemmeno a guardarlo, gli fece un veloce cenno con la mano per invitarlo ad avvicinarsi – Oh Rei. Sana aspetta –
Rei corrugò le sopracciglia – Aspetta? –
- Sì, sì. Aspetta –
- Ma che cosa? –
Misako si decise finalmente a guardarlo severa – Un bambino ovviamente –
Rei divenne cianotico e per un momento parve indeciso se essere felice per Sana o furioso con Hayama perché, senza ombra di dubbio, era lui il responsabile di quella faccenda : da che mondo è mondo i bambini non nascono da soli e al diavolo le fandonie che si raccontavano. Una cicogna non sarebbe mai stata in grado di trasportare un pupo, se non per papparselo e sputacchiare fuori le ossa prima di digerirlo, e sotto i cavoli, volendo esagerare, potevano trovare riparo soltanto topi o lombrichi.
Tralasciando quindi il fatto che metà della colpa dell’indicibile gesto fosse anche di Sana, Rei decise in quattro e quattr’otto che avrebbe fatto pagare caro ad Hayama quell’innegabile mancanza di rispetto nei suoi confronti.
Hayama avrebbe dovuto chiedere la mano di Sana, pensava Rei, ignorando il fatto che il Medioevo fosse già passato da un pezzo.
Dopo quindici lunghi minuti, si decise ad avvicinarsi a Sana per abbracciarla forte a sé. Non era cambiata poi molto da quando aveva dieci anni e si accoccolava tra le sue braccia per addormentarsi.
- Sentite – Sana si decise finalmente a parlare – non riuscirò a mettere al mondo nessun bambino se non vi togliete di dosso –
Quando quel campanello di persone, che era la sua famiglia, capì che nonostante tutto la ragazza necessitava ancora dell’ossigeno per poter sopravvivere, la liberò.
Sana si concesse un sorriso soltanto alla fine.
 
*
 
Sana, con i capelli umidi appiccicati alla fronte e Fuka al suo fianco che tentava di tranquillizzarla, valutò per un attimo le parole di sua madre.
Contrazioni e cos’altro? Leggero dolore.
In un altro momento si sarebbe definita maleducata per aver solo pensato una cosa simile, ma Sana realizzò che fosse abbastanza evidente la mancanza di esperienze di Misako nel campo.
 
Quando le si erano rotte le acque era agli studi televisivi, insieme a Rei. Aveva appena firmato un contratto che la scioglieva da qualsiasi impiego di lì a tre anni, quando aveva sentito un certo umidore in basso. Volgendo gli occhi a terra, non aveva potuto fare a meno di notare l’oceano che si apriva sotto di lei. Rei l’aveva scaraventata in macchiane e portata all’ospedale in un momento. Adesso lui sonnecchiava su una poltroncina della sua stanza.
La dottoressa che in quel momento la stava visitando, guardò prima Sana, poi Fuka e poi Rei ed esordì, in tono melodrammatico, dicendo – Tre centimetri
Sana alzò gli occhi al cielo e maledisse qualcuno lassù : considerando che stava lì già da secoli, si rese perfettamente conto che per raggiungere i tanto agognati dieci centimetri avrebbe dovuto attendere millenni.
Si lasciò sprofondare ancora di più nei candidi cuscini, depressa – Ma insomma. Non si possono velocizzare le cose? –
- Non è come andare a fare la spesa, Sana. Devi avere pazienza –
La voce che pronunciò quelle ignobili parole, che avrebbe pagato la sua stupidità a suon di insulti e calci (non appena Sana ne avesse avuto le forze), proveniva da Aya.
Lei, Tsuyoshi e il piccolo Jo avevano appena fatto irruzione nella sua stanza. Il suo rifugio cominciava a riempirsi un po’ troppo, Sana lo intuì dall’occhiata sprezzante che la dottoressa lanciò a tutti loro prima di andarsene.
All’epoca, Aya aveva trovato un modo tutto suo di incoraggiare Sana al parto.
 
*
 
- Ecco qui le patatine al peperoncino che mi hai chiesto Sana – disse Tsuyoshi, depositando un sacchetto bianco sul tavolino del salotto e allontanandosi verso la porta di ingresso, con il piccolo Jo nel marsupio che dormiva. Il ritratto della felicità, per davvero.
Afferrò una giacca leggera e la indossò : la primavera era esplosa per le strade della città e invogliava a fare lunghe camminate per negozi.
- Allora vi lascio alle vostre faccende – proseguì Tsu – io e questo giovanotto ce ne andremo a comprarci qualcosa di nuovo. Vero, mostriciattolo? – domandò, con una vocetta che, Sana ne fu certa al mille per mille, non avrebbe mai e poi mai sentito uscire dalla bocca di Akito.
Jo sembrò aprire per un momento gli occhietti, per registrare le ombre che si muovevano aldilà delle sue palpebre; fece poi una smorfia con il faccino, aggrappandosi con le manine alla giacca di Tsu e riprendendo a dormire.
A Sana si strinse il cuore notando lo sguardo che Tsu gli lanciò, prima di uscire di casa. La ragazza si voltò verso Aya, che in quel momento stava uscendo dalla camera da letto con tante coperte, tutine e sonaglini tra le braccia.
Tra le pance delle due ragazze c’era una relazione inversamente proporzionale: mentre quella di Aya andava via via sgonfiandosi con il trascorrere dei mesi, quella di Sana aumentava a dismisura.
 - Sai Aya – disse Sana con un sorriso – credo che Tsuyoshi si sia innamorato di un altro, precisamente di tuo figlio –
Aya sorrise distratta, mentre metteva alcuni giochi di Jo a lavare – Tsu è molto preso dal bambino. Oserei dire che i primi tempi ci teneva più lui di me. Non è facile svegliarsi una mattina e capire che a questo mondo non sei più da solo, ma che avrai qualcuno che dipenderà da te per tanto, tanto tempo. È una cosa strana – concluse, andandosi a sedere di fianco a Sana.
Per allentare quella dolce tensione che si era andata a creare tra loro, Sana appoggiò una ciotola di petali di rosa profumati sul suo enorme pancione e giocò a tenerlo in equilibrio.
-Ehi, Aya – la chiamò, mentre quella trafficava con il telecomando – Guarda –
L’amica sorrise ancora – Allora, Sana, adesso ti faccio vedere quel video che volevi. Me l’aveva passato una collega poco prima che nascesse Jo. Riuscì a tranquillizzarmi davvero molto –
Sana sospirò e si ficcò in bocca una manciata di patatine. Dieci secondi dopo che Aya ebbe schiacciato “play” se ne pentì per davvero e cominciò a valutare quale fosse il concetto equivalente per Aya di “tranquillizzare”.
Quando Sana pensava alla tranquillità, le veniva in mente una distesa di sabbia bianca e fine che si confondeva, ad un certo punto, con il mare blu. Il sole, il caldo, l’abbronzatura e magari anche un bel romanzo da leggere, sorseggiando una limonata.
Sana per tranquillità non intendeva, di certo, sangue, urla e – chissà cos’era? – qualcosa che sembrava una testa che sbucava fuori come un topo da una tana.
- A... Aya – balbettò, portandosi le mani agli occhi per non vedere ancora – Ti prego spegni –
L’amica si voltò verso di lei e alzò un sopracciglio – Non dirmi che hai paura, Sana –
Quella sbarrò gli occhi – Paura? E perché dovrei averne? –
Aya rise ancora.
- Forse è meglio che rimanga tutto una sorpresa fino al gran giorno –
 
*
 
Sana rabbrividì.
Si voltò verso Tsuyoshi e ringhiò – Dove cazzo è lui? –
Tsu e Aya si lanciarono un’occhiata nervosa e poi lui sorrise – E’ ancora sotto shock, in bagno. Gomi sta cercando di tirarlo un po’ su con l’aiuto di Hisae, ma non è semplice –
Sana sbuffò.
Se il futuro suo, del suo bambino e di Akito dipendeva da Gomi, poteva dirsi tranquillamente spacciata.
 
*
 
- Quando Akito dice che sei incinta, intende forse che tra qualche mese nascerà un bambino? –
Gomi fece svolazzare un cucchiaino ricolmo di cereali e di latte fino alla bocca e poi mandò giù. Alla fine guardò Sana e fece uno sguardo molto interrogativo.
Quella mattina, Hisae le aveva dato buca e Akito era dovuto uscire un attimo per comprarle fragole con panna, di cui lei aveva disperatamente voglia.
Era rimasta da sola con Gomi, che era venuto a fare una visitina ad Akito, ovviamente dimentico del fatto che Hayama dovesse poi andare a lavorare.
Gomi non pareva comprendere a pieno i concetti basilari dell’esistenza umana, in effetti.
Sana inarcò un sopracciglio – Conosci un altro modo di essere incinta, per caso? –
Quando Gomi cominciò a fissare il soffitto, tentando di trovare una risposta, Sana scosse la testa sconsolata.
 
*
 
- Comunque sia – sibilò – E’ meglio per lui che si faccia vivo entro cinque minuti o questo bambino non avrà un padre. Giuro che sarà così se non si fa vivo entro cinque minuti –
In quell’ultimo lasso di tempo che Sana concesse ad Akito, arrivarono anche la signora Misako e la domestica, la signora Shimura, seguite da Natsumi e il signor Hayama.
Questi ultimi lanciarono a Sana un sorriso raggiante e si guardarono intorno perplessi, notando la mancanza di qualcuno evidentemente fondamentale.
 
*
 
- Scusate, ma com’è successo? –
Il signor Hayama passò lo sguardo da Akito a Sana e viceversa.
Nat, al suo fianco, alzò gli occhi al cielo e parve cominciare a pregare con la mente.
-Ehm – cominciò Akito – Non c’è un solo modo per concepire un bambino, papà?-
Il signor Hayama lo fissò, valutando la realtà delle cose : suo figlio aveva ragione.
- Sì – borbottò infine – Ma io non credevo che tu e Sana praticaste quella certa cosa
Sana arrossì di botto.
Akito si portò una mano agli occhi.
Natsumi scoppiò a ridere – Papà, hanno ventiquattro anni. Credi che passino il tempo a guardarsi nelle palle degli occhi, scusa? –
La sorella di Akito avrebbe passato la storia come la ragazza più ragionevole del pianeta.
- No di certo – rispose l’uomo, assottigliando le labbra che sparirono sotto i suoi enormi baffi neri – Ma ci sono così tante cose che si possono fare. Andare al cinema, per esempio –
Il signor Hayama cominciò a delirare e i ragazzi lo ignorarono. Avrebbero potuto riprendere il discorso in qualsiasi altro momento, ma non quello.
Nat si avvicinò di più a Sana e le sorrise – Non preoccuparti. È contento per il bambino, ovviamente, è solo sconvolto perché non credeva che tu e Akito faceste... –
- … andare a prendere un gelato... -
Akito la interruppe e agitò le mani – Sì, abbiamo capito Natsumi, davvero –
La sorella lo ignorò – Ti hanno già detto quand’è il termine, Sana? –
- Sì, il primo settembre –
- … praticare dello sport in mezzo alla natura … -
Nat corrugò la fronte e parve pensarci su – L’avete concepito il giorno di Natale? –
Sana arrossì ancora di più. Akito sbuffò seccato.
- Ho capito, ho capito, la smetto -  allungò una mano per posarla sulla pancia di Sana – Non posso credere che avrai un bambino con mio fratello, Sana. Io sarò la zia, capisci? –
Sana sorrise e annuì : certo che capiva. Non era mai stata famosa per essere sveglia, ma certe cose riusciva ancora a realizzarle.
- … fare lunghe passeggiate nel parco … -
- Oh Sana, non vedo l’ora di andare in giro per negozi con te a comprare tutto il necessario – esultò, gli occhi che lampeggiavano pericolosamente.
Akito avvertì un forte senso di nausea – al posto di Sana.
- Anch’io Nat –
- Gli comprerò un sacco di giocattoli. Non vedo l’ora – ripeté, schioccando a Sana un bacio sulla guancia.
 - … fare del volontariato per i poveri bisognosi … -
Fu solo quando Sana disse – Se vuoi possiamo andare subito a dare un’occhiata a qualcosa – che Akito cominciò ad avere davvero paura. Di entrambe.
Con che cosa sarebbero tornare a casa?
Nat saltò in piedi con aria sognante – Cosa aspettiamo? Andiamoci subito –
- … andare a curare i giardini … -
I tre ragazzi valutarono con un’occhiata quell’ultima uscita del signor Hayama: andare a curare i giardini?
Sana si tirò su a sedere e guardò Akito – Vuoi venire con noi? –
Il ragazzo corrugò la fronte per un attimo e si concentrò – No – disse dopo un lungo momento – Credo che rimarrò qui con mio padre, voi... Voi andate pure – concluse, facendo gesto ad entrambe di sparire dalla sua vista.
Rimase così, cianotico e sconvolto come il signor Hayama, sul divano.
- … fare lunghe chiacchierate … -
 
*
 
Qualche secondo dopo irruppero anche Gomi e Hisae, rigorosamente per mano : nessuno sapeva perché, ma i due avevano assunto quella strana abitudine da un mesetto a quella parte, e nessun sano di mente osava domandare il perché.
Quando la dottoressa tornò a controllare Sana, impallidì dalla rabbia.
- Nove... Dieci... Undici contando anche il piccolo – borbottò, osservando attentamente tutti i presenti nella stanza – Questa è una stanza d’ospedale, non la stazione centrale! – esclamò furiosa – Tutti fuori, solo il padre può restare – disse secca, facendo un veloce cenno del capo a Rei che osservava la scena con sguardo assonnato.
Tutti i presenti si voltarono verso di lui e poi verso la dottoressa, non propriamente certi di aver capito bene cosa quella intendesse dire.
Sana si infuriò – Ma non è lui il padre, il padre è... –
In quel momento una dodicesima testa, bionda per la precisione, entrò nella stanza.
- Sono io il padre – disse solamente, seccato e quanto mai furioso per il fatto che Rei fosse stato scambiato per lui.
La dottoressa parve valutare la situazione e poi sbottò – Tutti fuori allora, via. La ragazza ha bisogno di tranquillità, non del vostro continuo cianciare –
Quando le dieci teste, più quella del piccolo Jo che riposava beato tra le braccia della sua mamma, se ne furono andate, Sana si voltò verso la dottoressa e le sorrise.
- Grazie –
Quella rispose con un singolare annuire e uscì dalla stanza per concedere ai futuri genitori un po’ di privacy.
Futuri genitori... Al solo pensiero, Sana rabbrividì. Quando guardò Akito, furono altre le emozioni che presero il sopravvento dentro di lei.
Rabbia...
- Ma dove diavolo eri finito? –
Astio...
- Te la stavi facendo sotto perché hai paura di diventare padre? Vorresti lasciare solo a me questa responsabilità, Akito? Vorrei ricordarti che questo bambino l’abbiamo concepito insieme –
Preoccupazione – subito dopo aver costatato lo stato dei capelli di Akito, della sua maglietta e del suo sguardo.
- Ma che cosa ti succede? –
Akito scosse il capo, brusco, e come di regola non rispose a nessuna delle sue domande. Andò a sedersi sul bordo del suo letto e le prese una mano – Come stai? –
Sana lo fissò male per alcuni istanti e poi si riscosse – Come devo stare? Quelli che dovevano essere lievi dolori, stando a sentire mia madre, sono peggio di una serie di bastonate sulla schiena e, stando a sentire la dottoressa, non sono ancora dilatata abbastanza – disse secca – Sono qui da ore
Akito rimase serio e le passò una mano sulla fronte per scostarle i capelli appiccicati; la mano scivolò poi sulla sua guancia e si chinò per darle un bacio a fior di labbra.
- Non vedo l’ora di averlo con noi – disse solamente e Sana si sentì esplodere tutto dentro.
- Anch’io – riuscì solo a rispondere.
La tiritera del “è  tutta colpa tua se sono in queste condizioni”, se la sarebbe tenuta per il parto vero e proprio, decisamente.
Per il momento, Sana preferì di gran lunga stare lì a fissare negli occhi Akito, a sognare loro due e il loro bambino.
 
*
 
- Dite che lo ucciderà sul serio? – domandò Gomi, continuando a girare a vuoto per la sala d’aspetto. Sana aveva appena minacciato Akito di morte ed era stata così carina da renderlo noto a tutti coloro che stavano in ascolto.
- No, ma se continui così dico che farai un buco nel pavimento – rispose Hisae.
Dopo la bellezza di quattordici ore e ventisette minuti, Sana era stata trasferita in sala parto : la sua dottoressa aveva annunciato felicemente a tutto l’ospedale e dintorni cittadini che la ragazza aveva raggiunto la dilatazione massima.
Per qualche strana ragione, Gomi fece una smorfia, al ricordo.
Il signor Hayama era bianco come un cencio e mormorava tra sé e sé come un posseduto. Natsumi tentava disperatamente di calmarlo.
In quel momento, la voce acuta di Sana stava rivolgendo un epiteto irripetibile in qualunque contesto ad Hayama. Se solo si fossero concentrati, avrebbero sentito le ossa delle mani del ragazzo che venivano distrutte dalla presa ferrea di Sana.
- Addirittura? – ridacchiò Tsuyoshi, accarezzando la testina di Jo, appoggiata sul seno della mamma.
- Sei tu la causa di tutto. Che tu sia dannato, Hayama. Tu non potrai mai capire quello che sto provando io in questo momento! – ululò Sana, talmente forte che una famiglia poco distante da loro tappò le orecchie ai bambini e se ne andò di corsa.
- Direi che è abbastanza logico – Fuka commentò l’ultima perla di Sana picchiettandosi il mento con le dita.
Dopo una sequela infinita di insulti, ai quali Akito rispondeva con sonori incoraggiamenti a spingere più forte,  Così la pianterai una buona volta di insultarmi” – i due trovavano una scusa per litigare in qualsiasi momento, persino quello – si udì il pianto di un bambino.
Improvvisamente, calò il silenzio più assoluto e sui volti di molti si disegnò un sorriso.
 
*
 
- Ma come sarebbe a dire che è una femmina? Avete sbagliato? Ancora? – urlò Sana, memore dell’indimenticabile faccia di Tsu, quando gli avevano detto che quella che doveva essere la sua principessa era in realtà un maschietto.
- Io non ho pensato a nessun nome da femmina! – continuò imperterrita Sana, cominciando a piagnucolare un po’, come se quello fosse il problema maggiore.
Secondo l’infermiera era normale avere crisi isteriche dopo il parto.
- Kurata, calmati – le disse Akito, posandole una mano sulla spalla e spingendola indietro contro i cuscini – Non ti hanno mica detto che ha tre occhi – disse.
- Ma... Ma... – balbettò Sana, come se avesse dovuto trovare a tutti i costi qualcosa che non andava.
Tutte le sue proteste cessarono quando un fagottino rosa le venne depositato con dolcezza tra le braccia da un infermiera.
Sana fissò la piccola che teneva gli occhi chiusi e che muoveva le manine, molto probabilmente per lamentarsi di tutte quelle urla che provenivano direttamente dalla sua mamma.
La ragazza si voltò di scatto verso Akito – L’abbiamo fatta noi – disse soltanto.
- Sì – rispose quello, ironicamente – Sì, mi pare di ricordare la mia presenza, quella notte –
Sana arrossì di botto e si irrigidì.
Akito allungò cautamente una mano verso la piccola e  le sfiorò una manina; quella, per tutta risposta, gli afferrò l’indice e non lo lasciò andare più. Il ragazzo sussultò, visibilmente scosso dentro da qualcosa che aveva un nome, ma che lui non aveva mai considerato.
Una volta, da qualche parte, aveva letto che quando un figlio ti aggancia un dito per la prima volta, ti ha agganciato per il resto della vita. (**)
Semplicemente, lui non credeva che potesse succedere così in fretta.
- E’ forte – mormorò mezzo intontito – Mi sta stritolando un dito –
Sana rise – Non dire fesserie Akito. È ancora troppo piccola –
La ragazza realizzò solo in quel momento che ciò che teneva tra le braccia, quel corpicino piccolo e caldo che si muoveva appena, avvolto dal tepore di una copertina rosa, le aveva fatto compagnia ogni singolo secondo di quegli ultimi nove mesi.
La strinse un pochino di più contro di sé e la piccola appoggiò la testa sul suo petto. Sana sperò che il rumore del suo cuore che picchiava per poter uscire non la disturbasse.
- Credi sia possibile, Akito, vedere qualcuno per la prima volta e capire di volergli già così bene che saresti disposto a tutto? – domandò lei, allora.
Lui era ancora imbambolato a fissare la bambina. Aveva la pelle chiarissima, le manine così piccole, proprio come i piedini, e aveva lo stesso naso di Sana. Per di più faceva le stesse smorfie di Sana quando dormiva. Notare che aveva un sacco di capelli color oro lo fece sentire improvvisamente orgoglioso.
Spostò lo sguardo su Sana – Io... Credo proprio di sì –
Sana tirò su con il naso e sorrise – Vuoi prenderla in braccio? – gli domandò.
- Non le faccio male? –
L’infermiera, che era entrata da poco nella stanza e che aveva ascoltato le loro ultime due battute, rise – Certo che no, sciocco. Sono molto più resistenti di quello che si pensa – disse, avvicinandosi.
Prese le braccia di Akito e le mise nella posizione per prendere in braccio la piccola – Ecco, così –
Se solo non fosse stato illegale, Akito l’avrebbe uccisa. Sentendosi un perfetto idiota pronto per il balletto classico, si avvicinò a Sana che con calma gli passò la bambina – Ecco amore, vai dal papà
Ad Akito sembrò di essere travolto da una fiamma incandescente quando si sentì chiamare con quel nome.
Quando si tirò dritto sulla schiena fissò la piccola più attentamente. Nel frattempo, l’infermiera diede una veloce controllatina a Sana e poi se ne andò dalla stanza.
Akito si voltò verso di lei – Non mi dispiace – disse soltanto.
Per tutta risposta Sana gli sorrise – Nemmeno a me –
Lui le si avvicinò e le diede un veloce bacio sui capelli ancora per aria poi si allontanò verso la finestra – Adesso la tengo io
- Ti faccio presente che è anche mia figlia –
- Tu l’hai tenuta per nove mesi : adesso tocca a me –
- Stai dicendo che non potrò stare con mia figlia per i prossimi nove mesi perché soffri di gelosia. Hai paura che sia più mia che tua? Guarda che non l’ho deciso io di essere donna e di poter procreare. Nella prossima vita, cambia sesso
Ovviamente Akito non si diede nemmeno la piena di voltarsi a guardarla. Le dava le spalle e teneva gli occhi puntati sulla piccola.
- Prendi fiato, Kurata. Comunque ribadisco il concetto : adesso la tengo io
Sana sbuffò, ma in cuor suo si sentiva felice  come non lo era mai stata in tutta la sua vita.
- Hai visto che assomiglia a me e che ha i tuoi capelli, Hayama? – disse.
Lui non rispose : sì che l’aveva notato.
Per un momento gli balenò in testa l’immagine di una bambina di undici anni, con i capelli lunghi e rossi raccolti in due ridicoli codini, che sedeva in una panchina nel parco. Insieme a lei c’era un bambino poco più grande, con i capelli biondi e l’espressione imbronciata. Scocciata. Teneva la testa appoggiata sulle gambe della bambina e si faceva accarezzare.
Ecco, quel giorno di così tanti anni addietro non avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato il momento in cui lui e quella bambina sarebbero stati uniti per sempre da qualcosa. Da qualcuno.
Qualcuno che non aveva ancora un nome.
- Nami – sussurrò Akito.
- Come dici? –
- Vorrei chiamarla Nami, se non ti dispiace –  (***)
Sana sembrò pensarci su. Il nome proprio di una persona non è qualcosa che si può scegliere così, a caso. È qualcosa che poi ci si porta dietro per sempre, un po’ come gli occhi, o il naso, o la bocca. Peccato che per quei fattori ci si possa fare poco o nulla.
Ma Nami era un bellissimo nome, corto, moderno e musicale.
- Non mi dispiace – confermò dopo qualche secondo e finalmente Akito si voltò a guardarla per annuire in sua direzione.
Poi le diede ancora le spalle.
- Nami – la chiamò, con voce roca. Per tutta risposta, la bambina gli tirò un calcio sul braccio. Forse era il suo modo di dirgli che lo aveva sentito.
Akito sorrise.
In quel momento la porta si spalancò.
Otto persone rimasero inebetite a fissare la scena. Sul letto – di morte – Sana lanciava occhiate minacciose ad Akito che le aveva appena rapito la figlia.
Ma non era tutto : per un secondo esatto dopo che la porta venne spalancata, furono tutti sicuri al cento per cento di aver visto Akito sorridere.
- STAVI SORRIDENDO! – urlò Fuka, in modo tale da rendere partecipe tutto l’ospedale di quella notizia. Lo additò e mosse l’indice verso di lui – Stavi sorridendo! – ripeté.
Akito la fissò torvo – Non è vero! –
- Non negarlo Hayama : ti abbiamo visto tutti – disse Rei gongolante.
Le ragazze e la signora Shimura andarono ad accomodarsi di fianco a Sana.
- Dove hai lasciato Jo? – domandò lei rivolta ad Aya.
L’amica sorrise – Era stanco. Mia madre passava da queste parti e l’ho lasciato a lei –
- Come stai, cara? – domandò l’anziana domestica a Sana, accarezzandole il viso.
- Sono un po’ stanca, ma sto bene, signora Shimura – rispose, sorridendo.
- Perché la piccola la tiene solo Akito? – Hisae parve indignata.
Sana sospirò e mosse le spalle – Che devo dirvi? Ha detto che per i prossimi nove mesi la bambina la tiene lui perché deve recuperare il tempo perso –
- Che idiota – fu l’elegante commento di Fuka. Pareva trattenersi dall’accendersi una sigaretta soltanto perché si trovavano in ospedale.
Se Fuka avesse mai avuto un figlio, il povero avrebbe bevuto latte e nicotina per colazione. Sana rabbrividì al pensiero e si voltò verso Akito, accerchiato da sua madre, Rei, Tsu e Gomi (il quale, tra l’altro, stava cercando di capire se Nami fosse una bambola o un vero essere umano).
Osservò Hayama mentre si lasciava cadere sul divanetto della stanza, dove Rei aveva dormito un bel po’ di ore prima, tra suo padre e sua sorella. I due si sporsero per vedere la piccina e cominciarono a delirare cose senza senso.
L’essere completamente pazzi, evidentemente, era una prerogativa unica di quella famiglia.
E di Misako. E di Sana. E di Fuka, a volte. E di Tsu quando lanciava gli oggetti.
- Vorrei riavere mia figlia – disse Sana.
Akito ghignò – Te lo puoi sognare –
- Hayama, adesso basta fare i bambini, ti pare? –
La smorfia che le fece lui di rimando, valeva come risposta : no, non gli pareva proprio.
- Quando la pianterete di litigare per queste sciocchezze, voi due? – rise la signora Kurata, facendosi spazio tra le amiche di Sana, come Mosè tra le acque del Mar Rosso.
Si accomodò accanto alla figlia e le sorrise.
- Mamma – piagnucolò Sana, allungando le braccia verso di lei per farsi abbracciare.
Misako crollò dopo appena tre secondi di resistenza e scoppiò in lacrime – Oh cara. È così bella. E tu sei stata bravissima –
Tutte le annotazioni che Sana si era fatta nella sua mente, quali inveire contro sua madre che l’aveva costretta a mettere al mondo una creatura, facendole credere che non sarebbe stato doloroso, ma che, anzi, si sarebbe divertita un mondo, andarono perdute.
- Hai visto che mi assomiglia? – mormorò Sana.
Alle spalle di Misako qualcuno rise – Abbiamo visto che ha una marea di capelli biondi –
Rei si avvicinò al letto di Sana, sorridendo – Avrei voluto prenderla in braccio, ma quello – aggiunse, indicando Akito con un gesto secco della testa – non la molla un attimo –
Sana ridacchiò – Oh Rei –
L’uomo si abbassò su di lei e le diede un bacio sulla guancia. Sana non avrebbe saputo trovare un momento più perfetto di quello in tutta la sua vita.
La signora Kurata studiò il volto della figlia per altri trenta secondi – Akito, vieni qui con la bambina. Voglio che rimaniate vicini voi tre
Sana ghignò : Akito non avrebbe mai trovato il coraggio di dire di no a sua madre.
Dopo qualche istante di esitazione, di fatti, andò a sedersi accanto a lei, tenendo Nami stretta a sé in un modo, come se Sana fosse stata una ladra di neonati.
Per tutta risposta Sana gli sorrise e poi abbassò gli occhi su sua figlia – ancora faceva fatica a metabolizzare. Quella era sua figlia. E lei, di conseguenza, era madre. Ancora non lo realizzava a pieno ed era sicura, in quel momento, che non ci sarebbe mai riuscita davvero. Era qualcosa di troppo grande, persino per la mitica Sana Kurata.
- E va bene – borbottò Akito – Te la lascio tenere, ma solo cinque minuti. Ricordati che lei è mia – trattava Nami come se fosse stata di cristallo.
- Nostra, volevi dire, giusto? –
- No. Mia – ribadì Akito.
Fuka proruppe con una domanda intelligente – Cosa farai quando sarà grande e avrà un ragazzo, Akito? –
Quello fece una smorfia – Il ragazzo in questione deve solo provare ad avvicinarsi -
Alle loro spalle tutti ridacchiarono, tranne uno che scoppiò in un pianto a dirotto : era Tsu.
Si voltarono tutti a guardarlo con aria stralunata. Aya sorrideva.
- Ma che succede? – domandò Sana ansiosa.
- Oh – biascicò Tsu – Siete così belli voi tre insieme – aggiunse – Se penso a quanto mi avete fatto disperare in questi anni, mi viene l’esaurimento nervoso! –
Scoppiarono tutti a ridere e persino Nami parve distendere le labbra in una smorfia.
 
*
 
Un mese dopo...
 
- Quindi tu dici che dovrei chiederglielo?-
Sana sentì che la voce di Akito proveniva dalla stanza di Nami. Dopo lunghe riflessioni – e dopo tante minacce di morte di Fuka – la camera della sua ex coinquilina era stata destinata alla piccola. Fuka non poteva esserne più felice. Aveva pagato con i suoi soldi ogni spesa che Akito e Sana avrebbero dovuto sostenere, dalla tinteggiatura dei muri (rosa pallido), alla culla dove Nami riposava tranquillamente ogni notte.
Sana depositò le borse della spesa sul tavolo e andò verso la stanza della bambina: quando entrò, vide Akito seduto su una sedia accanto alla culla, intento a contemplare Nami.
La ragazza rise – Se non la smetti di guardarla, la consumerai Akito –
Hayama alzò gli occhi verso Sana e parve in catalessi – Non ci riesco – ammise genuinamente.
Lei gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla nuca, gli passò le braccia intorno alle spalle e guardò anche lei Nami che sbatteva le palpebre rivelando due occhi ambra meravigliosi. Un’altra caratteristica che aveva preso da suo padre, se mai Akito avesse potuto dubitare di esserlo.
- Capisco cosa vuoi dire – sussurrò Sana con un sorriso sulle labbra – Però tu sei esagerato, passi le tue giornate a guardarla, sembri pazzo
Akito allungò una mano e accarezzò la pancia di Nami – Forse lo sono diventato, no?-
Si voltò finalmente verso Sana e l’attirò a sé, dandole un bacio sulle labbra – Allora sei andata a trovare Gomi e Hisae prima? Come stanno? –
Sana inclinò la testa da un lato e lo fissò negli occhi. Per un momento si dimenticò della domanda che lui le aveva fatto e riuscì solo a considerare quanto si sentisse bene e al sicuro tra le braccia di Akito. Certo che ora capiva perché Nami adorava stare in braccio a suo padre, non poteva proprio darle torto.
Fino a dieci minuti prima correva sotto il diluvio universale che si era scatenato : ottobre sapeva essere impietoso con i poveri malcapitati.
Ora se ne stava lì, tra le braccia forti di Akito a guardare loro figlia che ricambiava le loro occhiate curiosa. A volte si sentiva in soggezione addirittura a baciarlo davanti a lei : le sembrava che Nami capisse tutto.
Non riusciva a concepire tutta la perfezione che la circondava non appena metteva piede in casa sua.
- Mah – sospirò Sana dopo un po’ – Ti dirò, Hisae mi sembra molto presa dal ruolo. Gomi lo vedo ancora parecchio sotto shock –
Akito annuì e ridacchiò – Quando Hisae gli ha detto di essere incinta non ha mangiato per una settimana
Sana roteò gli occhi al cielo – Senza contare il fatto che ha studiato Nami e Jo per ore cercando di capire se fossero pericolosi alieni venuti sulla terra per farlo fuori –
- Sì, anche questo –
Sana si districò dolcemente dall’abbraccio di Akito, gli diede un bacio sulle labbra – che lui tentò di approfondire, ma a cui lei si sottrasse, per i motivi di cui sopra – e fece il giro della culla per andarsi a sistemare dall’altro lato.
- Con chi stavi parlando quando sono arrivata? – domandò, allungano una mano per scostare una ciocca bionda che ricadeva sulla fronte della piccola. Quella fece un sorrisino e si aggrappò all’indice di Sana
Akito la osservò sospettoso – Quanto hai sentito? – domandò.
La ragazza sembrò sorpresa di quella domanda – Solo l’ultima frase, perché? –
Ovviamente, sperare di ottenere una risposta di Akito era un po’ come pretendere la pace nel mondo. Hayama sospirò – Stavo parlando con Nami –  e Sana scoppiò a ridere.
Insomma, per quanto potesse reputare sua figlia intelligente, le possibilità che lei e Akito si lanciassero in lunghe chiacchierate le sembrava un po’ scarsine.  
- Cosa diavolo ridi? Guarda che lei mi ascolta quando le parlo –
Sana continuò a sorridere e passò lo sguardo da Akito a Nami. Tra i due fin dal primo momento all’ospedale si era istaurato un legame molto forte.
Anche Sana ovviamente amava sua figlia e Nami la riconosceva sempre : era da Sana che voleva andare quando piangeva, quando non stava bene, quando aveva fame – per quest’ultimo fatto, per forza di cosa doveva andare da Sana, dato che Akito difficilmente avrebbe potuto allattarla – o, semplicemente, quando voleva giocare o fare baccano – forse perché anche Sana faceva le stesse cose, “Avete gli stessi interessi” commentava Akito sardonico.
In ogni caso, tra sua figlia e Hayama c’era qualcosa di speciale che Sana non sapeva spiegare. Sicuramente, ne era certa, Akito amava molto più Nami di lei – o almeno, questo era quello che lei sperava. La bambina era l’unica persona con cui Sana accettava di dividere l’amore di Akito. Anzi, pretendeva di dividerlo.
E per lui era lo stesso.
Si riscosse dai suoi pensieri – Comunque sia, che cos’avete concordato voi due? –
Akito lanciò una veloce occhiata a Nami che ricambiò, sorridente.
- Ecco... Lei mi ha detto che devo fare una cosa – mormorò – Una cosa che in realtà in un modo o nell’altro ho già fatto,  ma che devo fare meglio – precisò infine.
Sana non ci stava capendo più niente. Non sapeva se rimanere seria o scoppiare a ridere per l’evidente follia di Akito.
Cercò comunque di darsi un tono – Bene – esordì – Falla allora –
Akito rimase immobile, con gli occhi chiusi, e respirò profondamente un paio di volte. Poi accadde tutto in un istante : fece il giro del lettino, si avvicinò a Sana e le prese le mani.
- Sposami
Il suono le giunse ovattato, anni luce di distanza tra le sue orecchie e la bocca che aveva pronunciato quelle parole.
Qualcosa dentro di lei cominciò a tremare, come la notte di Natale, come quando aveva scoperto di aspettare Nami, come quando la bambina era nata. Il tremore delle emozioni forti, ecco cos’era quello.
Voleva assolutamente dire qualcosa di intelligente. Le parole le morirono in gola e così...
- Cosa? –
Akito parve evidentemente spazientito e scocciato. Pronunciare quella singola parola doveva essergli costato una fatica pazzesca, e adesso per colpa sua doveva ripeterla.
Respirò ancora a fondo – evidentemente aveva messo in conto quel momento di stordimento totale di Sana. Dopotutto lei, stordita, lo era sempre.
- Ho detto : sposami Kurata –
Certo che detto così sembrava più un ordine.
- Io... Io... Io... – balbettò Sana, con la testa fra le nuvole.
Akito inarcò un sopracciglio – Non mi rispondi? Sì o no? –
- Ah, era una domanda? –
- Ma certo – sbottò lui, roteando gli occhi al cielo come se si trovasse davanti ad una bambina particolarmente ritardata.
- Io credevo che fosse ovvio... A Natale... L’anello... Era ovvio – Sana continuò a balbettare parole sconnesse, incapace per una volta di cucirle insieme in un discorso di senso compiuto.
Hayama annuì – Certo. Però volevo fare le cose come andavano fatte. Anche Nami è d’accordo -
Sana spostò il suo sguardo allucinato sulla piccola che ora li guardava molto interessata. No, si corresse Sana fra sé, guardava molto interessata lei, come se attendesse anche lei una risposta.
Per un momento, solo per un momento, quando Nami emise un gridolino felice, a Sana parve di sentire “Digli di sì, mamma”.
Scosse la testa bruscamente e si fece un paio di domande in merito. Forse stava uscendo di melone, con tutta la gente pazza che la circondava.
- Allora? – incalzò Akito ancora di fronte a lei – Mi sposi o no? –
Ormai era senza ritegno.
Sana guardò per un ultimo istante la piccola che ora stava chiudendo gli occhietti per mettersi a dormire e solo in quel momento si sentì veramente libera di parlare : Nami la metteva terribilmente in soggezione, forse erano gli influssi dell’ex camera di Fuka ad averla fatta diventare così.
Spostò lo sguardo su Hayama che cercava di mascherare tutta la sua emozione sotto la solita maschera dura e indifferente.
Vide che la sua mano destra tremava e che Akito si mosse ad afferrare saldamente la sponda della culla per fermarla.
Poi Sana gli sorrise.
-
 
 
I'll be your dream
I'll be your wish I'll be your fantasy
I'll be your hope I'll be your love
Be everything that you need
I'll love you more with every breath
Truly, madly, deeply do
I will be strong I will be faithful
'cause I'm counting on
A new beginning
A reason for living
A deeper meaning, yeah
 
                   Truly Madly Deeply – Savage Garden
 
*******************************************************
 
THE END.
 
*******************************************************
 
(*) Frase ripresa da “Senti chi parla”. Mi ha sempre fatto morire dalle risate.
(**) Anch’io, come Akito, l’ho letto da qualche parte, ma non ricordo dove.
(***) Vorrei dire “A Kim”, ma credo sia meglio “A Noemi”, la sua stella. Ti avevo detto che sarebbe stata la figlia di Aya e Tsu, ma poi ci ho ripensato. Spero che non ti dispiaccia e che tu abbia apprezzato il fatto che, a volerla chiamare così, sia stato il nostro coniglietto. In questo modo, la fiction trova ancora più senso nel suo titolo. "Lei è" tutto. Non trovi?
 
Okay, credo di aver pianto una volta finito di scrivere questo. Che nodo in gola mi si è formato e, lasciatemelo dire, adoro Nami.
 
Ma torniamo a noi : ce l’abbiamo fatta. She Is è davvero finita, tra risate, situazioni estreme che si realizzano (ma potete immaginare Hisae e Gomi con un bambino? Ma dai!) e la tenerissima Nami che con Akito ha un’intesa tutta speciale.
 
Ora, ho risposto a tutte le vostre bellissime recensioni, una per una, in modo tale da potervi ringraziare e farvi capire quanto abbiano significato per me le vostre magnifiche parole.
 
Come ho detto a qualcuna di voi, forse – forse – potrei scrivere un paio di spin-off su questa storia, ma non è niente di certo.
 
Voglio solo che sia ben chiaro a tutte voi quanto “My Sorrow” e “She Is”, che è il suo continuo, abbiano significato per me : le ho scritte in un periodo nel quale la mia vita stava per cambiare radicalmente e avere una valvola di sfogo, cioè questi personaggi che riflettevano in qualche modo le mie ansie, le mie paure e anche tutte le mie emozioni, è stato importantissimo. So che sembra ridicolo, ma è davvero così. Di conseguenza a ciò, anche il vostro sostegno è stato fondamentale.
 
I vostri consigli, gli incoraggiamenti e anche tutti vostri pareri, per non parlare delle centinaia di parole carine che ogni volta riversavate nelle recensioni, mi hanno aiutata parecchio. Insomma, siete state un po’ il mio sostegno, anche se attraverso lo schermo di un PC.
 
Per farla breve, sennò mi commuovo per davvero, grazie ragazze!
 
Quindi ci salutiamo qui, per ora, in attesa che torni a farmi viva con altre storie nuove – sì, non scomparirò nel nulla, questo è poco ma sicuro.
 
Un bacione grande a tutte voi ragazze e, già che ci siamo, tantissimi auguri per l’anno nuovo.
Spero sia un anno fantastico per tutte.
 
Gillywater
 
P.S. il primo gennaio sono sei anni che scrivo su questo sito. Che vecchiaccia!
  
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